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La consecuzione è un fenomeno consistente nel collegamento sequenziale fra procedure concorsuali di qualsiasi tipo

La consecuzione è un fenomeno consistente nel collegamento sequenziale fra procedure concorsuali di qualsiasi tipo

Tribunale Ordinario di Milano, Sezione Fallimentare Civile, Decreto del 04/12/2019

Con sentenza del 4 dicembre 2019, il Tribunale Ordinario di Milano, Sezione Fallimentare Civile, in tema di procedure concorsuali, ha stabilito che la consecuzione è un fenomeno consistente nel collegamento sequenziale fra procedure concorsuali di qualsiasi tipo volte a regolare una coincidente situazione di dissesto dell’impresa e unite da un rapporto di continuità causale e unità concettuale piuttosto che di rigorosa successione cronologica. Ai fini della valutazione della sussistenza di questa sequenza qualificata rimane irrilevante la presenza di una finale dichiarazione di insolvenza in funzione dell’avvio di una procedura fallimentare o di amministrazione straordinaria. Occorre invece verificare, partendo dal dato cronologico per proseguire in una valutazione di carattere giuridico e/o economico, se l’imprenditore, nell’eventuale iato temporale fra le procedure susseguitesi fra loro, sia intervenuto attivamente nella gestione dell’impresa ed abbia variato la consistenza economica del suo stato di dissesto in maniera sostanziale, introducendo elementi di rilevante difformità rispetto alla situazione in precedenza apprezzata dagli organi giudiziari.

 


Tribunale Ordinario di Milano, Sezione Fallimentare Civile, Decreto del 04/12/2019

La consecuzione è un fenomeno consistente nel collegamento sequenziale fra procedure concorsuali di qualsiasi tipo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO

SECONDA CIVILE

FALLIMENTI

Il Tribunale, nella persona dei seguenti magistrati

Dott. __ – Presidente

Dott. __ – Giudice

Dott. __ – Giudice

ha pronunciato il seguente

DECRETO

ex art. 98 L.F.

nella controversia iscritta al n. __ R.G. promossa da:

E. – Opponente

contro

Fallimento G. S.r.l. – Convenuto contumace

OGGETTO: Opposizione allo stato passivo ex art. 98 L.F.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso depositato in data __ e regolarmente notificato alla controparte E. ha proposto opposizione avverso lo stato passivo del Fallimento G. S.r.l. dichiarato esecutivo, con il quale è stata decretata la esclusione dalla prededuzione del credito vantato dal ricorrente nei confronti del fallimento. Tale credito, ammonta ad Euro __ e deriva dall’esercizio del ruolo di amministratore sociale della fallita da parte del ricorrente nel periodo successivo alla omologa dell’accordo di ristrutturazione. La motivazione della decisione assunta dal Giudice che degradava il credito al chirografo era la seguente: “esclusa la prededuzione richiesta mancando la continuità tra le procedure” (doc. 9).

Quali motivi di opposizione ha dedotto l’opponente:

– che l’attività è stata svolta nel corso della esecuzione della procedura di 182 bis cui la giurisprudenza della Suprema Corte ha recentemente riconosciuto senza restrizione natura di procedura concorsuale e, quindi, il credito sorto in occasione o funzione della procedura è credito prededucibile;

– che anche sotto il profilo della consecuzione di procedure rilevava la erroneità della decisione del giudice delegato, posto che la consecuzione si verifica quando si opera all’interno della stessa situazione di insolvenza che qui si era evoluta come sviluppo logico tra la procedura di accordo di ristrutturazione ed il fallimento successivo;

– che tutte le procedure succedutesi si erano caratterizzate per la carenza di liquidità connessa alla mancata vendita dei medesimi immobili e la consecuzione non poteva essere esclusa in forza di un breve lasso di tempo intercorso fra una procedura e l’altra.

– Insisteva, quindi per l’accoglimento della opposizione ed il riconoscimento della prededuzione al suo emolumento di amministratore.

Non si è costituito il Fallimento G. che ha ritenuto trattarsi, evidentemente di questione di diritto;

In prima udienza la procedura veniva dichiarata contumace. In assenza di fase istruttoria il Giudice relatore autorizzava la precisazione delle conclusioni e riservava la decisione finale al collegio.

Occorre rammentare preliminarmente in diritto alcuni principi fondamentali che vengono ad innervare l’intera materia dell’ammissione allo stato passivo e dell’opposizione alla stessa (procedimento compreso), e cioè che:

1) il procedimento di opposizione allo stato passivo è retto dalle regole ordinarie in tema di onere della prova, con la conseguenza che grava sull’opponente (attore) fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto di credito (Cassazione civile 20.01.2015 n. 826; Cass. 09.02.2004 n. 2387: e Cass sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533; cfr. altresì Cassazione civile sez. III, 28 gennaio 2002, n. 982;) mentre graverà sulla curatela l’onere di dimostrare fatti modificativi, impeditivi o estintivi dell’obbligazione (Cass. civ., Sez. I, 9 maggio 2001, n. 6465; Cass. civ., Sez. I, 11 marzo 1995, n. 2832);

