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L’intimazione di adempiere

L’intimazione di adempiere non richiede, quale requisito formale a pena di nullità l’indicazione del procedimento logico-giuridico e del calcolo matematico seguiti per determinare la somma domandata in base al titolo esecutivo

Tribunale Ordinario di Castrovillari, Sezione Civile, Sentenza del 08/01/2020

Con sentenza dell’8 gennaio 2020, il Tribunale Ordinario di Castrovillari, Sezione Civile, in tema di recupero crediti, ha stabilito che l’intimazione di adempiere, l’obbligo risultante dal titolo esecutivo – contenuto nel precetto a norma dell’art. 480, comma 1, c.p.c. – non richiede, quale requisito formale a pena di nullità, oltre all’indicazione della somma domandata in base al titolo esecutivo, anche quella del procedimento logico-giuridico e del calcolo matematico seguiti per determinarla.


Tribunale Ordinario di Castrovillari, Sezione Civile, Sentenza del 08/01/2020

L’intimazione di adempiere non richiede, quale requisito formale a pena di nullità l’indicazione del procedimento logico-giuridico e del calcolo matematico seguiti per determinare la somma domandata in base al titolo esecutivo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI CASTROVILLARI

SEZIONE CIVILE

in persona del giudice monocratico Dott. __ ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nella causa civile iscritta al n. __ RGAC dell’anno __avente ad oggetto opposizione a precetto e vertente

TRA

A., in qualità di titolare della ditta T., e R. – OPPONENTI

E

U. S.p.A. – OPPOSTA

NONCHÈ

M. S.r.l. – INTERVENUTA

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1. Gli attori hanno proposto opposizione al precetto notificato il __ da U. S.p.A., con cui si è intimato il pagamento di Euro __ in forza del contratto di mutuo ipotecario fondiario stipulato per atto pubblico a rogito notaio L. il (…) tra R. e T. e la allora B.

Hanno dedotto: a) la mancanza del piano di ammortamento con conseguente indeterminatezza delle somme precettate; b) l’indeterminatezza del tasso di interesse e del piano di ammortamento; c) la mancata indicazione delle modalità di calcolo della somma richiesta; d) l’avvenuta applicazione di interessi usurari e anatocistici; e) la nullità della determinazione degli interessi mediante il rinvio all’Euribor per indeterminatezza e per violazione della normativa antitrust; f) l’esistenza di una differenza tra il TAEG indicato in contratto e quello concretamente applicato; g) l’esistenza di un controcredito derivante dall’applicazione di interessi anatocistici, commissioni di massimo scoperto e variazioni unilaterali delle condizioni pattuite sul conto corrente n. (…), aperto nel __, sul quale la somma mutuata è stata accreditata.

1.2. Si è costituita U., cessionaria del credito, chiedendo il rigetto dell’istanza di sospensione.

1.3. Si è, poi, costituita anche P., nella suindicata qualità, spiegando intervento ex art. 111 c.p.c. in virtù della intervenuta acquisizione del credito.

  1. In via preliminare, con riferimento all’eccezione di carenza di legittimazione attiva dell’intervenuta, sollevata da parte opponente in sede di comparsa conclusionale, deve rilevarsi che, secondo la pronuncia citata dalla stessa parte, “la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all’attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto” (Cass civ., SS. UU., 16 febbraio 2016, n. 2951).

Per tale ragione, considerato che alla comparsa di intervento sono allegati l’estratto della Gazzetta Ufficiale relativo alla cessione del credito a M. S.r.l., la procura rilasciata da M. a P., la procura rilasciata da P. a B.T. e la procura alle liti rilasciata da quest’ultima al difensore, nonché l’assenza di qualsiasi contestazione di parte opponente alla prima udienza successiva alla costituzione, circostanza qualificabile come difesa incompatibile con la negazione della legittimazione, l’eccezione deve essere respinta.

  1. Nel merito si osserva quanto segue.

3.1. In primo luogo, deve escludersi la fondatezza del motivo inerente all’assenza del piano di ammortamento e la determinatezza o determinabilità del tasso di interesse pattuito.

Infatti, pur nell’ambito di un giudizio di opposizione allo stato passivo fallimentare, ma esprimendo principi di portata generale applicabili anche al caso di specie, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che “la produzione del piano di ammortamento non costituisce elemento indefettibile della prova del residuo credito da mutuo, specie ove i requisiti costitutivi delle reciproche obbligazioni, ed in particolare quella restitutoria, risultino dalla chiara previsione contrattuale e dalla natura delle rate, dalla prevedibilità del loro importo per quota di interessi separata rispetto al capitale e si tratti di circostanze allegate al giudizio dal creditore, non bastando al riguardo una generica contestazione di rilevanza del curatore” (Cass. civ., Sez. VI – 1, 8/11/2017, n. 26426).

