A seguito della pronuncia di un’ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c., che non sia stata autonomamente impugnata mediante opposizione agli atti esecutivi, persiste in capo all’esecutato l’interesse alla decisione sul merito dell’opposizione all’esecuzione precedentemente proposta
Cassazione Civile, Sezione III, Ordinanza n. 4528 del 15/02/2019
Con ordinanza del 15 marzo 2019, la Corte di Cassazione, Sezione I Civile, in tema di recupero crediti, ha stabilito che a seguito della pronuncia di un’ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c., che non sia stata autonomamente impugnata mediante opposizione agli atti esecutivi, persiste in capo all’esecutato l’interesse alla decisione sul merito dell’opposizione all’esecuzione precedentemente proposta, dal momento che, non venendo in questione esigenze di tutela della posizione di terzi estranei alla procedura, l’esito favorevole dell’opposizione determinerebbe l’invalidazione di tutti gli atti esecutivi precedentemente compiuti.
Cassazione Civile, Sezione III, Ordinanza n. 4528 del 15/02/2019
A seguito della pronuncia di un’ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c., che non sia stata autonomamente impugnata mediante opposizione agli atti esecutivi, persiste in capo all’esecutato l’interesse alla decisione sul merito dell’opposizione all’esecuzione precedentemente proposta
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. __ – Presidente –
Dott. __ – rel. Consigliere –
Dott. __ – Consigliere –
Dott. __ – Consigliere –
Dott. __ – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso __ proposto da:
C. – ricorrente –
contro
E. S.p.A. – controricorrente –
avverso la sentenza n. __ della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il __;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del __ dal Consigliere Dott. __.
Svolgimento del processo
- S.p.A., in ottemperanza alla sentenza del Tribunale di Locri n. __ -confermata dalla Corte d’appello di Reggio Calabria con sentenza n. __ – che aveva condannato la società al pagamento dell’indennizzo dovuto in conseguenza della espropriazione per pubblica utilità di un terreno, provvedeva spontaneamente a versare al creditore, C., l’importo di Euro __ mediante emissione di assegni circolari, sostenendo che il minore importo versato, rispetto a quello indicato nell’atto di precetto -notificato dal C.-, era giustificato dalla corretta rideterminazione degli interessi al tasso legale applicati al debito di valore, in base ai criteri statuiti dal Giudice di legittimità, nonché allo scomputo della duplicazione delle spese legali relative al primo grado.
C., non ritenendosi soddisfatto, iniziava, quindi, il pignoramento presso terzi per ottenere l’assegnazione del maggior importo del credito indicato nell’atto di precetto. Nelle more del giudizio di opposizione ex art. 615 c.p.c., comma 2 introdotto da E. S.p.A., il GE presso il Tribunale di Catanzaro disponeva, con ordinanza del ___, a seguito di dichiarazione positiva della banca terza pignorata, l’assegnazione, in favore del creditore procedente, della somma di Euro __ oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla notifica del precetto al soddisfo, nonostante il precedente pagamento parziale eseguito da E. S.p.A. con la emissione degli assegni nelle more riscossi dal C., sicché la società proponeva opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. senza però coltivare poi il giudizio di merito, avendo il GE rigettato la istanza di sospensione della esecuzione.
All’esito del giudizio di opposizione ex art. 615 c.p.c., comma 2, con sentenza del Tribunale di Catanzaro in data ___, passata in giudicato (in seguito a declaratoria di inammissibilità dell’appello ex art. 616 c.p.c., pronunciata dalla Corte di appello di Catanzaro con sentenza in data __), veniva accertato che il credito per indennizzo espropriativo riconosciuto al C., comprensivo di interessi e rivalutazione, non corrispondeva a quello indicato nell’atto di precetto ma al minore importo di Euro __ (corrispondente alla somma versata spontaneamente da E. S.p.A. mediante emissione degli assegni circolari).
Pertanto, sul presupposto dell’indebito doppio pagamento della somma pagata spontaneamente con gli assegni emessi il __ e della somma determinata, peraltro, nel maggior importo- assegnata dal GE con la ordinanza del ___, E. S.p.A., con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., esperiva azione di ripetizione dell’indebito per l’importo di Euro __, e la domanda veniva accolta, in esito a procedimento sommario ex art. 702 ter c.p.c., dal Tribunale di Locri, con ordinanza in data __.
La Corte d’appello di Reggio Calabria, investita dalla impugnazione proposta dal C., con sentenza in data __, ha accolto parzialmente l’appello, rilevando che: a) l’azione di ripetizione aveva ad oggetto la somma spontaneamente pagata, e dunque non rimetteva in discussione la somma -di maggiore importo- assegnata al creditore procedente con l’ordinanza ____ del GE; b) la somma assegnata dal GE includeva anche l’importo già versato spontaneamente da E. S.p.A., come era dato evincere dal tenore stesso della ordinanza ___, nonché dall’assenza di qualsiasi altro riscontro documentale e giudiziale idoneo a comprovare che l’importo del credito del C. ammontasse ad Euro __ (pari alla sommatoria del pagamento spontaneo e di quello effettuato in base alla ordinanza GE); c) il giudicato formatosi sulla sentenza del Tribunale di Catanzaro n. __ comprendeva tanto l’importo per capitale quanto quello per accessori e dunque era perfettamente sovrapponibile alla maggiore somma liquidata dal GE; d) fondata era, pertanto, la pretesa restitutoria di E. S.p.A. della somma di Euro __ sulla quale -diversamente da quanto disposto dal Giudice di prime cure- non doveva essere applicata la rivalutazione monetaria, trattandosi di debito di valuta e non essendo stata fornita prova del maggior danno, mentre gli interessi, in assenza di prova di mala fede dell’accipiens, dovevano essere fatti decorrere ex art. 2033 c.c. dalla data della domanda di restituzione e non, come disposto dal Tribunale, dalla data dell’incasso.