2) tuttavia, nel procedimento di accertamento del passivo il curatore deve essere considerato terzo sia rispetto al fallito sia rispetto ai creditori concorsuali e, pertanto, al predetto curatore non sono opponibili i crediti non aventi data certa (cfr. da ultimo Cass. S.U. 20.02.2013, n. 4213; Cass. 9.5.2011 n. 10081; Cass. civ., Sez. I, 15 marzo 2005, n. 5582;);

3) il procedimento di opposizione allo stato passivo è un giudizio di carattere impugnatorio, con la rilevante conseguenza che in esso non possono essere avanzate domande nuove che non siano già contenute nell’istanza di ammissione al passivo operando il principio della immutabilità della domanda (Cass. civ., Sez. I, 18 giugno 2003, n. 9716; Cass. civ., Sez. lavoro, 28 maggio 2003, n. 8472; Cass. civ., Sez. I, 8 novembre 1997, n. 11026);

4) per contro, poiché nel giudizio di opposizione allo stato passivo è lo stesso creditore opponente ad avere la veste di attore, mentre il curatore che contesti la pretesa assume quella di convenuto, nulla impedisce – nei limiti in cui le regole del processo di cognizione lo consentono – al curatore di far valere, in via di eccezione, ragioni di infondatezza della pretesa del ricorrente diverse da quelle enunciate nell’originario provvedimento di non ammissione del credito al passivo, non essendovi alcun onere di sollevare tutte le possibili contestazioni nel corso dell’adunanza prevista dall’art. 96 L.F. (Cass. 11.5.2001 n. 656; Cass. civ., Sez. I, 1° agosto 1996, n. 6963; App. Trieste, 29 marzo 2006;);

5) il tribunale ha la sola facoltà – il cui mancato esercizio non esonera la parte dalle conseguenze del mancato assolvimento dell’onere probatorio – di acquisire il fascicolo fallimentare e da esso eventualmente desumere elementi o argomenti di prova (Cass. civ., 21.12.2005 n. 28302; Cass. Sez. I, 9 maggio 2001, n. 6465; Cass. civ., Sez. I, 11 marzo 1995, n. 2832; Trib. Milano, 7 ottobre 2003; Trib. Padova, 27 febbraio 2002).

6) quanto alla prova del credito, nella procedura di verifica dei crediti e nel conseguente giudizio di opposizione allo stato passivo, il curatore del fallimento agisce in qualità di terzo sia rispetto ai creditori del fallito che richiedono l’ammissione al passivo, sia rispetto allo stesso fallito; conseguentemente, non è applicabile nei suoi confronti l’art. 2709 c.c., secondo cui i libri e le scritture contabili delle imprese soggette a registrazione fanno prova contro l’imprenditore, invocabile solo nei rapporti fra i contraenti o i loro successori, fra i quali ultimi non è annoverabile il curatore nella sua funzione istituzionale di formazione dello stato passivo (ancorché, peraltro, dette scritture possano essere prese in considerazione dal giudice di merito quali elementi indiziari in ordine all’esistenza del credito) (Cass. Civ. 9.5.2013 n. 11017; Cass. civ., 9-5.2011 n. 10081; Cass. Sez. I, 15 marzo 2005, n. 5582;);

7) in sede di ammissione al passivo fallimentare, al fine dell’accertamento dell’anteriorità del credito rispetto alla dichiarazione di fallimento, la scrittura privata allegata a documentazione della pretesa (nell’ipotesi, effetti cambiari emessi da una società successivamente fallita) è soggetta alle regole dettate dall’art. 2704, comma 1, c.c. in tema di certezza e computabilità della data riguardo ai terzi, le quali possono essere fatte valere nell’interesse della massa o del fallito dal curatore, data la sua posizione di terzietà rispetto agli atti compiuti dal fallito medesimo (Cass. Sez. civ. 9.5.2011 n. 10081; Cass. civ., Sez. I, 15 marzo 2005, n. 5582; Cass. civ., Sez. I, 9 maggio 2001, n. 6465; Cass. civ., Sez. I, 20 luglio 2000, n. 9539; Cass. civ., Sez. I, 8 febbraio 2000, n. 1370;);

8) infine, ma in questo caso si tratta di regola generale e non operante in via esclusiva per il Fallimento, le fatture commerciali non accettate, non integrano di per sé la piena prova del credito in esse indicato e non determinano neppure alcuna inversione dell’onere probatorio; ne consegue che, quando il preteso debitore muove contestazioni sull’an o sul quantum debeatur, le fatture non valgono a dimostrare l’esistenza del credito, né, tanto meno, la sua liquidità ed esigibilità (cfr. Cass. Sez. civ. 11.03.2011 n. 5915; Cass. Sez. civ.3.3.2009 n. 5071; Cass. civ., Sez. II, 11 maggio 2007, n. 10860; Cass. civ. (Ord.), Sez. II, 29 novembre 2004, n. 22401; Cass. civ., Sez. II, 27 agosto 2003, n. 12518; Cass. civ., Sez. II, 4 marzo 2003, n. 3188).

Richiamati tali principi generali e passando al caso di specie, osserva il tribunale che il tema che involve la presente controversia è di pura interpretazione delle norme, in quanto la sola qualificazione del credito maturato indubitabilmente da E. (ammesso al chirografo e come tale riconosciuto nell’an e nel quantum) è sicuramente questione di puro diritto.

