L’ipoteca ex art. 77, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, può essere iscritta senza necessità di procedere a notifica dell’intimazione ad adempiere
Tribunale Ordinario di Velletri, Sezione Lavoro, Sentenza del 04/04/2019
Con sentenza del 4 aprile 2019, il Tribunale Ordinario di Velletri, Sezione Lavoro, in tema di recupero crediti, ha stabilito che l’ipoteca prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 77 può essere iscritta senza necessità di procedere a notifica dell’intimazione ad adempiere di cui all’art. 50, comma 2, del medesimo D.P.R., prescritta per il caso che l’espropriazione forzata non sia iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, poiché l’iscrizione ipotecaria non può essere considerata un atto dell’espropriazione forzata, bensì un atto riferito ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria.
Tribunale Ordinario di Velletri, Sezione Lavoro, Sentenza del 04/04/2019
L’ipoteca ex art. 77, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, può essere iscritta senza necessità di procedere a notifica dell’intimazione ad adempiere
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI VELLETRI
SEZIONE LAVORO
in persona del giudice, dott. __, all’udienza del __, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. __ R.G. pendente
TRA
C. – ricorrente –
E
A. – convenuta –
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con ricorso depositato in data __ la parte ricorrente C. ha chiamato in giudizio la parte convenuta indicata in epigrafe e – premessi i fatti costitutivi delle proprie domande – ha presentato le seguenti conclusioni, integralmente riportate e trascritte appresso “IN VIA PRINCIPALE: dichiarare nulla l’ISCRIZIONE IPOTECARIA impugnata in ordine alle pretese creditorie di competenza del Tribunale adito, e tutti gli atti ad essa presupposti, per tutti i motivi esposti in narrativa, ordinandone la cancellazione a cura di Equitalia presso il Competente Ufficio dell’Agenzia del Territorio, e per l’effetto dichiarare l’intervenuta prescrizione dei crediti previdenziali sottesi all’atto impugnato, compresi interessi sanzioni e compensi di riscossione. Con vittoria di spese, competenze ed onorari. Sentenza esecutiva ex lege. IN VIA SUBORDINATA: dichiarare nulla l’ISCRIZIONE IPOTECARIA impugnata in ordine alle pretese creditorie di competenza del Tribunale adito, per tutti i motivi esposti in narrativa, ordinandone la cancellazione a cura di Equitalia presso il Competente Ufficio dell’Agenzia del Territorio, e determinare l’esatto importo del credito vantato, alla luce dello sgravio parziale già ottenuto ed esclusi in ogni caso interessi, sanzioni e compensi di riscossione, in quanto prescritti – cfr. sentenza Cass. ord. n. 12715 del 20/6/16”.
Nel dettaglio, la parte ricorrente ha dedotto:
– che in data __ il ricorrente riceveva la notifica di avvenuta iscrizione di ipoteca (fascicolo n. (…)), su un immobile di sua proprietà, da parte di E. SPA, per un importo complessivo di Euro __, pari al doppio del credito asseritamente iscritto a ruolo e scaduto;
– che i crediti sottesi a tale iscrizione di ipoteca erano quelli portati dalle seguenti cartelle di pagamento:
1) n. (…), asseritamente notificata il __ (competenza anni ____), dell’importo di Euro __ (totale tributi), sgravata per un importo di Euro __, con un residuo asseritamente dovuto di Euro __, al netto di diritti di notifica/compensi/aggio, interessi di mora e spese per procedure esecutive.
2) n. (…) asseritamente notificata il __ (competenza anno __), dell’importo di Euro __ (totale tributi), totalmente sgravata;
3) n. (…) asseritamente notificata il __ (competenza anno __), dell’importo di Euro __ (totale tributi), sgravata per un importo di Euro __, con un residuo asseritamente dovuto di Euro __, al netto di diritti di notifica/compensi/aggio, interessi di mora e spese per procedure esecutive;
4) n. (…) asseritamente notificata il __ (competenza anno__), dell’importo di Euro __ (totale tributi), al netto di diritti di notifica/compensi/aggio, interessi di mora e spese per procedure esecutive, non oggetto di sgravio.
5) n. (…) asseritamente notificata il __ (competenza anni __), dell’importo di Euro __ (totale tributi), al netto di diritti di notifica/compensi/aggio, interessi di mora e spese per procedure esecutive, non oggetto di sgravio;
6) n. (…) asseritamente notificata il __ (competenza anno __), dell’importo di competenza I. pari ad Euro __ (totale tributi), al netto di diritti di notifica/compensi/aggio, interessi di mora e spese per procedure esecutive, non oggetto di sgravio.