Ricorre per cassazione avverso tale sentenza non notificata C. deducendo tre motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 1.
Resiste con controricorso E. S.p.A.
Motivi della decisione
La tesi difensiva sostenuta dal ricorrente ruota intorno all’argomento per cui il pagamento spontaneo effettuato da E. S.p.A. a mezzo di due assegni circolari, emessi in data __ ed incassati dal prenditore il __ (come emerge dalla sentenza appello in motivazione, pag. 3 e 4), avrebbe “estinto” il credito per l’importo parziale (accettato in acconto da C. il quale poi ha iniziato il pignoramento presso terzi per conseguire il residuo maggiore importo indicato nell’atto di precetto), sicché l’indebito non doveva esser riferito a tale primo pagamento (che era dovuto in base al giudicato di condanna), ma piuttosto alla successiva assegnazione della somma disposta con l’ordinanza del GE, con la conseguenza che, non essendo stata tale ordinanza ritualmente opposta ex art. 617 c.p.c. o revocata, doveva ritenersi divenuta definitiva l’attribuzione al creditore “anche” della somma assegnata all’esito della procedura esecutiva.
In sostanza, secondo il ricorrente, il “primo” pagamento era comunque da considerare dovuto, in quanto atto di adempimento (parziale, rispetto al quantum indicato nell’atto di precetto) della obbligazione pecuniaria; il “secondo” pagamento -del medesimo debito- effettuato dal debitor debitoris, in virtù della ordinanza di assegnazione del GE, pur concernendo una obbligazione già estinta -in considerazione del precedente pagamento parziale, sarebbe da ritenere anch’esso dovuto attesa l’intangibilità del provvedimento di assegnazione, con la conseguenza che il creditore vedrebbe riconosciuto dall’ordinamento giuridico il diritto a pretendere dal debitore un doppio adempimento della medesima obbligazione.
Su tali premesse il ricorrente fonda la prima e la terza censura mosse alla sentenza di appello che per la loro stretta connessione vanno esaminate congiuntamente.
Con il primo motivo (violazione art. 2033 e 1194 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) deduce che il giudizio di merito avente ad oggetto la ripetizione dell’indebito, era stato impostato da E. S.p.A e deciso dai Giudici di prime e seconde cure, in relazione al primo pagamento di Euro __ spontaneamente eseguito dalla debitrice mediante la consegna di due assegni circolari, e non al secondo pagamento relativo alla somma di Euro __ versata dal terzo pignorato in dipendenza della ordinanza di assegnazione del GE. Essendo tale primo pagamento dovuto in base al credito accertato nella sentenza di merito del Tribunale di Locri n. __, lo stesso non poteva ritenersi indebito e non poteva, pertanto, legittimare la pronuncia di condanna alla restituzione: in sostanza oggetto della ripetizione potevano essere -in ipotesi- soltanto le somme versate successivamente a seguito della ordinanza di assegnazione.
Con il terzo motivo (violazione artt. 487 e 617 c.p.c.: inammissibilità di una azione a cognizione ordinaria per emendare errori della ordinanza del GE) si contesta la possibilità, in ogni caso, di ripetere le somme che erano state versate dal terzo pignorato in ottemperanza alla ordinanza di assegnazione del GE, atteso che tale provvedimento era da ritenere ormai intangibile, non essendo stata coltivata la opposizione ex art. 617 c.p.c. – unico rimedio esperibile – proposta da E. S.p.A. L’assunto, con riferimento ai vizi di legittimità prospettati, è manifestamente capzioso, dovendo ritenersi conforme a diritto la decisione della Corte territoriale che va, tuttavia, emendata in relazione agli argomenti svolti in motivazione.
Come stabilito nella sentenza d’appello e come riferisce lo stesso ricorrente, il pagamento spontaneo si qualificava come dovuto “in relazione al tempo in cui lo stesso è stato eseguito”, circostanza questa che implica e non esclude, pertanto, la evenienza, sia di una indebita duplicazione del pagamento per il medesimo titolo (già estinto), che legittima la restituzione della somma pagata sine causa; sia che l’unico pagamento possa risultare successivamente indebito per un sopravvenuto difetto della causa che lo giustificava, consentendo quindi al solvens di agire per la ripetizione dell’indebito ob causam finitam.
Fatti costitutivi dell’azione di ripetizione dell’indebito oggettivo, dei quali è onerata della prova la parte che esperisce l’azione ex art. 2033 c.c., sono unicamente:
- a) l’eseguito pagamento di una somma di denaro (o la consegna di una cosa determinata);
- b) l’inesistenza (originaria o sopravvenuta) della causa solvendi.
Non assume carattere dirimente, pertanto, il riferimento -operato dal ricorrente- all’effetto estintivo del debito da riconoscere al pagamento spontaneo (parziale e ricevuto in acconto dal creditore), quale modo di estinzione della obbligazione secondo i criteri legali di imputazione dei pagamenti (art. 1194 c.c.), non essendo tale rilievo ex se decisivo ad escludere la ripetibilità della somma pagata -ove la stessa risulti comunque-indebitamente corrisposta per difetto di titolo causale.
Il ricorrente osserva al proposito che, nella specie, non era data ravvisare una nullità od una inesistenza della originaria causa solvendi, che doveva essere rinvenuta nell’accertamento giudiziale del credito stabilito dalla sentenza di condanna del Tribunale di Locri n. __ passata in giudicato: da ciò trae la conseguenza che il pagamento spontaneo effettuato il __, integrando (parziale: rispetto alla somma indicata nel precetto) adempimento della obbligazione era da ritenere dovuto, avendo estinto per la quota parte il diritto di credito, difettando pertanto i presupposti della condictio indebiti di detto pagamento al quale, invece, i Giudici di merito avevano inteso riferire la domanda restitutoria ex art. 2033 c.c., proposta con il ricorso ex art. 702 bis c.p.c., ritenuta in tal modo compatibile con il principio di intangibilità del provvedimento di assegnazione del GE, cui era seguito il pagamento da parte del terzo pignorato, in quanto non veniva intaccato il surplus riconosciuto dal Giudice dell’esecuzione, e negato, invece, dalla successiva sentenza n. __ del Tribunale di Catanzaro.
