Esecuzione Forzata Giudizio di opposizione all’esecuzione forzata ordinario Giudizio di accertamento negativo del credito Opposizione a precetto
Tribunale Ordinario di Marsala, Sezione Civile, Sentenza del 08-01-2018
Con sentenza dell’8 gennaio 2018 il Tribunale Ordinario di Marsala, Sezione Civile, ha stabilito che il giudizio di opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma 1, c.p.c. , è un ordinario giudizio di accertamento negativo del credito, nel quale la domanda giudiziale va identificata, nell’aspetto oggettivo, con i suoi elementi costitutivi, del petitum, consistente nella richiesta di un provvedimento giurisdizionale che dichiari la nullità o inefficacia dell’atto di precetto opposto per l’inesistenza, in tutto o in parte, del diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata, e della causa petendi, che consiste nella specifica situazione giuridica sostanziale dedotta dalla parte istante a fondamento della assunta inesistenza del diritto di procedere in executivis. Sotto il profilo probatorio ne consegue che il creditore è gravato dal solo onere di dimostrare la validità ed efficacia del titolo esecutivo, mentre è onere dell’opponente dimostrare l’esistenza di fatti estintivi o impeditivi che, a quel titolo, tolgano in tutto o in parte efficacia.
Tribunale Ordinario di Marsala, Sezione Civile, Sentenza del 08-01-2018
Esecuzione Forzata Giudizio di opposizione all’esecuzione forzata ordinario Giudizio di accertamento negativo del credito Opposizione a precetto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MARSALA
SEZIONE CIVILE
in composizione monocratica, nella persona del dr. _______, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al n. _____ R.G. vertente
TRA
A. e T., rappresentati e difesi dall’Avv. ______, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in _____, giusta procura a margine dell’atto di citazione;
OPPONENTI
E
B. SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, non in proprio ma esclusivamente in nome e per conto di S. s.p.a., in persona del Responsabile del Settore Dipartimentale Recupero Crediti, rappresentata e difesa, giusta procura in calce all’atto di precetto notificato in data ___, dall’ avv. __, presso il cui studio in ____ è elettivamente domiciliata;
OPPOSTA
Svolgimento del processo
Con atto di citazione ex art. 615 comma 1 c.p.c. , notificato in data ____ alla controparte, gli attori in epigrafe, premettendo di aver stipulato in data ___ con la B. s.p.a. un contratto di mutuo fondiario, per atto pubblico avente ad oggetto l’erogazione, in favore degli stessi, della somma di Euro __ (doc. n. 2), convenivano in giudizio la convenuta, contestando il diritto di quest’ultima di agire esecutivamente per l’importo precettato in data ___, in ragione della eccepita nullità della pattuizione del tasso di interesse moratorio, fissato al ___, superiore al tasso soglia usurario ratione temporis applicabile pari al ____, con conseguente non debenza degli interessi ex art. 1815 c.c.; deducevano, altresì, la nullità del contratto di mutuo per mancanza di causa, in quanto destinato a “ridurre l’importo dell’affidamento concesso” agli attori sui conti correnti nonché l’illegittima applicazione di interessi compositi (dunque anatocistici) frutto del c.d. metodo di ammortamento alla francese.
Concludevano, quindi, chiedendo di: “dichiarare la nullità delle clausole di determinazione del tasso di interesse del contratto di mutuo …in quanto eccedenti il tasso soglia e per l’effetto depurare il debito da qualsiasi interesse dovuto ai sensi dell’art. 1815 c.c.; rideterminare la somma che parte attrice avrebbe dovuto restituire alla banca…. e previa consulenza tecnica, ritenere e dichiarare, previa eventuale compensazione tra i due saldi, che “gli attori” risultano creditori nei confronti della convenuta della somma che verrà determinata e quantificata nel corso del giudizio o secondo equità….condannare la convenuta …a titolo di restituzione di indebito…della somma che verrà determinata e quantificata nel corso del giudizio o secondo equità, oltre rivalutazione e interessi…; dichiarare… l’annullamento del contratto ex artt. 1427 e 1439 per violazione di buona fede nella conclusione ed esecuzione del contratto; escludere interessi anatocistici, dichiarando l’illegittimità del metodo di ammortamento alla francese; …conseguentemente condannare la convenuta alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate e/o riscosse in relazione al rapporto di mutuo, oltre interessi legali creditori…e con vittoria di spese, diritti e onorari del presente giudizio”, da distrarre in favore dei procuratori dichiaratisi antistatari.