– che l’iscrizione ipotecaria di cui sopra sarebbe illegittima sia per mancata notifica del relativo preavviso ex art. 50 D.P.R. n. 602 del 1973 sia per mancanza dei crediti sottesi, in quanto parzialmente sgravati;
– che i crediti in questione sarebbe comunque estinti per prescrizione, non essendo stati notificati atti interruttivi della stessa.
Si è costituita (tardivamente) in giudizio la parte convenuta, contestando le affermazioni della parte ricorrente e chiedendo il rigetto del ricorso.
La causa è stata istruita con l’acquisizione dei documenti prodotti.
Concesso termine per il deposito di note scritte, la controversia – assegnata a questo giudice in data __ – è stata decisa all’udienza odierna.
Va preliminarmente rigettata l’eccezione di improcedibilità del ricorso per violazione dell’art. 415 co. 4 c.p.c.
La giurisprudenza ha chiarito che il termine previsto da tale disposizione la natura meramente ordinatoria – differentemente da quello previsto dal successivo comma 5 del medesimo articolo – e pertanto la tardività della notifica del ricorso, dopo l’emissione del decreto di fissazione della prima udienza, non comporta di per sé alcuna invalidità.
Va altresì rigettata l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, sollevata dalla parte convenuta, per asserita tardività dello stesso ex art. 617 c.p.c. ed art. 24 del D. Lgs. n. 46 del 1999.
L’azione proposta dalla parte ricorrente ha per oggetto l’accertamento della (in)esistenza dei crediti sottesi all’iscrizione di ipoteca e alle cartelle di pagamento di cui sopra e, dunque, dell’assenza del diritto delle parti convenute a procedere alla riscossione coattiva a mezzo ruolo.
Ne consegue che l’azione in questione va qualificata, in parte qua, come opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., non assoggettata al termine di 20 giorni di cui all’art. 617 c.p.c.
L’eccezione di decadenza dall’azione ex art. 24, co. 5, del D. Lgs. n. 46 del 1999, sollevata dalle parti convenute è anch’essa infondata.
L’art. 24 del D. Lgs. n. 46 del 1999 (in materia di Iscrizioni a ruolo dei crediti degli enti previdenziali) prevede che “1. I contributi o premi dovuti agli enti pubblici previdenziali non versati dal debitore nei termini previsti da disposizioni di legge o dovuti in forza di accertamenti effettuati dagli uffici sono iscritti a ruolo, unitamente alle sanzioni ed alle somme aggiuntive calcolate fino alla data di consegna del ruolo al concessionario, al netto dei pagamenti effettuati spontaneamente dal debitore. 2. L’ente ha facoltà di richiedere il pagamento mediante avviso bonario al debitore. L’iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in parte, se il debitore provvede a pagare le somme dovute entro trenta giorni dalla data di ricezione del predetto avviso. Se, a seguito della ricezione di tale avviso, il contribuente presenta domanda di rateazione, questa viene definita secondo la normativa in vigore e si procede all’iscrizione a ruolo delle rate dovute. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 25, l’iscrizione a ruolo è eseguita nei sei mesi successivi alla data prevista per il versamento. 3. Se l’accertamento effettuato dall’ufficio è impugnato davanti all’autorità giudiziaria, l’iscrizione a ruolo è eseguita in presenza di provvedimento esecutivo del giudice. 4. In caso di gravame amministrativo contro l’accertamento effettuato dall’ufficio, l’iscrizione a ruolo è eseguita dopo la decisione del competente organo amministrativo e comunque entro i termini di decadenza previsti dall’articolo 25. 5. Contro l’iscrizione a ruolo il contribuente può proporre opposizione al giudice del lavoro entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento. Il ricorso va notificato all’ente impositore. 6. Il giudizio di opposizione contro il ruolo per motivi inerenti al merito della pretesa contributiva è regolato dagli articoli 442 e seguenti del codice di procedura civile. Nel corso del giudizio di primo grado il giudice del lavoro può sospendere l’esecuzione del ruolo per gravi motivi. 7. Il ricorrente deve notificare il provvedimento di sospensione al concessionario. …”.
All’accertamento dell’omissione contributiva segue quindi, a seconda della disciplina applicabile ratione temporis, un (eventuale) avviso bonario, poi l’iscrizione a ruolo e, ancora poi, la notifica della cartella di pagamento – o, in alternativa, l’emissione di un avviso di addebito immediatamente esecutivo – a loro volta seguiti dagli opportuni atti interruttivi, cioè dalle intimazioni di pagamento, e/o dagli atti dell’esecuzione forzata.