Ciò chiarito, deve rilevarsi che, nella fattispecie in esame, il contratto di mutuo e l’allegato documento di sintesi indicano in modo chiaro e preciso l’importo mutuato, la natura dell’ammortamento con il sistema alla francese, il numero delle rate e la relativa scadenza, nonché il tasso di interesse (TAN, TAEG e tasso di mora) applicato e gli ulteriori costi dovuti.

Del resto, la stessa consulenza di parte prodotta dagli opponenti evidenzia la conformità del mutuo in esame alla normativa relativa alla determinabilità dell’oggetto e alla trasparenza.

3.2. Con riferimento, invece, alla mancata indicazione in precetto delle modalità di calcolo delle somme richieste, deve rilevarsi che “l’intimazione di adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo – contenuto nel precetto a norma dell’art. 480, comma primo, cod. proc. civ. – non richiede, quale requisito formale a pena di nullità, oltre alla indicazione della somma domandata in base al titolo esecutivo, anche quella del procedimento logico-giuridico e del calcolo matematico seguiti per determinarla” (Cass. civ. Sez. III, 19 febbraio 2013, n. 4008).

Pertanto, deve ritenersi sufficiente l’indicazione in precetto dell’importo richiesto dal creditore.

3.3. Non meritevole di accoglimento è anche l’avvenuta applicazione di interessi usurari.

Infatti, la ricorrente deduce di avere allegato all’atto di citazione i comunicati stampa della B.I., giudicandoli equipollenti ai decreti ministeriali ai fini della prova del tasso di usura, e denuncia il fatto che, in violazione del principio iura novit curia, il giudicante abbia posto a suo carico l’onere di produrre in giudizio decreti che egli era tenuto a conoscere, essendo essi, in quanto richiamati dalla L. n. 108 del 1996, atti integrativi della legge con funzione innovativa dell’ordinamento giuridico. Censura, in aggiunta, che la Corte d’appello non abbia fatto riferimento al fatto notorio, atteso che la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto che i tassi di interesse bancario in un dato periodo costituiscono un fatto notorio cui il giudice può fare legittimo ricorso ex art. 115 c.p.c.

  1. Il motivo è infondato.

Il giudicante ha fatto buon governo dell’orientamento espresso dalle Sezioni unite di questa Corte, già nel 2009 (Cass., Sez. un., 29/04/2009, n. 9441), e più volte ribadito, secondo cui “la natura di atti meramente amministrativi dei decreti ministeriali… rende ad essi inapplicabile il principio iura novit curia di cui all’art. 113 c.p.c., da coordinarsi, sul piano ermeneutico, con il disposto dell’art. 1 preleggi (che non comprende, appunto, i detti decreti tra le fonti del diritto)”.

Tale principio di carattere generale è stato, peraltro, concretamente applicato ai decreti ministeriali di cui alla L. n. 108 del 1996, da Cass. 26/06/2001, n. 8742 nonché da Cass. 31/01/2002, n. 11706.

In sostanza, per giurisprudenza costante, il principio jura novit curia va coordinato con l’art. 1 preleggi, il quale indica le fonti del diritto, onde, laddove il primo eleva a dovere del Giudice la ricerca del diritto, non può non fare esclusivo riferimento alle vere e proprie fonti del diritto oggettivo, id est ai precetti che sono caratterizzati dal duplice connotato della normatività e della giuridicità, sicché vanno esclusi dall’ambito d’operatività del richiamato principio sia i precetti aventi carattere normativo ma non giuridico (come le regole della morale o del costume), sia quelli aventi carattere giuridico ma non normativo (come gli atti di autonomia privata o gli atti amministrativi) estranei alla previsione del menzionato art. 1 preleggi, sia quelli aventi forza normativa puramente interna, come gli statuti degli enti e i regolamenti interni.

Né la mancata produzione della copia dei decreti ministeriali che stabilivano, all’epoca della stipula del contratto, la soglia antiusura può essere superata, come correttamente ha ritenuto la sentenza impugnata, con la produzione di equipollenti.

Con la produzione in giudizio dei comunicati stampa della B.I. non può, dunque, ritenersi soddisfatto l’onere probatorio gravante sulla ricorrente. La copia dei suddetti decreti ministeriali costituisce, infatti, elemento di prova essenziale della fattispecie, non altrimenti surrogabile” (Cass. civ. Sez. III, Ord. 30 gennaio 2019, n. 2543).