Osserva il Collegio che la Corte distrettuale, adita con domanda di ripetizione dell’indebito, ha inteso definire l’oggetto del giudizio individuando i fatti costitutivi oggetto di allegazione e prova in relazione: a) alla sentenza n. __ passata in giudicato del Tribunale di Catanzaro con la quale era stato deciso, favorevolmente alla opponente E. S.p.A., il giudizio ex art. 615 c.p.c., comma 2; b) alla accertata duplicità del pagamento del medesimo debito (sent. appello, pag. 6), ritenendo quindi fondata “sulle conseguenze dell’accertamento contenuto” nel predetto giudicato -e non invece sulla ordinanza di assegnazione del GE- la domanda restitutoria dell’importo di Euro __ corrispondente a quello del primo pagamento, in tal modo intendendo superare la obiezione dell’appellante secondo cui la domanda di ripetizione avrebbe violato il principio di irrevocabilità dell’atto esecutivo ex art. 553 c.p.c., principio peraltro ritenuto dallo stesso Giudice di appello non immanente all’ordinamento (sent. appello, pag. 7).
Orbene è certamente corretta l’affermazione del ricorrente laddove individua esclusivamente nel titolo giudiziale di condanna (sentenza Tribunale Locri n. __), attributivo del diritto di credito, la unica ed esclusiva causa solvendi dei pagamenti.
Non è altresì dubitabile che, né la sentenza del Tribunale di Catanzaro n. __ -passata in giudicato: allegata a doc _ del fascicolo del ricorrente- che aveva definito l’opposizione alla esecuzione ex art. 615 c.p.c., comma 2 precisando l’esatto ammontare del quantum dovuto per accessori (in relazione al corretto criterio di liquidazione da applicare al credito per interessi e rivalutazione monetaria riconosciuto dalla sentenza del Tribunale di Locri), né la ordinanza del Giudice della esecuzione, in data __, di assegnazione delle somme pignorate presso terzi (in relazione all’importo del credito esposto dal creditore-procedente nell’atto di pignoramento), valgano ad individuare una nuova ed autonoma causa debendi idonea a giustificare il pagamento della medesima somma già spontaneamente versata, atteso che l’elemento causale del debito va riferito al rapporto obbligatorio di diritto sostanziale che intercorre tra creditore e debitore, come accertato definitivamente in giudizio, e non a ciascun titolo esecutivo che può essere eventualmente formato in relazione al medesimo diritto sostanziale, tale non potendo, peraltro, neppure essere qualificata la ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. rispetto al debitore esecutato (diversamente, nei confronti del terzo pignorato, il provvedimento del GE, va invece considerato titolo legittimante la esecuzione: cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 3976 del 18/03/2003; id. Sez. 6 – 3, Sentenza n. 11493 del 03/06/2015).
Ne segue che il pagamento spontaneo eseguito dal debitore E. S.p.A. trova la propria causa solvendi nella sentenza di condanna del Tribunale di Locri n. __ e deve considerarsi esatto adempimento della relativa obbligazione pecuniaria, avuto riguardo all’accertamento del quantum compiuto dalla sentenza emessa dal Tribunale di Catanzaro all’esito del giudizio ex art. 615 c.p.c., chiamata ad interpretare il dictum del giudicato di condanna, chiarendo i criteri che dovevano essere applicati per la liquidazione degli interessi e la rivalutazione monetaria.
Tale causa solvendi non è stata intaccata in alcun modo dallo svolgimento della procedura esecutiva, né dalla emissione dell’ordine di assegnazione del GE che, anzi, è stato adottato proprio sul presupposto della perdurante esistenza del diritto di credito accertato nella sentenza di condanna n. __ azionata come titolo esecutivo.
Non appare dunque corretto, né dirimente, l’argomento svolto dal Giudice territoriale per cui la domanda di ripetizione verrebbe a fondarsi sulle conseguenze prodotte dalla sentenza resa nel giudizio ex art. 615 c.p.c., rispetto al pagamento spontaneo della somma eseguito da E. S.p.A. nel __, non venendo ad essere esplicate nella motivazione della sentenza di appello le ragioni per cui il giudicato sulla opposizione alla esecuzione renderebbe, con effetto ex tunc (quale implicita conseguenza), sine causa il primo pagamento, legittimando l’actio condictio indebiti.
Tale incoerenza motivazionale non inficia, tuttavia, in modo irrimediabile la sentenza impugnata, laddove si tenga in considerazione che oggetto del giudizio introdotto con il ricorso ex art. 702 bis c.p.c da E. S.p.A., era la domanda di ripetizione dell’importo di Euro __ in quanto doppiamente pagato, sul presupposto che, indipendentemente dalla individuazione della prestazione ritenuta idonea ad estinguere la obbligazione avente titolo nel giudicato di condanna, non poteva poi darsi alcun altra giustificazione -fondata sull’eadem causa obligandi della reiterazione del pagamento della medesima somma: sicché la indagine relativa all’accertamento del diritto alla restituzione vantato da E. S.p.A., non può ritenersi circoscritta -come sembra ipotizzare il ricorrente, nel motivo di ricorso per cassazione in esame- esclusivamente al carattere indebito del primo pagamento spontaneamente eseguito dalla società debitrice, ma comprende anche il secondo pagamento (seguito alla ordinanza di assegnazione del Giudice della esecuzione), come peraltro emerge dalla stessa sentenza impugnata laddove la Corte distrettuale argomenta che la restituzione non potrebbe ritenersi preclusa neppure dal provvedimento di chiusura del processo esecutivo, non potendo riconoscersi allo stesso la efficacia propria del giudicato, con ciò venendo ad esaminare il Giudice di secondo grado il primo motivo di gravame dell’appello proposto da C. con il quale si contestava la ricostruzione dei fatti compiuta dal primo giudice, sostenendosi che E. S.p.A. aveva agito in ripetizione, non della somma spontaneamente pagata il __ (essendo tale pagamento dovuto), ma per il recupero della somma pagata successivamente a seguito della ordinanza del __ emessa dal Giudice delle esecuzione, ripetizione non consentita dalla definitività, irrevocabilità ed intangibilità della ordinanza di assegnazione.