Il credito vantato da E. è maturato per gli emolumenti di amministratore sociale della società maturati nella fase di esecuzione dell’accordo di ristrutturazione omologato il __.

Assume il ricorrente di essere creditore prededucibile perché tratterebbesi di obbligazione per la quale nel piano era stato appostato un fondo per spese di procedura necessarie alla esistenza della società ed al perseguimento dei fini dell’accordo di ristrutturazione, nel periodo di esecuzione previsto di due anni e mezzo, definito in allora dalla difesa della richiedente omologa prededucibile. In proposito è evidente che l’uso di tale termine è atecnico, in quanto, la procedura di 182 bis L.F. si chiude formalmente con l’omologa, quindi la definizione di prededucibilità non è connessa allo svolgimento della procedura, ma alla necessità reputata dalla parte di coprire la spesa per l’attività del Liquidatore nella fase esecutiva, mediante l’appostazione di un fondo, a dimostrazione della fattibilità del piano redatto a sostegno dell’accordo di ristrutturazione, elemento che il Tribunale avrebbe vagliato in sede di omologa. La definizione adottata autonomamente dal piano esprime la posizione di preminenza riconosciuta dal proponente alla spesa all’interno della fase esecutiva, cioè dentro il Piano di ristrutturazione e non può, certo, per sé solo vincolare il diverso e futuro giudice del fallimento che sia dichiarato in seguito all’insuccesso dell’accordo stesso.

Si deve rilevare allora, approfondendo il tema della prededuzione post omologa, che l’obbligazione esecutiva del 182 bis L.F. è definita dalla legge prededucibile per particolari obbligazioni di finanziamento assunte dopo l’omologa, dove la prededuzione ha una funzione incentivante l’erogazione di credito, (cfr. 182 quater L.F.), al di fuori di questa ipotesi il riconoscimento della prededucibilità tecnicamente intesa ai sensi del 111 L.F., nel successivo fallimento, deve essere ancorato ai normali parametri del 111 comma 2 L.F. e passa attraverso la disamina del legame di occasionalità o funzionalità della obbligazione rispetto alla procedura concorsuale che si sia risolta in modo infausto.

Ciò introduce il primo tema sul quale il Collegio si è soffermato, rivedendo il proprio precedente orientamento che partendo inizialmente dalla necessità che la procedura conclusasi negativamente sia stata una procedura concorsuale contenuta nella legge fallimentare, aveva ritenuto che tale non potesse definirsi il 182 bis risolvendo a monte così il tema della prededucibilità negativamente . Il decidente ha rilevato che la Corte nelle note pronunce del gennaio 2018 ha osservato che la figura dell’accordo era sempre stata percepita come figura intermedia tra la composizione stragiudiziale che ha la massima espressione nel 67 L.F. lettera d, e le soluzioni concordatarie connesse al 160 L.F., dando vita a lunghissimi confronti e scontri dottrinari, che avevano in maggioranza però escluso in principio la concorsualità, per l’assenza di un procedimento di apertura, della nomina di un giudice delegato e di un commissario, della fase di voto dei creditori interna, del rispetto formale della par condicio, dei limiti alla gestione del proprio patrimonio dell’imprenditore, del blocco degli interessi sui debiti chirografari ecc. È indubbio, però, che l’istituto dal primo momento in cui è stato delineato con D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito in L. 14 maggio 2005, n. 80, quando constava di 5 piccoli commi è andato sviluppandosi e in questa fase accrescitiva, in cui si è disegnato sempre più precisamente, arricchendosi di contenuti, ha costantemente acquisito (assorbito) elementi che lo avvicinavano alla procedura concorsuale minore per antonomasia, il concordato preventivo, rispetto al quale costituiva una alternativa che il legislatore voleva potenziare e favorire nell’utilizzo. Così nel 2007 con il c.d. decreto correttivo, L. n. 169 del 12 settembre, sono stati inseriti, da un lato il divieto di azioni cautelari ed esecutive durante la fase di omologa, dopo la pubblicazione della richiesta di omologa sul Registro delle imprese, e dall’altro il richiamo al 168 L.F. II comma, con l’interruzione delle prescrizioni. Il divieto di iniziare le azioni esecutive e cautelari, è poi stato allargato alla fase delle trattative avviate, chiedendo la produzione di tutti i documenti necessari per il concordato preventivo, indicati dal 161 primo e secondo comma oltre alla dichiarazione autocertificata dell’imprenditore e l’attestazione di pendenza delle trattative (che ove si concludano positivamente sarebbero in grado di risolvere la situazione di crisi). In questo caso il Tribunale deve fissare un’udienza e stimolare la costituzione del contraddittorio con tutti i creditori che possono, ove lo ritengano, comparire ed opporsi e, in caso non si acquietino, impugnare reclamando il decreto di concessione del termine per il deposito dell’accordo di ristrutturazione.

