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L’eccessività della somma portata nel precetto non determina la nullità dell’atto

L’eccessività della somma portata nel precetto non determina la nullità dell’atto

Tribunale Ordinario di Milano, Sezione III Civile, Sentenza del 21/06/2018

Con sentenza del 18 maggio 2018 il Tribunale Ordinario di Reggio Emilia, Sezione II Civile, in merito all’atto di precetto, ha stabilito che l’eccessività della somma portata nel precetto non determina la nullità dell’atto, ma dà luogo soltanto alla riduzione della somma domandata nei limiti di quella dovuta. L’intimazione, pertanto, rimane valida per la somma effettivamente spettante, alla cui determinazione provvede il giudice, investito di poteri di cognizione ordinaria a seguito dell’opposizione in ordine alla quantità del credito.




Giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo Valutazione di legittimità Validità del decreto ingiuntivo opposto Fondatezza della pretesa creditoria originariamente azionata in via monitoria

Giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo Valutazione di legittimità Validità del decreto ingiuntivo opposto Fondatezza della pretesa creditoria originariamente azionata in via monitoria

Tribunale Ordinario di Bari, Sezione III Civile, Sentenza del 24-05-2018

Con sentenza del 24 maggio 2018 il Tribunale Ordinario di Bari, Sezione III Civile, ha stabilito che il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo non ha solo ad oggetto la valutazione di legittimità e di validità del decreto ingiuntivo opposto, ma anche e soprattutto la fondatezza o meno della pretesa creditoria, originariamente azionata in via monitoria, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza.

 


Giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo Valutazione di legittimità Validità del decreto ingiuntivo opposto Fondatezza della pretesa creditoria originariamente azionata in via monitoria

Tribunale Ordinario di Bari, Sezione III Civile, Sentenza del 24-05-2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI BARI

TERZA SEZIONE CIVILE

in funzione di Giudice Unico, in persona della Dott. __, ha emesso la seguente

SENTENZA

definitiva nella causa civile iscritta al N. ___ del Registro Generale Affari Contenziosi

TRA

O. SRL, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. __

OPPONENTE

E

A. SRL, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. __

OPPOSTO

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso in opposizione a decreto ingiuntivo depositato il __, la O. s.r.l. invocava la revoca del decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Bari su ricorso della A. s.r.l. per l’importo di Euro __ a titolo di canoni scaduti in relazione al contratto di locazione intercorso tra le parti, relativo all’immobile sito in __.

Deduceva di aver eseguito opere di miglioramento e addizioni all’immobile locato, per renderlo idoneo all’uso concordato, che eccepiva in compensazione, formulando domanda riconvenzionale per la restituzione dell’eccedenza.

Costituendosi in giudizio, la società locatrice invocava la conferma del decreto, evidenziando la totale infondatezza dell’opposizione.

Rigettate le richieste di prova orale e di consulenza tecnica, fallito il tentativo di conciliazione, la causa era rinviata al __ per la lettura del dispositivo, previo deposito di note conclusive.

L’opposizione a decreto ingiuntivo è infondata e viene rigettata.

Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è un giudizio a cognizione piena caratterizzato dalle ordinarie regole processuali (cfr. art. 645, 2 comma, c.p.c.) anche in relazione al regime degli oneri allegatori e probatori (cfr. Cass. 17371/03; Cass. 6421/03), con la conseguenza che oggetto del giudizio di opposizione non è tanto e comunque non solo la valutazione di legittimità e di validità del decreto ingiuntivo opposto, quanto la fondatezza o meno della pretesa creditoria, originariamente azionata in via monitoria, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza (cfr. Cass. 15026/05; Cass. 15186/03; Cass. 6663/02).

L’esistenza del credito azionato in via monitoria trova fondamento documentale nel contratto di locazione in atti.

Deve, quindi, richiamarsi quanto già evidenziato in corso di causa nell’ordinanza istruttoria, qui condiviso:

– L’art. 1592 c.c. prescrive la necessità del consenso del locatore per i miglioramenti apportati alla cosa locata dal conduttore, affinché possa maturare il diritto all’indennità;

– la giurisprudenza (ex plurimis, Cass., 24.6.1997, n. 5637) è concorde nell’affermare la necessità di un consenso chiaro ed univoco del locatore alle opere, non essendo sufficiente la semplice conoscenza o la mancata opposizione da parte del medesimo locatore;

– resta, in ogni caso, ferma l’autonomia contrattuale delle parti in materia, trattandosi di norme di carattere disponibile e derogabile dalle parti, come reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., 11.1.1991, n. 192; Cass., 20.6.1998, n.6158; Cass., 18.7.2002, n.10425).

Conclusivamente, la previsione della necessità di un consenso scritto risulta conforme alla ratio legis ed alle disposizioni normative in materia, rientrando appieno nell’autonomia contrattuale delle parti.

Nella specie, dalla lettura del contratto di locazione, emerge che:

– La conduttrice aveva dichiarato di aver trovato i locali di suo gradimento nello stato in cui si trovavano;

– In contratto era assunto l’obbligo di non apportare modifiche, innovazioni o migliorie senza il consenso scritto del proprietario (mancante nella specie);

– Si pattuiva espressamente il diritto del conduttore ad eseguire le migliorie indispensabili per il miglior utilizzo dell’immobile, con rinuncia espressa al rimborso e con previsione che le opere sarebbero rimaste ad esclusivo carico della conduttrice;

– In caso di opere eseguite senza il previo consenso della locatrice, era previsto il diritto della proprietaria alla riduzione in pristino o a farle permanere senza corrispondere alcun indennizzo.

Sulla base di tali clausole, liberamente accettate dalle parti in causa e rientranti nell’autonomia negoziale delle parti, concernendo diritti disponibili e di contenuto patrimoniale, l’opposizione è radicalmente infondata e viene rigettata.

Parimenti, la dichiarazione di aver ispezionato il locale e di averlo trovato idoneo all’uso rende all’evidenza infondata la domanda formulata in relazione all’esistenza di vizi comportanti il rifacimento dell’impianto elettrico, in assenza peraltro di alcuna prova a sostegno.

Al contrario, in contratto la conduttrice assumeva su di sé l’onere di adeguamento dell’impianto.

Consegue il rigetto integrale della riconvenzionale.

Le spese legali seguono la soccombenza e sono liquidate secondo i parametri vigenti, tenuto conto della semplicità del rito e della materia, in relazione allo scaglione di valore del giudizio.

P.Q.M.

il Tribunale, in composizione monocratica nella persona del Giudice Unico dott. __, definitivamente pronunciando sull’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da O. s.r.l. nei confronti di A. s.r.l., così provvede:

1) rigetta l’opposizione e, per l’effetto, dichiara definitivamente esecutivo il decreto ingiuntivo opposto;

2) rigetta la domanda riconvenzionale;

3) condanna l’opponente al pagamento delle spese legali sostenute dall’opposta, liquidate in Euro __ oltre rimborso forfettario, IVA e CAP come per legge.

Così deciso in Bari, il 24 maggio 2018.

Depositata in Cancelleria il 24 maggio 2018.

Tribunale_Bari_Sez_III_Sent_24_05_2018

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Ingiunzione civile Opposizione a decreto ingiuntivo Giudizio di cognizione Procedimento per ingiunzione

Ingiunzione civile Opposizione a decreto ingiuntivo Giudizio di cognizione Procedimento per ingiunzione

Tribunale Ordinario di Perugia, Sezione Civile, Sentenza del 22-05-2018

Con sentenza del 22 maggio 2018 il Tribunale Ordinario di Perugia, Sezione Civile, in tema di ingiunzione civile, ha stabilito che l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un giudizio di cognizione – che si svolge secondo il rito ordinario in contraddittorio fra le parti – avente ad oggetto la domanda proposta dal creditore con il ricorso per ingiunzione e nel quale le parti, pur apparentemente invertite, conservano la loro posizione sostanziale.


Tribunale Ordinario di Perugia, Sezione Civile, Sentenza del 22-05-2018

Ingiunzione civile Opposizione a decreto ingiuntivo Giudizio di cognizione Procedimento per ingiunzione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di PERUGIA

UNIFICAZIONE CONTENZIOSO CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. __ ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. __ promossa da:

A. S.R.L., con il patrocinio dell’avv. __

ATTORE/I

contro

C., con il patrocinio dell’avv. __

CONVENUTO/I

Oggetto: Opposizione a decreto ingiuntivo n. __

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il decreto ingiuntivo n. __, reso dal Giudice del Tribunale di Perugia, Sezione di __, su ricorso di C. nei confronti di A. S.r.l. per il pagamento della somma di Euro __, oltre interessi e spese come liquidati, per canoni di depurazione relativi allo smaltimento dei reflui zootecnici in virtù del contratto di utenza del __, di cui alla fattura n. __ del __, allegata al ricorso per decreto ingiuntivo, veniva opposto dalla ingiunta con atto di citazione ritualmente notificato.

A sostegno della proposta opposizione A. S.r.l., confermando di avere sottoscritto con C. un contratto di utenza relativo allo smaltimento dei reflui zootecnici, evidenziava come in data __ C. avesse altresì stipulato, unitamente ad altra società agricola (L.), un contratto con il quale la L. e A. concedevano a C. in subaffitto un laghetto sito in __, al canone annuo di Euro __.

Evidenziava altresì come alla data di notifica del decreto ingiuntivo il C. non avesse ancora versato alle società menzionate quanto di loro spettanza ai sensi del menzionato contratto di subaffitto, risultando la opponente A. S.r.l. pertanto creditrice nei confronti di C. dell’importo di Euro __ in riferimento ai canoni per gli anni _ e __ (ulteriori Euro __ in favore di L.).

Compensati gli importi dovuti da C. la società A. S.r.l. versava la minor somma pari a Euro __ con Disp. del __, in atti. Pertanto concludeva per la revoca del decreto ingiuntivo.

Si costituiva C. contestando l’atto di opposizione, chiedendone il rigetto. Richiamava, quanto al credito di cui alla fattura n. __, il contratto di utenza stipulato in data __, nel quale la opponente accettava le condizioni ivi riportate relative al pagamento dei canoni per il servizio di depurazione.

Dava altresì atto della esistenza del contratto di subaffitto richiamato dalla opponente, evidenziando l’erroneità della interpretazione dello stesso da parte della A. S.r.l.; a mentre del contratto di subaffitto rimarcava che “Il pagamento del corrispettivo sarà proporzionato alla quantità di acque azotate stoccate adeguatamente alla capienza del laghetto pari a mc. __ e al costo del subaffitto per un anno pari a Euro __”, con ciò evidenziando che l’entità del canone fosse proporzionata alla reale capienza del laghetto, assumendo come parametri la capienza massima di mc. __ per un canone massimo annuo di Euro __. Accertata la reale capienza del laghetto in mc. __, in luogo dei dichiarati mc. __, all’esito di misurazioni effettuate dalla Arpa nell’anno __, come risultante dai registri di smaltimento, evidenziava l’opposto come il canone annuo dovuto da C. alla A. per il subaffitto del laghetto ammontasse a Euro __ per un importo complessivo, per gli anni __ e __, di Euro __.

Operando la compensazione tra quanto risultante in fattura e quanto versato in data __ residuava pertanto a favore di C. l’importo di Euro __, importo del quale la convenuta opposta chiedeva il pagamento.

In corso di giudizio non veniva concessa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo. Veniva, sulla scorta della documentazione in atti, fissata udienza di discussione ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. previa concessione del termine per il deposito di note conclusive.

Per consolidato orientamento giurisprudenziale, l’opposizione a decreto ingiuntivo, che si pone come fase ulteriore del procedimento già iniziato con il deposito del ricorso per ingiunzione, dà luogo ad un giudizio di cognizione – che si svolge secondo il rito ordinario in contraddittorio fra le parti – avente ad oggetto la domanda proposta dal creditore con il ricorso per ingiunzione e nel quale le parti, pur apparentemente invertite, conservano la loro posizione sostanziale, rimanendo così soggette ai rispettivi oneri probatori. In effetti, a seguito dell’opposizione, il giudizio, da sommario che era, si trasforma in giudizio a cognizione piena.

In sostanza, il giudice dell’opposizione non si limita ad esaminare se l’ingiunzione sia stata emessa legittimamente, ma procede all’esame del merito della controversia con poteri di cognizione piena, sulla base sia dei documenti prodotti nella fase monitoria che dei mezzi istruttori eventualmente ammessi ed assunti nel corso del giudizio.