In relazione, pertanto, anche a tale secondo pagamento, va verificata la tenuta della sentenza impugnata che ha accolto la domanda di ripetizione dell’indebito, costituendo, infatti, principio consolidato l’affermazione secondo cui, salve le preclusioni del giudicato interno, il Giudice di merito ed anche quello di legittimità non incontrano ostacoli nella qualificazione e riqualificazione giuridica della fattispecie concreta dedotta in giudizio, avendo essi il potere-dovere di inquadrare nell’esatta disciplina giuridica gli atti e i fatti che formano oggetto della controversia, con l’unico limite in cui, per pervenire alla nuova qualificazione, debbano prendere in esame fatti nuovi e non dedotti dalle parti, né rilevati dal giudice di merito nei precedenti gradi di giudizio precedente grado (cfr. Corte cass. Sez. 1, Sentenza n. 19090 del 11/09/2007; Sez. 2, Sentenza n. 20730 del 30/07/2008; Sez. 3, Sentenza n. 15383 del 28/06/2010; id. Sez. 3, Sentenza n. 10617 del 26/06/2012; id. Sez. 3, Sentenza n. 15223 del 03/07/2014; id. Sez. 3, Sentenza n. 11805 del 09/06/2016): tale potere di riqualificazione giuridica dei fatti, che è connaturale allo stesso esercizio del potere giurisdizionale che impone al Giudice di individuare la regula juris applicabile al rapporto controverso, è espressamente riconosciuto alla Corte di cassazione dall’art. 384 c.p.c., comma 4.
Tanto premesso, osserva il Collegio che la questione di quale fosse il pagamento ripetibile individuato nella domanda di ripetizione di E. S.p.A. (quello spontaneamente eseguito ovvero quello coattivamente disposto a seguito di assegnazione della somma dichiarata dovuta dal debitor debitoris), risulta priva di rilevanza ai fini dell’accertamento del diritto alla ripetizione dell’indebito, atteso che, essendo unica la causa debendi cristallizzata nel diritto di credito accertato con efficacia di giudicato nella sentenza del Tribunale di Locri, ogni ulteriore e distinto pagamento diretto a soddisfare quel medesimo credito già estinto, non trova più alcuna giustificazione causale, sicché, fermi i fatti storici allegati dalle parti ed immutato il petitum (relativo alla ripetizione della somma di Euro __), la domanda ex art. 2033 c.c., in quanto fondata sul fatto costituivo della duplicazione del medesimo pagamento, non esclude -come sopra evidenziato- la verifica dei presupposti dell’indebito con riferimento anche alla somma -per l’identico importo-nuovamente corrisposta per il medesimo titolo in seguito alla ordinanza di assegnazione del GE la quale, se legittima il trasferimento coattivo a favore del creditore pignorante della somma pari all’intero ammontare del credito anche per accessori (importo calcolato in eccesso nell’atto di precetto e di pignoramento presso terzi) in essa cristallizzato, non può ritenersi, tuttavia, immune dalla efficacia dell’accertamento dell’inesistenza del diritto ad agire in executivis per il diverso (maggiore) importo del credito oggetto del pignoramento presso terzi, contenuto nella sentenza n. __ passata in giudicato del Giudice della opposizione ex art. 615 c.p.c.
Il ricorrente contesta, in ogni caso, anche la ripetibilità del secondo pagamento, facendo perno sulla irrevocabilità ed intangibilità della ordinanza di assegnazione del Giudice della esecuzione -avverso la quale E. S.p.A. non aveva proposto istanza di revoca ex art. 487 c.p.c., comma 1, e non aveva coltivato la opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. -, richiamando i precedenti di questa Corte secondo cui “In tema di esecuzione forzata, il provvedimento che chiude il procedimento esecutivo, pur non avendo, per la mancanza di contenuto decisorio, efficacia di giudicato, è, tuttavia, caratterizzato da una definitività insita nella chiusura di un procedimento esplicato col rispetto delle forme atte a salvaguardare gli interessi delle parti, incompatibile con qualsiasi sua revocabilità, sussistendo un sistema di garanzie di legalità per la soluzione di eventuali contrasti, all’interno del processo esecutivo. Ne consegue che il soggetto espropriato non può esperire, dopo la chiusura del procedimento di esecuzione forzata, l’azione di ripetizione di indebito contro il creditore procedente (o intervenuto) per ottenere la restituzione di quanto costui abbia riscosso, sul presupposto dell’illegittimità per motivi sostanziali dell’esecuzione forzata.” (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 17371 del 18/08/2011; id. Sez. 3, Sentenza n. 3712 del 25/02/2016; id. Sez. 3, Ordinanza n. 6024 del 13/3/2018, non massimata).
Il richiamo giurisprudenziale operato dal ricorrente non appare, tuttavia, pertinente sotto un duplice profilo.