Per tale ragione, considerato che parte opponente non ha prodotto alcun decreto ministeriale, ma soltanto i comunicati stampa della B.I., non sussiste alcuna prova dell’avvenuta pattuizione di interessi usurari.

In ogni caso, anche a voler utilizzare tali comunicati, si rileva che il tasso medio per i mutui a tasso variabile rilevato nel IV trimestre dell’anno 2009 risulta pari al 3,25%.

Pertanto, considerato che, ai sensi dell’art. 2, comma 4, L. n. 108 del 1996, il tasso soglia deve essere determinato aumentando tale tasso medio della metà, il limite usurario rilevante ai fini che qui interessano è pari al 4,875% (la metodologia di calcolo indicata dagli opponenti, peraltro in modo parziale con riferimento all’aumento di 1/4 rispetto al tasso medio, è riferita al periodo successivo al comunicato del Dipartimento del Tesoro del 18 maggio 2011, con cui è stato fissato il tasso soglia nella misura pari al tasso medio rilevato, aumentato di 1/4, con aggiunta di ulteriori 4 punti percentuali e, in ogni caso, con una differenza tra tasso medio e tasso soglia non superiore a 8 punti percentuali).

Di conseguenza, il TAEG (4,865%) e, a maggior ragione il TEG, nonché il tasso di mora singolarmente considerato (4,750%), risultano inferiori al tasso soglia.

3.3.1. Parte opponente ha anche affermato che nel computo del TAEG andrebbero sommati gli interessi moratori agli interessi corrispettivi.

Al riguardo, merita evidenziare innanzitutto che il dato rilevante ai fini dell’usura è il TEG e non già il TAEG, che rappresenta un indicatore del tutto diverso con riferimento a modalità di calcolo e finalità di indicazione.

Inoltre, deve osservarsi che, secondo il più recente e qui condiviso orientamento di legittimità, ai fini dell’usura gli interessi moratori non possono essere sommati a quelli corrispettivi.

Infatti, gli interessi convenzionali di mora non sfuggono alla regola generale per cui, se pattuiti ad un tasso eccedente quello stabilito dalla L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 2, comma 4, vanno qualificati ipso iure come usurari, ma in prospettiva del confronto con il tasso soglia antiusura non è corretto sommare interessi corrispettivi ed interessi moratori. Alla base di tale conclusione vi è la constatazione che i due tassi sono alternativi tra loro. Se il debitore è in termini deve corrispondere gli interessi corrispettivi, quando è in ritardo qualificato dalla mora, al posto degli interessi corrispettivi deve pagare quelli moratori. Di qui la conclusione che i tassi non si possano sommare semplicemente perché si riferiscono a basi di calcolo diverse. Il tasso corrispettivo si calcola sul capitale residuo, il tasso di mora si calcola sulla rata scaduta. Ciò vale anche là dove sia stato predisposto, come in questo caso, un piano di ammortamento, a mente del quale la formazione delle varie rate, nella misura composita predeterminata di capitale ed interessi, attiene ad una modalità dell’adempimento dell’obbligazioni gravante sulla società utilizzatrice di restituire la somma capitale aumentata degli interessi. Nella rata concorrono, infatti, la graduale restituzione del costo complessivo del bene e la corresponsione degli interessi: trattandosi di una pattuizione che ha il solo scopo di scaglionare nel tempo le due distinte obbligazioni.

In altre parole, preso atto della ricorrenza di un doppio tasso, uno attuale, quello corrispettivo, ed uno sospensivamente condizionato al ritardo e da esso decorrente, quello moratorio, si porrebbe in tal caso il problema della sorte della pattuizione relativa a tale secondo tasso che comporta costi solo eventuali. Problema che la giurisprudenza di questa Corte risolve sanzionando la clausola relativa alla pattuizione degli interessi moratori ove determinati ad un tasso sopra soglia e non già come preteso dal ricorrente trasformando forzosamente, a vantaggio dell’inadempiente, il contratto da oneroso a gratuito. Ragionando in via ipotetica perché si ripete, nel caso di specie, neppure si pone il problema della richiesta di pagamento di costi eventuali – la capacità in potenza moratoria degli interessi (eventuali) verrebbe risolta colpendo esclusivamente la relativa pattuizione: Cass., 15/09/2017, n. 21470 (Cass. civ. Sez. III, 28-06-2019, n. 17447).

In buona sostanza, quindi, il tasso moratorio non può sommarsi a quello corrispettivo e, in caso di usurarietà del primo, la conseguente nullità colpisce soltanto la mora con sostituzione del tasso legale a quello pattuito.