Pertanto, il creditore (al quale compete la posizione sostanziale di attore, per aver richiesto l’emissione del decreto) ha, nella presente fase, l’onere di provare tutti i fatti costitutivi del diritto vantato (cfr., in proposito, Cass. 4.12.1997, n. 12311; id 14.4.1999, n. 3671; id 25.5.1999, n. 5055; id. 7.9.1977 n. 3902; id. 11.7.1983 n. 4689; id. 9.4.1975 n. 1304; id. 8.5.1976 n. 1629) e, in particolare, l’esistenza e la misura del credito azionato nelle forme della tutela monitoria. Ed è noto che, in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per l’adempimento della stessa deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre è il debitore ad essere gravato dell’onere della prova dei fatti estintivi, impeditivi o modificativi del credito, di tal che le difese con le quali l’opponente miri ad evidenziare l’inesistenza, l’invalidità o comunque la non azionabilità del credito vantato “ex adverso” non si collocano sul versante della domanda – che resta quella prospettata dal creditore nel ricorso per ingiunzione – ma configurano altrettante eccezioni (per tutte, Cassazione civile, sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533).

Emerge dagli atti come quanto alla prestazione resa da C., relativa al pagamento del servizio di depurazione (contratto di utenza del __), di cui alla fattura azionata con il ricorso alla procedura monitoria, alcuna contestazione avesse sollevato la opponente limitandosi ad eccepire in compensazione un suo credito vantato nei confronti dell’Ente in virtù del contratto di subaffitto.

Sulla misura dell’importo da compensare vi è contestazione, in virtù della diversa interpretazione fornita dalle parti alla clausola menzionata: “Il pagamento del corrispettivo sarà proporzionato alla quantità di acque azotate stoccate adeguatamente alla capienza del laghetto pari a mc. __ e al costo del subaffitto per un anno pari a Euro __”.

Si osserva che in tema di interpretazione del contratto è regola generale (art. 1362 c.c.) che “nell’interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole” e che comunque il contratto va interpretato secondo buona fede.

Che la opponente A. abbia agito, nella fattispecie, in buona fede è circostanza pacifica desumibile dalla avvenuta corresponsione delle somme all’esito della notifica del decreto ingiuntivo. Sulla scorta del contratto di affitto la A. Srl versava quanto da lei ritenuto dovuto a C. Null’altro.

Quanto alla interpretazione della clausola, per ciò che rileva ai fini della domanda avanzata da C. in ordine alla differenza degli importi, per differente interpretazione della clausola, quest’ultima, come correttamente rilevato dalla difesa di parte opposta, evidenzia come l’entità del canone del subaffitto sia proporzionata alla effettiva quantità di acque azotate stoccate nell’invaso, assumendo come parametri di riferimento la capienza massima del laghetto di me. __ per un canone massimo annuo di Euro __.

Orbene, richiamati i principi in tema di riparto dell’onere probatorio, incombe a C. fornire la prova della misura del credito reclamato. Ciò che difetta nella fattispecie è la misura della capienza effettiva del laghetto, insufficiente la stima operata da C. sulla scorta del doc. n. 2, riguardante il registro di carico e scarico e l’ulteriore conteggio riportato nelle note conclusive, costituenti la sommatoria di dati che avrebbe dovuto fornire l’Arpa ma dei quali non vi è traccia in atti.

In difetto, nella fattispecie, di idoneo accertamento della capienza del laghetto in mc. __, l’opposizione va accolta, ritenuta satisfattiva, ai fini del presente giudizio di opposizione, la somma erogata successivamente alla notifica del decreto stesso.

Le spese sono compensate tra le parti al 50%.

Visto l’art. 281 sexies c.p.c.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando, in accoglimento della proposta opposizione, revoca il decreto ingiuntivo n. __. Compensa tra le parti le spese di lite nella misura del 50% e come tali liquidate, in favore di C., in complessivi Euro __ per compensi professionali, oltre accessori sulle somme soggette per legge.

Così deciso in Perugia, il 22 maggio 2018.

Depositata in Cancelleria il 22 maggio 2018.

Tribunale_Perugia_Sent_22_05_2018

Recupero crediti  a PERUGIA con ROSSI & MARTIN studio legale




Opposizione all’esecuzione Ordinanza di assegnazione Terzo Pignorato Esecuzione Forzata Assegnazione

Opposizione all’esecuzione Ordinanza di assegnazione Terzo Pignorato Esecuzione Forzata Assegnazione

Tribunale Ordinario di Busto Arsizio, Sezione I Civile, Sentenza del 01-03-2018

Con sentenza del 1 marzo 2018 il Tribunale Ordinario di Busto Arsizio, Sezione II Civile, ha stabilito che l’ordinanza di assegnazione va impugnata con l’opposizione all’esecuzione, quando il terzo pignorato intenda opporre al creditore assegnatario fatti estintivi od impeditivi della sua pretesa (ad esempio, l’avvenuto pagamento del debito nelle mani del creditore procedente), sopravvenuti alla pronuncia dell’ordinanza, oppure per contestare che le somme indicate nel precetto siano dovute.


 

Tribunale Ordinario di Busto Arsizio, Sezione I Civile, Sentenza del 01-03-2018

Opposizione all’esecuzione Ordinanza di assegnazione Terzo Pignorato Esecuzione Forzata Assegnazione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

SEZIONE Prima CIVILE

TRIBUNALE DI BUSTO ARSIZIO

Il Tribunale di Busto Arsizio in persona del giudice __ ha pronunziato la seguente

SENTENZA

nella causa n. __ R.G. promossa con atto di citazione e citazione di terzo notificata il

DA

M., in persona dell’amministratore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. __

ATTORE

CONTRO

G. srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. __

CONVENUTO

CONTRO

S., quale già socio accomandatario della società cancellata R. sas, rappresentato e difeso dall’Avv. __

TERZO-CHIAMATO

Svolgimento del processo

Con citazione l’attore, in epigrafe indicato, conveniva in giudizio il convenuto, in epigrafe indicato, per sentir acclarare quanto richiesto nelle conclusioni su scritte.

Assumeva che andava revocato il provvedimento di assegnazione del credito emesso nel procedimento di pignoramento presso terzi n. __ .

Si costituiva il convenuto eccependo che la domanda era infondata.

Si ordinava all’attore di integrare il contraddittorio nei confronti del debitore.

L’integrazione veniva notificata.

Si costituiva il debitore eccependo che la domanda attorea era fondata.

Indi la causa veniva decisa ex art. 281 sexies c.p.c. mediante lettura del dispositivo e deposito della sentenza badando bene che il giudice deposita immediatamente la sentenza inviandola tramite PCT alla cancelleria che può impiegare giorni a comunicarla alle parti.

Motivi della decisione

Rilevato che:

va subito detto che il titolo originario a favore dell’impresa G. srl era costituito da ingiunzione di questo tribunale n. __ notificata al debitore società R. sas non opposta e munita di formula esecutiva il __ (doc. 1 convenuto);

assunto dell’opponente M. era che nel procedimento di pignoramento presso terzi di questo tribunale n. __ il giudice dell’esecuzione assegnava il __ al convenuto la somma di Euro __ da pagarsi dal qui opponente a seguito della dichiarazione del qui opponente -terzo in quel procedimento resa il __;

nel gennaio del __ l’opponente versava al creditore la somma di Euro __ (seconda pagina citazione);

nei mese di settembre/ottobre del __ l’attore si accorse che il debitore oppignorato aveva mal realizzato l’impianto di riscaldamento il cui corrispettivo era la somma riconosciuta in debenza dal qui opponente al debitore oppignorato;

orbene qui la citazione è stata notificata il __;

in ordine alla presente questione la Corte di Cassazione con sentenza del 5.5.2017 n. 10912 ha così statuito:

“In tema di espropriazione presso terzi, nell’ipotesi di dichiarazione positiva ex art. 547 c.p.c., resa per errore incolpevole, il terzo pignorato può revocare la dichiarazione medesima sino all’emissione dell’ordinanza di assegnazione, mentre, se l’errore emerga successivamente, ha l’onere di proporre opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso tale provvedimento. In mancanza di opposizione, l’ordinanza di assegnazione è irretrattabile e, nell’esecuzione forzata iniziata sulla base di essa, il terzo pignorato, assunta la qualità di debitore esecutato, può proporre solo contestazioni fondate su fatti sopravvenuti;

conseguenza di ciò è che l’opposizione agli atti esecutivi è improcedibile essendo decorsi venti giorni dal provvedimento ricordando che il qui opponente ha dato esecuzione parziale al provvedimento nel gennaio del __ e si è opposto tardivamente ex art. 617 c.p.c. con la notifica della presente citazione il __ mentre, come da esso dichiarato, già nell’ottobre del __ aveva contezza degli assunti vizi;

in ordine all’opposizione all’esecuzione essa è semplicemente inammissibile perché la detta opposizione può involgere solo una ragione di credito del terzo nei confronti del creditore in esecuzione e non come qui si pretenderebbe del terzo nei confronti del debitore neppure citato affermando in parte motiva la detta sentenza:

“L’ordinanza di assegnazione va impugnata con l’opposizione all’esecuzione, quando il terzo pignorato intenda opporre al creditore assegnatario fatti estintivi o impeditivi della sua pretesa (ad esempio, l’avvenuto pagamento del debito nelle mani del creditore procedente), sopravvenuti alla pronuncia dell’ordinanza, oppure per contestare che le somme indicate nel precetto siano dovute (Sez. 6 – 3, Sentenza n. 11493 del 03/06/2015)”;

ancor meglio Cass. 20.2.2007 n. 3958 chiarisce che il giudice dell’opposizione all’esecuzione non ha titolo per valutare l’errore in cui incorse il terzo quando effettuò la dichiarazione di debito essendo all’epoca insciente di un suo diritto creditorio nei confronti del debitore affermando:

“In tema di espropriazione forzata di crediti presso terzi, il terzo “debitor debitoris” che, nel fare dichiarazione dell’esistenza del credito pignorato, abbia omesso di riferire – come prescrive l’art. 550, primo comma, c.p.c. in funzione della riunione dei pignoramenti per l’attuazione del concorso tra i creditori sul credito – che quest’ultimo è stato nel frattempo pignorato una seconda volta, qualora abbia luogo l’assegnazione, è legittimato a dedurre con l’opposizione agli atti esecutivi che l’omessa dichiarazione dell’esistenza dell’altro pignoramento è dipesa da errore di fatto, per ottenere la rimozione dell’ordinanza di assegnazione, poiché l’assegnazione è inefficace come fatto estintivo del credito nei confronti dell’altro creditore pignorante e considerato che anche una dichiarazione confessoria può essere revocata per errore di fatto. Deve, viceversa, escludersi che l’errore possa essere posto a fondamento di un’istanza di revoca dell’ordinanza di assegnazione, posto che un simile potere del giudice dell’esecuzione non è configurabile”;

per intenderci qui non si potrà istruire la domanda contro il debitore;

in ordine alla domanda svolta dal terzo chiamato R. sas va subito detto che a costituirsi è stato il già socio accomandatario della detta società S.G. essendo stata la società cancellata dal registro delle imprese il __ (doc. 9 attore);

orbene essendo stata l’impresa cancellata la stessa non aveva più alcuna legittimazione attiva o passiva mentre unico legittimato era il socio accomandatario avente responsabilità illimitata e solidale per le obbligazioni sociali;

pertanto è infondata l’eccezione del convenuto di mancata integrazione del contraddittorio nei confronti della società debitrice, si ripete cancellata e perciò con impossibilità a citarla stante la sua perdita della legittimazione attiva e passiva;

orbene in ordine alla domanda svolta dal terzo si osserva che ha contenuto inammissibile perché contro il giudicato formatosi a seguito dell’ingiunzione non opposta e divenuta definitiva avanzava eccezioni tese a paralizzare il detto credito mentre essendo tale statuizione divenuta definitiva era inammissibile la domanda;

le spese e competenze del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo sulla base dello scaglione fino a __;

iva sulle competenze solo ove dovuta e non recuperata fiscalmente;

la sentenza è clausolata ex art. 282 c.p.c..

P.Q.M.

Il giudice del Tribunale di Busto Arsizio, definitivamente pronunziando, così provvede:

Rigetta la domanda;

Condanna M. e S., in solido passivo tra loro, a rimborsare a favore della società G. srl le spese e competenze del giudizio che liquida in Euro __ di compenso, oltre al 15% di detto compenso per spese generali, oltre cpa ed iva ove quest’ultima dovuta;

Dichiara che la presente sentenza è provvisoriamente esecutiva.

Così deciso in Busto Arsizio, il 28 febbraio 2018.

Depositata in Cancelleria il 1 marzo 2018.