La giurisprudenza ha chiarito, riguardo al comma 5 dell’art. 24 del D. Lgs. n. 46 del 1999 cit., che “Contro l’iscrizione a ruolo di contributi previdenziali, il contribuente può proporre opposizione al giudice del lavoro, ai sensi dell’art. 24, comma 5 D. Lgs. n. 46 del 1999, nel termine perentorio di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento. Infatti, l’inosservanza di tale termine ha l’effetto di rendere inammissibile, nel merito, l’opposizione, dal momento che lo stesso non ha la semplice funzione di regolare la sola azione esecutiva, essendo l’opposizione al ruolo funzionale all’accertamento nel merito della sussistenza dello stesso credito iscritto a ruolo” (Cassazione civile sez. lav. 27 febbraio 2007 n. 4506).
La giurisprudenza ha inoltre chiarito, in una prospettiva più ampia, che “Relativamente alle contestazioni concernenti la riscossione dei crediti contributivi non tributari, il contribuente può avvalersi di tre diversi strumenti di tutela giurisdizionale: a) proporre opposizione al ruolo esattoriale ex art. 24, c. 6, D. Lgs. n. 46 del 1999 per motivi attinenti al merito della pretesa contributiva entro il termine di 40 giorni dalla notifica della cartella di pagamento davanti al giudice del lavoro; b) proporre opposizione ex art. 615 c.p.c. per questioni attinenti non solo alla pignorabilità dei beni, ma anche a fatti estintivi del credito sopravvenuti alla formazione del titolo (quali la prescrizione del credito, la morte del contribuente, l’intervenuto pagamento della somma precettata), davanti al giudice del lavoro nel caso in cui l’esecuzione non sia ancora iniziata ovvero davanti al giudice dell’esecuzione nel caso in cui la stessa sia invece già iniziata; c) proporre opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. per i vizi attinenti la regolarità formale del titolo costituito dalla cartella esattoriale e degli atti di esecuzione (attinenti, ad esempio, alla notifica ed alla motivazione) entro il termine di 20 giorni dalla notifica del titolo o del precetto (costituito, nel caso dell’esecuzione mediante ruolo, dalla cartella di pagamento), davanti al giudice dell’esecuzione o del lavoro a seconda che l’esecuzione sia o meno già iniziata” (Tribunale Roma sez. lav. 04 maggio 2017 n. 4076), e che “Secondo il condiviso orientamento interpretativo di questa Corte, nella disciplina della riscossione mediante iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, di cui al D. Lgs. n. 46 del 1999, l’opposizione agli atti esecutivi è prevista dall’art. 29, comma 2, che, per la relativa regolamentazione, rinvia alle forme ordinarie, e non dall’art. 24, del citato D. Lgs. n. 46 del 1999, che si riferisce, invece, all’opposizione sul merito della pretesa di riscossione, con la conseguenza che l’opposizione agli atti esecutivi prima dell’inizio dell’esecuzione deve proporsi entro cinque giorni ora 20 giorni, n.d.a. dalla notificazione del titolo esecutivo, che, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49, si identifica nella cartella esattoriale; quest’ultima, infatti, essendo un estratto del ruolo, costituisce titolo esecutivo ai sensi del suddetto D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49, come modificato dal D. Lgs. n. 46 del 1999, art. 16, (cfr, Cass., n. 21863/2004). La tempestività dell’opposizione agli atti esecutivi deve essere controllata pregiudizialmemte d’ufficio, anche in sede di legittimità, in base alla lettura degli atti (cfr, Cass., nn. 9912/2001; 11251/1996). … in ordine alle censure inerenti il merito della pretesa … trova applicazione al riguardo il termine perentorio (cfr, ex plurimis, Cass., n. 14692/2007) di quaranta giorni di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24”.
La giurisprudenza ha pure precisato che il termine di prescrizione del diritto vantato dagli enti previdenziali – per i quali è in corso una procedura di riscossione a mezzo ruolo – è quinquennale, e tale rimane anche in caso di mancata o tardiva opposizione a cartella esattoriale: in tal senso cfr. Cassazione civile sez. VI 04 aprile 2017 n. 8752, che ha chiarito che “La prescrizione dei contributi previdenziali, nel caso di mancata o tardiva opposizione a cartella esattoriale, rimane quinquennale· e non si converte in decennale ai sensi dell’art. 2953 c.c.”, nonché Tribunale Roma sez. lav. 25 maggio 2017 n. 4934, secondo cui “la scadenza del termine (perentorio) per proporre opposizione avverso la cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del D. Lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie: quinquennale, secondo l’art. 3, commi 9 e 10, della L. n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.; tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la cartella esattoriale, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato”.
