La quietanza, rilasciata dal creditore al debitore, all’atto del pagamento, ha natura di confessione stragiudiziale sul fatto estintivo dell’obbligazione
Corte di Cassazione Civile, Sezione VI, Sottosezione 1, Ordinanza n. 19654 del 22/07/2019
Con ordinanza del 22 luglio 2019, la Corte di Cassazione Civile, Sezione VI, Sottosezione 1, in tema di recupero crediti, ha stabilito che la quietanza, rilasciata dal creditore al debitore, all’atto del pagamento, ha natura di confessione stragiudiziale sul fatto estintivo dell’obbligazione secondo la previsione dell’art. 2735 c.c., e, come tale, solleva il debitore dal relativo onere probatorio, vincolando il giudice circa la verità del fatto stesso, se e nei limiti in cui sia fatta valere nella controversia in cui siano parti, anche in senso processuale, gli stessi soggetti rispettivamente autore e destinatario di quella dichiarazione di scienza.
Corte di Cassazione Civile, Sezione VI, Sottosezione 1, Ordinanza n. 19654 del 22/07/2019
La quietanza, rilasciata dal creditore al debitore, all’atto del pagamento, ha natura di confessione stragiudiziale sul fatto estintivo dell’obbligazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. __ – Presidente –
Dott. __ – Consigliere –
Dott. __ – Consigliere –
Dott. __ – Consigliere –
Dott. __ – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. __ proposto da:
U. S.p.A. – ricorrente –
contro
Curatela del fallimento della (OMISSIS) di Z. – intimata –
avverso il decreto n. R.G. __ del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il __;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del __ dal Consigliere relatore Dott. __.
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Napoli, con decreto emesso il __, rigettò l’opposizione allo stato passivo proposta di U. S.p.A. avverso il provvedimento del giudice delegato il quale non ammise al passivo del fallimento della (OMISSIS) di Z. il credito relativo al mancato rimborso del residuo finanziamento concesso alla suddetta società in bonis, per la mancata prova dell’erogazione delle somme.
In particolare, il Tribunale osservò che: non era rilevante la quietanza contenuta nell’atto di finanziamento, mancando l’estratto-conto bancario; dal contratto bancario emergeva che la somma mutuata fu riconsegnata alla banca perché restasse depositata fino alla documentazione dell’iscrizione dell’ipoteca e, dunque, essa era rimasta nella disponibilità della banca che non ne aveva provato l’erogazione successivamente all’iscrizione ipotecaria.
U. S.p.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. Non si è costituita la curatela fallimentare cui il ricorso è stato regolarmente notificato.
Motivi della decisione
Con l’unico motivo del ricorso è denunziata violazione e falsa applicazione dell’art. 1813 c.c., dell’art. 39 TUB, comma 2, dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in quanto il Tribunale non ha fatto corretta applicazione delle norme richiamate alla cui stregua il contratto di mutuo si perfeziona con la consegna del denaro o con il conseguimento, da parte del mutuatario, della relativa disponibilità giuridica, come desumibile dagli atti di causa- che comprovavano l’effettiva erogazione del mutuo- del cui mancato esame la ricorrente parimenti si duole.
Il motivo è fondato. Va osservato che il decreto impugnato, nell’escludere la prova dell’erogazione del finanziamento, non ha fatto corretta applicazione del consolidato orientamento di questa Corte- cui il collegio intende dare continuità- secondo cui “ai fini del perfezionamento del contratto di mutuo, avente natura reale ed efficacia obbligatoria, l’uscita del denaro dal patrimonio dell’istituto di credito mutuante e l’acquisizione dello stesso al patrimonio del mutuatario, costituisce effettiva erogazione dei fondi, anche se parte delle somme sia versata dalla banca su un deposito cauzionale infruttifero, destinato ad essere svincolato in conseguenza dell’adempimento degli obblighi e delle condizioni contrattuali” (Cass., n. 25632/17). Inoltre, è stato affermato che “la consegna idonea a perfezionare il contratto reale di mutuo non va intesa nei soli termini di materiale e fisica traditio del danaro (o di altre cose fungibili), rivelandosi, invero, sufficiente il conseguimento della sua disponibilità giuridica da parte del mutuatario, ricavabile anche dall’integrazione di quel contratto con il separato atto di quietanza a saldo” (Cass., n. 17194/15; n. 8634/99).
Nel caso concreto, la banca ha offerto la prova di aver erogato la somma mutuata attraverso la quietanza contenuta nello stesso contratti di mutuo e la produzione dei due assegni circolari, di cui uno intestato al fallito Z. e l’altro ad un terzo, proprietario dell’immobile acquistato dal medesimo Z.- con contratto di cessione stipulato in pari data – e gravato da ipoteca.
