Opposizione agli atti esecutivi avverso l’atto di pignoramento asseritamente viziato per omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento
Corte d’Appello di Lecce Taranto, Sezione Civile, Sentenza del 16/01/2020
Con sentenza del 16 gennaio 2020, la Corte d’Appello di Lecce Taranto, Sezione Civile, in tema di recupero crediti, ha stabilito che in merito di esecuzione forzata tributaria, l’opposizione agli atti esecutivi avverso l’atto di pignoramento asseritamente viziato per omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento (o di altro atto prodromico al pignoramento) è ammissibile e va proposta, ai sensi degli artt. 2, comma 1 e 19 del D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, dell’art. 57 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 e dell’art. 617 c.p.c., davanti al giudice tributario, risolvendosi nell’impugnazione del primo atto in cui si manifesta al contribuente la volontà di procedere alla riscossione di un ben individuato credito tributario.
Corte d’Appello di Lecce Taranto, Sezione Civile, Sentenza del 16/01/2020
Opposizione agli atti esecutivi avverso l’atto di pignoramento asseritamente viziato per omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Lecce-Sezione distaccata di Taranto-Sezione Lavoro- così composta:
1) Dott.ssa __ – Presidente-
2) Dott.ssa __ – Consigliere relatore-
3) Dott.ssa __ – Giudice Ausiliario
ha pronunciato la seguente
Sentenza
nella causa di previdenza/assistenza sociale, in grado di appello, iscritta al N. __del Ruolo Generale delle cause dell’anno __, avverso la sentenza n. __ (RG __) pronunciata dal giudice del lavoro di Taranto in materia di rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto, promossa da:
A. -Appellante-
contro
I. -Appellata-
OGGETTO: Rivalutazione contributiva
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con ricorso in appello depositato in data __ A. ha impugnato la sentenza con cui il Tribunale di Taranto-Sezione Lavoro, ha rigettato la sua domanda di rivalutazione contributiva ex art. 13 comma 8 L. n. 257 del 1992 in relazione al periodo ___ in cui ha lavorato come meccanico alle dipendenze di M. Ha contestato la sentenza, in quanto il giudice ha escluso l’esposizione qualificata ad amianto, nonostante egli operasse quotidianamente interventi sui freni degli automezzi e comunque fosse esposto al rischio ambientale. Ha concluso chiedendo la riforma della sentenza impugnata nella parte qua e il pieno riconoscimento del suo diritto alla rivalutazione dell’intero periodo di lavoro.
L’appellato costituendosi chiedeva il rigetto dell’appello.
L’appello è fondato. Per giurisprudenza consolidata il fatto costitutivo del diritto al conseguimento dei benefici di cui all’art. 13, comma 8, della L. n. 257 del 1992 non si identifica con la mera durata ultradecennale dello svolgimento dell’attività lavorativa in un luogo nel quale è presente amianto, essendo necessaria anche la prova dell’esposizione qualificata, che può ritenersi raggiunta solo in presenza di un elevato grado di probabilità di esposizione in misura superiore alle soglie previste dalla legge. In un giudizio sulla spettanza della rivalutazione contributiva di cui all’art. 13, comma 8, della L. n. 257 del 1992, una volta assunti gli elementi probatori dedotti dalle parti sui fatti concernenti l’attività lavorativa, la prova del superamento dei limiti di soglia (anche in termini di rilevante grado di probabilità), salvo che non sia già fornita da altre fonti, come rilevazioni tecniche attendibili, atti d’indirizzo ministeriali, consulenze tecniche di ufficio espletate in altre cause sulla stessa situazione di fatto, richiede necessariamente un giudizio di carattere tecnico-scientifico demandato ad una C.T.U., che, riguardando, per lo più, una situazione lavorativa non più esistente (a seguito della cessazione dell’utilizzo dell’amianto disposta con la L. n. 257 del 1992), non richiede alcun esperimento riferito all’attualità, ma implica soltanto il riferimento a dati di esperienza e scientifici (come le banche dati in possesso dell’I. o di altri istituti internazionali), ai cui fini a nulla rileva il tempo trascorso o la modifica dello stato dei luoghi rispetto all’attività di lavoro dedotta nel giudizio.