Quello che comunemente si chiama lo stay, perché si ispira ad un istituto dei paesi anglosassoni, ha cominciato a far rifluire all’interno dell’Accordo degli elementi di contiguità con il Concordato, perché deve essere comunicato a tutti i creditori, questa volta non con la sola pubblicazione sul Registro imprese, ma mediante notifica e permette loro di interloquire coll’organo giurisdizionale, analogamente protegge da iniziative depauperatorie o di possibile inibitoria e distrubo la fase delle trattative, preparatoria, come avviene anche nel concordato, prima dell’adunanza in cui si forma la volontà dei creditori.

Nel 2012, poi con L. n. 134 del 7 agosto 2012, l’istituto è stato nuovamente oggetto di interventi, che hanno stabilito che l’attestatore lo designa sicuramente il debitore (come nel concordato, superando le ipotesi concrete in da taluno cui si era chiesto al Presidente del Tribunale di farlo,) che l’attestazione, come nel concordato, deve riguardare anche l’aspetto della veridicità dei dati aziendali e non solo l’attuabilità dell’accordo, infine si è introdotta una moratoria dei pagamenti integrali dei dissenzienti che caratterizzano l’accordo, in 120 giorni dalla omologa o dalla scadenza se non ancora scaduti . Molto importante il passaggio operato dalla già citata L. n. 134 del 7 agosto 2012 che ha allargato il divieto di acquisire prelazioni, salvo che siano concordate, facendo rientrare nel 182 bis dei richiami espressi alla disciplina fondamentale del concordato che limita la possibilità di acquisire nuovi titoli di prelazione, anche se qui non può parlarsi di diretta autorizzazione del giudice, ma di inserimento delle prelazioni nel piano, noto a tutti i creditori e oggetto di futura omologa da parte del Tribunale, che finisce per esaminarli e approvarli. La documentazione da presentare per l’accesso alla procedura è stata sempre più omologata al concordato, richiamandosi il contenuto del 161 lettere a, b, c, d. Ma il migliore argomento che illumina la riscontrata similitudine tra il 182 bis ed il concordato sta nell’ottavo comma (integrato sempre dalla L. n. 134 del 7 agosto 2012) che ha inserito la c.d. possibilità di switch, ovvero di passare da una domanda di futura omologa di accordo di ristrutturazione ad una di concordato preventivo nel termine assegnato con lo stay per il deposito . Con ciò il legislatore ha espresso la sua opinione in ordine alla natura non ostativa del passaggio biunivoco da una procedura all’altra, sostenendo, si deve ritenere implicitamente, che le due procedure siano affini, perciò sostanzialmente concorsuali entrambe. La riprova sta nella osservazione che è stata inserita dalla medesima L. n. 134 del 7 agosto 2012 anche la norma inversa che consentiva, in caso di deposito di domanda di concordato con riserva ai sensi del 161 co 9, di depositare poi legittimamente anche una richiesta di omologa del 182 bis. La L. 27 giugno 2015, n. 132 di conversione del D.L. n. 83, infine ha inserito nella legge fallimentare un ulteriore articolo che ha ampliato la portata funzionale del 182 bis, aumentandone peraltro il coinvolgimento giurisdizionale, il 182 septies, l’accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari, o accordo di ristrutturazione ad efficacia estesa. Al fine di ottenere la possibilità di coartare gli ulteriori componenti di una categoria di creditori finanziari che si sia già espressa a favore dell’accordo di ristrutturazione per il 75 %, il controllo giurisdizionale è stato profondamente ampliato, dovendo il Tribunale, controllare la informativa a tutti gli appartenenti della categoria, la buona fede nelle trattative, la informativa specifica nei confronti del creditore estendendo. In caso di opposizione del soggetto coartato il Tribunale procede a controllare anche la posizione giuridica e gli interessi omogenei dei soggetti facenti parte della categoria, la completezza e l’aggiornamento delle notizie fornite, il fatto che siano stati messi in condizione di partecipare alle trattative, la circostanza che possano essere soddisfatti in misura non inferiore alle prospettive concretamente perseguibili in alternativa, effettuando una sorta di cram down. Sembra quindi evidente che l’istituto è cresciuto negli anni acquisendo sempre più caratteristiche concorsuali. La legge delega 155 del 2017, e poi i decreti delegati hanno confermato questo sviluppo, anche perché la procedura di accordo è stata costruita come alternativa a tutti gli effetti al concordato preventivo e stante la macchinosità di quest’ultimo vi è una spinta all’utilizzo dello strumento, meno giurisdizionale e più duttile, attraverso l’inserimento di una ulteriore estensione del septies, ampliato in sede di CC.II. dall’art. 61 che si applica a qualunque tipologia di creditore non solo finanziario e persino il nuovo art. 60, dove l’agevolazione prescinde da una maggioranza del 60%. Ciò consente di comprendere che il legislatore patrocina soluzioni “concorsuali sempre più elastiche e tra loro intercambiabili ed addirittura un 182 bis semplificato, con maggioranza minima (30 %) se non vengono chieste misure protettive o moratoria per il pagamento dei non aderenti. Da alcuni tale istituto è definito una sorta di concordato semplificato. Incidenter tantum, poi, nel confermare la possibilità di protezione nella fase delle trattative se pendono istanze di fallimento, il legislatore, ha persino previsto che possa essere nominato un commissario per coadiuvare il giudice e meglio tutelare i creditori.

