Il Contratto di mutuo e la sua idoneità fungere da titolo esecutivo
Corte Suprema di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza n. 6174 del 05/03/2020
Con sentenza del 5 marzo 2020, la Corte Suprema di Cassazione, Sezione III Civile, in merito di recupero crediti ha stabilito che al fine di accertare se un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo, ai sensi dell’art. 474 c.p.c., occorre verificare, attraverso la sua interpretazione integrata con quanto previsto nell’atto di erogazione e quietanza o di quietanza a saldo ove esistente, se esso contenga pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibilità giuridica della somma mutuata, e che entrambi gli atti, di mutuo ed erogazione, rispettino i requisiti di forma imposti dalla legge.
Corte Suprema di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza n. 6174 del 05/03/2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. __ – Presidente –
Dott. __ – Consigliere –
Dott. __ – Consigliere –
Dott. __ – Consigliere –
Dott. __ – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso __ proposto da:
D., S., E. e M., tutti nella qualità di coeredi ex lege di N. – ricorrenti –
contro
U. C. S.p.A. e U. S.p.A. – controricorrenti –
avverso la sentenza n. __ della Corte d’Appello di Catania, depositata il __;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del __ dal Consigliere Dott. __;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. __, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Rilevato che:
- si opponeva al precetto a lui notificato da B. S.p.A., per il recupero di somme erogate in forza di finanziamento agevolato per miglioramenti agrari;
il Tribunale accoglieva l’opposizione, rilevando che il contratto azionato era un preliminare di mutuo privo di efficacia esecutiva; e condannava B. S.p.A. alla restituzione di somme illegittimamente compensate dall’istituto opposto tra il credito ritenuto privo di liquidità ed esigibilità, e il saldo attivo di conto corrente intestato all’opponente e acceso presso la medesima banca;
la Corte di appello, adita da U. C. S.p.A., qualificatasi cessionaria del credito, accoglieva il gravame osservando, per quanto qui ancora importa, che:
a) vi era prova della successione a titolo particolare nel credito, in forza di cessione da B. S.p.A. ad A. S.p.A., poi fusa per incorporazione in U. C. S.p.A.;
b) il credito stesso, a seguito di atto di scissione, era poi divenuto di titolarità di U. S.p.A., intervenuta nel giudizio di appello;
c) il mutuo si era perfezionato con i due atti di erogazione e quietanza, posti a base del precetto, nei quali erano stati specificati modi e tempi di restituzione delle somme, oltre alla misura degli interessi dovuti;
d) il mutuo era stato complessivamente condizionato all’avveramento della condizione di avvenuta approvazione e certificazione, da parte del competente Ministero delle risorse agricole, dei lavori di cui al progetto di miglioramento fondiario;
e) la condizione doveva considerarsi avverata, ex art. 1359 c.c., perché N., sebbene più volte sollecitato dalla banca, non si era attivato, dopo una prima richiesta, per l’ottenimento del certificato; la Corte di appello rigettava quindi l’opposizione a precetto e ogni altra domanda, liquidando le spese del doppio grado a carico solidale degli eredi dell’opponente, costituiti dopo il decesso di quest’ultimo avvenuto nelle more;
avverso questa decisione ricorrono per cassazione E., D., M. e S., quali eredi di N., articolando tre motivi;
resiste con controricorso U. S.p.A., e per essa D. S.p.A.;
le parti hanno depositato memorie.
Rilevato che:
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 100, 110, 111 c.p.c., poiché la Corte territoriale avrebbe errato mancando di considerare che la sentenza di prime cure aveva pronunciato nei confronti di B. S.p.A., non solo accogliendo la domanda di annullamento del precetto, ma condannando altresì l’istituto alla restituzione delle somme illegittimamente compensate, in uno alla rifusione delle spese legali, sicché U. C. S.p.A., non sarebbe stata legittimata all’appello, quindi inammissibile, così come sarebbe stato tardivo il successivo intervento di U. S.p.A., divenuto successore a titolo universale di B. S.p.A. prima della retrocessione del credito già ceduto a titolo particolare;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 474, c.p.c., artt. 1813, 1822, 1353 c.c. e ss., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che:
l’iniziale richiesta rivolta dall’opponente al Ministero per l’ottenimento del certificato di regolare esecuzione dei lavori progettati, avrebbe dovuto ritenersi indice della volontà del mutuatario di dare compiuto seguito al complessivo e definitivo mutuo;
in ogni caso, la condotta eventualmente inadempiente del mutuatario avrebbe potuto legittimare l’azione risarcitoria, ma non avrebbe potuto conferire forza esecutiva a un contratto che, quale valido preliminare, non ne era dotato;
con il terzo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., poiché la Corte di appello avrebbe errato liquidando le spese del doppio grado anche in favore del successore a titolo particolare nel credito che non aveva partecipato, sotto alcun profilo, pertanto, al giudizio di prime cure.