Nelle controversie esaminate nei precedenti giurisprudenziali indicati:
- a) la contestazione del diritto a procedere ad esecuzione forzata proposta dal debitore esecutato o dal terzo pignorato atteneva a fatti verificatisi anteriormente al pignoramento od alla ordinanza di assegnazione (pagamenti parziali pregressi; errata rilevazione del contenuto della dichiarazione resa dal terzo);
- b) l’effetto preclusivo della proposizione della domanda di ripetizione dell’indebito era specificamente da ricollegarsi al mancato esperimento degli altri rimedi preventivi (rispetto alla adozione della ordinanza di assegnazione) apprestati dall’ordinamento e volti a contestare il diritto a procedere alla esecuzione.
Diversamente, nel caso di specie, l’efficacia preclusiva -relativa all’accertamento del credito- dell’ordinanza di assegnazione, in quanto non idoneamente opposta ex art. 617 c.p.c., non risponde alle predette condizioni, dovendo, invece, confrontarsi con la tempestiva proposizione, da parte del debitore E. S.p.A., della opposizione alla esecuzione successiva ex art. 615 c.p.c., comma 2, con la quale è stato espressamente contestato il diritto del creditore di procedere alla esecuzione per l’intero importo intimato, sull’assunto della errata applicazione del criterio di liquidazione degli interessi e della rivalutazione monetaria come ricavabile dai dicta della sentenza di condanna del Tribunale di Locri n. __.
Il principio di autonomia del processo esecutivo rispetto ai giudizi ordinari di cognizione di opposizione alla esecuzione (preventiva e successiva: art. 615 c.p.c., commi 1 e 2), che in assenza del rimedio sospensivo, rende indifferente la prosecuzione del primo alle vicende processuali dei secondi, trova, infatti, limite nella affermazione, comune in dottrina e giurisprudenza, per cui l’eventuale accoglimento -con sentenza passata in giudicato- della opposizione alla esecuzione, venendo a negare il diritto del creditore procedente ad iniziare o proseguire il processo esecutivo, determina l’invalidazione degli atti esecutivi precedentemente compiuti (e comunque determina la improcedibilità della esecuzione forzata), in ogni caso fatti salvi gli effetti giuridici prodotti a vantaggio dell’acquirente o dell’assegnatario di buona fede, qualora la pronuncia favorevole all’opponente intervenga successivamente alla emissione della ordinanza di aggiudicazione o di assegnazione (art. 2929 c.c.; art. 187 bis disp. att. c.p.c.; art. 632, comma 2, c.p.c.).
L’indicato discrimine cronologico previsto in ordine agli effetti invalidanti della procedura esecutiva determinati dalla pronuncia di accoglimento, costituito dall’anteriorità della ordinanza di aggiudicazione o di assegnazione -che la rende immune- rispetto alla -successiva- pubblicazione ed al passaggio in giudicato della sentenza favorevole all’opponente, non determina, tuttavia, nei giudizi di opposizione esecutiva, né la -sopravvenuta- improponibilità della opposizione (cfr. Corte cass. Sez. 1, Sentenza n. 7993 del 01/10/1994), né la cessazione della materia del contendere, per difetto di interesse alla pronuncia sul merito, ove la contestazione attenga all’esistenza del titolo esecutivo o del credito (relativamente all’an od al quantum), permanendo anche in tal caso l’interesse dell’opponente alla decisione per così dire postuma (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 23084 del 16/11/2005; id. Sez. 3, Sentenza n. 4498 del 24/02/2011; id. Sez. 3, Sentenza n. 6546 del 22/03/2011; id. Sez. 3, Sentenza n. 1353 del 31/01/2012; id. Sez. 3, Sentenza n. 15761 del 10/07/2014; id. Sez. 3, Sentenza n. 18350 del 27/08/2014, secondo cui “persiste la materia del contendere e l’interesse alla decisione sul merito in capo all’esecutato opponente in un’opposizione ad espropriazione presso terzi per ragioni di quantificazione del credito di controparte quando, successivamente all’opposizione e nonostante il suo dispiegamento, sia stata pronunziata ordinanza di assegnazione ai sensi dell’art. 553 c.p.c., anche ove quest’ultima non sia stata autonomamente impugnata.”; id. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 20924 del 07/09/2017). Al riguardo è stato, infatti, puntualmente rilevato come “uno sviluppo eventualmente favorevole all’opponente non potrebbe che proiettare l’effetto della nullità originaria del precetto su tutti gli atti esecutivi, nella parte in cui essi riconoscessero in modo illegittimo un’entità del credito diversa, perché maggiore, rispetto a quella realmente dovuta: ma allora la naturale propagabilità del vizio espressione del principio generale di cui all’art. 159 cod. proc. civ. – elide qualsiasi onere, per l’opponente e per lo stesso vizio originario di eccessività del preteso, di impugnare altresì tutti gli – e ciascuno degli – atti del processo esecutivo successivi al dispiegamento dell’opposizione all’esecuzione in pendenza del processo stesso Allo stesso modo, del resto, la pronunzia sul merito che intervenisse nell’opposizione ad esecuzione già dispiegata, ove rivedesse “in minus” il credito anche come accertato dal giudice dell’esecuzione nello sviluppo del processo esecutivo nelle more concluso, travolgerebbe gli atti di questo nella parte in cui dovessero rilevarsi illegittimi relativamente alla parte di credito erroneamente riconosciuta, senza alcuna necessità di una previa separata o autonoma impugnazione di ciascuno di quelli” (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 18350 del 27/08/2014, in motivazione).