La Corte di Cassazione nelle pronunce 2018, citate in apertura, ricostruendo gli elementi di comunanza ha rinvenuto delle caratteristiche di concorsualità (intesa come metodo per affrontare e disciplinare la convivenza e i conflitti tra l’imprenditore in crisi o in insolvenza, ed i suoi creditori,) ed ha individuato un ambito di intervento anche giurisdizionale, pur nel rispetto della autonomia negoziale delle parti che costituisce una delle caratteristiche fondanti dell’istituto, ispirato latamente ai prepakaged agreements and procedures statunitensi.

In primo luogo c’è sostanziale identità di presupposti soggettivi, è l’imprenditore commerciale non di piccole dimensioni e nemmeno di grandi o grandissime dimensioni che può essere assoggettato a 182 bis, quando si trova in crisi ed è prevista la conservazione degli effetti in caso di passaggio da 182 bis a concordato e viceversa al termine del periodo assegnato ai sensi del 161 per il concordato con riserva o del 182 bis a seguito di stay. In ambedue le procedure si opera un deposito presso il Tribunale sede dell’impresa ai sensi dell’art. 9 L.F. e si procede alla pubblicazione sul registro delle imprese della domanda e dei suoi allegati.

In ogni caso gli effetti dell’accordo si producono al deposito della domanda di omologa ma solo dopo la omologazione acquistano stabilità. Inoltre possono produrre quegli effetti protettivi che sono individuabili nella legge solo grazie al coinvolgimento del Tribunale ed alla necessità esiziale che poi vi sia una omologazione. La omologazione è istituto identico come funzione a quello concordatario, ovvero tra l’altro accerta la rispondenza della procedura concreta al modello minimo legale, in essa possono intervenire sia gli aderenti che i non aderenti (che subiscono la moratoria) ed i terzi interessati, e produce, quindi potenzialmente effetti per tutti costoro. Nel caso del 182 septies, poi, è solo l’intervento del Tribunale con le sue regole ed i controlli che gli sono propri e specifici, che consente la estensione degli effetti dell’accordo dei componenti della categoria ai soggetti riottosi.

La concorsualità trova una giustificazione anche nella comunanza delle misure protettive preventive ottenibili in favore della tutela delle trattative (161 sesto comma e 182 bis sesto comma) in tutte e due le procedure, sempre previo coinvolgimento del tribunale ed informazione di tutti i creditori, infine nelle misure protettive ordinarie, ottenibili per 60 giorni a seguito del deposito della richiesta di omologa, analoghe a quelle del 168.

La circostanza che non vi sia adunanza è legata alla diversa conformazione della raccolta delle adesioni negli accordi preconfezionati, essa avviene fuori dall’ambito giurisdizionale, ma la regolarità del consenso e la validità ed opponibilità della firma del creditore è compito di controllo del Tribunale in sede di omologa.

Anche il mancato rispetto della par condicio non risulta questione esiziale, giacché tale principio di giustizia, che tutelava la parità formale del trattamento dei creditori di fronte al patrimonio incapiente del debitore, salvo l’effetto delle cause legittime di prelazione, è principio cardine ma è derogabile e lo è stato principalmente in occasione dell’introduzione nel nostro ordinamento delle classi di creditori nel 2005, ammettendosi anche nel concordato il mancato rispetto della par condicio, ovvero il trattamento differente di soggetti giuridicamente identici, come i chirografari, in funzione della libertà di confezionamento della proposta concordataria ed in funzione della volontà di favorire il componimento del dissesto. Ormai il legislatore, lungi dal proteggere la parità formale tra i creditori, tende a favorire la composizione del dissesto anche nel concordato (della cui natura concorsuale nessuno dubita), lasciando la tutela di privilegiati alla concreta e reale valorizzazione della garanzia e quella dei chirografari, all’interesse economico che li accomuna in gruppi. È vero che il soggetto dissenziente può opporsi e se ne ha i numeri chiedere il cram down, nel concordato, ma anche nel 182 bis chi non vuole aderire ad un trattamento che reputa iniquo può restare estraneo all’accordo ed evitare la falcidia, o, se si tratta di 182 septies può opporsi e chiedere il cram down sostanzialmente instando per la valutazione che la soluzione impostagli non sia deteriore.

Risulta che gli aspetti di affinità siano andati intensificandosi a tal punto che mantenere l’accordo al di fuori della concorsualità rischia di presentarsi come una scelta critica, pur se l’adozione di tale decisione porterebbe alla non percorribilità di procedure di tal genere per i fondi comuni di investimento chiusi che, invece, in alcune fattispecie sono stati anche da questo Tribunale negli anni scorsi ammessi a goderne. Sembra però che una prospettiva di negazione, si presenti come antistorica, visto che il regolamento 848 del 2015 UE del parlamento Europeo e del consiglio del 20 maggio 2015 prevede espressamente tra le procedure concorsuali (cfr. art. 1 ed All. A) l’accordo di ristrutturazione, escludendo invece, in quanto l’elenco è tassativo, il 67 lettera d L.F. che non è citato. Esaminando la prospettiva europea si comprende come l’angolo visuale a cui l’interprete italiano è legato, risulti spesso concettualmente legato a soluzioni domestiche che in sede europea non trovano più piena condivisione e, d’altra parte, si comprende appieno perché in sede di riforma l’armonia rispetto ai principi dell’early warning, del regolamento 848 del 2015 e della direttiva del giugno 2019 siano esigenza fondamentale ed il piano di ristrutturazione ne rappresenti una componente imprescindibile.