 

Tribunale_Busto_Arsizio_Sez I_Sent_01_03_2018

 




Sopravvenuta inefficacia del decreto ingiuntivo Opposizione al decreto ingiuntivo poteri-doveri del giudice dell’opposizione

Sopravvenuta inefficacia del decreto ingiuntivo Opposizione al decreto ingiuntivo poteri-doveri del giudice dell’opposizione

Tribunale Ordinario di Reggio Emilia, Sezione II Civile, Sentenza del 18/05/2018

Con sentenza del 18 maggio 2018 il Tribunale Ordinario di Reggio Emilia, Sezione II Civile, ha stabilito che la sopravvenuta inefficacia del decreto ingiuntivo non preclude al giudice dell’opposizione la possibilità di pronunciarsi sulla domanda di condanna sottesa all’originario ricorso per ingiunzione, con pienezza dei poteri-doveri allo stesso ordinariamente riconosciuti.


Tribunale Ordinario di Reggio Emilia, Sezione II Civile, Sentenza del 18/05/2018

Sopravvenuta inefficacia del decreto ingiuntivo Opposizione al decreto ingiuntivo poteri-doveri del giudice dell’opposizione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI REGGIO EMILIA

SEZIONE SECONDA CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice monocratico dott. __, ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. R.G. __

promossa da:

G.C. (avv. __)

PARTE ATTRICE

contro

S.P.A. IN LIQUIDAZIONE (avv. __)

PARTE CONVENUTA

Svolgimento del processo

La controversia trae origine dal decreto ingiuntivo meglio indicato in dispositivo, ottenuto da P. s.p.a. in liquidazione nei confronti di G.C., per il pagamento dei ratei mensili non onorati relativi alla restituzione di una somma di denaro concessa a titolo di finanziamento. Avverso l’ingiunzione propone la presente opposizione C. , esponendo in rito e da un primo punto di vista che il decreto ingiuntivo è stato notificato oltre i termini di sessanta giorni previsti dall’articolo 644 c.p.c., con la conseguenza che l’ingiunzione doveva ritenersi inefficace e la domanda di pagamento inaccoglibile; nel merito e da una seconda angolazione, che il calcolo della somma dovuta tiene conto delle clausole penali di cui all’articolo 15 e 16 del contratto, da ritenersi invece vessatorie ai sensi dell’articolo 33 lettera f) del codice al consumo, e quindi invalide; sempre nel merito e da una terza angolazione, che gli interessi moratori richiesti sono comunque usurari.

Resiste P., sul presupposto della correttezza del proprio operato.

La causa è istruita con una CTU contabile affidata alla dottoressa Rosita Borghi, dottore commercialista.

Motivi della decisione

a) Come esposto in parte narrativa, l’opponente contesta innanzitutto in rito la domanda di pagamento azionata in sede monitoria, in quanto la notifica dell’ingiunzione è stata posta in essere dopo il termine di sessanta giorni previsto dall’articolo 644 c.p.c., ciò che travolgerebbe l’ingiunzione stessa e non consentirebbe a controparte di coltivare in questa sede la domanda di pagamento.

L’eccezione, tuttavia, non coglie nel segno.

È infatti insegnamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, dal quale questo giudice non ha motivo di discostarsi, quello a tenore del quale la notificazione del decreto ingiuntivo oltre il termine di sessanta giorni dalla pronuncia, ai sensi dell’art. 644 c.p.c., comporta effettivamente l’inefficacia del provvedimento, vale a dire rimuove l’intimazione di pagamento con esso espressa, ma non tocca la qualificabilità del ricorso per ingiunzione come domanda giudiziale: ne deriva che, ove su detta domanda si costituisca il rapporto processuale, ancorché su iniziativa della parte convenuta in senso sostanziale, la quale eccepisca quell’inefficacia con il giudizio di opposizione, il giudice adito, alla stregua delle comuni regole del processo di cognizione, ha il potere-dovere non soltanto di vagliare la consistenza dell’eccezione (con le implicazioni in ordine alle spese della fase monitoria), ma anche di decidere sulla fondatezza della pretesa avanzata dal creditore ricorrente (Cass. n. 3908/2016, Cass. n. 14910/2013, Cass. n. 951/2013, Cass. n. 21050/2006).

Ciò è proprio quanto accaduto nel caso di specie con l’opposizione ad un decreto ingiuntivo tardivamente notificato, e pertanto questo giudice, adito in opposizione rispetto a tale ingiunzione monitoria, deve anche decidere sulla pretesa avanzata dal creditore ricorrente, cioè da P.

b) Venendo al merito, deve essere parzialmente condivisa l’eccezione della difesa di parte opponente in ordine alla vessatorietà della clausola 15, non anche 16, del contratto di finanziamento stipulato inter partes.

Infatti, pacifico essendo che l’opponente riveste la qualità di consumatore, s’applica al caso che qui occupa l’articolo 33 del codice al consumo, D.Lgs. n. 206 del 2005, il cui primo comma recita che “nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista, si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”; ed il cui secondo comma lettera f) dispone che “si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente di importo manifestamente eccessivo”.

Ciò premesso in linea di diritto, si osserva in fatto che l’articolo 15 del contratto di finanziamento prevede la corresponsione di interessi di mora del __% mensili, con una clausola penale che questo giudice non dubita essere di importo manifestamente eccessivo rispetto al danno effettivamente subìto dal creditore a seguito dell’inadempimento.

La clausola deve quindi considerarsi nulla, in quanto abusiva, ai sensi dell’articolo 36 del codice al consumo, indipendentemente dal fatto della sua specifica approvazione per iscritto: poiché la clausola è contenuta in un modulo-formulario unilateralmente predisposto da P., spettava infatti al professionista, ai sensi dell’articolo 34 del codice al consumo, “l’onere di provare che le clausole o gli elementi di clausola, malgrado siano del medesimo unilateralmente predisposti, siano stati oggetto di specifica trattativa con il consumatore”.

Ciò invece il professionista non ha fatto, poiché non ha provato, ed in realtà nemmeno offerto di provare o quantomeno dedotto, che la clausola in parola è stata oggetto di trattativa.

Ne deriva, in conclusione sul punto, l’invalidità della clausola penale di predeterminazione del danno nella misura del __%mensili a titolo di interessi moratori, con la conseguenza che il danno da inadempimento deve essere liquidato utilizzando gli interessi moratori al tasso legale; e ciò consente di ritenere assorbita la terza doglianza di parte opponente, relativa alla pretesa usurarietà del tasso di mora applicato, atteso che tale tasso è comunque ritenuto invalido.

Non può invece essere accolta l’ulteriore eccezione di parte attrice relativa alla pretesa eccessività dell’altra parte della clausola penale contenuta nell’articolo 15, che predetermina le spese di incasso rata, di esattoria, di insoluti e protesti, di invio delle comunicazioni di trasparenza: trattasi infatti di spese che sono identificate, a seconda del singolo incombente, in misure variabili tra Euro _ ed Euro _, e quindi in misura che non appare manifestamente eccessiva, tenuto presente che per ciascuno singolo incombente è comunque necessario per la Finanziaria operare un adempimento ed effettuare una comunicazione al cliente.

Parimenti infondata è l’eccezione relativa alla pretesa invalidità dell’articolo 16, il quale, del tutto ragionevolmente, prevede la decadenza dal beneficio del termine in caso di mancato pagamento di almeno due rate, nonché la possibilità, invero già derivante dai principi generali, di intimare in tal caso la risoluzione del contratto per inadempimento.

c) Chiarito quanto sopra, la controversia può essere decisa sulla base della CTU, svolta con motivazione convincente e pienamente condivisibile, in nessun modo contestata dalle parti con riferimento alla esattezza delle conclusioni matematiche aggiunte, dalla quale il Giudicante non ha motivo di discostarsi in quanto frutto di un iter logico ineccepibile e privo di vizi, condotto in modo accurato ed in continua aderenza ai documenti agli atti ed allo stato di fatto analizzato. Ha infatti chiarito il perito che, alla data del __, allorquando è stato depositato il ricorso monitorio, il debito del C. nei confronti di P., tenuto conto dell’intero capitale da restituire a seguito della decadenza dal beneficio del termine, delle quote di interessi per rate insolute, degli interessi di mora al tasso legale, nonché delle spese di recupero crediti predeterminate con riferimento a incasso rata, esattoria, insoluti, protesti ed invio comunicazioni, ammontava a Euro __.

Pertanto, previa revoca del decreto ingiuntivo opposto ottenuto per una somma di importo doppio, l’opponente deve essere condannato a pagare all’opposto Euro __.

Sulla cifra capitale vanno poi conteggiati interessi moratori al tasso di cui all’art. 1284, comma 4, c.c. dalla domanda, radicata con il deposito del ricorso monitorio il __, al saldo.

d) L’accoglimento della domanda attorea per un importo pari alla metà di quello domandato, nonché l’esistenza di una clausola oggettivamente vessatoria, integrano una forma di soccombenza reciproca, ciò che giustifica la integrale compensazione delle spese di lite (cfr. Cass. n. 21569/2017, Cass. n. 16270/2017, Cass. n. 3438/2016, Cass. n. 22871/2015, Cass. n. 281/2015, Cass. n. 21684/2013, Cass. n. 134/2013, Cass. n. 22388/2012 e Cass. n. 22381/2009 in ordine alla configurabilità della soccombenza reciproca, non solo nel caso di accoglimento di una sola delle plurime domande azionate, ma anche di accoglimento di soli alcuni capi di un’unica domanda, ovvero di accoglimento dell’unica domanda per un importo inferiore sotto il profilo quantitativo da quello domandato).

Per gli stessi motivi, anche le spese di CTU, già liquidate in corso di causa con il separato decreto di cui a dispositivo, possono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

il Tribunale di Reggio Emilia in composizione monocratica definitivamente pronunciando, nel contraddittorio tra le parti, ogni diversa istanza disattesa

– revoca il decreto ingiuntivo n. __ emesso dal Tribunale di Reggio Emilia __;

– condanna C.G. a rifondere a P. s.p.a. in liquidazione Euro __, oltre interessi ex art. 1284, comma 4, c.c. dal _- al saldo;

– compensa integralmente tra le parti le spese di lite del presente giudizio;

– pone le spese di CTU, già liquidate in corso di causa con separato decreto __ definitivamente a carico solidale delle parti.

Così deciso in Reggio Emilia, il 18 maggio 2018.

Depositata in Cancelleria il 18 maggio 2018.

Tribunale_Reggio_Emilia_Sez_II_18_05_2018

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Esecuzione Forzata Dati Catastali Pignoramento immobiliare nullo identificazione catastale

Esecuzione Forzata Dati Catastali Pignoramento immobiliare nullo identificazione catastale

Tribunale Ordinario di Palermo, Sezione VI Civile, Sentenza del 09/01/2018

Con ordinanza del 5 marzo 2018 la Cassazione Civile, Sezione Sesta, Sottosezione 3, in tema di esecuzione forzata, ha stabilito che il pignoramento è nullo qualora rechi una errata indicazione dei dati catastali, mentre è valido allorquando, essendo corretta la sua identificazione catastale, rechi qualche inesattezza ulteriore nella descrizione degli altri dati, quali indirizzo, numero civili, partita catastale, consistenza ed estensione metrica.


Tribunale Ordinario di Palermo, Sezione VI Civile, Sentenza del 09/01/2018

Esecuzione Forzata Dati Catastali Pignoramento immobiliare nullo identificazione catastale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI PALERMO

Il Tribunale in composizione monocratica, Sezione VI Civile – Esecuzioni Immobiliari, nella persona del giudice unico dott. ______, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al numero ____ R.G.