Nel caso di specie, è pacifico sia perché non contestato specificamente dall’I., sia perché risultante dal curriculum professionale rilasciato da M., sia perché emerso dalla prova testimoniale espletata, che il ricorrente per l’intera durata della vita lavorativa ha lavorato come meccanico addetto all’officina di M., che è azienda addetta al trasporto urbano. Nello svolgimento di tali mansioni egli è sicuramente stato esposto all’amianto soprattutto durante le operazioni di manutenzioni dei freni, i cui ferodi e guarnizioni contenevano amianto. Come spiegato dal CTU nella consulenza depositata dal ricorrente e riferita ad un altro giudizio (N. contro I.), ma avente ad oggetto lo stesso ambiente lavorativo, perché N. era collega del ricorrente in quanto meccanico addetto ai freni, l’esposizione all’amianto è dannosa anche se non si ha un contatto diretto con la sostanza, ma è sufficiente inalare le fibre di amianto che si disperdono nell’aria. Infatti quando venivano sostituiti i freni rovinati e venivano smontati a mani nude dai meccanici, si disperdevano le fibre di amianto di cui erano fatti i ferodi e le guarnizioni, contaminando non solo i meccanici che stavano eseguendo il lavoro, ma anche tutti coloro che lavoravano nell’officina. L’esposizione era aggravata dal fatto che l’officina fosse un ambiente chiuso e dunque le fibre aerodisperse permanevano a lungo nell’ambiente di lavoro. Nella sentenza n. __ allegata concernente la causa N., I. si legge, altresì, che M. in una relazione inviata a L., nel __, informava l’istituto che nel periodo __ l’azienda avesse avuto in servizio circa ___ autobus e, che in particolare i meccanici addetti alla lavorazione dei freni manipolando e smontando ferodi fossero stati esposti all’amianto per un tempo medio di __ ore al giorno, per __ giorni a settimana.
E sulla base di tali dati fattuali e di considerazioni tecniche il CTU concludeva per l’esistenza di una elevata probabilità di esposizione qualificata all’amianto da parte del N.
Ebbene, senza dover ripetere tale accertamento, possono utilizzarsi le conclusioni a cui è pervenuto quel CTU anche per l’A., che come N., ha lavorato come addetto ai freni per trent’anni. E non conta che abbia riparato due o meno di due automezzi al giorno, perché l’esposizione qualificata discende non solo dal contatto diretto col ferodo contenente amianto, ma con la stessa presenza in officina lì dove si effettuavano le operazioni di smontaggio e riparazione.
Dunque deve ritenersi che anche il ricorrente in virtù delle mansioni svolte sia stato esposto all’amianto per l’intera durata del periodo lavorativo in concentrazione superiore alla soglia di legge. E abbia diritto al riconoscimento dei benefici di legge con conseguente ricostituzione della pensione in godimento. Le spese del doppio grado seguono la soccombenza, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie l’appello e dichiara il diritto del ricorrente alla ricostituzione della pensione in godimento con il riconoscimento dei benefici contributivi ex art. 13 coma 8 L. n. 257 del 1992, L. n. 271 del 1993 e successive modificazioni con riferimento al periodo di lavoro __. Condanna l’Istituto alla refusione delle spese del giudizio di I grado, che liquida in Euro __ per compensi professionali, oltre oneri accessori come per legge, e del giudizio di II grado, che liquida in Euro __ per compensi professionali, oltre oneri accessori, con distrazione in favore dei procuratori anticipatari.
Così deciso in Taranto, il 8 gennaio 2020.
Depositata in Cancelleria il 16 gennaio 2020.
Corte d'Appello Lecce Taranto Sent. 16_01_2020
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