Se quindi, re melius perpensa, si deve poter considerare la procedura di accordo di ristrutturazione dotata di quei requisiti minimi che ne denotano la concorsualità, allora per decidere se la prestazione di E. possa godere o meno di prededuzione, occorre, lo si riafferma, che essa lo sia secondo i criteri dettati dal 111 co. 2, L.F. ovvero sia o prevista dalla legge, o eseguita in funzione o in occasione della procedura concorsuale.

Vi sono, come già visto dei casi di prededucibilità del credito sorto in pendenza di 182 bis nel successivo fallimento, sono indicati dall’art. 182 quater 1 comma per i finanziamenti in esecuzione, II comma per i finanziamenti in funzione della presentazione della richiesta di omologa, e nel 182 quinquies, primo e terzo comma per la prosecuzione dell’attività. Al di fuori di tali ipotesi la legge non contempla nessun credito legalmente prededucibile.

Occorre allora esaminare se vi è un rapporto di funzionalità o di occasionalità.

La prima implica un rapporto di coerenza teleologica della obbligazione con i fini della procedura ed è connessa di regola alle spese preparatorie per la presentazione di una procedura concorsuale e non è apparentemente l’ipotesi qui esaminata.

Il collegio però prende atto dell’orientamento espresso dalla Suprema Corte in tema di concordato (in continuità, ma in forza di un obiter dictum valevole anche per il concordato per cessione di beni) (cfr. Cass 10.01.2018 n. 380 ord.; e Cass. 9.9.2016 n. 17911, ord.) con il quale ha affermato che la chiusura del concordato ex art. 181, pur determinando la cessazione del regime di amministrazione controllato conseguente allo spossessamento attenuato, a seguito della definitività del decreto di omologa, non comporta l’acquisizione in capo al debitore della piena disponibilità del proprio patrimonio, che resta vincolato alla attuazione degli obblighi da lui assunti con la proposta omologata, dei quali il commissario giudiziale, come espressamente previsto dall’art. 185 è tenuto a sorvegliare l’adempimento, secondo modalità stabilite nel decreto di omologazione. La fase di esecuzione, nella quale come si desume dalla rubrica del 185, si estrinseca l’adempimento del concordato, non può allora ritenersi scissa, e come a sé stante, rispetto alla fase procedimentale che l’ha preceduta: l’assoggettamento del debitore, dopo l’omologazione, all’osservanza del provvedimento giurisdizionale emesso ai sensi dell’art. 180, implica infatti la necessità che egli indirizzi il proprio agire al conseguimento degli obiettivi prefigurati nella proposta presentata ed approvata dai creditori. Omissis. È ben possibile, dunque, che nel corso dell’esecuzione del concordato l’imprenditore si trovi nella necessità di contrarre nuove obbligazioni, che, in tal caso siccome traenti origine da negozi diretti al raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano, devono senz’altro ritenersi sorte in funzione della procedura. In forza di tale orientamento, allora, deve ritenersi che siano in funzione di una procedura di concordato o possano esserlo sia obbligazioni contratte per la presentazione della procedura sia quelle indispensabili eseguite in esecuzione di essa.

Sul punto specifico della prededucibilità nell’ambito del 182 bis, invece, la Suprema Corte con una delle sentenze in precedenza citate sul tema della concorsualità della procedura ha affermato senza esitazioni che “Il credito del professionista che abbia svolto attività di assistenza e consulenza funzionali alla presentazione ed all’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, rientra de plano tra i crediti sorti in funzione di quest’ultima procedura e, come tale, a norma dell’art. 111, comma 2, L.F., va soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento, senza che ai fini di tale collocazione debba essere accertato, con valutazione ex post, che la prestazione resa sia stata concretamente utile per la massa in ragione dei risultati raggiunti (cfr. Cass. 18.01.2018 n. 1182). Successivamente Cass. 12.07.2018 n. 18488 ha chiarito che la prededuzione ha un duplice criterio guida, cronologico e teleologico, di individuazione delle obbligazioni relative. Tuttavia, affinché un credito sia ammesso in prededuzione, non è sufficiente che lo stesso venga a maturare durante la pendenza di una procedura concorsuale (quello che comunemente si definisce in occasione), essendo presupposto indefettibile, per il riconoscimento della prededucibilità, che la genesi dell’obbligazione sia temporalmente connessa alla pendenza della procedura medesima e che, comunque, l’assunzione di tale obbligazione risulti dal piano o dalla proposta. L’occasionalità, quindi, richiede il legame temporale di coesistenza fra procedura concorsuale e obbligazione; l’obbligazione deve essere stata assunta cioè durante la procedura e per il suo funzionamento. Ciò consente di superare il vaglio di utilità che considera rilevanti i soli risultati raggiunti nella procedura alternativa, perché così facendo il tenore del 111 L.F. sarebbe incomprensibile ed incoerente ogni volta che la procedura fosse terminata in modo infausto. Quando interviene il fallimento la prospettiva in cui la occasionalità va valutata è quella della coesistenza fra procedura concorsuale, suo corretto svolgimento previsto e insorgere dell’obbligazione.