TRA

L., elettivamente domiciliato in ___, presso lo studio dell’Avv. __ che lo rappresenta e difende;

ATTORE – OPPONENTE – DEBITORE

E

  1. S.r.l., elettivamente domiciliata in __, presso lo studio dell’Avv. __ che la rappresenta e difende per procura;

CONVENUTA – OPPOSTA – CREDITORE

E NEI CONFRONTI DI

  1. s.p.a., domicilio eletto presso __, in persona del Sig. Procuratore Speciale ___

CONVENUTA OPPOSTO – CREDITORE – CONTUMACE

Avente ad oggetto: opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma 2, c.p.c. alla procedura esecuta n. __ pendente dinanzi al Tribunale di Palermo.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La vicenda processuale portata all’attenzione dell’odierno Tribunale trae origine da due ricorsi in opposizione alla procedura espropriativa immobiliare, portante il n. R.G. __ Es. (azionata dal B. S.p.a. – oggi R. S.r.l. – e, nella quale interveniva S. s.p.a.) proposti, in data __ ed in data __ dall’odierno attore, L., il quale deduceva:

a) con il primo ricorso (del __)

1) l’errata indicazione dei dati catastali nel pignoramento eseguito il __ e nella relativa trascrizione (anche in rinnovazione con nota di trascrizione del __e di cui ai nn. __) del lotto c.d. 1(A) dell’avviso di vendita del __ (coincidente con il bene di cui al n. 1 dell’atto di pignoramento) e così descritto: “immobile destinato ad abitazione sito in _, composto a piano terra di tre vani e cucina ed a I piano di quattro vani, terrazza, bagno e camerino. Porzione di area soprastante il fabbricato rurale con ingresso dal Cortile privato cui si accede dal V.G. e che costituisce la seconda elevazione di detto fabbricato rurale e cioè la porzione compresa da m. _ a m. _ a livello del suolo. La casa è distinta in Catasto alla particella (…) del foglio (…) e l’area insiste sulle particelle (…) – (…) del foglio (…)”;

2) l’omessa rinnovazione della trascrizione del pignoramento (effettuata in data __) sulla p.lla (…), in violazione delle disposizioni transitorie dettate dal comma 4 dell’art. 58 della L. n. 69 del 2009 a tenore del quale “la trascrizione della domanda giudiziale, del pignoramento immobiliare e del sequestro conservativo sugli immobili eseguita venti anni prima dell’entrata in vigore della presente legge o in un momento ancora anteriore conserva il suo effetto se rinnovata ai sensi degli articoli 2668-bis e 2668-ter del codice civile entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge

3) l’illegittimità e palese difformità della relazione tecnica d’ufficio a firma del CTU __ (richiamata nell’avviso di vendita emesso in data __) con riferimento alla regolarità urbanistica dell’immobile identificato alle particelle nn. (…) e (…) del foglio (…); nonché per l’omessa menzione dell’esistenza di un diritto di servitù di passaggio derivante in favore di terzi dall’atto di divisione del __  Notaio __;

b) con il secondo ricorso (del __)

1) l’erronea indicazione nel pignoramento – eseguito in data __ – e nelle relative trascrizioni (anche in rinnovazione effettuata in data __ sulla p.lla (…)) dei dati catastali del lotto c.d. 2 (B) (coincidente con il bene n. 2 dell’atto di pignoramento): “Magazzino di un vano terraneo di mq. __, sito in __, con ingresso dal cortile comune cui si accede dal __, catastato alla particella (…) del foglio (…)”;

2) la difformità dei dati identificativi e della consistenza specifica del bene identificato come lotto 3 (D) (coincidente con il bene di cui al n. 4 dell’atto di pignoramento) nell’avviso di vendita del __: “Quota indivisa pari a __ dell’area edificabile di mq. __ sita in __ con accesso dalla predetta corte comune, distinta in catasto con le p.lle (…), (…), (…), (…), (…), (…) del fg.(…)”;

3) l’illegittimità dell’avviso di vendita con riferimento all’immobile identificato come lotto 3 D, il quale – nonostante la sua natura non edificabile evidenziata nella relazione di stima – veniva pignorato e posto in vendita con la dicitura di “area edificabile di mq __” determinando, in tal modo, un vizio rientrante nell’alveo dell’aliud pro alio.

Con i decreti emessi – inaudita altera parte – in data __ ed in data __, il G.E. accoglieva le istanze di sospensione formulate in seno, rispettivamente, al ricorso in opposizione del __ e del __, limitatamente al lotto 1 (A) – coincidente con il bene di cui al n. 1 dell’atto di pignoramento – e al lotto 2 (B) – coincidente con il bene n. 2 dell’atto di pignoramento – e rigettava la sospensione con riferimento al lotto 3 (D), coincidente con il bene di cui al n. 4 dell’atto di pignoramento.

Con due ordinanze, emesse in pari data (__) il G.E. confermava i provvedimenti di sospensione della procedura esecutiva reso inaudita altera parte.

Con atto di citazione, notificato il __, il debitore esecutato, sig. L. introduceva il presente giudizio di merito riproponendo i motivi, già ampiamente sintetizzati sopra, nei due ricorsi in opposizione del __ e del __.

Con memoria, depositata in data __, si costituiva la convenuta, R. s.r.l., resistendo all’opposizione e deducendo:

– preliminarmente, l’inammissibilità di tutte le domande dell’opponente in quanto tardive per decorrenza del termine di cui all’art. 617, comma 2, c.p.c.;

– e nel merito, l’infondatezza del ricorso attesa la regolarità dell’iscrizione ipotecaria del __ ai nn. (…) e del successivo pignoramento eseguito in data __ (e trascritto in data __ e di cui ai nn. (…)) in applicazione degli artt. 2841 c.c. e 2665 c.c.; in particolare, la società convenuta rappresentava che l’errata indicazione, con riferimento ai beni di cui ai nn. 1 e 2 del pignoramento, del foglio (…), in luogo del foglio (…), non avrebbe avuto alcun rilievo atteso che, da un lato, i beni pignorati risultavano ben individuati sotto altri profili (in particolare, alla luce della corretta individuazione del bene immobile pignorato, censito al catasto al fg. (…), p.lla (…)) e, dall’altro, tale errore non aveva impedito al CTU __ di procedere alla loro stima (indirettamente confermandone l’assenza dell’assoluta incertezza dei beni pignorati).

Con Provv. del 30 maggio 2016 (a seguito dell’udienza del __), il Tribunale in composizione monocratica, acquisiva al procedimento in epigrafe il fascicolo della procedura esecutiva n. __ R.G. Es.

All’udienza del __, la causa veniva assunta in decisione.

L’opposizione proposta dal sig. L. è parzialmente fondata e, pertanto, merita accoglimento nei limiti e per le motivazioni che seguono.

Preliminarmente, va disattesa la domanda di inammissibilità per inosservanza del termine di cui all’art. 617 c.p.c. con riferimento ai motivi di doglianza prospettati ai motivi di cui ai subb. al), a2), a3) b1) e b2).

Infatti per i vizi che riguardano la corretta e completa individuazione dei beni oggetto di pignoramento, della nota di trascrizione e della sua rinnovazione e, pertanto, investono profili di cui all’art. 615 c.p.c., non può operare il meccanismo di sanatoria per omessa impugnazione, attesa la natura perentoria (come desumibile dal contesto della disposizione e dalle conseguenze del mancato rispetto) del termine previsto dall’art. 2668 bis c.c.

Per converso, l’eccezione di inammissibilità è parzialmente fondata con riferimento al motivo – sopra denominato – sub b) 3. Si rammenta che, con esso, l’attore deduce sostanzialmente l’illegittimità dell’avviso di vendita – da cui deriverebbe l’improcedibilità dell’esecuzione – con riferimento al lotto 3 D dell’avviso di vendita (coincidente con il bene di cui al numero 4 dell’atto di pignoramento) – il quale veniva pignorato e posto in vendita con la dicitura di “area edificabile di mq __” nonostante, il Consulente (cfr. depositata in data __ al fascicolo R.G. n. __), ne avesse accertato la “non edificabilità”.

L’odierno opponente, pertanto, deduceva la sussistenza dei presupposti della vendita di un “aliud pro alio”.

Preme rilevare subito che, contrariamente da quanto rilevato dalla società convenuta, non sussiste, in tal senso, alcun difetto di legittimazione attiva, essendo ius receptum della Suprema Corte di Cassazione che, nella vendita forzata, l’ipotesi del cd. “aliud pro alio” può essere fatta valere, soprattutto da chi assume la qualità di soggetto del processo esecutivo, quale è certamente il debitore esecutato (Cass. Ord. n. __).

La domanda proposta, tuttavia, è inammissibile atteso che, è consolidato l’indirizzo ermeneutico a tenore del quale, il censurato vizio si deve fare valere esclusivamente nelle forme dell’opposizione agli atti esecutivi, con la precisazione che il termine previsto dall’art. 617 c.p.c. decorre dalla conoscenza del vizio o delle difformità integranti la diversità del bene aggiudicato rispetto a quello offerto, occorrendo, conseguentemente, anche fornire la prova della tempestività della relativa opposizione all’interno del processo esecutivo (cfr. Cass. civ. n. 7708/2014 ribadita da ultimo da Cass. Ord. n. 11729/2017).

Conseguentemente, il vizio doveva – esclusivamente – farsi valere entro il termine di giorni 20 decorrenti dalla pubblicazione dell’avviso di vendita del __ redatto dal Professionista Delegato __.

Anche a prescindere dalle assorbenti considerazioni che precedono, pare comunque opportuno rilevare che, in nessun caso, nella specie, avrebbe potuto affermarsi la prospettata ipotesi di vendita di aliud pro alio, non avendo l’opponente dedotto circostanze che possano portare a ritenere che l’immobile non sia idoneo alla sua destinazione in conformità con i più recenti arresti della Suprema Corte di Cassazione (cfr., Cass. n. 4085/2005, n. 10015/1998, n. 11018/1994).

Passando all’esame nel merito degli altri motivi di opposizione, è appena il caso di rilevate che l’accoglimento o il rigetto di questi impone sostanzialmente un esame in ordine a quali siano gli elementi essenziali – rectius il c.d. contenuto minino -dell’atto di pignoramento e della relativa nota di trascrizione, la carenza dei quali ne determina l’inesorabile invalidità originaria senza possibilità di sanatoria ex post, con il travolgimento – per invalidità derivata – di tutti gli atti compiuti, compresa l’eventuale aggiudicazione (anche in via provvisoria) del bene pignorato erroneamente ab origine, non potendo trovare applicazione la regola dell’intangibilità nei confronti dei terzi degli effetti degli atti esecutivi compiuti (art. 187 bis dd.aa. c.p.c.).

Per fornire una risposta esaustiva a tale quesito occorre prendere le mosse dal dettato normativo (artt. 555 c.p.c. e 2826 c.c.) e dall’interpretazione che di tali norme ha offerto dalla Suprema Corte di Cassazione.

Ai sensi dell’art. 555 c.p.c., il bene oggetto del pignoramento immobiliare deve essere identificato con riferimento agli estremi richiesti per l’individuazione del bene ipotecato e, dunque, in conformità a quanto prescrive l’art. 2826 c.c.

Alla luce dell’attuale formulazione dell’art. 2826 c.c. (come modificato dall’art. 13 della L. n. 52 del 1985 (che ha introdotto la meccanizzazione delle Conservatorie dei registri immobiliari), il bene immobile ipotecato (o pignorato) deve essere identificato nella nota di iscrizione (o nella nota di trascrizione) mediante l’indicazione dei dati di identificazione catastale.

Dall’interpretazione delle norme richiamate si ricava agevolmente che il pignoramento è nullo quando rechi – come parzialmente accaduto nel caso di specie – una errata indicazione dei dati catastali mentre è valido quando, essendo corretta la sua identificazione catastale, rechi qualche inesattezza ulteriore nella descrizione degli altri dati (ad esempio, l’indirizzo, il numero civico, la partita catastale, la consistenza ed estensione metrica etc.)

La ratio è la funzione essenzialmente pubblicitaria che assolve il pignoramento, quale atto a formazione progressiva, che si completa con la nota di trascrizione che ne segna l’opponibilità ai terzi.

Le considerazioni sopra richiamate trovano ampi riscontri nella giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione la quale ha avuto modo di precisare che “per stabilire se e in quali limiti un determinato atto trascritto sia opponibile a terzi deve aversi riguardo esclusivamente al contenuto della nota di trascrizione, dovendo le indicazioni riportate nella nota stessa consentire di individuare, senza possibilità di equivoci e di incertezze, gli estremi essenziali del negozio ed i beni ai quali esso si riferisce, senza necessità di esaminare anche il contenuto del titolo” (ex multis Cass. n. 2051/1986; Cass. n. 10774/1991, Cass. n. 18892/2009)

Conseguentemente, dall’esame dei principi di diritto espressi dalla Suprema Corte di Cassazione, si deduce che, nel nostro ordinamento, la pubblicità immobiliare – affidata al sistema della trascrizione – è basata su principi formali, in forza dei quali il terzo estraneo all’atto trascritto deve esclusivamente fare affidamento al contenuto con cui la notizia dell’atto è riferita nei registri immobiliari.

Pertanto, redatta la nota ed avvenuta la trascrizione, il contenuto della pubblicità-notizia è solo quello da essa desumibile e il terzo non è tenuto a compiere alcun controllo ulteriore.

Esaurita l’esposizione delle norme e della relativa interpretazione a questa fornita dalla giurisprudenza, non resta che procedere a valutare se gli errori effettuati dal creditore nel procedere al pignoramento dei beni indicati ai nn. 1, 2 e 4 siano da ritenersi irrilevanti, ossia, in altri termini, se sia possibile affermare che gli stessi non impediscano l’individuazione (da parte di terzi estranei alla procedura esecutiva) dei beni cui si riferisce il pignoramento senza possibilità di equivoci e di incertezza.