L’apparente antinomia degli indicati principi di diritto con la norma di chiusura dell’art. 2929 c.c. va ricomposta, non soltanto alla stregua della impostazione tradizionale fondata sul criterio ermeneutico letterale (art. 12 preleggi) volto a circoscrivere la portata precettiva della norma ai soli vizi di nullità formale dei singoli atti della procedura esecutiva (rimanendo, in conseguenza, esclusa la diversa ipotesi di contestazione ab imis della inesistenza del diritto a procedere in executivis ovvero di vizi di nullità del titolo esecutivo), ma anche e soprattutto con riguardo alla esigenza di operare un differente bilanciamento degli interessi in conflitto (l’interesse del debitore a non subire una espropriazione ingiusta; l’interesse dell’aggiudicatario o assegnatario a confidare nella validità del titolo di acquisto) da compiersi in relazione alla diversa posizione soggettiva rivestita dall’aggiudicatario od assegnatario, secondo che si tratti dello stesso creditore procedente, parte necessaria del giudizio di opposizione ex art. 615 c.p.c., o invece, di soggetto terzo che in buona fede ha fatto affidamento sulla regolarità dello svolgimento della procedura esecutiva in esito alla quale ha perfezionato il proprio acquisto e che -in quanto terzo- rimane del tutto estraneo ai rapporti tra creditore esecutante e debitore esecutato e non può, pertanto, essere pregiudicato dagli effetti della sentenza emessa nel giudizio di opposizione esecutiva ex art. 615 c.p.c. del quale non è stato parte, né può essere ritenuto parte necessaria.
Il principio di diritto secondo cui “il sopravvenuto accertamento dell’inesistenza di un titolo idoneo a giustificare l’esercizio dell’azione esecutiva non fa venir meno l’acquisto dell’immobile pignorato, che sia stato compiuto dal terzo nel corso della procedura espropriativa in conformità alle regole che disciplinano lo svolgimento di tale procedura, salvo che sia dimostrata la collusione del terzo col creditore procedente” (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 21110 del 28/11/2012; id. Sez. 3, Sentenza n. 18312 del 27/08/2014), trova, infatti, specificazione nella statuizione secondo cui “il creditore procedente, però, nell’ipotesi di assegnazione a suo favore, non può essere considerato terzo e, pertanto, l’accertamento dell’inesistenza del titolo esecutivo e del credito travolge in ogni caso l’assegnazione medesima disposta in suo favore” (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 1968 del 04/06/1969), in quanto “l’assegnatario, identificandosi con lo stesso creditore procedente, non assume la posizione di terzo estraneo rispetto all’illegittimo svolgimento dell’azione esecutiva, ma è responsabile, sul piano oggettivo, della non azionabililità del titolo” (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 6535 del 05/04/2016 -con riferimento alla espropriazione presso terzi-; id. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 20924 del 07/09/2017 secondo cui “in tema di esecuzione forzata per rilascio, la conclusione della procedura mediante il rilascio dell’immobile da parte dell’esecutato, anche se avvenuto spontaneamente, ma non in base ad un accordo tra le parti, bensì al solo scopo di evitare l’esecuzione coattiva, non determina la cessazione della materia del contendere nel giudizio di opposizione all’esecuzione pendente, il cui accoglimento, al contrario, comporta la caducazione degli atti esecutivi e fa sorgere il diritto dell’esecutato a rientrare nella disponibilità del bene del quale sia stato illegittimamente spossessato”).
Ne segue che, essendo state assegnate le somme -dovute dal terzo al debitore esecutato- in pagamento allo stesso creditore pignorante, ai sensi dell’art. 553 c.p.c., e dunque non venendo in questione nella specifica fattispecie la esigenza di tutela dell’incolpevole affidamento del terzo aggiudicatario od assegnatario nella regolarità della procedura esecutiva, non è dato scorgere limiti al recupero da parte del debitore delle somme indebitamente assegnate e riscosse dal creditore procedente che ha esercitato il diritto ad agire in executivis successivamente dichiarato (all’esito del giudizio di opposizione ex art. 615 c.p.c.) ab origine – parzialmente – inesistente, in quanto non conforme al diritto di credito come definitivamente accertato nel titolo giudiziale di condanna, difettando nella peculiare fattispecie i presupposti ai quali deve ricollegarsi la intangibilità della ordinanza di assegnazione non impugnata ai sensi dell’art. 617 c.p.c., essendo appena il caso di aggiungere che la funzione di garanzia -a favore del terzo in buona fede- cui è preordinata la irrevocabilità ed intangibilità del provvedimento di chiusura della procedura esecutiva ex art. 553 c.p.c., e che trova fondamento nella limitazione della verifica di validità alla mera corrispondenza al modello legale dei singoli atti compiuti nel corso della procedura esecutiva (venendo attribuita prevalenza alla regolarità formale della procedura, rispetto ad eventuali vizi originari o sopravvenuti di validità sostanziale -concernenti il titolo esecutivo od il diritto sostanziale- non dedotti ritualmente e tempestivamente con i previsti rimedi interni), viene necessariamente ad assumere carattere recessivo laddove tali esigenze di garanzia non si palesino, come nel caso di specie in cui non viene in questione alcuna tutela dell’affidamento del terzo di buona fede nella regolarità del perfezionamento del proprio acquisto e nella assicurazione della effettività del processo esecutivo e della irretrattabilità delle situazioni giuridiche da esso derivate, piuttosto venendo invocato lo schermo della intangibilità della ordinanza di assegnazione del G.E. per tutelare il conseguimento di un doppio pagamento per il medesimo titolo- consapevolmente e pacificamente non dovuto: il principio di irretrattabilità della ordinanza di assegnazione, al di fuori della predetta esigenza di garanzia, verrebbe a prestarsi infatti ad un utilizzo improprio dello strumento processuale volto a dare luogo ad evidenti abusi del diritto, e ad assicurare -attraverso la soddisfazione di un credito inesistente – un risultato non conforme a quello che la procedura esecutiva intende assicurare secondo diritto.