Il legislatore non ha eseguito una valutazione assoluta di necessità di accollare ai debitori i costi maturati in costanza di procedura, occorre valutare appunto la sussistenza della procedura e la sussistenza della valida occasionalità. Nel caso in esame la spesa era prevista e quantificata esattamente dal piano omologato ed era indispensabile alla corretta conduzione dello stesso, trattandosi del liquidatore sociale cui era affidato il compito di curare la liquidazione del patrimonio che avrebbe dovuto dotare economicamente la procedura.

Tenuto conto che la spesa è stata preventivata in fase esecutiva post omologa, al fine di decidere se la stessa può legittimamente dare vita a prededuzione, si deve tenere conto di un ulteriore fattore: il nuovo codice della crisi ha soppresso terminologicamente la categoria della occasionalità, essendo stata sostituita, opportunamente, dalla indicazione specifica delle obbligazioni cui il legislatore, per meritevolezza rispetto ai fini che intende privilegiare, ha riconosciuto la prededuzione. Certamente tale indicazione restringe la paventata prededuzione tout court a qualsiasi obbligazione contratta in sede esecutiva e realizza quel risparmio che senza infingimenti il legislatore della riforma perseguiva, Le ipotesi di prededuzione previste riguardano tra l’altro le spese per la gestione del patrimonio del debitore, quelle per la continuazione dell’esercizio dell’impresa, il compenso degli organi preposti (cfr. art. 6 ccii). Ciò consente, in base ad un convincimento più meditato, di ritenere che il ruolo indispensabile svolto da E., nella esecuzione del piano dell’accordo di ristrutturazione omologato, in quanto procedura concorsuale, possa avere dato vita a obbligazioni prededucibili. Si reputa che le ragioni che si potrebbero valorizzare per escludere in fase esecutiva le obbligazioni in caso di accordo di ristrutturazione, che potrebbero impingere nella mancanza di organi di controllo e sorveglianza che possano colla loro presenza garantire la legittimità della prededuzione maturanda, siano apparentemente suggestive ma non colgano nel segno, in questo caso, trattandosi di spesa controllata in quanto specificata nell’an e nel quantum e prevista dal piano omologato dal Tribunale . Non risulta ex post che si sia distorta la previsione contenuta nella omologa ed accettata dai creditori aderendo al piano che supportava la proposta di ristrutturazione.

La ulteriore questione della mancata consecuzione, rilevata dal giudice delegato, tra il 182 bis ed il fallimento appare ad avviso del Collegio non è condivisibile, alla luce dell’orientamento recente della corte Suprema che ha ritenuto possibile che la stessa si esplichi anche in senso orizzontale, ovvero tra procedure minori che abbiano presupposti simili e servano a risolvere situazioni identiche e non solo tra procedure minori e fallimento (Cfr., Cass11.06.2019 n. 15724). La Corte ha ricostruito la prededuzione come precedenza assoluta nel riparto, un’operazione di prelevamento che si realizza tramite la separazione delle somme necessarie per la copertura delle spese della procedura dal ricavato dell’espropriazione forzata dei beni del debitore. Dunque mentre il privilegio è una palese eccezione alla par condicio, ha natura sostanziale e si trova in un rapporto di accessorietà con il credito garantito, poiché ne suppone l’esistenza e lo segue; la prededuzione, attribuisce una precedenza rispetto a tutti i creditori sull’intero patrimonio del debitore, ha natura procedurale perché nasce e si realizza in tale ambito e assiste il credito di massa finché esiste la procedura concorsuale. La prededuzione attribuisce, secondo la Corte, una precedenza processuale, in ragione della volontà di rendere efficiente la procedura, per questo le obbligazioni strumentali al suo corretto e sollecito svolgimento sono preferite nell’ordine di distribuzione.

Il fenomeno conosciuto come consecuzione delle procedure concorsuali (storicamente di matrice interpretativa e giurisprudenziale) costituisce l’unica alternativa alla cessazione della prededuzione con il cessare dello specifico processo in cui nasce e consente il permanere della precedenza riservata al credito di massa anche al di fuori dell’ambito procedurale in cui è sorto. La collocabilità in prededuzione in una seconda procedura di crediti conseguenti a un’attività svolta in una procedura antecedente postula però uno specifico accertamento di consecutività tra i procedimenti susseguitisi.

Qui la Corte ha affermato sinteticamente un principio assai cogente e cioè che una volta constatato che nella fattispecie i giudici del merito non hanno ritenuto di arrestare la moltiplicazione di procedure, e ciò va inteso evidentemente perché non hanno riscontrato ipotesi di abuso delle finalità delle procedure (non rinvenendo nel caso concreto finalità distorte o deviate rispetto a quelle legali si veda sul punto Cass. 25210/2018), nulla vieta la possibilità di una consecuzione fra procedure, non solo rispetto a procedure minori a cui faccia seguito il fallimento ma anche con riferimento a casi di successione fra sole procedure minori.