Tale principio è stato ribadito dalle Sezioni Unite della Cassazione, che hanno (definitivamente) stabilito che “La scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, D. Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione , produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l’effetto della c.d. conversione del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale secondo l’ art. 3, commi 9 e 10, L. n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’ art. 2953 c.c. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che dal 1° gennaio 2011 ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (art. 30, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla L. n. 122 del 2010). È di applicazione generale il principio secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l’effetto della c.d. conversione del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c. Tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti – comunque denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo” (Cassazione civile SS. UU. 17 novembre 2016 n. 23397).
In sintesi: qualora la cartella esattoriale – o l’avviso di addebito – siano stati validamente notificati al destinatario e non tempestivamente impugnati da quest’ultimo, tale soggetto decade dalla possibilità di far valere tanto i vizi formali della cartella o dell’avviso di addebito (e degli altri atti antecedenti non autonomamente e tempestivamente impugnati), sia dalla possibilità di eccepire l’eventuale prescrizione maturata prima ancora della notifica della cartella di pagamento o dell’avviso di addebito.
Anche in tal caso, tuttavia, rimangono tuttavia aperte talune possibilità per l’esecutando:
a di far valere l’eventuale prescrizione sopravvenuta dopo la notificazione della cartella di pagamento (o dell’avviso di addebito) – per decorso di un ulteriore quinquennio, dopo la notificazione della cartella, in assenza di ulteriori atti interruttivi (o di atti esecutivi) – tramite l’impugnazione, per tale motivo, del successivo atto della procedura esecutiva o del successivo atto interruttivo posti in essere dall’agente di riscossione o dall’ente creditore;
b di esperire una azione giudiziale (di accertamento negativo), anche senza attendere la notifica di ulteriori atti interruttivi o il compimento di atti esecutivi, per accertare l’eventuale prescrizione sopravvenuta dopo la notificazione (per decorso di un ulteriore quinquennio, dopo la notificazione della cartella, in assenza di ulteriori atti interruttivi);
c di esperire una azione giudiziale (di accertamento negativo), anche senza attendere la notifica di ulteriori atti del procedimento di riscossione o di ulteriori atti interruttivi, per accertare la nullità o l’inesistenza della notificazione della cartella esattoriale e quindi (non operando, in caso di nullità o inesistenza della notifica della cartella, la decadenza e la preclusione ex art. 24, comma 5, D. Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46) per far accertare l’eventuale prescrizione intervenuta prima ancora della inesistente o invalida notificazione della cartella o dell’avviso.
Nel caso di specie, la parte ricorrente ha dedotto – in riferimento a talune cartelle di pagamento – che i crediti contributivi vantati dalle parti convenute si sarebbero prescritti, anche in ragione della omissione e/o della invalidità delle (asserite) notificazioni effettuate nei confronti della parte ricorrente.
A tal proposito occorre ricordare – in linea generale – che, secondo la giurisprudenza, “Il giudice ha il potere-dovere di esaminare i documenti prodotti dalla parte solo nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza esponendo nei propri scritti difensivi gli scopi della relativa esibizione con riguardo alle sue pretese, derivandone altrimenti per la controparte l’impossibilità di controdedurre e per lo stesso giudice impedita la valutazione delle risultanze probatorie e dei documenti ai fini della decisione. Infatti, poiché nel vigente ordinamento processuale, caratterizzato dall’iniziativa della parte e dall’obbligo del giudice di rendere la propria pronuncia nei limiti delle domande delle parti, al giudice è inibito trarre dai documenti comunque esistenti in atti determinate deduzioni o indicazioni, necessarie ai fini della decisione, ove queste non siano specificate nella domanda, o – comunque – sollecitate dalla parte interessata” (Cassazione civile SS.UU. 1° febbraio 2008 n. 2435).
Ne deriva che al giudice è precluso ricercare all’interno dei fascicoli delle parti i documenti a cui queste hanno fatto riferimento esplicito o implicito nelle proprie deduzioni, se le parti medesime non hanno indicato espressamente lo scopo di tali documenti ai fini delle domande presentate; a maggior ragione al giudice è precluso ricercare dei fascicoli delle parti documenti a cui le parti non hanno fatto alcun riferimento, né esplicito né implicito, al fine di corroborare la tesi della parte attrice o ricorrente, oppure, all’opposto, la tesi della parte convenuta.
Inoltre, quanto al riparto dell’onere della prova in riferimento alla prescrizione delle pretese creditorie in materia contributiva, secondo la giurisprudenza – trattandosi di azione di accertamento negativo (volta ad accertare l’inesistenza originaria o la sopravvenuta estinzione per prescrizione della pretesa vantata dall’ente creditore) – l’onere di dimostrare l’esistenza del credito e/o la sua mancata estinzione per decorso del tempo grava, rispettivamente, sull’ente creditore e sull’agente di riscossione.