Pertanto il primo motivo, volto ad impugnare la sentenza sul presupposto della irripetibilità del primo pagamento, ed il terzo motivo, diretto ad affermare la assoluta intangibilità della ordinanza di assegnazione emessa dal Giudice della esecuzione e la conseguente irripetibilità del secondo pagamento, debbono ritenersi entrambi manifestamente infondati, previa correzione della motivazione in diritto della sentenza impugnata.
Con il secondo motivo (violazione art. 324 c.p.c., artt. 2909 e 2033 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) il ricorrente impugna la sentenza di appello, deducendo che il Giudice territoriale aveva illegittimamente ricondotto alla sentenza n. __ del Tribunale di Catanzaro, pronunciata nel giudizio ex art. 615 c.p.c., comma 2, effetti giuridici volti a privare la originaria causa debendi giustificativa del primo pagamento spontaneamente eseguito da E. S.p.A., sebbene la sentenza si fosse limitata a quantificare l’esatto importo di interessi e rivalutazione monetaria, non potendo quindi tale decisione legittimare l’azione di integrale ripetizione di una somma che era dovuta in base al titolo giudiziale.
La prima parte della censura è infondata in quanto, come già rilevato nell’esame dei precedenti motivi di ricorso, l’azione di ripetizione trova fondamento nel doppio pagamento della medesima somma (non venendo quindi in contestazione la efficacia estintiva della causa debendi del primo pagamento) e nell’accertamento contenuto nella sentenza n. __, favorevole all’opponente, che ha dichiarato parzialmente inesistente il diritto del creditore pignorante ad iniziare ed a procedere ad esecuzione forzata per una somma di complessivo importo -oggetto della ordinanza di assegnazione-maggiore e non conforme a quello di Euro __ effettivamente dovuto in base al titolo giudiziale di condanna (sentenza n. __ del Tribunale di Locri).
La Corte d’appello, peraltro, si è limitata ad affermare la ripetibilità della intera somma sul mero -e, come si è visto, insufficiente- presupposto della coincidenza dell’ammontare del credito effettivamente azionabile esecutivamente (Euro __) con l’importo spontaneamente pagato da E. S.p.A. mediante i due assegni circolari ed incassato in acconto dal creditore pignorante, erroneamente rilevando che la sentenza n. __ non interferiva con la ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c., mentre come è stato precedentemente affermato il secondo pagamento -eseguito in attuazione della ordinanza di assegnazione del Giudice della esecuzione-, non può pregiudicare, nel caso di specie, il diritto alla ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c. del debitore, pure se fondato sul successivo accertamento giudiziale della parziale inesistenza quantitativa del titolo esecutivo, non ravvisandosi alcuna ragione di tutela dell’affidamento incolpevole del terzo assegnatario, in tal modo -come in precedenza esposto nell’esame del primo e terzo motivo di ricorso- dovendo essere corretti gli argomenti in diritto svolti nella motivazione della sentenza impugnata.
Fondato è invece il motivo di ricorso in esame nella parte in cui censura le conseguenze che dal giudicato sulla opposizione alla esecuzione ex art. 615 c.p.c., comma 2, vorrebbe trarre la Corte di merito sulla ripetibilità della intera somma di Euro __.
Sostiene il ricorrente che la sentenza -passata in giudicato- del Tribunale di Catanzaro n. __ avrebbe inciso sul diritto all’azione esecutiva limitatamente alla sola eccedenza di importo per interessi e rivalutazione, ritenuta dal Giudice inesattamente calcolata dal creditore nell’atto di precetto.
Sicché, non avendo investito il dictum di tale sentenza anche la sorte capitale, quest’ultimo importo -anch’esso ricompreso nella ordinanza di assegnazione del G.E.- non potrebbe comunque essere richiesto in ripetizione da E. S.p.A. Osserva il Collegio che la sentenza n. __ -prodotta in allegato al fascicolo di parte ricorrente, ed alla quale la Corte può accedere direttamente in considerazione del tipo di vizio di legittimità denunciato- dopo aver trascritto le conclusioni rassegnate da E. S.p.A. alla udienza __ (“…accertare e dichiarare che alcuna somma ulteriore debba essere corrisposta all’avv. C. in quanto il sistema di calcolo degli interessi risulta essere correttamente applicato. Subordinatamente…..rideterminare gli interessi da corrispondere avvalendosi dell’aiuto di un CTU. Svincolare da subito la somma portata dagli assegni inviati all’interessato”), ha statuito come segue:
A-) ha dato atto che E. S.p.A. aveva messo a disposizione due assegni per il complessivo importo di Euro __;
B-) ha qualificato il ricorso proposto da E. S.p.A. come opposizione alla esecuzione ex art. 615, co2 c.p.c., in quanto diretto a contestare l’ammontare della somma ingiunta in precetto;
C-) ha accertato la correttezza della liquidazione del quantum operata da E. S.p.A., essendo conforma il calcolo degli interessi e della rivalutazione del credito di valore ai criteri stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità;
D-) ha quindi dichiarato l’esatto ammontare del credito per il quale spettava a C. l’azione esecutiva, pari ad Euro __ come risultante dal titolo giudiziale di condanna (sentenza Tribunale di Locri n. __), comprensivo di capitale, interessi e rivalutazione.
Oggetto del giudizio di opposizione non era, pertanto, l’accertamento della illegittimità dell’importo complessivo del credito fondato sul titolo esecutivo ed indicato nel precetto in Euro __ ed invece la legittimità dell’importo complessivo liquidato da E. S.p.A. in Euro __ e portato dai due assegni circolari. La questione controversa era limitata invece soltanto agli accessori dovuti sull’importo capitale del credito azionato esecutivamente. Il Tribunale non ha, infatti, emesso alcuna statuizione -in quanto ritenuta estranea all’oggetto del giudizio di opposizione- tanto in relazione all’accertamento del diritto di agire in executivis per il credito come determinato nell’importo capitale -non contestato da E. S.p.A. -, quanto in ordine all’effetto estintivo del predetto credito in conseguenza dei pagamenti spontanei eseguiti medio tempore (emergendo soltanto dalla sentenza che E. S.p.A. nel proprio atto di opposizione aveva solo premesso di aver messo a disposizione due assegni: né risulta che il Tribunale sia stato reso edotto dalle parti del successivo incasso dei due assegni effettuato dal C.), né ancora in ordine alla erronea liquidazione del credito relativo ad interessi e rivalutazione riportato nella ordinanza di assegnazione del GE (della quale non risulta che il Tribunale sia stato edotto da alcuna delle parti).