Si costituiva il creditore opposto, contestando in fatto ed in diritto le avverse domande, delle quali chiedeva il rigetto.
Quindi, la causa veniva istruita documentalmente (con revoca della ctu contabile ammessa dal primo GI poi mutato).
All’udienza del ____ parte attrice preliminarmente insisteva per la nomina del CTU contabile ed eccepiva, altresì, la nullità del contratto di mutuo per mancanza del documento di sintesi e dell’ISC come previsto a pena di nullità dalla Del. CICR del 2003.
Sulle conclusioni in epigrafe trascritte la causa veniva trattenuta in decisione, con assegnazione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c. (il primo dei quali, per il deposito delle comparse conclusionali, ridotto a giorni 30).
Motivi della decisione
1.In limine.
In limine, giova ricordare che il giudizio di opposizione all’esecuzione ex art. 615 comma 1 c.p.c. è un ordinario giudizio di accertamento negativo del credito, nel quale la domanda giudiziale va identificata, nell’aspetto oggettivo, con i suoi elementi costitutivi, del petitum, consistente nella richiesta di un provvedimento giurisdizionale che dichiari la nullità o inefficacia dell’atto di precetto opposto per l’inesistenza, in tutto o in parte, del diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata, e della causa petendi, che consiste nella specifica situazione giuridica sostanziale dedotta dalla parte istante a fondamento della assunta inesistenza del diritto di procedere in executivis (cfr. già Cass. 3 maggio 1980 n. 2911, nonché Cass. 11 dicembre 2002, n. 17630; 29 aprile 2004, n. 8219; 13 novembre 2009, n. 24047).
Ne consegue, sotto il versante probatorio, che “al creditore, nel giudizio di opposizione, spetta il solo onere di dimostrare la validità ed efficacia del titolo esecutivo, mentre è onere dell’opponente dimostrare l’esistenza di fatti estintivi o impeditivi che, a quel titolo, tolgano in tutto o in parte efficacia” (Cass. n. 25412 del 2013).
L’opponente, vale a dire il soggetto precettato, ha, dunque, veste sostanziale e processuale di attore ed è dunque onerato della specifica allegazione e prova della non debenza, in tutto o in parte (originaria o sopravvenuta) del credito precettato, astrattamente riconducibile al titolo esecutivo posto a fondamento del precetto opposto; specularmente, l’opposto, vale a dire il creditore procedente, ha la posizione di convenuto (cfr. Cass. 9 novembre 2000, n. 14554 ed altre).
2- Nel merito
Ciò premesso, nel merito, l’opposizione in esame, da qualificarsi come opposizione (preventiva) all’esecuzione ex art. 615 comma 1 c.p.c., venendo in contestazione l’an ed il quantum del credito precettato, è parzialmente fondata nei termini e limiti di seguito precisati.
2.1 Sull’usura genetica in relazione agli interessi moratori
Dalla disamina del titolo esecutivo sotteso al precetto opposto è dato desumere le seguenti condizioni economiche del finanziamento:
– erogazione in favore degli opponenti della somma di Euro ____ a tasso fisso (secondo il piano di ammortamento alla francese allegato al contratto), da restituire in __ anni, mediante ___ rate mensili di Euro __;
– tasso di interesse corrispettivo del ___ (art. 1);
– tasso di interesse moratorio del ___ (art. 4);
– ISC ___ (art. 11).
– ulteriori condizioni economiche accessorie (art. 10).
Ciò posto, non è contestato, oltre che documentalmente provato, che il tasso soglia usurario per i mutui a tasso fìsso con garanzia reale ratione temporis applicabile è pari al ___ (ovvero pari al TAEG del ___ indicato nella Tabella allegata al D.M. del 17 settembre 2004, aumentato del 50% ex art. 2 L. n. 108 del 1996).
Nel caso di specie, dunque, pur a fronte di un tasso di interesse corrispettivo (ed ISC) ampiamente al di sotto della soglia del tasso usurario, si verte in ipotesi di usura originaria del tasso moratorio, pattuito in misura fissa nel ___(cfr. art. 4 parte finale) e, dunque, eccedente il tasso soglia sopra indicato (del ___).
Da qui la declaratoria di nullità ex art. 1815 co. 2 c.p.c. della clausola relativa agli interessi moratori, ab origine usurari.