La giurisprudenza ha chiarito che “L’eccezione di interruzione della prescrizione, configurandosi come eccezione in senso lato, può essere rilevata anche d’ufficio dal giudice in qualsiasi stato e grado del processo, sulla base di allegazioni e di prove, incluse quelle documentali, ritualmente acquisite al processo. Ne consegue che, a fronte di una eccezione di prescrizione, colui nei cui confronti viene sollevata non ha l’onere di proporre una contro eccezione di interruzione della prescrizione, ma di allegare e provare la sussistenza dell’atto interruttivo, qualora detta prova non risulti già acquisita, nel primo passaggio processuale successivo alla formulazione dell’eccezione di prescrizione. Tale momento coincide, con riferimento al processo del lavoro, con la prima udienza, dovendo il convenuto formulare l’eccezione di prescrizione, che costituisce eccezione in senso stretto, costituendosi ai sensi dell’art. 416 c.p.c., mediante il deposito, almeno dieci giorni prima dell’udienza, di memoria difensiva” (Cassazione civile sez. lav. 12 agosto 2009 n. 18250).
Nel caso concreto, dall’esame della documentazione acquisita al giudizio (vd. documentazione attestante le notificazioni effettuate nei confronti della parte ricorrente dalle parti convenute) è emerso che:
1) la cartella di pagamento n. (…) è stata effettivamente notificata in data __;
2) la cartella di pagamento n. (…) è stata effettivamente notificata il __;
3) la cartella di pagamento n. (…) è stata effettivamente notificata il __;
4) la cartella di pagamento n. (…) è stata effettivamente notificata il __;
Non vi è prova, invece, dell’avvenuta notifica delle cartelle di pagamento n. (…) (asseritamente notificata il __) e n. (…) (asseritamente notificata il __).
Inoltre è pacifico che la parte convenuta abbia notificato in data __ l’avvenuta iscrizione di ipoteca (fascicolo n. …).
Ad eccezione che per la cartella di pagamento n. (…) (notificata il __) – riguardo alla quale si dirà più avanti -, essendo decorso, per le altre, un periodo maggiore di un quinquennio tra il momento della notificazione di ciascuna singola cartella di pagamento e il successivo atto interruttivo della prescrizione (comunicazione di avvenuta iscrizione di ipoteca) tutti i crediti contributivi previdenziali portati dalle suindicate cartelle risultano estinti per decorso della prescrizione quantomeno quinquennale (cfr. Cassazione civile SS. UU. 17 novembre 2016 n. 23397; Cassazione civile sez. VI 04 aprile 2017 n. 8752), non avendo la parte convenuta dedotto e provato l’esistenza di ulteriori atti interruttivi (infra quinquennali) validamente portati a conoscenza della parte ricorrente.
Ciò vale, a maggior ragione, per i crediti portati dalle cartelle di pagamento per cui non vi è prova dell’avvenuta notificazione.
A tal proposito va sottolineato che l’estratto di ruolo, in quanto documento redatto unilateralmente dall’agente di riscossione, non prova alcunché circa l’effettiva esistenza delle singole notificazioni ivi indicate, essendo l’agente di riscossione onerato della prova rigorosa dell’esistenza e del buon esito delle notificazioni in questione (sia per quanto riguarda la notifica delle cartelle di pagamento sia per quanto riguarda la notifica dei successivi atti interruttivi).
In riferimento ai suddetti crediti va quindi rigettata anche l’eccezione di decadenza ex art. 24, co. 5, del D. Lgs. n. 46 del 1999 sollevata dalle parti convenute, essendo l’estinzione (per prescrizione) dei crediti suddetti avvenuta in data successiva al verificarsi della decadenza prevista dalla disposizione in parola in riferimento alle singole cartelle di pagamento regolarmente notificate.
L’intervenuta prescrizione dei crediti contributivi previdenziali di cui sopra determina la parziale inefficacia dell’ipoteca fondata (anche) su tali crediti: pertanto essa va ridotte in proporzione.
A tal proposito va sottolineato che l’eventuale nullità della iscrizione di ipoteca derivante dall’omessa notifica del relativo preavviso – pur determinando l’invalidità dell’ipoteca – non incide comunque sull’efficacia interruttiva della prescrizione della (notificazione della) comunicazione di avvenuta iscrizione di ipoteca.