In stretta applicazione dei principi sopra richiamati si devono ritenere fondati i motivi riportati ai sub al), a2) e b1) (i quali vanno esaminati congiuntamente in quanto contengono censure analoghe) e, per converso, si deve escludere la fondatezza delle censure di cui al sub b2).

Più dettagliatamente, infatti, ricorre la violazione degli artt. 555 c.p.c. e 2668 ter, con riferimento ai beni di cui ai nn. 1 e 2 (sopra dettagliatamente descritti).

L’opponente deduceva – allegando una relazione tecnica del Consulente di parte ___ – che l’immobile distinto al foglio (…), particella (…) non appartiene al debitore esecutato ma a soggetti terzi – estranei – alla procedura esecutiva, affermando che il bene sopra individuato (distinto al foglio (…), particella (…)), era stato soppresso con il tipo mappale del __, generando la particella (…) con una consistenza catastale di mq __; mentre l’immobile di proprietà del sig. L. aveva una consistenza di mq _ ed era distinto al foglio (…), particella (…).

Ed ancora, con riferimento al bene di cui al numero 2 dell’atto di pignoramento, l’opponente rilevava che l’immobile di proprietà dell’esecutato era distinto al N.C.E.U. al foglio (…) (e non già 2), particella (…) (ex particella (…)).

Le circostanze dedotte dall’opponente trovano ampia conferma nella relazione di stima redatta dal CTU _ nella procedura esecutiva n. __, acquisita agli atti del presente giudizio con decreto del __.

Infatti il CTU confermava che il pignoramento aveva riportato erroneamente gli identificativi catastali dei beni sopra richiamati, in quanto gli stessi ricadevano sul foglio (…) e non già sul foglio (…).

Alla luce delle considerazioni sopra richiamate, è agevole ritenere che i vizi appena richiamati non possono dirsi irrilevanti o superabili.

L’errata identificazione dei beni oggetto del pignoramento, la replica dell’errore nella nota di trascrizione del __, l’omessa rinnovazione del pignoramento con riferimento alla particella (…) sono vizi essenziali e rilevanti che determinano l’inefficacia del pignoramento con riferimento ai beni indicati ai nn. 1 e 2 dell’atto di pignoramento.

E, conseguentemente, qualora un soggetto terzo procedesse (o – come anticipato dalla convenuta – avesse già provveduto a) iscrivere o trascrivere un atto avente ad oggetto il bene (correttamente indicato con i suoi veri identificativi catastali) non potrebbe a questo opporsi la trascrizione del pignoramento.

Né può accedersi alla tesi che l’immobile, nonostante l’errata identificazione catastale, sia stato rinvenuto dal CTU, anche grazie all’elencazione dei confini.

Infatti, non può, in alcun modo, ritenersi che il compito del creditore pignorante (consistente nell’esame della preventiva visura ipotecaria e catastale al fine di indicare i dati identificativi del bene immobile nella loro attualità) possa sanarsi per intervento successivo al pignoramento e determinato da un provvedimento officioso del G.E. ovvero dall’operato del CTU (cfr. in tal senso, Cass. 26 agosto 2014, n. 18249).

Peraltro, l’art. 2826 c.c. – ed il richiamo in tema di trascrizione di cui all’art. 2659 c.c., in virtù dei quali per l’individuazione dell’immobile oggetto dell’atto era necessaria la specificazione di almeno tre dei suoi confini – non esprimono un principio di ordine generale applicabile ogniqualvolta sia necessario procedere all’identificazione di un immobile, ma solo un criterio limitato a quelle fattispecie normative (Cass. n. 1508/1994).

Vi è di più. Non è possibile affermare che l’intero bene sia ricompreso nel pignoramento effettuato con l’identificazione catastale al fg. (…), p.lla (…), atteso che – come agevolmente desumibile dalla relazione di stima, dai rilievi planimetrici effettuati dall’arch. Ciacci (all. 7 alla relazione di stima depositata il __), dal raffronto con la planimetria catastale e l’estratto di mappa (all. 2 e 3) – l’appartamento posto in vendita insiste su più particelle (e non solo sulla (…), correttamente pignorata), in quanto frutto di accorpamento dei locali insistenti sulla p.lla (…) (pure rappresentati nelle planimetrie presenti in catasto e pienamente sovrapponibili ai rilievi del tecnico – si tratta di tutti i vani posti al piano terra e a quelli al primo piano sovrapposti a quelli di piano terra), e di altri locali insistenti sulle p.lle (…) e (…) (in particolare, si tratta dei vani indicati dallo stimatore, nella planimetria di cui all’allegato 7, come 9, 10, 11, wc, terrazza di primo piano – chiaramente diversi da quelli rappresentati dalla planimetria catastale relativa alla p.lla (…)).

Il vizio come sopra rilevato, pur se inerente alcuni degli identificativi catastali del lotto 1A), preclude la vendita dell’intero immobile, essendo esso, funzionalmente e giuridicamente, un’unità inscindibile.

Le considerazioni sopra esposte sono da sole sufficienti a ritenere fondato anche il motivo di cui al sub a2) in ordine all’omessa rinnovazione della trascrizione del pignoramento (effettuata in data __) sulla p.lla (…), in violazione delle disposizioni transitorie dettate dal comma 4 dell’art. 58 della L. n. 69 del 2009.

Di contro, l’applicazione dei medesimi principi ermeneutici sopra richiamati esclude che l’inesatta estensione – espressa in una differenza di __ mq – del bene n. 4 dell’atto di pignoramento possa, in qualche modo, incidere sulla sua validità (sub b2).

L’errore o l’imprecisione di identificazione del bene di per sé considerata, non è idonea – alla luce delle considerazioni diffusamente richiamate sopra – ad incidere sulla validità del pignoramento, atteso che non vi è comunque incertezza sulla fisica identificazione del bene e sulla continuità tra i dati catastali precedenti e quelli corretti all’atto dell’imposizione del vincolo, sicché l’erroneità, di per sé considerata, non comporta confusione sui beni o un riferimento a beni ontologicamente differenti.

Infine, in applicazione del principio della “ragione più liquida” espresso in più occasioni dalla Suprema Corte di Cassazione, nell’attuale sede può prescindersi integralmente dall’esame delle contestazioni di cui al sub a3).

In considerazione della soccombenza reciproca, ricorrono i presupposti di legge per disporre l’integrale compensazione delle spese.

P.QM.

Il Tribunale di Palermo in composizione monocratica, in persona del Giudice Istruttore in funzione di Giudice Unico, sentite le parti costituite e respinta ogni diversa e contraria istanza, eccezione o deduzione, definitivamente pronunciando,

– dichiara la contumacia di S. s.p.a.;

– dichiara parzialmente inammissibile l’opposizione con riferimento alla dedotta censura di aliud pro alio per errata destinazione urbanistica del lotto 3D nell’avviso di vendita del __;

– rigetta, per il resto, l’eccezione formulata dalla convenuta, R. s.r.l., di inammissibilità dell’opposizione per violazione dell’art. 617 comma 2, c.p.c.;

– accoglie l’opposizione ex art. 615 comma 2 c.p.c. del sig. L. nella parte in cui censura il vizio di errata identificazione dei beni di cui ai nn. 1 e 2 dell’atto di pignoramento del __ e, per l’effetto, dichiara l’improseguibilità parziale della procedura esecutiva immobiliare iscritta al n. RG. __ Es., pendente presso il Tribunale di Palermo, Sez. VI Esecuzioni Immobiliari, per inefficacia della trascrizione del pignoramento del __ con riferimento ai seguenti beni:

  1. “immobile destinato ad abitazione, sito in __, composto a piano terra di tre vani e cucina ed a I piano di quattro vani, terrazza bagno e camerino. Porzione di area soprastante il fabbricato rurale con ingresso dal cortile privato cui si accede dal __ e che costituisce la seconda elevazione di detto fabbricato rurale e cioè la porzione compresa da m. _ a m. _ al livello del suolo. L’immobile è distinto in Catasto con la particella (…) del foglio (…) e l’area insiste sulle particelle (…) – (…) del foglio (…)”;
  2. “magazzino di un vano terraneo di mq. __, sito in __, con ingresso dal cortile comune cui si accede dal __, catastato alla particella (…) del foglio (…);

– rigetta, per il resto, l’opposizione con riferimento al bene di cui al n. 4 del pignoramento del __ corrispondente a “quota indivisa pari a __ dell’area edificabile di mq. __ (zona C del piano di fabbricazione di Villabate con densità di 2 mc/mq) sita in Villabate con accesso dalla predetta corte comune, distinta in catasto con le parile (…), (…), (…), (…), (…), (…) del fog. 2”

– dichiara integralmente compensate tra le parti le spese legali del giudizio.

Così deciso in Palermo, il 8 gennaio 2018.

Depositata in Cancelleria il 9 gennaio 2018.

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Cessazione di efficacia del precetto Contratti obbligazioni Solidali Esecuzione Forzata

Cessazione di efficacia del precetto Contratti obbligazioni Solidali Esecuzione Forzata

Cassazione Civile, Sezione Sesta, Sottosezione 3, Ordinanza n. 5099 del 05-03-2018

Con ordinanza del 5 marzo 2018 la Cassazione Civile, Sezione Sesta, Sottosezione 3, in tema di obbligazioni solidali, ha stabilito che l’unitarietà del rapporto di credito opera sul piano sostanziale, ma non anche, in vista o in funzione di una separata azione esecutiva in danno ad ognuno dei condebitori, su quello processuale proprio dell’art. 481 c.p.c., che mira a porre in condizione ciascuno dei destinatari del precetto di determinarsi ad adempiere spontaneamente al comando contenuto nel titolo ma non oltre quel termine, sicché ognuno di loro, decorso il termine di perenzione, deve poter beneficiare di quest’ultimo, ove la conseguenza, paventata o prospettata nel precetto medesimo come anche a lui rivolto, di un processo esecutivo nei suoi esclusivi confronti non si sia verificata.


 

Cassazione Civile, Sezione Sesta, Sottosezione 3, Ordinanza n. 5099 del 05-03-2018

Cessazione di efficacia del precetto Contratti obbligazioni Solidali Esecuzione Forzata

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. __ – Presidente –

Dott. __ – rel. Consigliere –

Dott. __ – Consigliere –

Dott. __ – Consigliere –

Dott. __ – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. ___ R.G. proposto da:

  1. SOCIETA’ COOPERATIVA PER AZIONI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ____, presso lo studio dell’avv. ___, rappresentato e difeso dall’avv. ___;

– ricorrente –

contro

T., considerato, in difetto di elezione di domicilio in Roma, ivi ex lege domiciliato presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. ___;

– controricorrente –

contro

G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. ___ del TRIBUNALE di ___, depositata il ____;

udita la relazione svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 23/01/2018 dal Consigliere Dott. ___.

Svolgimento del processo

Che la B. scpa ricorre, affidandosi ad un motivo e con atto notificato il ___, per la cassazione della sentenza n. __ del ___ del Tribunale di ___, con cui è stata accolta l’opposizione di T. al pignoramento ai suoi danni da quella eseguito con notifica del __, per riconosciuta perenzione del precetto a lui ed al condebitore G. notificato il ___;

resiste con controricorso; e, formulata proposta di definizione – per inammissibilità – in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197, la ricorrente fa tardivamente pervenire memoria ai sensi del medesimo art. 380-bis, comma 2, u.p..