Ritiene, sul punto, l’adito Tribunale di dover aderire all’orientamento giurisprudenziale, da ultimo ribadito e precisato dalla S.C. con ordinanza n. 23192 del 4.10.2017, a mente del quale “in tema di contratto di mutuo, l’art. 1 della L. n. 108 del 1996, che prevede la fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti debbono essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi corrispettivi che quelli moratori (Cass. 4 aprile 2003, n. 5324). (Cass. ord.5598/2017; in termini Cass., Sez. 1, n. 14899 del 17/11/2000; Sez. 3, n. 8442 del 13/06/2002; Sez. 3, n. 10032 del 25 /05/2004; nello stesso senso poi anche Cass., Sez. 3, Sentenza n. 9532 del 22/04/2010; Sez. 2, Sentenza n. 11632 del 13/05/2010; Sez. 1, Sentenza n. 350 del 09/01/2013).
Non v’è, infatti, ragione per escludere l’applicabilità del divieto introdotto dalla L. n. 108 del 1996 anche nell’ipotesi di assunzione dell’obbligazione “di corrispondere interessi moratori .. eccedenti lo stesso tasso soglia”, posto che “la L. n. 108 del 1996 ha individuato un unico criterio ai fini dell’accertamento del carattere usurano degli interessi (la formulazione ha valore assoluto in tal senso) e che nel sistema era già presente un principio di omogeneità di trattamento degli interessi, pur nella diversità di funzione, come emerge anche dell’art. 1224, 1^ comma, cod. civ., nella parte in cui prevede che “se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura”; “il ritardo colpevole, poi, non giustifica di per sé il permanere della validità di un’obbligazione così onerosa e contraria al principio generale posto dalla lesse” (Cass. Sez. 1, n. 5286 del 22/04/2000).
Detta conclusione è, del resto, coerente al dato letterale delle norme di cui agli artt. 1 e 2 L. n. 108 del 1996 e dell’art. 644 c.p.
Per un verso, infatti, la disciplina civile (1815 c.c.) e penale (644 c.p.) così come la definizione generale di interesse usurario (art. 1 e 2 L. n. 108 del 1996) fanno uso del termine interesse senza particolari declinazioni e attributi (il che rende plausibile una interpretazione massimamente espansiva della portata delle relative norme con riferimento a qualsiasi specie di “interessi” convenzionalmente pattuiti); per altro verso, lo stesso legislatore, nel fornire l’interpretazione ‘autentica’ dell’art. 644 c.p. con la L. 28 febbraio 2001, n. 24, di conv. in legge, con modificazioni, del D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, ha testualmente qualificato come “… usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo” (cfr. art.1), così da rendere indifferente, ai fini dell’applicazione del divieto penale (e della conseguente nullità civilistica) il titolo (corrispettivo o moratorio) in ragione del quale gli interessi vengano convenzionalmente pattuiti o pretesi.
In tal senso depone, altresì, un obiter dictum della Corte costituzionale, la quale, chiamata ad esprimersi sulla legittimità costituzionale della L. n. 24 del 2001 (interpretazione autentica della L. n. 108 del 1996), ha osservato, incidenter tantum, che: “il riferimento, contenuto nell’ art. 1, comma 1, del D.L. n. 394 del 2000, agli interessi “a qualunque titolo convenuti” rende plausibile – senza necessità di specifica motivazione – l’assunto, del resto fatto proprio anche dal giudice di legittimità, secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori” (Corte Cost. n. 29/02).
Da ultimo, anche l’ art. 2 bis del D.L. 29 novembre 2008, n. 185 convertito in L. 28 gennaio 2009, n. 2 non opera alcuna distinzione con riferimento alla natura degli interessi quando, al comma 2, prevede: “Gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono comunque rilevanti ai fini dell’applicazione dell’articolo 1815 del codice civile , dell’articolo 644 del c.p. e degli articoli 2 e 3 della L. 7 marzo 1996, n. 108”.
Né appare decisivo, in senso contrario, il riferimento alla corrispettività degli interessi o altri vantaggi inserito nella previsione dell’art. 644 c.p. (“in corrispettivo di una prestazione di danaro o di altra utilità”).
Un’interpretazione dell’inciso “in corrispettivo” di tipo sistematica, infatti, lo fa riconnettere alla pattuizione o convenzione tanto degli interessi quanto degli altri vantaggi.