La efficacia di giudicato della sentenza del Tribunale non può quindi ritenersi estesa – come erroneamente considerato dalla Corte territoriale – all’accertamento della duplicazione del pagamento relativo al medesimo credito azionato in executivis, accertamento non ricompreso nell’oggetto del giudizio di opposizione limitato soltanto alla verifica della esattezza del quantum per accessori intimato nel precetto, risultando definito detto giudizio con il riconoscimento del diritto del creditore procedente ad agire esecutivamente per l’importo complessivo di Euro __ così ridotto per la voce accessori (interessi e rivalutazione) rispetto a quello di Euro __ indicato nel precetto.
Tale accertamento incide pertanto solo parzialmente sul titolo esecutivo e per le ragioni sopra esposte viene a legittimare l’actio condictio indebiti esclusivamente per il maggiore importo (non dovuto in base al giudicato di opposizione ex art. 615 c.p.c., comma 2) liquidato nella ordinanza di assegnazione del GE per interessi e rivalutazione monetaria, rimanendo invece pienamente confermato, alla stregua del medesimo giudicato, il diritto del C. ad agire ab origine per la soddisfazione coattiva del credito per sorte capitale.
Il dedotto errore interpretativo del giudicato pertanto è fondato, in quanto la Corte distrettuale ha inteso ricondurre alla sentenza del Tribunale di Catanzaro un inesistente accertamento del doppio -indebito- pagamento, questione rimasta, invece, del tutto estranea al thema decidendum sottoposto a quel Giudice.
Ne segue che la pretesa restitutoria dell’intero importo capitale, formulata da E. S.p.A., non può trovare fondamento nel giudicato del Tribunale di Catanzaro, o in un asserito accertamento giudiziale della totale inesistenza del titolo esecutivo fatto valere da C., ma viene giustificata invece dalla ricorrente ex art. 702 bis c.p.c. esclusivamente in base al doppio pagamento del medesimo credito, allegazione ex se insufficiente a fondare una azione di ripetizione di somma assegnata dal GE, giusta il costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità in tema di irrevocabilità del provvedimento di assegnazione, in assenza di un accertamento giudiziale inteso a rimuovere la efficacia o la validità del titolo esecutivo azionato. Ed infatti il giudicato formatosi nel giudizio di opposizione ex art. 615 c.p.c., comma 2, avendo accertato la non debenza degli interessi e rivalutazione (secondo l’ammontare indicato nel precetto), risulta inidoneo a porsi a fondamento dell’azione di ripetizione anche dell’importo relativo alla sorte capitale assegnato dal GE. Pertanto il Giudice del rinvio dovrà attenersi al seguente principio di diritto:
La sentenza resa nel giudizio di opposizione alla esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., commi 1 e 2, anche se la pubblicazione sia intervenuta successivamente alla ordinanza di assegnazione della somma emessa dal Giudice della esecuzione (nella specie nel procedimento di espropriazione presso terzi), accerta ora per allora il diritto del creditore procedente di agire in executivis per il credito portato dal titolo, legittimando il debitore che veda accolta la opposizione -in tutto od in parte ove la contestazione attenga al quantum- ad esperire nei confronti del creditore soddisfatto l’azione di ripetizione della somma che risultasse indebitamente assegnata dal Giudice della esecuzione, venendo a cedere la irrevocabilità ed irretrattabilità del provvedimento di assegnazione -che risponde alla funzione di garanzia degli effetti giuridici prodotti a vantaggio del terzo acquirente o del terzo assegnatario di buona fede- di fronte al giudicato, intervenuto tra creditore procedente e debitore esecutato, che accerta la invalidità od inefficacia, originaria o sopravvenuta, parziale o totale, del diritto di agire in executivis per il credito portato dal titolo. In tal caso, accertato dal Giudice della opposizione che il diritto a procedere ad esecuzione forzata concerneva un credito per capitale, interessi e rivalutazione monetaria, relativo ad un quantum per interessi e rivalutazione, inferiore a quello intimato con il precetto ed oggetto del pignoramento, il debitore espropriato del maggiore importo in esecuzione della ordinanza di assegnazione del GE, è legittimato a ripetere dal creditore la somma indebita assegnata. In difetto di accertamento giudiziale ex art. 615 c.p.c., sia pure con sentenza sopravvenuta alla ordinanza di assegnazione, questa ultima deve ritenersi intangibile, rimanendo indifferente la procedura esecutiva -e rimanendo sottratti alla verifica di validità gli atti della stessa- ad un eventuale pregressa estinzione del credito portato in esecuzione, mediante pagamento spontaneo effettuato dal debitore, essendo questi tenuto a far valere il fatto estintivo sopravvenuto esclusivamente attraverso i rimedi della opposizione alla esecuzione ed agli atti esecutivi apprestati dall’ordinamento.
In conclusione il ricorso deve essere accolto limitatamente al secondo motivo, per le ragioni esposte; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Reggio Calabria in diversa composizione, che dovrà rideterminare l’importo restituendo, attenendosi al principio di diritto enunciato e liquidando all’esito anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso; rigetta il primo ed il terzo motivo di ricorso; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Reggio Calabria in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 novembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2019
Cass_civ_Sez_III_Ord_15_02_2019_n_4528