Per quanto riguarda la domanda di accertamento dell’invalidità, per vizi procedimentali (e, in particolare, per omessa notifica del preavviso di ipoteca), delle iscrizioni di ipoteche effettuate dalla parte convenuta nei confronti della parte ricorrente, appare opportuno riportare i passaggi più significativi della più recente giurisprudenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte formatasi sul punto: “l’ipoteca prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 77 può essere iscritta senza necessità di procedere a notifica dell’intimazione ad adempiere di cui all’art. 50, comma 2, del medesimo d.P.R., prescritta per il caso che l’espropriazione forzata non sia iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, poiché l’iscrizione ipotecaria non può essere considerata un atto dell’espropriazione forzata, bensì un atto riferito ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria. Nella medesima prospettiva, e non a caso, questa Corte ha ritenuto che il concessionario, non essendo il fermo amministrativo inserito come tale nella sequenza procedimentale dell’espropriazione forzata, non deve provvedere alla preventiva notifica dell’avviso contenente l’intimazione ad adempiere l’obbligazione risultante dal ruolo D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ex art. 50, comma 2, disposizione, questa, applicabile solo nel circoscritto ambito dell’esecuzione forzata (Cass. ord. n. 26052 del 2011). L’affermata inapplicabilità all’iscrizione ipotecaria D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77 della previsione di cui all’art. 50, comma 2, del medesimo decreto non significa tuttavia che l’iscrizione ipotecaria possa essere eseguita per così dire insciente domino, senza che la stessa debba essere oggetto di alcuna comunicazione al contribuente. Proprio in quanto atto impugnabile innanzi al giudice tributario l’iscrizione ipotecaria presuppone una specifica comunicazione al contribuente: il D. Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 prescrive, infatti, che gli atti impugnabili, elencati nell’art. 19 del medesimo decreto (e tra questi, come già visto, è enumerata anche l’iscrizione ipotecaria), debbano essere impugnati entro sessanta giorni dalla relativa notificazione. Non solo. La L. n. 241 del 1990, art. 21 prevede un obbligo generalizzato di comunicazione dei provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei destinatari, e l’iscrizione ipotecaria costituisce fuor di dubbio un atto che limita fortemente la sfera giuridica del contribuente. L’art. 6 dello Statuto del contribuente, a sua volta, prevede che debba essere garantita l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati. Tali previsioni normative impongono che l’iscrizione di ipoteca debba essere comunicata al contribuente. Ciò sulla base di un principio generale, caratterizzante qualsiasi sistema di civiltà giuridica, che assume la doverosità della comunicazione di tutti gli atti lesivi della sfera giuridica del cittadino, comunicazione che costituisce il presupposto imprescindibile per la stessa impugnabilità dell’atto, in particolare nel processo tributario che è strutturato come processo di impugnazione di atti in tempi determinati rigidamente (e solo la “notifica” dell’atto impugnato può costituire rassicurante prova dell’effettivo rispetto del termine di impugnazione). La comunicazione della quale si discute deve necessariamente precedere la concreta effettuazione dell’iscrizione ipotecaria, e ciò perché tale comunicazione è strutturalmente funzionale a consentire e a promuovere, da un lato, il reale ed effettivo esercizio del diritto di difesa del contribuente a tutela dei propri interessi e, dall’altro, l’interesse pubblico ad una corretta formazione procedimentale della pretesa tributaria e dei relativi mezzi di realizzazione. Siffatto orientamento costituisce anche una specifica attuazione del principio generale emergente dalla L. n. 241 del 1990, art. 7 il quale impone l’obbligo della comunicazione dell’avvio del procedimento ai soggetti nei cui confronti il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti. La ricordata previsione normativa dell’obbligo di comunicazione (previa) di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 7 è espressione del principio costituzionale di imparzialità e di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.) ed ha come ratto fondante: 1) la tutela dell’interesse – giuridicamente protetto – dei soggetti destinatari del procedimento: a) ad aver conoscenza di quest’ultimo; b) a poter controdedurre agli assunti su cui si basa l’iniziativa procedimentale dell’Amministrazione; c) ad inserire nel complesso delle valutazioni procedimentali anche quelle attinenti ai legittimi interessi del privato destinatario; 2) la tutela dell’interesse pubblico al buon procedimento, interesse pubblico garantito da quell’apporto alla piena valutazione giuridico-fattuale che solo l’intervento procedimentale dei soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti può fornire; 4) altresì, la tutela dell’affidamento (anche al fine di consentire tempestive misure difensive o riparatorie) di soggetti incolpevolmente estranei alla scaturigine del procedimento lesivo, ed ignari di essa; 5) la medesima comunicazione dell’inizio del procedimento (v. TAR Lazio, Sez. 1, 4 settembre 2009, n. 8373). Non rende meno valida questa ricostruzione esegetica il fatto che la L. n. 241 del 1990, art. 13, comma 2, escluda i procedimenti tributari dall’applicazione degli istituti partecipativi previsti dall’art. 7 della stessa legge, in quanto non si tratta di una esclusione tout court dei predetti istituti, bensì solo di un rinvio per la concreta regolamentazione dei medesimi alle norme speciali che disciplinano il procedimento tributario. Da questo complesso di norme emerge chiaramente che la pretesa tributaria trova legittimità nella formazione procedimentalizzata di una decisione partecipata mediante la promozione del contraddittorio (che sostanzia il principio di leale collaborazione) tra amministrazione e contribuente (anche) nella fase precontenziosa o endoprocedimentale, al cui ordinato ed efficace sviluppo è funzionale il