Ed ancora, l’inciso ha come punto di riferimento, nella struttura della fattispecie criminosa, la descrizione della condotta tipica del “farsi dare o promettere”, sicché la corrispettività degli interessi va valutata al livello della funzione della pattuizione degli stessi, con la conseguenza che “anche la convenzionale pattuizione di interessi moratori (o di clausola penale), pur avendo questi la intrinseca finalità di forfettaria e anticipata liquidazione del danno, può assumere, nell’ottica del creditore, … una finalità di corrispettivo della concessione del credito; ciò in quanto il creditore si cautela (attraverso la convenzionale stipulazione di un tasso moratorio più elevato di quello legale) contro i possibili danni da inadempimento o ritardo nell’adempimento della obbligazione restitutoria del debitore; e ben può essere che tale previsione negoziale assuma, nell’economia concreta del contratto, un rilievo connesso al livello di rischio-inadempimento esplicitato dallo specifico contraente-debitore o dalla categoria cui questi appartiene” (così in dottrina).
Oltre al dato letterale, dunque, anche sotto il versante teleologico, è proprio la ratio di protezione del mutuatario in chiave tendenzialmente oggettiva, caratterizzando la fattispecie come una violazione del rapporto di adeguatezza delle prestazioni, secondo parametri predefiniti ed obiettivi, che preclude una soluzione restrittiva della portata del divieto di cui all’art.1815 co.2 c.c.
Segnatamente, “attraverso l’abbandono del tradizionale requisito per così dire soggettivistico dell’abuso, e la sua sostituzione con il rilievo del tutto prevalente che nella struttura della fattispecie finisce per assumere il requisito – tutto economico – della sproporzione tra la prestazione del mutuante e quella del mutuatario, la prospettiva della tutela sembra dunque essersi spostata dalla salvaguardia degli interessi patrimoniali del singolo e, se si vuole, dalla protezione della personalità del soggetto passivo, verso connotazioni di marcata plurioffensività, giacché accanto alla protezione del singolo, vengono senz’altro in gioco anche – e forse soprattutto – gli interessi collettivi al corretto funzionamento dei rapporti negoziali inerenti alla gestione del credito e alla regolare gestione dei mercati finanziari” (Cassazione n. 20148 del 18 marzo 2003).
In questa prospettiva ermeneutica, non sembra, dunque, cogliere nel segno la tesi, pur autorevolmente sostenuta in dottrina e nella giurisprudenza di merito, che fonda sulla natura “eventuale/ipotetica’ dell’onere di mora il motivo per escludere, nel patto originario, la sussistenza dell’usura.
In senso contrario, l’odierno Giudicante ritiene di dover accedere alla tesi secondo cui la mora, ancorché onere eventuale, non si qualifica usuraria con il sopravvenire dell’ipotetico evento previsto in contratto: la connotazione usuraria, cioè la volontà di trarre un profitto illecito, si colloca all’origine, nello squilibrio pattizio, indipendentemente dalla circostanza che si realizzi o meno il pagamento.
La presenza in contratto di un accordo usurario, ancorché eventuale nella sua manifestazione, come nel caso degli interessi moratori, introduce nel mercato del credito una patologia pattizia lesiva del libero e corretto svolgimento del mercato stesso.
In altri termini, la natura ‘eventuale’ della mora non induce alcuna traslazione alla sopravvenuta insolvenza: il giudizio di usurarietà rimane assorbito esclusivamente nella sproporzione pattizia fra l’impegno del creditore e quello del debitore, previsto nelle condizioni iniziali che accompagnano l’erogazione del credito (cfr. sul punto Sezioni Unite con sentenza n. 24675 del 19 ottobre 2017).
L’elemento del pagamento non assume, pertanto, rilievo ai fini della verifica dell’usurarietà (genetica): “gli interessi devono ritenersi usurari se eccedono il limite legale al momento della loro pattuizione e non del loro pagamento e ciò a prescindere dal fatto che il reato di usura possa ritenersi consumato in tale secondo momento’ (Cassazione Pen., Sez. V, n. 8353/2013).
Ciò precisato, ritiene l’adito Tribunale di dover dare continuità ai principi espressi dalla Suprema Corte nella citata ordinanza n. 23192/2017, anche in relazione ai criteri di valutazione dell’usurarietà originaria del tasso di mora ed alla conseguente nullità ex art. 1815 c.c. estesa agli interessi corrispettivi.
2.1.1 Sullo scrutinio di usurarietà degli interessi moratori e sull’eccepita applicabilità di una ‘mora soglia’ maggiorata del __
Non merita adesione la metodologia di verifica della mora, propugnata dalla banca opposta, fondata su una presunta ‘mora soglia’ (maggiorata del __), empiricamente desunta da una rilevazione media campionaria curata nel __, richiamata nei decreti ministeriali ed ulteriormente prospettata dalla B.D. nella Comunicazione del __.