In particolare, riguardo all’efficacia probatoria della quietanza di pagamento nei confronti della curatela fallimentare va osservato che, alla stregua di un consolidato orientamento di questa Corte, la quietanza, rilasciata dal creditore al debitore all’atto del pagamento, ha natura di confessione stragiudiziale su questo fatto estintivo dell’obbligazione secondo la previsione dell’art. 2735 c.c., e, come tale, solleva il debitore dal relativo onere probatorio, vincolando il giudice circa la verità del fatto stesso, se e nei limiti in cui sia fatta valere nella controversia in cui siano parti, anche in senso processuale, gli stessi soggetti rispettivamente autore e destinatario di quella dichiarazione di scienza. Tuttavia, nel giudizio in cui sia parte il curatore fallimentare, è stato affermato che debba negarsi che il debitore possa opporre la suddetta quietanza, quale confessione stragiudiziale del pagamento, atteso che il curatore, pur ponendosi, nell’esercizio di un diritto del fallito, nella stessa posizione di quest’ultimo, è una parte processuale diversa dal fallito medesimo. Da tanto consegue che, nel predetto giudizio, l’indicata quietanza è priva d’effetti vincolanti ed assume soltanto il valore di un documento probatorio dell’avvenuto pagamento, apprezzabile dal giudice al pari di qualsiasi altra prova desumibile dal processo (Cass., n. 23318/12; n. 21258/14).
Tale principio è stato altresì affermato nell’ulteriore declinazione secondo cui “in tema di valore probatorio della quietanza nei confronti della curatela fallimentare, dalla anteriorità, con atto di data certa, della quietanza al fallimento non può ricavarsi anche la certezza della effettività del pagamento quietanzato, giacché solo dalla certezza dell’avvenuto pagamento, mediante strumenti finanziari incontestabili può trarsi la prova del pagamento del prezzo pattuito nell’atto di autonomia privata” (Cass., n. 14481/05; n. 11144/09).
Ora, nella fattispecie, il Tribunale ha rigettato l’opposizione allo stato passivo della banca mutuante argomentando sia dall’inopponibilità della suddetta quietanza al fallimento, alla luce della mancata produzione degli estratti-conto bancari, sia dal fatto che la somma oggetto del contratto non sarebbe comunque entrata nella disponibilità del mutuatario (in quanto depositata presso la banca a garanzia dell’iscrizione ipotecaria sull’immobile acquistato da Z.).
Al riguardo, va osservato che il Tribunale ha esaminato atomisticamente i vari documenti, senza elaborarne una complessiva ed unitaria valutazione da cui desumere l’effettiva erogazione della somma mutuata.
Invero, alla quietanza non è stata attribuita alcuna rilevanza probatoria, mentre, per quanto esposto, essa, seppure non vincolante sotto il profilo della confessione, costituisce un elemento liberamente valutabile da parte del giudice, unitamente agli altri documenti acquisiti, quali i due assegni emessi dalla banca. In particolare, il fatto che uno de due titoli non fosse intestato al fallito Z. non è decisivo per escludere l’effettiva dazione del denaro, poiché, come detto, il Tribunale non ha, immotivatamente, tenuto conto della destinazione del denaro al venditore dell’immobile, ceduto in proprietà allo stesso Z., poi oggetto dell’ipoteca a garanzia dell’adempimento dell’obbligazione di restituzione a favore della banca opponente.
Pertanto, la pronuncia impugnata è erronea, sia perché ha escluso ogni rilevanza di prova dell’effettiva erogazione della somma mutuata in ordine ai suddetti documenti, omettendone il complessivo ed unitario esame, anche sotto il profilo teleologico e funzionale, sia in quanto non ha applicato il principio, sopra richiamato, secondo cui il denaro oggetto del contratto di mutuo entra nella disponibilità giuridica del mutuatario anche se depositato su un deposito presso la stessa banca mutuante a garanzia dell’adempimento degli obblighi connessi al contratto.
Nel caso concreto, è stato sopra evidenziato che, una volta iscritta l’ipoteca (fatto incontestato, accertato dal Tribunale), furono emessi i due assegni per l’erogazione della somma mutuata.
Per quanto esposto, il decreto impugnata va cassato, con rinvio al Tribunale di Napoli, in diversa composizione per un nuovo esame dei vari elementi probatori in conformità dei principi di diritto enunciati.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e cassa il provvedimento impugnato. Rinvia al Tribunale di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2019
Cass_civ_Sez_III_Ord_19_07_2019_n_19515
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