rispetto dell’obbligo di comunicazione degli atti imponibili. Il diritto al contraddicono, ossia il diritto del destinatario del provvedimento ad essere sentito prima dell’emanazione di questo, realizza l’inalienabile diritto di difesa del cittadino, presidiato dall’art. 24 Cost., e il buon andamento dell’amministrazione, presidiato dall’art. 97 Cost.. Ma v’è di più. Il rispetto dei diritti della difesa e del diritto che ne deriva, per ogni persona, di essere sentita prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi, costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione, come afferma – ricordando la propria precedente sentenza del 18 dicembre 2008, in causa C-349/07 Sopropè – la Corte di Giustizia nella sua recentissima sentenza del 3 luglio 2014 in cause riunite C-129/13 e C-130/13, K.I.L. BV e D.H.W. BV. 15.2.1. Il diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento afferma la Corte di Giustizia, è attualmente sancito non solo negli artt. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che garantiscono il rispetto dei diritti della difesa nonché il diritto ad un processo equo in qualsiasi procedimento giurisdizionale, bensì anche nell’art. 41 di quest’ultima, il quale garantisce il diritto ad una buona amministrazione. Il citato art. 41, par. 2 prevede che tale diritto a una buona amministrazione comporta, in particolare, il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale lesivo. Conclude la Corte che in forza di tale principio, che trova applicazione ogniqualvolta l’amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo, i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la sua decisione, mediante una previa comunicazione del provvedimento che sarà adottato, con la fissazione di un termine per presentare eventuali difese od osservazioni. Tale obbligo, ad avviso della Corte, incombe sulle amministrazioni degli Stati membri ogniqualvolta esse adottano decisioni che rientrano nella sfera d’applicazione del diritto dell’Unione, quand’anche la normativa comunitaria applicabile non preveda espressamente siffatta formalità. Dal complesso delle considerazioni fin qui svolte si deve concludere che l’iscrizione ipotecaria prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77 in quanto atto destinato ad incidere in modo negativo sui diritti e gli interessi del contribuente, deve essere a quest’ultimo comunicata prima di essere eseguita, in ragione del dovuto rispetto del diritto di difesa mediante l’attivazione del contraddittorio endoprocedimentale, che costituisce un principio fondamentale immanente nell’ordinamento cui dare attuazione anche in difetto di una espressa e specifica previsione normativa. Quanto al consequenziale termine da fissare al destinatario per la presentazione di eventuali osservazioni (o, dato il caso specifico, per il pagamento del dovuto) anch’esso può trarsi, in difetto di espressa previsione scritta, dal sistema e determinarlo in trenta giorni sulla base delle prescrizioni che prevedono analogo termine con l’art. 6, comma 5, dello Statuto del contribuente o il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-ter, comma 4. Nel quadro delineato, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, comma 2 introdotto con D.L. n. 70 del 2011, che obbliga l’agente della riscossione a notificare al proprietario dell’immobile una comunicazione preventiva contenente l’avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il termine di trenta giorni, sarà iscritta l’ipoteca di cui al comma 1, non innova (soltanto) – se non sul piano formale – la disciplina dell’iscrizione ipotecaria, ma ha (anche e prima ancora) una reale valenza interpretativa, in quanto esplicita in una norma positiva il precetto imposto dal rispetto del principio fondamentale immanente nell’ordinamento tributario che prescrive la tutela del diritto di difesa del contribuente mediante l’obbligo di attivazione da parte dell’amministrazione del contraddittorio endoprocedimentale ogni volta che debba essere adottato un provvedimento lesivo dei diritti e degli interessi del contribuente medesimo. Principio il cui rispetto è dovuto da parte dell’amministrazione indipendentemente dal fatto che ciò sia previsto espressamente da una norma positiva e la cui violazione determina la nullità dell’atto lesivo che sia stato adottato senza la preventiva comunicazione al destinatario. Tuttavia, nel caso specifico, stante la natura reale dell’ipoteca, l’iscrizione per avventura eseguita senza che sia stato rispettato dall’amministrazione l’obbligo della preventiva comunicazione al contribuente conserva la propria efficacia fino a quando il giudice non ne abbia ordinato la cancellazione, accertandone l’illegittimità, salvo in ogni caso la responsabilità dell’amministrazione ai fini dell’eventuale risarcimento del danno. Sicché può affermarsi ti seguente principio di diritto: Anche nel regime antecedente l’entrata in vigore dell’art. 77, comma 2 bis, D.P.R., introdotto con D.L. n. 70 del 2011, l’amministrazione prima di iscrivere ipoteca ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77 deve comunicare al contribuente che procedere alla predetta iscrizione sui suoi beni immobili, concedendo a quest’ultimo un termine – che, per coerenza con altre analoghe previsioni normative presenti nel sistema, può essere fissato in trenta giorni – perché egli possa esercitare il proprio diritto di difesa, presentando opportune osservazioni, o provveda al pagamento del dovuto. L’iscrizione di ipoteca non preceduta dalla comunicazione al contribuente è nulla, in ragione della violazione dell’obbligo che incombe all’amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, mediante la preventiva comunicazione al contribuente della prevista adozione di un atto o provvedimento che abbia la capacità di incidere negativamente, determinandone una lesione, sui diritti e sugli interessi del contribuente medesimo. Tuttavia in ragione della natura reale dell’ipoteca, l’iscrizione eseguita in violazione del predetto obbligo conserva la propria efficacia fino a quando il giudice non ne abbia ordinato la cancellazione, accertandone l’illegittimità” (Cass. civ. Sez. Unite, 18-09-2014, n. 19667).