Detta metodologia, anzitutto, appare contraria al tenore letterale delle norme di riferimento: tanto l’inciso finale “sotto qualsiasi forma”, contenuto nel primo comma dell’art. 644 c.p., quanto l’inciso “a qualunque titolo” contenuto nell’art. 1, primo comma del D.L. n. 394 del 2000, convertito con la L. n. 24 del 2001, indicano un unico criterio ai fini dell’accertamento del carattere usurario degli interessi, siano essi corrispettivi o moratori.
Inoltre, come condivisibilmente osservato da taluna giurisprudenza di merito, non essendo contemplata dalla legge alcuna soglia riferibile alla mora, quand’anche – per un asserito criterio di omogeneità- si considerasse la maggiorazione del __aggiunta al TEGM, il dato percentuale adoperato risulterebbe del tutto “scorretto ed incoerente con il disposto di legge”.
Infatti, con la rilevazione campionaria del __ (pubblicata nel __), la B.D. ha stimato, senza, peraltro, precisare i criteri metodologici, il valore medio della mora nei crediti insoluti.
Poiché il TEGM rileva il costo medio del credito, anche a voler ricomprendere nell’indice i crediti patologici, per ciascuna categoria di credito ex art. 2 della L. n. 108 del 1996, occorrerebbe rilevare, non il valore medio del tasso di mora applicato (o dello spread sul tasso corrispettivo), bensì l’incidenza osservata nella media di tutte le operazioni della categoria, operazione dal risultato ben diverso.
La mora interessa un numero contenuto di operazioni ricomprese nella categoria; diversamente, l’incidenza sul costo del credito presuppone una media calcolata su tutte le operazioni della categoria: in quest’ultima circostanza la maggiorazione del TEGM, riconducibile alla presenza della mora, risulterebbe assai esigua, presumibilmente prossima a pochi centesimi di punto.
Risulta pertanto un’operazione matematicamente scorretta, oltre che indebita, confrontare il costo del credito in mora con il TEGM maggiorato del __ (cfr. sul punto, ex multis, sentenze del Tribunale di Torino 2015 e 2016, nel caso.it, est. __).
Ed ancora, concependo un “tasso usurano della patologia” più elevato, si finirebbe, da un lato, per far assurgere la mora ad una specifica categoria di credito con sue proprie soglie d’usura (laddove la mora è, invece, una semplice modifica del piano di ammortamento pattuito, dovuta al contegno inadempiente del debitore); dall’altro lato, si “vanificherebbe l’intero sistema, perché il limite dell’usura crescerebbe proprio al crescere del rischio, allorché la legge intende invece proprio tutelare il cliente in tali ipotesi” (cfr. Tribunale di Udine 13.11.2014).
In altri termini, accedendo alla tesi dello spread maggiorato del __, per gli interessi moratori, i tassi soglia verrebbero significativamente innalzati, proprio quando il prenditore, moroso nei pagamenti, è più vulnerabile, non disponendo di liquidità né di finanziamenti alternativi.
Risulta, dunque, incongruente prevedere una soglia più elevata di usura al verificarsi della patologia, anziché ricomprendere quest’ultima nello spread connesso al valore medio relativo alla categoria di riferimento (ovvero, nel caso di specie, entro lo spread del __ del tasso effettivo globale medio, indicato, per i mutui con garanzia reale con tasso fisso, nel __).
In altri termini, appare più coerente al sistema normativo ritenere che il legislatore, nel ricomprendere entro la soglia d’usura gli “interessi, commissioni e spese inerenti al credito, a qualunque titolo percepiti”, lungi dal disconoscere o mortificare la diversa funzione degli interessi di mora e degli interessi corrispettivi, abbia, piuttosto, voluto porre un limite tassativo invalicabile, entro il quale ricomprendere tutti i costi del credito, relativi ad ogni criticità e/o patologia presente o eventuale.
Se, dunque, il tasso praticato dall’intermediario si colloca all’interno del valore medio di mercato, vi sono i margini per una maggiorazione della mora. Se, invece, il tasso praticato si colloca a ridosso della soglia d’usura, già sconta il rischio di insoluto alla scadenza e dunque il margine di profitto (anche per la fase patologica del rapporto), oltre il quale l’intermediario finanziario incorre in usura.
2.1.2 Sulla portata applicativa della nullità di cui all’art. 1815 co. 2 c.c.
Ciò posto, occorre esaminare le conseguenze della declaratoria di nullità della clausola pattizia relativa agli interessi moratori, ab origine usurari, ai sensi dell’art. 1815 comma 2 c.p.c.