Rilevato che:
il primo motivo è infondato;
secondo la giurisprudenza di questa Corte il successore a titolo particolare nel diritto controverso è legittimato a impugnare la sentenza resa nei confronti del proprio dante causa allegando il titolo che gli consenta di sostituire quest’ultimo, essendo a tal fine sufficiente la specifica indicazione di tale atto nell’intestazione dell’impugnazione qualora il titolo sia di natura pubblica e, quindi, di contenuto accertabile, e sia rimasto del tutto incontestato o non idoneamente contestato dalla controparte (Cass., 31/08/2018, n. 21492, Cass., 11/04/2017, n. 9250; Cass., 17/07/2013, n. 17470, Cass., 11/05/2007, n. 10876);
i ricorrenti evidenziano che, nel caso, vengono in gioco anche i debiti del dante causa in parola, e non solo il credito ceduto, in quanto oggetto delle statuizioni del Tribunale in ordine alle restituzioni e alla rifusione delle spese legali;
l’osservazione non è dirimente poiché:
a regolazione delle spese processuali è profilo accessorio che non può incidere in alcun modo, in quanto tale, sulla ricostruita legittimazione;
non vi è stata impugnazione sulla declinatoria di condanna alle restituzioni per illegittima compensazione con il saldo attivo di conto corrente acceso presso B. S.p.A. (implicita nel residuale capo di rigetto del dispositivo di appello), fermo restando che il punto non sposta la legittimazione del successore a titolo particolare a impugnare l’annullamento del precetto, intimato in forza del credito cui è succeduto;
il secondo motivo è infondato;
la Corte di appello ha affermato che il titolo esecutivo era dato dal contratto di finanziamento a rogito notarile in uno ai due atti di erogazione e quietanza;
tali dazioni sono state accertate e sono pacificamente avvenute; e anche i relativi atti risultano essere stati rogati da notaio;
secondo la giurisprudenza di questa Corte, al fine di accertare se un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo occorre verificare, attraverso la sua interpretazione integrata con quanto previsto nell’atto di erogazione e quietanza, se esso contenga pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibilità giuridica della somma mutuata, e che entrambi gli atti, di mutuo ed erogazione, rispettino i requisiti di forma imposti dalla legge (Cass., 27/08/2015, n. 17194);
e, come riportato già in parte narrativa, ciò è proprio quanto fatto dalla Corte territoriale (pag. _ della sentenza gravata);
per completezza si evidenzia sul punto che U. S.p.A., nella memoria, indica, corredando il richiamo con produzione documentale, che con sentenza del __, passata in giudicato, la Corte di appello di Catania, giudicando sulla domanda d’illegittima iscrizione nella Centrale rischi (a seguito del precetto di cui sopra) e risarcimento dei susseguenti danni, ha affermato, statuendo tra U. S.p.A. e gli odierni ricorrenti, la natura di titolo esecutivo del complessivo atto qui in scrutinio, menzionando la nomofilachia appena evocata: si tratta di arresto non tra le medesime parti del presente giudizio e soprattutto non con il medesimo oggetto cui rapportare l’ipotizzato ma insussistente giudicato esterno;
quanto poi all’accertamento, in fatto, afferente alla condotta inadempiente ostativa all’avveramento della condizione, a sua volta relativa alla certificazione ministeriale, lo stesso è riferito dalla Corte di appello alla conclusione che era il mutuatario a non aver fatto quanto doveva per consentire il completamento del finanziamento, che quindi non poteva avere riflessi negativi sull’efficacia esecutiva derivante dalle (e relativa alle) erogazioni già effettuate;
il terzo motivo è infondato nei termini che seguono;
il dispositivo della Corte di appello è nel senso della condanna in solido degli allora appellanti alla rifusione delle spese in favore di U. C. S.p.A. e U. S.p.A., liquidate come specificato partitamente per il primo e per il secondo grado;
posto che in primo grado non aveva svolto difese il successore a titolo particolare, e che in secondo grado è intervenuto il successore a titolo universale del soggetto opposto, venuto meno con pacifica fusione societaria, il dispositivo in parola può e deve intendersi nel senso che a U. S.p.A., spetterà la liquidazione delle spese di primo grado, mentre a U. C. S.p.A., quale legittimo appellante, e a U. S.p.A., poi nuovamente titolare del credito, spetteranno quelle di secondo grado quali liquidate;
spese secondo soccombenza, con compensazione per un quarto visti i profili di controvertibilità afferenti al terzo motivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese processuali della controricorrente liquidate per l’intero in Euro __, oltre a Euro __ per esborsi, oltre al 15% di spese forfettarie oltre accessori, con compensazione per un quarto.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte dei ricorrenti in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 7 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020.
Cass. civ. Sez. III Sent. 05_03_2020 n. 6174
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