La parte ricorrente ha dedotto che la suddetta iscrizione di ipoteca effettuata dalla parte convenuta nei suoi confronti sarebbe invalida in quanto non preceduta dal preavviso di ipoteca.
La parte convenuta non ha fornito la prova di aver effettuato il preavviso di ipoteca, prima di procedere all’iscrizione della stessa.
In applicazione dei principi di diritto sopra illustrati, va pertanto dichiarata la nullità della iscrizione di ipoteca qui impugnata, per violazione del diritto al contraddittorio endoprocedimentale.
Come già ricordato, la declaratoria di invalidità dell’iscrizione ipotecaria in parola non determina il venire meno del suo effetto interruttivo della prescrizione: pertanto tale effetto risulta validamente prodotto in riferimento alla cartella di pagamento n. (…) (notificata il __), della quale non può essere dunque dichiarata l’invalidità per intervenuta prescrizione dei crediti ivi portati (anche in ragione dell’intervenuta irretrattabilità di tali crediti, ai sensi dell’art. 24 co. 5 del D. Lgs. n. 46 del 1999).
L’accoglimento del ricorso nei termini – e nei limiti – di cui sopra comporta l’assorbimento di ogni altra questione sollevata dalle parti.
Le spese di lite seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., e si liquidano come in dispositivo.
Si precisa che sono determinate tenuto conto 1) delle caratteristiche, dell’urgenza e del pregio dell’attività prestata, 2) dell’importanza, della natura, delle difficoltà e del valore dell’affare, 3) delle condizioni soggettive del cliente, 4) dei risultati conseguiti, 5) del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate, nonché delle previsioni delle tabelle allegate al decreto del Ministro della Giustizia n. 55 del 10.3.2014, nel loro valore medio (per controversie in materia di previdenza e aventi valore compreso tra Euro __ ed Euro __: nel caso di specie, all’esito del bilanciamento operato da questo giudice tra i criteri suddetti (in particolare i risultati conseguiti e la natura dell’affare), si ritiene che l’importo medio delle spese di lite vada diminuito dall’importo medio indicato dal medesimo D.M. (__) all’importo di Euro __.
Ai compensi si aggiunge il rimborso forfetario delle spese generali pari al 15% degli stessi (espressamente reintrodotto dall’art. 2 del D.M.), oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge.
P.Q.M.
– dichiara l’estinzione, per intervenuta prescrizione, dei crediti di natura contributiva previdenziale portati dalle seguenti cartelle di pagamento (nella misura in cui non siano state già sgravate dagli enti creditori):
n. (…), n. (…), n. (…), n. (…), n. (…);
– dichiara la nullità dell’iscrizione ipotecaria effettuata dalla parte convenuta nei confronti della parte ricorrente e, per l’effetto, ordina la cancellazione della stessa, a spese della parte convenuta;
– rigetta la domanda di accertamento della prescrizione in riferimento ai crediti di cui alla cartella n. (…);
– condanna la parte convenuta al pagamento, in favore della parte ricorrente, delle spese di lite, nella misura di Euro __, oltre accessori (spese generali al 15%, IVA e CPA);
– respinge ogni altra domanda o eccezione.
Così deciso in Velletri, il 4 aprile 2019.
Depositata in Cancelleria il 4 aprile 2019.
Tribunale_Velletri_Sez_lavoro_Sent_04_04_2019
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