Per tale ragione, considerato che, nel caso di specie, il tasso di mora è inferiore al tasso soglia, deve escludersi qualsiasi ipotesi di usura.

3.3.2. Vale anche precisare, con riferimento all’usura cd. sopravvenuta che, secondo la più recente giurisprudenza di legittimità, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura come determinata in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996 , non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge, o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula; né la pretesa del mutuante di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di tale soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto (Cass. civ. Sez. Unite, 19 ottobre 2017, n. 24675).

3.3.3. Per quel che riguarda, invece, la tesi dell’avvenuta applicazione di interessi anatocistici, va in primo luogo osservato che in termini teorici, peraltro, il meccanismo di strutturazione del piano di restituzione rateale con il metodo francese non determina alcun effetto anatocistico, giacché degli interessi via via maturati viene previsto il pagamento al momento della scadenza di ciascuna rata, senza che gli stessi formino oggetto di capitalizzazione di modo che neppure è dato riscontrare alcuna violazione delle previsioni degli artt. 1283 c.c., in tema di anatocismo (Trib. Palermo Sez. Specializzata in materia di imprese, 16 gennaio 2015).

È tuttavia possibile che la banca calcoli gli interessi moratori dovuti in caso di ritardo nel pagamento delle rate del mutuo non soltanto sulla quota capitale ma anche sulla quota interessi.

In tal caso si genera, quindi, un fenomeno anatocistico vietato (cfr. Cass. civ. Sez. I, 22 maggio 2014, n. 11400).

Ciò premesso, nel caso di specie, esclusa ogni forma di anatocismo con riferimento alla previsione del piano di ammortamento alla francese, deve, tuttavia, rilevarsi che l’art. 8 delle condizioni generali prevede che ogni somma non corrisposta (quindi anche a titolo di interessi) produrrà interessi di mora.

Deve, quindi, ritenersi, che gli interessi moratori applicati dalla banca siano stati calcolati sull’intero importo delle rate scadute (quota capitale + quota interessi).

Pertanto, considerato che l’allegato 4 al fascicolo di parte opposta, costituito dal piano di ammortamento con indicazione delle rate pagate e degli interessi anche di mora applicati, non specificamente contestato da parte opponente, evidenzia che gli interessi di mora riscossi ammontano complessivamente ad Euro __ (somma di quelli applicati per le rate 1, 3-6, 10-13, 19, 28, 34, 36, 37-43, 45-48), tale importo deve essere detratto dal totale.

Inoltre, in assenza di qualsiasi indicazione sulla data di avvenuto pagamento di dette rate (nell’allegato 4 non v’è alcuna indicazione in tal senso), alcun importo a titolo di mora può essere riconosciuto per le medesime, risultando impossibile determinare in sentenza il periodo per il quale la mora debba essere calcolata solo sulla quota capitale.

Merita, poi, evidenziare che, sempre dal citato allegato 4, risulta che al __ (data di scadenza dell’ultima rata parzialmente pagata), il debito residuo risultava pari ad Euro __, oltre Euro __ per parziale insoluto sulle rate dalla __ alla __, per un totale di Euro __.

Pertanto, risultando superfluo l’espletamento di una CTU in presenza dell’indicazione esatta dell’andamento dei pagamenti, il credito vantato da parte opposta al __ risulta pari ad Euro __ (__ – __), oltre interessi di mora da calcolare sulla sola quota capitale delle rate scadute e non pagate (dalla __ sino alla avvenuta decadenza dal beneficio del termine, che, dal tenore del precetto, deve ritenersi intervenuta il __) dalla scadenza di ogni rata al saldo, nonché interessi di mora sul capitale residuo risultante al __ da tale data al saldo.