Motivi della decisione

cheil Collegio ha raccomandato la redazione della motivazione in forma semplificata;

in via preliminare, non è necessario ordinare il rinnovo della notifica del ricorso nei confronti di G., del cui completamento non si rinviene la prova in atti, dinanzi all’evidente ragione di inammissibilità del ricorso: ciò che, nel rispetto del principio della ragionevole durata del processo, impone di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti di litisconsorti necessari cui il ricorso non risulta ritualmente notificato, trattandosi di attività processuale del tutto ininfluente sull’esito del giudizio (Cass. Sez. U. 22/12/2015, n. 25772, che richiama la prima pronuncia in tal senso di Cass. Sez. U. ord. 22/03/2010, n. 6826);

sempre in via preliminare, è inammissibile la memoria della ricorrente, pervenuta solo alle __ del __ e quindi tardivamente, vale a dire oltre il termine di cinque giorni prima dell’adunanza camerale di decisione del ricorso; infatti – del resto solo il ricorso e il controricorso potendo farsi pervenire a questa Corte per posta (Cass. ord. 20/10/2014, n. 22201) – è indispensabile che il termine stesso sia rispettato, a garanzia del diritto di difesa della controparte soprattutto ora che, dopo la riforma del 2016 del rito di legittimità, più non vi è alcuna ulteriore possibilità di replica: pertanto, quanto contenuto nella detta memoria non può essere preso nemmeno in considerazione;

ciò posto, la ricorrente lamenta: “errata interpretazione della natura del termine di efficacia del precetto. Termine di decadenza. Conseguenze in ordine a più azioni esecutive intraprese. Violazione dell’art. 360 c.p.c., con riferimento al n. 3 per erronea interpretazione dell’art. 481 c.p.c.”; ed al riguardo deduce che, per essere unitaria la ragione di credito azionata nei confronti di T. e di G., la notifica di un pignoramento ai danni di questo in pendenza del termine previsto dall’art. 481 c.p.c., avrebbe escluso la perenzione nei confronti anche del primo;

il ricorso è inammissibile: dal ricorso, neppure potendo valere a sanarne le lacune alcuno degli atti successivi, non è dato ricostruire la data in cui il preteso atto idoneo ad impedire la decadenza anche nei confronti di T. sarebbe stato notificato; e sono così violate le disposizioni dell’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6, visto che tale intuitivamente decisiva circostanza non è riportata nel ricorso, privando questa Corte, che non deve affidarsi ad altri atti del giudizio per la ricostruzione dello svolgimento del processo e per il riscontro della non novità delle tesi difensive sottoposte al suo esame, della possibilità di accedere al merito della doglianza;

d’altra parte, manifestamente infondata andrebbe qualificata la tesi dell’estensione, ai fini dell’esclusione della perenzione del precetto notificato a più persone, degli effetti dell’avvio di processo esecutivo nei confronti di una sola di queste anche ad altre, perfino quand’anche solidalmente obbligate; infatti, l’unitarietà del rapporto di credito opera sul piano sostanziale, ma non anche, in vista o in funzione di una separata azione esecutiva in danno di ognuno dei condebitori, su quello processuale proprio dell’art. 481 c.p.c.: che mira, com’è noto, a porre in condizione ciascuno dei destinatari del precetto di determinarsi ad adempiere spontaneamente al comando contenuto nel titolo ma non oltre quel termine, sicché ognuno di loro, decorso il termine di perenzione, deve poter beneficiare di quest’ultimo ove appunto la conseguenza – paventata o prospettata nel precetto medesimo come anche a lui rivolto – di un processo esecutivo nei suoi esclusivi confronti non si sia verificata;

il ricorso va perciò dichiarato inammissibile e la soccombente ricorrente condannata alle spese del giudizio di legittimità, con la chiesta attribuzione al difensore del controricorrente, dovendosi pure dare atto – senza possibilità di valutazioni discrezionali (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente e con attribuzione al suo difensore per dichiaratone anticipo, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro ___ per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro __ ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso da essa proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2018.

Cass_civ_Sez_VI_Ord_05_03_2018_n_5099




Esecuzione Forzata Giudizio di opposizione all’esecuzione forzata ordinario Giudizio di accertamento negativo del credito Opposizione a precetto

Esecuzione Forzata Giudizio di opposizione all’esecuzione forzata ordinario Giudizio di accertamento negativo del credito Opposizione a precetto

Tribunale Ordinario di Marsala, Sezione Civile, Sentenza del 08-01-2018

Con sentenza dell’8 gennaio 2018 il Tribunale Ordinario di Marsala, Sezione Civile,  ha stabilito che il giudizio di opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma 1, c.p.c. , è un ordinario giudizio di accertamento negativo del credito, nel quale la domanda giudiziale va identificata, nell’aspetto oggettivo, con i suoi elementi costitutivi, del petitum, consistente nella richiesta di un provvedimento giurisdizionale che dichiari la nullità o inefficacia dell’atto di precetto opposto per l’inesistenza, in tutto o in parte, del diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata, e della causa petendi, che consiste nella specifica situazione giuridica sostanziale dedotta dalla parte istante a fondamento della assunta inesistenza del diritto di procedere in executivis. Sotto il profilo probatorio ne consegue che il creditore è gravato dal solo onere di dimostrare la validità ed efficacia del titolo esecutivo, mentre è onere dell’opponente dimostrare l’esistenza di fatti estintivi o impeditivi che, a quel titolo, tolgano in tutto o in parte efficacia.


Tribunale Ordinario di Marsala, Sezione Civile, Sentenza del 08-01-2018

Esecuzione Forzata Giudizio di opposizione all’esecuzione forzata ordinario Giudizio di accertamento negativo del credito Opposizione a precetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MARSALA

SEZIONE CIVILE

in composizione monocratica, nella persona del dr. _______, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. _____ R.G. vertente

TRA

A. e T., rappresentati e difesi dall’Avv. ______, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in _____, giusta procura a margine dell’atto di citazione;

OPPONENTI

E

B. SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, non in proprio ma esclusivamente in nome e per conto di S. s.p.a., in persona del Responsabile del Settore Dipartimentale Recupero Crediti, rappresentata e difesa, giusta procura in calce all’atto di precetto notificato in data ___, dall’ avv. __, presso il cui studio in ____ è elettivamente domiciliata;

OPPOSTA

Svolgimento del processo

Con atto di citazione ex art. 615 comma 1 c.p.c. , notificato in data ____ alla controparte, gli attori in epigrafe, premettendo di aver stipulato in data ___ con la B. s.p.a. un contratto di mutuo fondiario, per atto pubblico  avente ad oggetto l’erogazione, in favore degli stessi, della somma di Euro __ (doc. n. 2), convenivano in giudizio la convenuta, contestando il diritto di quest’ultima di agire esecutivamente per l’importo precettato in data ___, in ragione della eccepita nullità della pattuizione del tasso di interesse moratorio, fissato al ___, superiore al tasso soglia usurario ratione temporis applicabile pari al ____, con conseguente non debenza degli interessi ex art. 1815 c.c.; deducevano, altresì, la nullità del contratto di mutuo per mancanza di causa, in quanto destinato a “ridurre l’importo dell’affidamento concesso” agli attori sui conti correnti nonché l’illegittima applicazione di interessi compositi (dunque anatocistici) frutto del c.d. metodo di ammortamento alla francese.

Concludevano, quindi, chiedendo di: “dichiarare la nullità delle clausole di determinazione del tasso di interesse del contratto di mutuo …in quanto eccedenti il tasso soglia e per l’effetto depurare il debito da qualsiasi interesse dovuto ai sensi dell’art. 1815 c.c.; rideterminare la somma che parte attrice avrebbe dovuto restituire alla banca…. e previa consulenza tecnica, ritenere e dichiarare, previa eventuale compensazione tra i due saldi, che “gli attori” risultano creditori nei confronti della convenuta della somma che verrà determinata e quantificata nel corso del giudizio o secondo equità….condannare la convenuta …a titolo di restituzione di indebito…della somma che verrà determinata e quantificata nel corso del giudizio o secondo equità, oltre rivalutazione e interessi…; dichiarare… l’annullamento del contratto ex artt. 1427 e 1439 per violazione di buona fede nella conclusione ed esecuzione del contratto; escludere interessi anatocistici, dichiarando l’illegittimità del metodo di ammortamento alla francese; …conseguentemente condannare la convenuta alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate e/o riscosse in relazione al rapporto di mutuo, oltre interessi legali creditori…e con vittoria di spese, diritti e onorari del presente giudizio”, da distrarre in favore dei procuratori dichiaratisi antistatari.

Si costituiva il creditore opposto, contestando in fatto ed in diritto le avverse domande, delle quali chiedeva il rigetto.

Quindi, la causa veniva istruita documentalmente (con revoca della ctu contabile ammessa dal primo GI poi mutato).

All’udienza del ____ parte attrice preliminarmente insisteva per la nomina del CTU contabile ed eccepiva, altresì, la nullità del contratto di mutuo per mancanza del documento di sintesi e dell’ISC come previsto a pena di nullità dalla Del. CICR del 2003.

Sulle conclusioni in epigrafe trascritte la causa veniva trattenuta in decisione, con assegnazione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c. (il primo dei quali, per il deposito delle comparse conclusionali, ridotto a giorni 30).

Motivi della decisione

1.In limine.

In limine, giova ricordare che il giudizio di opposizione all’esecuzione ex art. 615 comma 1 c.p.c. è un ordinario giudizio di accertamento negativo del credito, nel quale la domanda giudiziale va identificata, nell’aspetto oggettivo, con i suoi elementi costitutivi, del petitum, consistente nella richiesta di un provvedimento giurisdizionale che dichiari la nullità o inefficacia dell’atto di precetto opposto per l’inesistenza, in tutto o in parte, del diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata, e della causa petendi, che consiste nella specifica situazione giuridica sostanziale dedotta dalla parte istante a fondamento della assunta inesistenza del diritto di procedere in executivis (cfr. già Cass. 3 maggio 1980 n. 2911, nonché Cass. 11 dicembre 2002, n. 17630; 29 aprile 2004, n. 8219; 13 novembre 2009, n. 24047).

Ne consegue, sotto il versante probatorio, che “al creditore, nel giudizio di opposizione, spetta il solo onere di dimostrare la validità ed efficacia del titolo esecutivo, mentre è onere dell’opponente dimostrare l’esistenza di fatti estintivi o impeditivi che, a quel titolo, tolgano in tutto o in parte efficacia” (Cass. n. 25412 del 2013).

L’opponente, vale a dire il soggetto precettato, ha, dunque, veste sostanziale e processuale di attore ed è dunque onerato della specifica allegazione e prova della non debenza, in tutto o in parte (originaria o sopravvenuta) del credito precettato, astrattamente riconducibile al titolo esecutivo posto a fondamento del precetto opposto; specularmente, l’opposto, vale a dire il creditore procedente, ha la posizione di convenuto (cfr. Cass. 9 novembre 2000, n. 14554 ed altre).

2- Nel merito

Ciò premesso, nel merito, l’opposizione in esame, da qualificarsi come opposizione (preventiva) all’esecuzione ex art. 615 comma 1 c.p.c., venendo in contestazione l’an ed il quantum del credito precettato, è parzialmente fondata nei termini e limiti di seguito precisati.

2.1 Sull’usura genetica in relazione agli interessi moratori

Dalla disamina del titolo esecutivo sotteso al precetto opposto  è dato desumere le seguenti condizioni economiche del finanziamento:

– erogazione in favore degli opponenti della somma di Euro ____ a tasso fisso (secondo il piano di ammortamento alla francese allegato al contratto), da restituire in __ anni, mediante ___ rate mensili di Euro __;

– tasso di interesse corrispettivo del ___ (art. 1);

– tasso di interesse moratorio del ___ (art. 4);

– ISC ___ (art. 11).

– ulteriori condizioni economiche accessorie (art. 10).

Ciò posto, non è contestato, oltre che documentalmente provato, che il tasso soglia usurario per i mutui a tasso fìsso con garanzia reale ratione temporis applicabile è pari al ___ (ovvero pari al TAEG del ___ indicato nella Tabella allegata al D.M. del 17 settembre 2004, aumentato del 50% ex art. 2 L. n. 108 del 1996).

Nel caso di specie, dunque, pur a fronte di un tasso di interesse corrispettivo (ed ISC) ampiamente al di sotto della soglia del tasso usurario, si verte in ipotesi di usura originaria del tasso moratorio, pattuito in misura fissa nel ___(cfr. art. 4 parte finale) e, dunque, eccedente il tasso soglia sopra indicato (del ___).

Da qui la declaratoria di nullità ex art. 1815 co. 2 c.p.c. della clausola relativa agli interessi moratori, ab origine usurari.

Ritiene, sul punto, l’adito Tribunale di dover aderire all’orientamento giurisprudenziale, da ultimo ribadito e precisato dalla S.C. con ordinanza n. 23192 del 4.10.2017, a mente del quale “in tema di contratto di mutuo, l’art. 1 della L. n. 108 del 1996, che prevede la fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti debbono essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi corrispettivi che quelli moratori (Cass. 4 aprile 2003, n. 5324). (Cass. ord.5598/2017; in termini Cass., Sez. 1, n. 14899 del 17/11/2000; Sez. 3, n. 8442 del 13/06/2002; Sez. 3, n. 10032 del 25 /05/2004; nello stesso senso poi anche Cass., Sez. 3, Sentenza n. 9532 del 22/04/2010; Sez. 2, Sentenza n. 11632 del 13/05/2010; Sez. 1, Sentenza n. 350 del 09/01/2013).