Sul punto, si registra un acceso contrasto giurisprudenziale e dottrinale tra i fautori della tesi della nullità parziale della sola clausola relativa agli interessi moratori e quelli a favore della obbligata conversione del mutuo oneroso in mutuo gratuito.
Secondo il primo orientamento, in dettaglio, “se il tasso soglia viene superato dall’interesse moratorio ma non anche da quello corrispettivo, la pattuizione del primo è nulla ma non quella del secondo”, poiché: “non appare obiettivamente opinabile da un canto, la permanente diversità ontologica tra interesse corrispettivo ed interesse moratorio, …, dall’altro canto, la conseguente, ma correlata, autonomia delle pattuizioni contrattuali relative all’uno e all’altro tipo di interesse …ancorché eventualmente ricomprese nel medesimo articolo del contratto; tale conclusione è … imposta dallo stesso testo letterale dell’art. 1815 c.c., il quale muove appunto dall’affermazione della nullità della clausola usuraria per poi trarne le conseguenze del caso (azzeramento dell’interesse che vi si riferisce)” (cfr. da ultimo Tribunale di Brescia n. 1857 del 15 giugno 2017).
In tale prospettiva ermeneutica sembra collocarsi, sia pure in una fattispecie non sovrapponibile a quella in esame, la recente sentenza della Suprema Corte n. 21470 del 15 settembre 2017, a mente della quale “in tema di contratto di conto corrente bancario, qualora vengano pattuiti interessi superiori al tasso soglia con riferimento all’indebitamento extra fido e interessi inferiori a tale tasso per le somme utilizzate entro i limiti del fido, la nullità della prima pattuizione non si comunica all’altra, pur se contenute in una medesima clausola contrattuale, poiché si deve valutare la singola disposizione, sebbene non esaustiva della regolamentazione degli interessi dovuti in forza del contratto” (contra Cass. pen. n. 46669/11: “né possono avere rilievo le differenziazioni del tasso operato in caso di conto corrente non affidato – in cui il credito erogato è superiore al fido concesso, rispetto al conto corrente affidato – in cui l’utilizzo avvenga regolarmente nei limiti del fido, dovendo, comunque, la banca non superare il tasso soglia normativamente previsto indipendentemente dalla circostanza che nel caso di conto corrente non affidato la banca debba fronteggiare un inatteso e irregolare utilizzo del credito da parte del cliente, che, pur rappresentando un costo per l’eventuale scorretto comportamento del cliente, non può comunque giustificare il superamento del tasso soglia, trattandosi di un costo collegato ali ‘erogazione del credito che ricorre ogni qualvolta il cliente utilizza lo scoperto di conto corrente e funge da corrispettivo dell’onere, per la banca, di procurarsi e tenere a disposizione del cliente la necessaria provvista di liquidità”.
Per contro, alla stregua dei fautori della seconda tesi innanzi accennata, “se il tasso di mora non ha un rilievo in sé, ma va valutato nell’ambito del TEG annuo pattuito assieme ad ogni altro costo, spesa, remunerazione, ecc., è evidente che, constatato il superamento della soglia d’usura da parte del TEG”, sia pure in ragione della sola incidenza del tasso moratorio, “l’art. 1815, comma 2, c.c. va applicato in tutta la sua forza anche se il semplice tasso d’interessi corrispettivi di per sé non supera la soglia in esame” (cfr. Tribunale di Udine 13.11.2014).
In altri termini, l’operazione creditizia o è, nel suo insieme, lecita oppure è, nel suo insieme, in violazione della L. n. 108 del 1996, con la conseguenza che, in tal ultimo caso, unica e globale deve essere la sanzione di gratuità del mutuo, pur se il superamento della soglia si verifichi esclusivamente per il tramite della pattuizione dei soli interessi moratori (cfr. Tribunale di Torino, n.14932/2016, analogamente Trib. Udine cit.: in senso conforme, App. Venezia, 18.2.2013).
Orbene, ritiene l’adito Tribunale di dover aderire al secondo orientamento, da ultimo avallato dalla Suprema Corte, in una fattispecie analoga a quella in esame, nella sopra citata ordinanza n. 23192/2017.
Non si comprenderebbe, altrimenti, perché l’art. 644 c.p. dovrebbe riguardare tutti gli oneri inerenti al credito concesso, a qualunque titolo pattuiti, e la corrispondente previsione civilistica di cui all’art. 1815 c.c., stemperare, parcellizzandolo, il presidio sanzionatorio.