Recentemente Cass. 10106/2019 ha ammesso la possibilità che a un accordo di ristrutturazione, faccia seguito un successivo concordato preventivo riconoscendo che occorre consentire all’imprenditore di comporre, con tutte le modalità consentite dall’ordinamento, la crisi della propria impresa, in quanto finalità meritevole di tutela. Questa interpretazione reiterata della Corte ora si basa sul dato normativo costituito dall’art. 111, comma 2, L.F., che, facendo ricorso a una terminologia plurale e generale (laddove parla di procedure concorsuali di cui alla presente legge), deve intendersi come riferito non solo all’ipotizzabile ventaglio delle procedure concorsuali in cui la prededuzione può essere riconosciuta, ma anche alla possibilità che la prededuzione sia ammessa nell’ambito di procedure concorsuali fra loro consecutive. La corte osserva ulteriormente che la medesima terminologia plurale e generale è stata utilizzata anche dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, che all’art. 6, comma 1, lett. d), riconosce la natura prededucibile ai “crediti legalmente sorti durante le procedure concorsuali per la gestione del patrimonio del debitore, la continuazione dell’esercizio dell’impresa, il compenso degli organi preposti e le prestazioni professionali richieste dagli organi medesimi.

Da questo combinato disposto tra legge attuale e legge futura in attesa di entrata in vigore, la Corte ha elaborato un principio di diritto condivisibile e cioè che la consecuzione è un fenomeno generalissimo consistente nel collegamento sequenziale fra procedure concorsuali di qualsiasi tipo volte a regolare una coincidente situazione di dissesto dell’impresa (vuoi che essa si atteggi come crisi, vuoi che consista in una situazione di insolvenza, dato che stato di crisi e stato di insolvenza possono rappresentare una mera distinzione di grado della medesima crisi economica) e unite da un rapporto di continuità causale e unità concettuale piuttosto che di rigorosa successione cronologica.

Ai fini della valutazione della sussistenza di questa sequenza qualificata rimane irrilevante la presenza di una finale dichiarazione di insolvenza in funzione dell’avvio di una procedura fallimentare o di amministrazione straordinaria, non è più come sembrava in passato rilevante che l’esito infausto si concluda in fallimento. Occorre invece verificare, partendo dal dato cronologico per proseguire in una valutazione di carattere giuridico e/o economico, se l’imprenditore, nell’eventuale iato temporale fra le procedure susseguitesi fra loro, sia intervenuto attivamente nella gestione dell’impresa ed abbia variato la consistenza economica del suo stato di dissesto in maniera sostanziale, introducendo elementi di rilevante difformità rispetto alla situazione in precedenza apprezzata dagli organi giudiziari (cfr. Cass. 9289/2010, Cass. 8164/1999). La consecuzione opera in una prospettiva non cronologica ma logica, a prescindere dalla presenza di una finale dichiarazione di insolvenza “e la sua giustificazione è rinvenibile nell’unica e comune finalità delle procedure coinvolte di dare soluzione alla medesima situazione di crisi economica; ed è proprio l’unicità del fenomeno sostanziale a cui ciascuna procedura ha cercato di porre rimedio a dare ragione di un regime consecutivo di procedure concorsuali.

Il principio sancito dalla pronuncia in esame è sostanzialmente che la consecuzione funge da elemento di congiunzione fra procedure distinte, come se l’una si evolvesse nell’altra, e consente di traslare dall’una all’altra procedura la preferenza procedimentale in cui consiste la prededuzione, facendo sì che la stessa valga non solo nell’ambito in cui è maturata ma anche negli altri che sia conseguiti per risolvere la stessa situazione di dissesto.

Conseguentemente, appurato che nel caso in esame non vi è stato abuso di procedure minori, che la crisi era indubitabilmente la stessa nel passaggio tra il 182 bis ed il concordato con riserva, poi rinunciato per chiedere il fallimento, constatato altresì che l’imprenditore non aveva eseguito interventi che falsassero i presupposti esaminati dalla omologa del 182 bis, ma invece lo aveva fatto il mercato e la crisi sopraggiunta, non si può negare che nel caso in esame vi è stata consescuzione fra il 182 bis, il concordato con riserva ed il fallimento.

Si deve accogliere pertanto l’opposizione e va rivista la collocazione del credito di E. che è prededucibile, ma chirografario, perché era il legale rappresentante della società, per Euro __.

Le spese di causa seguono a soccombenza e vengono poste a carico della procedura e trattandosi di questione nuova e controversa sono liquidate al minimo in Euro __ oltre Iva CPA, rimborso forfettario e __ di spese per contributo unificato e marca.

P.Q.M.

1) Accoglie l’opposizione di E. ed a modifica dello stato passivo dichiarato esecutivo, dichiara ammesso allo stato passivo del Fallimento G. S.r.l. il credito di E., pari ad Euro __ in prededuzione chirografaria;

2) condanna il fallimento alla rifusione delle spese di lite nella misura di Euro __ oltre Iva CPA, rimborso forfettario e __ di spese per contributo unificato e marca.

Così deciso in Milano, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, in data 21 novembre 2019.

Depositata in Cancelleria il 4 dicembre 2019.

Tribunale Milano Sez. fall. Decr. 04_12_2019

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