Non v’è, infatti, ragione per escludere l’applicabilità del divieto introdotto dalla L. n. 108 del 1996 anche nell’ipotesi di assunzione dell’obbligazione “di corrispondere interessi moratori .. eccedenti lo stesso tasso soglia”, posto che “la L. n. 108 del 1996 ha individuato un unico criterio ai fini dell’accertamento del carattere usurano degli interessi (la formulazione ha valore assoluto in tal senso) e che nel sistema era già presente un principio di omogeneità di trattamento degli interessi, pur nella diversità di funzione, come emerge anche dell’art. 1224, 1^ comma, cod. civ., nella parte in cui prevede che “se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura”; “il ritardo colpevole, poi, non giustifica di per sé il permanere della validità di un’obbligazione così onerosa e contraria al principio generale posto dalla lesse” (Cass. Sez. 1, n. 5286 del 22/04/2000).

Detta conclusione è, del resto, coerente al dato letterale delle norme di cui agli artt. 1 e 2 L. n. 108 del 1996 e dell’art. 644 c.p.

Per un verso, infatti, la disciplina civile (1815 c.c.) e penale (644 c.p.) così come la definizione generale di interesse usurario (art. 1 e 2 L. n. 108 del 1996) fanno uso del termine interesse senza particolari declinazioni e attributi (il che rende plausibile una interpretazione massimamente espansiva della portata delle relative norme con riferimento a qualsiasi specie di “interessi” convenzionalmente pattuiti); per altro verso, lo stesso legislatore, nel fornire l’interpretazione ‘autentica’ dell’art. 644 c.p. con la L. 28 febbraio 2001, n. 24, di conv. in legge, con modificazioni, del D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, ha testualmente qualificato come “… usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo” (cfr. art.1), così da rendere indifferente, ai fini dell’applicazione del divieto penale (e della conseguente nullità civilistica) il titolo (corrispettivo o moratorio) in ragione del quale gli interessi vengano convenzionalmente pattuiti o pretesi.

In tal senso depone, altresì, un obiter dictum della Corte costituzionale, la quale, chiamata ad esprimersi sulla legittimità costituzionale della L. n. 24 del 2001 (interpretazione autentica della L. n. 108 del 1996), ha osservato, incidenter tantum, che: “il riferimento, contenuto nell’ art. 1, comma 1, del D.L. n. 394 del 2000, agli interessi “a qualunque titolo convenuti” rende plausibile – senza necessità di specifica motivazione – l’assunto, del resto fatto proprio anche dal giudice di legittimità, secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori” (Corte Cost. n. 29/02).

Da ultimo, anche l’ art. 2 bis del D.L. 29 novembre 2008, n. 185 convertito in L. 28 gennaio 2009, n. 2 non opera alcuna distinzione con riferimento alla natura degli interessi quando, al comma 2, prevede: “Gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono comunque rilevanti ai fini dell’applicazione dell’articolo 1815 del codice civile , dell’articolo 644 del c.p. e degli articoli 2 e 3 della L. 7 marzo 1996, n. 108”.

Né appare decisivo, in senso contrario, il riferimento alla corrispettività degli interessi o altri vantaggi inserito nella previsione dell’art. 644 c.p. (“in corrispettivo di una prestazione di danaro o di altra utilità”).

Un’interpretazione dell’inciso “in corrispettivo” di tipo sistematica, infatti, lo fa riconnettere alla pattuizione o convenzione tanto degli interessi quanto degli altri vantaggi.

Ed ancora, l’inciso ha come punto di riferimento, nella struttura della fattispecie criminosa, la descrizione della condotta tipica del “farsi dare o promettere”, sicché la corrispettività degli interessi va valutata al livello della funzione della pattuizione degli stessi, con la conseguenza che “anche la convenzionale pattuizione di interessi moratori (o di clausola penale), pur avendo questi la intrinseca finalità di forfettaria e anticipata liquidazione del danno, può assumere, nell’ottica del creditore, … una finalità di corrispettivo della concessione del credito; ciò in quanto il creditore si cautela (attraverso la convenzionale stipulazione di un tasso moratorio più elevato di quello legale) contro i possibili danni da inadempimento o ritardo nell’adempimento della obbligazione restitutoria del debitore; e ben può essere che tale previsione negoziale assuma, nell’economia concreta del contratto, un rilievo connesso al livello di rischio-inadempimento esplicitato dallo specifico contraente-debitore o dalla categoria cui questi appartiene” (così in dottrina).

Oltre al dato letterale, dunque, anche sotto il versante teleologico, è proprio la ratio di protezione del mutuatario in chiave tendenzialmente oggettiva, caratterizzando la fattispecie come una violazione del rapporto di adeguatezza delle prestazioni, secondo parametri predefiniti ed obiettivi, che preclude una soluzione restrittiva della portata del divieto di cui all’art.1815 co.2 c.c.

Segnatamente, “attraverso l’abbandono del tradizionale requisito per così dire soggettivistico dell’abuso, e la sua sostituzione con il rilievo del tutto prevalente che nella struttura della fattispecie finisce per assumere il requisito – tutto economico – della sproporzione tra la prestazione del mutuante e quella del mutuatario, la prospettiva della tutela sembra dunque essersi spostata dalla salvaguardia degli interessi patrimoniali del singolo e, se si vuole, dalla protezione della personalità del soggetto passivo, verso connotazioni di marcata plurioffensività, giacché accanto alla protezione del singolo, vengono senz’altro in gioco anche – e forse soprattutto – gli interessi collettivi al corretto funzionamento dei rapporti negoziali inerenti alla gestione del credito e alla regolare gestione dei mercati finanziari” (Cassazione n. 20148 del 18 marzo 2003).

In questa prospettiva ermeneutica, non sembra, dunque, cogliere nel segno la tesi, pur autorevolmente sostenuta in dottrina e nella giurisprudenza di merito, che fonda sulla natura “eventuale/ipotetica’ dell’onere di mora il motivo per escludere, nel patto originario, la sussistenza dell’usura.

In senso contrario, l’odierno Giudicante ritiene di dover accedere alla tesi secondo cui la mora, ancorché onere eventuale, non si qualifica usuraria con il sopravvenire dell’ipotetico evento previsto in contratto: la connotazione usuraria, cioè la volontà di trarre un profitto illecito, si colloca all’origine, nello squilibrio pattizio, indipendentemente dalla circostanza che si realizzi o meno il pagamento.

La presenza in contratto di un accordo usurario, ancorché eventuale nella sua manifestazione, come nel caso degli interessi moratori, introduce nel mercato del credito una patologia pattizia lesiva del libero e corretto svolgimento del mercato stesso.

In altri termini, la natura ‘eventuale’ della mora non induce alcuna traslazione alla sopravvenuta insolvenza: il giudizio di usurarietà rimane assorbito esclusivamente nella sproporzione pattizia fra l’impegno del creditore e quello del debitore, previsto nelle condizioni iniziali che accompagnano l’erogazione del credito (cfr. sul punto Sezioni Unite con sentenza n. 24675 del 19 ottobre 2017).

L’elemento del pagamento non assume, pertanto, rilievo ai fini della verifica dell’usurarietà (genetica): “gli interessi devono ritenersi usurari se eccedono il limite legale al momento della loro pattuizione e non del loro pagamento e ciò a prescindere dal fatto che il reato di usura possa ritenersi consumato in tale secondo momento’ (Cassazione Pen., Sez. V, n. 8353/2013).

Ciò precisato, ritiene l’adito Tribunale di dover dare continuità ai principi espressi dalla Suprema Corte nella citata ordinanza n. 23192/2017, anche in relazione ai criteri di valutazione dell’usurarietà originaria del tasso di mora ed alla conseguente nullità ex art. 1815 c.c. estesa agli interessi corrispettivi.

2.1.1 Sullo scrutinio di usurarietà degli interessi moratori e sull’eccepita applicabilità di una ‘mora soglia’ maggiorata del __

Non merita adesione la metodologia di verifica della mora, propugnata dalla banca opposta, fondata su una presunta ‘mora soglia’ (maggiorata del __), empiricamente desunta da una rilevazione media campionaria curata nel __, richiamata nei decreti ministeriali ed ulteriormente prospettata dalla B.D. nella Comunicazione del __.

Detta metodologia, anzitutto, appare contraria al tenore letterale delle norme di riferimento: tanto l’inciso finale “sotto qualsiasi forma”, contenuto nel primo comma dell’art. 644 c.p., quanto l’inciso “a qualunque titolo” contenuto nell’art. 1, primo comma del D.L. n. 394 del 2000, convertito con la L. n. 24 del 2001, indicano un unico criterio ai fini dell’accertamento del carattere usurario degli interessi, siano essi corrispettivi o moratori.

Inoltre, come condivisibilmente osservato da taluna giurisprudenza di merito, non essendo contemplata dalla legge alcuna soglia riferibile alla mora, quand’anche – per un asserito criterio di omogeneità- si considerasse la maggiorazione del __aggiunta al TEGM, il dato percentuale adoperato risulterebbe del tutto “scorretto ed incoerente con il disposto di legge”.

Infatti, con la rilevazione campionaria del __ (pubblicata nel __), la B.D. ha stimato, senza, peraltro, precisare i criteri metodologici, il valore medio della mora nei crediti insoluti.

Poiché il TEGM rileva il costo medio del credito, anche a voler ricomprendere nell’indice i crediti patologici, per ciascuna categoria di credito ex art. 2 della L. n. 108 del 1996, occorrerebbe rilevare, non il valore medio del tasso di mora applicato (o dello spread sul tasso corrispettivo), bensì l’incidenza osservata nella media di tutte le operazioni della categoria, operazione dal risultato ben diverso.

La mora interessa un numero contenuto di operazioni ricomprese nella categoria; diversamente, l’incidenza sul costo del credito presuppone una media calcolata su tutte le operazioni della categoria: in quest’ultima circostanza la maggiorazione del TEGM, riconducibile alla presenza della mora, risulterebbe assai esigua, presumibilmente prossima a pochi centesimi di punto.

Risulta pertanto un’operazione matematicamente scorretta, oltre che indebita, confrontare il costo del credito in mora con il TEGM maggiorato del __ (cfr. sul punto, ex multis, sentenze del Tribunale di Torino 2015 e 2016, nel caso.it, est. __).

Ed ancora, concependo un “tasso usurano della patologia” più elevato, si finirebbe, da un lato, per far assurgere la mora ad una specifica categoria di credito con sue proprie soglie d’usura (laddove la mora è, invece, una semplice modifica del piano di ammortamento pattuito, dovuta al contegno inadempiente del debitore); dall’altro lato, si “vanificherebbe l’intero sistema, perché il limite dell’usura crescerebbe proprio al crescere del rischio, allorché la legge intende invece proprio tutelare il cliente in tali ipotesi” (cfr. Tribunale di Udine 13.11.2014).

In altri termini, accedendo alla tesi dello spread maggiorato del __, per gli interessi moratori, i tassi soglia verrebbero significativamente innalzati, proprio quando il prenditore, moroso nei pagamenti, è più vulnerabile, non disponendo di liquidità né di finanziamenti alternativi.

Risulta, dunque, incongruente prevedere una soglia più elevata di usura al verificarsi della patologia, anziché ricomprendere quest’ultima nello spread connesso al valore medio relativo alla categoria di riferimento (ovvero, nel caso di specie, entro lo spread del __ del tasso effettivo globale medio, indicato, per i mutui con garanzia reale con tasso fisso, nel __).

In altri termini, appare più coerente al sistema normativo ritenere che il legislatore, nel ricomprendere entro la soglia d’usura gli “interessi, commissioni e spese inerenti al credito, a qualunque titolo percepiti”, lungi dal disconoscere o mortificare la diversa funzione degli interessi di mora e degli interessi corrispettivi, abbia, piuttosto, voluto porre un limite tassativo invalicabile, entro il quale ricomprendere tutti i costi del credito, relativi ad ogni criticità e/o patologia presente o eventuale.

Se, dunque, il tasso praticato dall’intermediario si colloca all’interno del valore medio di mercato, vi sono i margini per una maggiorazione della mora. Se, invece, il tasso praticato si colloca a ridosso della soglia d’usura, già sconta il rischio di insoluto alla scadenza e dunque il margine di profitto (anche per la fase patologica del rapporto), oltre il quale l’intermediario finanziario incorre in usura.

2.1.2 Sulla portata applicativa della nullità di cui all’art. 1815 co. 2 c.c.

Ciò posto, occorre esaminare le conseguenze della declaratoria di nullità della clausola pattizia relativa agli interessi moratori, ab origine usurari, ai sensi dell’art. 1815 comma 2 c.p.c.