3.4. Deve, poi, escludersi la nullità della pattuizione degli interessi mediante il richiamo all’euribor.

Invero, secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza di merito, non è fondata l’eccezione di nullità della pattuizione del tasso di interesse di un contratto di mutuo determinato con riferimento al tasso Euribor, che deriverebbe dalla pretesa violazione dell’art. 2 della L. 10 ottobre 1990, n. 287, recante norme per la tutela della concorrenza e del mercato (che vieta, tra l’altro, le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attività consistenti nel: a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali). Se è vero infatti che l’ammontare dell’Euribor – tasso di interesse medio delle transazioni finanziarie in Euro tra le principali banche europee, fissato dalla E.R. Federation (E.) come media dei tassi di deposito interbancario tra le medesime, con un criterio di calcolo inteso a evitare l’incidenza di tassi anomali – può essere influenzato dalle singole banche, ciò non basta per affermare l’illiceità del meccanismo. L’eccepita nullità richiede invece l’esistenza di accordi tra le banche interessate diretti ad influenzare la determinazione dell’Euribor attraverso la modifica concordata del tasso di deposito da ciascuna di esse applicato nei rapporti con altri istituti di credito: accordi dei quali non vi è prova. La clausola contrattuale che richiama l’Euribor non è neppure in contrasto con l’art. 117 comma 6 del T.U.B.: il tasso di interesse è, tempo per tempo, determinabile attraverso il rinvio recettizio al tasso di riferimento e la variabilità del tasso, anche nel caso in cui questo aumenti, non fa sì che il tasso applicato sia più sfavorevole per il cliente di quello pubblicizzato” il mutuatario sa sin dall’inizio che è esposto alle variazioni del tasso Euribor e non può essere indotto a ritenere che il corrispettivo del mutuo non sarà mai superiore a quello inizialmente indicato, sulla base dell’Euribor vigente alla data di conclusione del contratto. Allo stesso modo, la clausola non viola le previsioni degli artt. 1346 e 1284 comma 3 c.c., atteso che l’oggetto del contratto di mutuo è determinabile anche quando nel documento contrattuale la parti indicano criteri certi ed oggettivi che consentono la concreta quantificazione del tasso d’interesse, ancorché ciò avvenga per relationem, mediante il richiamo ad elementi estranei al documento (Cass. sez. I, 12 novembre 1987, n. 8335), ed anche se tali elementi sono destinati a variare nel corso del tempo, con conseguente modifica del tasso applicabile (Trib. Udine, 16 settembre 2013; cfr. anche Trib. Palermo Sez. Specializzata in materia di imprese, 16 gennaio 2015).

Ciò premesso, allo stato vi è prova dell’illegittimità della rilevazione euribor, sulla base della pronuncia della Commissione Antitrust Europea – Direzione Generale della Concorrenza – soltanto per il periodo 2005-2008 (vds. decisione del 4 dicembre 2013 della Commissione UE).

Pertanto, considerato che il mutuo per cui è causa è stato stipulato nel 2009, non è meritevole di accoglimento il motivo relativo alla violazione della normativa antitrust.

Neppure è fondato il motivo inerente alla nullità per indeterminatezza del tasso di interesse determinato con riferimento all’euribor, in quanto, in virtù dell’orientamento richiamato, il tasso risulta specificamente individuato.

3.5. Per quel che riguarda, poi, la differenza tra il TAEG pattuito e quello applicato, va evidenziato che, secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza di merito, tale difformità non implica l’applicazione dei tassi sostituitivi di cui all’art. 117 TUB, salva l’ipotesi del credito al consumo in virtù della specifica previsione dell’art. 125 bis TUB (cfr. Tribunale Torino, 3 ottobre 2018, n. 4580).

Pertanto, non venendo in questione nel caso di specie alcuna ipotesi di credito al consumo (la A. ha agito in qualità di titolare di una ditta per cui deve escludersi che la stessa rivesta la qualità di consumatrice), deve essere esclusa la sostituzione del TAEG contrattuale con i tassi sostitutivi di cui all’art. 117 TUB.

3.6. Non meritevole di accoglimento è anche del motivo inerente all’esistenza di un controcredito in favore degli opponenti, in quanto tale circostanza è risultata del tutto sprovvista di prova.

Infatti, parte opponente non ha depositato né il contratto di conto corrente né gli estratti conto, per cui non sussiste alcun elemento istruttorio idoneo a dimostrare la fondatezza della pretesa dedotta.

  1. L’avvenuto consolidamento in epoca successiva all’introduzione del giudizio della gran parte degli orientamenti giurisprudenziali applicati giustifica la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale di Castrovillari – Sezione Civile – in persona del giudice monocratico Dott. __, definitivamente pronunciando sulla causa in oggetto, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, così provvede:

1) Accerta e dichiara che il credito vantato da parte opposta per le causali di cui in parte motiva è pari, al __, ad Euro __, oltre interessi di mora da calcolare sulla sola quota capitale delle rate scadute e non pagate (dalla __ sino alla avvenuta decadenza dal beneficio del termine, intervenuta il __ dalla scadenza di ogni rata al saldo, nonché interessi di mora sul capitale residuo risultante al __ da tale data al saldo;

2) Compensa le spese.

Così deciso in Castrovillari, 8 gennaio 2020.

Depositata in Cancelleria il 8 gennaio 2020.

 

Tribunale Castrovillari Sent. 08_01_2020