Il secondo comma dell’art. 1815 c.c. colpisce, invero, l’intero complesso dei costi, costituente l’interesse “allargato” previsto dall’art. 644 c.p., non i singoli addendi che lo compongono.
Lo stretto collegamento è richiamato dalla sentenza della Cassazione S.U. n. 24675/17 che, nel declinare i riflessi indotti dal D.L. n. 394 del 2000, precisa: “una sanzione (che implica il divieto) dell’usura è contenuta, per l’esattezza, anche nell’art. 1815, secondo comma, cod. civ. – pure oggetto dell’interpretazione autentica di cui si discute – il quale però presuppone una nozione di interessi usurari definita altrove, ossia, di nuovo, nella norma penale integrata dal meccanismo previsto dalla L. n. 108 del 1996, pervenendo alla conclusione che “in tanto è configurabile un illecito civile, in quanto sia configurabile la violazione dell’art. 644 cod. pen., come interpretato dall’art. 1, comma 1, D.L. n. 394 del 2000”.
E del resto, come evidenziato in una recente sentenza del Tribunale di Pesaro “al tasso di interessi moratori non corrisponde … una diversa categoria di credito .. la mora è infatti solamente una componente eventuale del medesimo credito”, “il legislatore di conseguenza, nel ricomprendere entro la soglia di usura gli interessi, commissioni e spese comunque collegate alla erogazione del credito ed a qualunque titolo pattuiti ha voluto porre un limite superiore perentorio entro il quale ricomprendere tutti i costi del credito, inclusi quelli correlati alle criticità e patologie eventuali del rapporto”; “la a pattuizione di un tasso sopra i limiti del tasso soglia determina ex art. 1815 c.c. l’impossibilità di riconoscere all’istituto di credito alcun tipo di interesse… a prescindere dalla liceità del tasso degli interessi corrispettivi promessi” (Trib. Pesaro, n. 1193 del 5/10/2017).
Corollario di quanto sopra è l’estensione della nullità prevista dal 2 comma dell’art. 1815 c.c. a tutti gli interessi, siano essi corrispettivi o moratori, e pertanto la conversione del mutuo per cui è causa da oneroso in gratuito.
2.2 Sul quantum debeatur, sull’azione di ripetizione e correlata compensazione.
La conversione del mutuo oneroso in gratuito comporta ipso facto il venir meno della causa debendi delle somme corrisposte dagli odierni attori a titolo di interessi corrispettivi, oltre che moratori.
Nella specie, pur a fronte delle generiche allegazioni di parte opponente, non supportate da alcuna documentazione contabile sui pagamenti effettuati (tale da rendere esplorativa, sul punto, la ctu contabile, pur richiesta), non è contestato dalla banca opposta (cfr. atto di precetto) il pagamento delle rate di mutuo (comprensive di sorte capitale ed interessi corrispettivi, come partitamente indicati nel piano di ammortamento allegato al contratto di mutuo ) sino alla soglia in conto capitale di Euro ___.
In dettaglio, nel precetto opposto si intima il pagamento della residua somma capitale (in sé non contestata) di Euro ___ (di cui Euro __ per quota capitale delle rate mensili insolute a partire dalla prima rata impagata del __ alla data di estinzione; Euro __ per residuo capitale a scadere alla data dell’ultima rata impagata sino alla data di effettivo soddisfo).
Esclusa, dunque, ex art. 1815 comma 2 c.c. la debenza di qualsivoglia interesse sull’importo residuo in conto capitale richiesto dalla banca, detto importo, pari ad Euro __, corrisponde esattamente all’importo in conto capitale di cui alla __ rata del piano di ammortamento.
Con la conseguenza che deve ritenersi provato, siccome non contestato, il pagamento da parte degli attori delle prime __ rate di mutuo, comprensive di capitale ed interessi corrispettivi.
L’importo corrisposto sine titulo, in ragione della dichiarata nullità estesa anche alla clausola relativa agli interessi corrispettivi, ascende, dunque, ad Euro __.
Entro detti limiti, merita, dunque, parziale accoglimento la domanda di ripetizione ex art. 2033 c.c. avanzata dagli opponenti, con condanna della banca opposta alla restituzione in favore dei primi della somma di Euro __, oltre interessi al saggio legale dalla data della domanda giudiziale (cfr. sul punto Cass. n. 4745 del 04/03/2005) sino all’estinzione (nella specie per effetto della compensazione; cfr. infra).
Nulla è dovuto a titolo di rivalutazione monetaria, in carenza di allegazione e prova ex art. 1224 comma 2 c.c. del maggior danno, venendo in rilievo un debito di valuta e non di valore (Cass. 4402 del 24/02/2009, Cass. n. 4745 del 04/03/2005, in termini Cass. 12.03.2014, n.5639).
Sino alla concorrenza del credito sopra accertato in favore degli opponenti va, dunque, accolta la conseguenziale domanda di compensazione con il contro-credito precettato dalla convenuta opposta in conto capitale.
Indi, compensati i reciproci crediti, deve accertarsi la sussistenza del minor credito in favore dell’opposta di Euro __ in conto capitale con esclusione ex art. 1815 comma 2 c.c. di qualsivoglia interesse, corrispettivo o moratorio.
2.3 Sulle ulteriori domande di parte opponente.
Per converso, risultano infondate, al limite della temerarietà, le ulteriori domande avanzate dagli opponenti.
Nessun meccanismo anatocistico nella determinazione degli interessi viene in rilievo nel piano di ammortamento alla francese previsto dal contratto di mutuo de quo: la rata viene determinata in modo che soddisfi un principio finanziario basilare, ovvero che la sommatoria dei valori attuali delle rate debba essere esattamente pari al capitale finanziato; il calcolo degli interessi, qualsiasi sia la durata complessiva del piano e la cadenza periodica dei pagamenti, è sempre e comunque effettuato sul debito residuo, ovvero sul capitale che rimane da restituire al finanziatore; a partire poi dall’interesse si determina per differenza la quota capitale del pagamento, la cui restituzione viene portata a riduzione del debito; in tal modo, l’interesse non è mai produttivo di altro interesse, ovvero non viene mai cumulato al capitale ma, tramite pagamenti periodici, viene, per così dire, separato in maniera netta dal capitale in quanto esso viene calcolato esclusivamente sul debito residuo.
Contraria ictu oculi alla testuale previsione di cui agli artt. 2, 3,4, 10 e 11 del contratto di mutuo, corredato di piano di ammortamento analitico, è poi l’eccezione di nullità del contratto per omessa determinazione delle condizioni economiche e dell’ISC, sollevata da parte opponente in sede di precisazione delle conclusioni.
Del pari pretestuosa è, così come genericamente allegata, la dedotta carenza di causa del mutuo. Inconferente è, infine, la generica deduzione degli opponenti in ordine ad una fideiussione non meglio precisata.
- Spese di lite
L’esito complessivo della lite (accoglimento parziale dell’opposizione in punto di usura e ripetizione dell’indebito/compensazione, con rigetto delle plurime ulteriori domande ed eccezioni) ed il contrasto giurisprudenziale in atto su questioni dirimenti (id est, in particolare, la portata applicativa della sanzione di cui all’art. 1815 co. 2 c.c.), giustificano ex art. 92 comma 2 c.p.c. la compensazione integrale delle spese di lite del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale di Marsala, Sezione civile, nella composizione in epigrafe, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda, eccezione e/o istanza disattesa o assorbita, così provvede:
1) in parziale accoglimento dell’opposizione ex art. 615 comma 1 c.p.c., dichiara la nullità parziale del contratto di mutuo fondiario, stipulato inter partes per atto pubblico il (…), rep (…) e racc. (…), relativamente alla clausola determinativa degli interessi moratori ai sensi dell’art. 1815 comma 2 c.c. e la conseguente non debenza di alcun interesse;
2) accerta la sussistenza del diritto della banca opposta di procedere esecutivamente nei confronti degli opponenti, in solido tra loro, per la sola somma in conto capitale di Euro __, senza interessi, illegittimamente richiesti;
3) accerta il diritto degli opponenti ai sensi dell’art. 2033 c.c. di ripetere dalla banca opposta le somme corrisposte in esecuzione della clausola determinativa degli interessi, anche corrispettivi, dichiarata nulla, per un totale di Euro __, oltre interessi al saggio legale dalla data della domanda giudiziale sino alla compensazione sub 4);
4) per l’effetto, operata la compensazione dei reciproci crediti sub 2) e 3) sino alla concorrenza dell’importo di Euro __, accerta la sussistenza del minor credito in favore della banca opposta ed a carico degli opponenti, in solido tra loro, di Euro __;
5) compensa integralmente le spese di lite;
6) dispone trasmettersi copia della presente sentenza e degli atti di causa alla Procura della Repubblica in sede per le valutazioni di sua competenza.
Così deciso in Marsala, il 7 gennaio 2018.
Depositata in Cancelleria il 8 gennaio 2018.
Trib_Marsala_08_01_2018