Sul punto, si registra un acceso contrasto giurisprudenziale e dottrinale tra i fautori della tesi della nullità parziale della sola clausola relativa agli interessi moratori e quelli a favore della obbligata conversione del mutuo oneroso in mutuo gratuito.

Secondo il primo orientamento, in dettaglio, “se il tasso soglia viene superato dall’interesse moratorio ma non anche da quello corrispettivo, la pattuizione del primo è nulla ma non quella del secondo”, poiché: “non appare obiettivamente opinabile da un canto, la permanente diversità ontologica tra interesse corrispettivo ed interesse moratorio, …, dall’altro canto, la conseguente, ma correlata, autonomia delle pattuizioni contrattuali relative all’uno e all’altro tipo di interesse …ancorché eventualmente ricomprese nel medesimo articolo del contratto; tale conclusione è … imposta dallo stesso testo letterale dell’art. 1815 c.c., il quale muove appunto dall’affermazione della nullità della clausola usuraria per poi trarne le conseguenze del caso (azzeramento dell’interesse che vi si riferisce)” (cfr. da ultimo Tribunale di Brescia n. 1857 del 15 giugno 2017).

In tale prospettiva ermeneutica sembra collocarsi, sia pure in una fattispecie non sovrapponibile a quella in esame, la recente sentenza della Suprema Corte n. 21470 del 15 settembre 2017, a mente della quale “in tema di contratto di conto corrente bancario, qualora vengano pattuiti interessi superiori al tasso soglia con riferimento all’indebitamento extra fido e interessi inferiori a tale tasso per le somme utilizzate entro i limiti del fido, la nullità della prima pattuizione non si comunica all’altra, pur se contenute in una medesima clausola contrattuale, poiché si deve valutare la singola disposizione, sebbene non esaustiva della regolamentazione degli interessi dovuti in forza del contratto” (contra Cass. pen. n. 46669/11: “né possono avere rilievo le differenziazioni del tasso operato in caso di conto corrente non affidato – in cui il credito erogato è superiore al fido concesso, rispetto al conto corrente affidato – in cui l’utilizzo avvenga regolarmente nei limiti del fido, dovendo, comunque, la banca non superare il tasso soglia normativamente previsto indipendentemente dalla circostanza che nel caso di conto corrente non affidato la banca debba fronteggiare un inatteso e irregolare utilizzo del credito da parte del cliente, che, pur rappresentando un costo per l’eventuale scorretto comportamento del cliente, non può comunque giustificare il superamento del tasso soglia, trattandosi di un costo collegato ali ‘erogazione del credito che ricorre ogni qualvolta il cliente utilizza lo scoperto di conto corrente e funge da corrispettivo dell’onere, per la banca, di procurarsi e tenere a disposizione del cliente la necessaria provvista di liquidità”.

Per contro, alla stregua dei fautori della seconda tesi innanzi accennata, “se il tasso di mora non ha un rilievo in sé, ma va valutato nell’ambito del TEG annuo pattuito assieme ad ogni altro costo, spesa, remunerazione, ecc., è evidente che, constatato il superamento della soglia d’usura da parte del TEG”, sia pure in ragione della sola incidenza del tasso moratorio, “l’art. 1815, comma 2, c.c. va applicato in tutta la sua forza anche se il semplice tasso d’interessi corrispettivi di per sé non supera la soglia in esame” (cfr. Tribunale di Udine 13.11.2014).

In altri termini, l’operazione creditizia o è, nel suo insieme, lecita oppure è, nel suo insieme, in violazione della L. n. 108 del 1996, con la conseguenza che, in tal ultimo caso, unica e globale deve essere la sanzione di gratuità del mutuo, pur se il superamento della soglia si verifichi esclusivamente per il tramite della pattuizione dei soli interessi moratori (cfr. Tribunale di Torino, n.14932/2016, analogamente Trib. Udine cit.: in senso conforme, App. Venezia, 18.2.2013).

Orbene, ritiene l’adito Tribunale di dover aderire al secondo orientamento, da ultimo avallato dalla Suprema Corte, in una fattispecie analoga a quella in esame, nella sopra citata ordinanza n. 23192/2017.

Non si comprenderebbe, altrimenti, perché l’art. 644 c.p. dovrebbe riguardare tutti gli oneri inerenti al credito concesso, a qualunque titolo pattuiti, e la corrispondente previsione civilistica di cui all’art. 1815 c.c., stemperare, parcellizzandolo, il presidio sanzionatorio.

Il secondo comma dell’art. 1815 c.c. colpisce, invero, l’intero complesso dei costi, costituente l’interesse “allargato” previsto dall’art. 644 c.p., non i singoli addendi che lo compongono.

Lo stretto collegamento è richiamato dalla sentenza della Cassazione S.U. n. 24675/17 che, nel declinare i riflessi indotti dal D.L. n. 394 del 2000, precisa: “una sanzione (che implica il divieto) dell’usura è contenuta, per l’esattezza, anche nell’art. 1815, secondo comma, cod. civ. – pure oggetto dell’interpretazione autentica di cui si discute – il quale però presuppone una nozione di interessi usurari definita altrove, ossia, di nuovo, nella norma penale integrata dal meccanismo previsto dalla L. n. 108 del 1996, pervenendo alla conclusione che “in tanto è configurabile un illecito civile, in quanto sia configurabile la violazione dell’art. 644 cod. pen., come interpretato dall’art. 1, comma 1, D.L. n. 394 del 2000”.

E del resto, come evidenziato in una recente sentenza del Tribunale di Pesaro “al tasso di interessi moratori non corrisponde … una diversa categoria di credito .. la mora è infatti solamente una componente eventuale del medesimo credito”, “il legislatore di conseguenza, nel ricomprendere entro la soglia di usura gli interessi, commissioni e spese comunque collegate alla erogazione del credito ed a qualunque titolo pattuiti ha voluto porre un limite superiore perentorio entro il quale ricomprendere tutti i costi del credito, inclusi quelli correlati alle criticità e patologie eventuali del rapporto”; “la a pattuizione di un tasso sopra i limiti del tasso soglia determina ex art. 1815 c.c. l’impossibilità di riconoscere all’istituto di credito alcun tipo di interesse… a prescindere dalla liceità del tasso degli interessi corrispettivi promessi” (Trib. Pesaro, n. 1193 del 5/10/2017).

Corollario di quanto sopra è l’estensione della nullità prevista dal 2 comma dell’art. 1815 c.c. a tutti gli interessi, siano essi corrispettivi o moratori, e pertanto la conversione del mutuo per cui è causa da oneroso in gratuito.

2.2 Sul quantum debeatur, sull’azione di ripetizione e correlata compensazione.

La conversione del mutuo oneroso in gratuito comporta ipso facto il venir meno della causa debendi delle somme corrisposte dagli odierni attori a titolo di interessi corrispettivi, oltre che moratori.

Nella specie, pur a fronte delle generiche allegazioni di parte opponente, non supportate da alcuna documentazione contabile sui pagamenti effettuati (tale da rendere esplorativa, sul punto, la ctu contabile, pur richiesta), non è contestato dalla banca opposta (cfr. atto di precetto) il pagamento delle rate di mutuo (comprensive di sorte capitale ed interessi corrispettivi, come partitamente indicati nel piano di ammortamento allegato al contratto di mutuo ) sino alla soglia in conto capitale di Euro ___.

In dettaglio, nel precetto opposto si intima il pagamento della residua somma capitale (in sé non contestata) di Euro ___ (di cui Euro __ per quota capitale delle rate mensili insolute a partire dalla prima rata impagata del __ alla data di estinzione; Euro __ per residuo capitale a scadere alla data dell’ultima rata impagata sino alla data di effettivo soddisfo).

Esclusa, dunque, ex art. 1815 comma 2 c.c. la debenza di qualsivoglia interesse sull’importo residuo in conto capitale richiesto dalla banca, detto importo, pari ad Euro __, corrisponde esattamente all’importo in conto capitale di cui alla __ rata del piano di ammortamento.

Con la conseguenza che deve ritenersi provato, siccome non contestato, il pagamento da parte degli attori delle prime __ rate di mutuo, comprensive di capitale ed interessi corrispettivi.

L’importo corrisposto sine titulo, in ragione della dichiarata nullità estesa anche alla clausola relativa agli interessi corrispettivi, ascende, dunque, ad Euro __.

Entro detti limiti, merita, dunque, parziale accoglimento la domanda di ripetizione ex art. 2033 c.c. avanzata dagli opponenti, con condanna della banca opposta alla restituzione in favore dei primi della somma di Euro __, oltre interessi al saggio legale dalla data della domanda giudiziale (cfr. sul punto Cass. n. 4745 del 04/03/2005) sino all’estinzione (nella specie per effetto della compensazione; cfr. infra).

Nulla è dovuto a titolo di rivalutazione monetaria, in carenza di allegazione e prova ex art. 1224 comma 2 c.c. del maggior danno, venendo in rilievo un debito di valuta e non di valore (Cass. 4402 del 24/02/2009, Cass. n. 4745 del 04/03/2005, in termini Cass. 12.03.2014, n.5639).

Sino alla concorrenza del credito sopra accertato in favore degli opponenti va, dunque, accolta la conseguenziale domanda di compensazione con il contro-credito precettato dalla convenuta opposta in conto capitale.

Indi, compensati i reciproci crediti, deve accertarsi la sussistenza del minor credito in favore dell’opposta di Euro __ in conto capitale con esclusione ex art. 1815 comma 2 c.c. di qualsivoglia interesse, corrispettivo o moratorio.

2.3 Sulle ulteriori domande di parte opponente.

Per converso, risultano infondate, al limite della temerarietà, le ulteriori domande avanzate dagli opponenti.

Nessun meccanismo anatocistico nella determinazione degli interessi viene in rilievo nel piano di ammortamento alla francese previsto dal contratto di mutuo de quo: la rata viene determinata in modo che soddisfi un principio finanziario basilare, ovvero che la sommatoria dei valori attuali delle rate debba essere esattamente pari al capitale finanziato; il calcolo degli interessi, qualsiasi sia la durata complessiva del piano e la cadenza periodica dei pagamenti, è sempre e comunque effettuato sul debito residuo, ovvero sul capitale che rimane da restituire al finanziatore; a partire poi dall’interesse si determina per differenza la quota capitale del pagamento, la cui restituzione viene portata a riduzione del debito; in tal modo, l’interesse non è mai produttivo di altro interesse, ovvero non viene mai cumulato al capitale ma, tramite pagamenti periodici, viene, per così dire, separato in maniera netta dal capitale in quanto esso viene calcolato esclusivamente sul debito residuo.

Contraria ictu oculi alla testuale previsione di cui agli artt. 2, 3,4, 10 e 11 del contratto di mutuo, corredato di piano di ammortamento analitico, è poi l’eccezione di nullità del contratto per omessa determinazione delle condizioni economiche e dell’ISC, sollevata da parte opponente in sede di precisazione delle conclusioni.

Del pari pretestuosa è, così come genericamente allegata, la dedotta carenza di causa del mutuo. Inconferente è, infine, la generica deduzione degli opponenti in ordine ad una fideiussione non meglio precisata.

  1. Spese di lite

L’esito complessivo della lite (accoglimento parziale dell’opposizione in punto di usura e ripetizione dell’indebito/compensazione, con rigetto delle plurime ulteriori domande ed eccezioni) ed il contrasto giurisprudenziale in atto su questioni dirimenti (id est, in particolare, la portata applicativa della sanzione di cui all’art. 1815 co. 2 c.c.), giustificano ex art. 92 comma 2 c.p.c. la compensazione integrale delle spese di lite del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale di Marsala, Sezione civile, nella composizione in epigrafe, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda, eccezione e/o istanza disattesa o assorbita, così provvede:

1) in parziale accoglimento dell’opposizione ex art. 615 comma 1 c.p.c., dichiara la nullità parziale del contratto di mutuo fondiario, stipulato inter partes per atto pubblico il (…), rep (…) e racc. (…), relativamente alla clausola determinativa degli interessi moratori ai sensi dell’art. 1815 comma 2 c.c. e la conseguente non debenza di alcun interesse;

2) accerta la sussistenza del diritto della banca opposta di procedere esecutivamente nei confronti degli opponenti, in solido tra loro, per la sola somma in conto capitale di Euro __, senza interessi, illegittimamente richiesti;

3) accerta il diritto degli opponenti ai sensi dell’art. 2033 c.c. di ripetere dalla banca opposta le somme corrisposte in esecuzione della clausola determinativa degli interessi, anche corrispettivi, dichiarata nulla, per un totale di Euro __, oltre interessi al saggio legale dalla data della domanda giudiziale sino alla compensazione sub 4);

4) per l’effetto, operata la compensazione dei reciproci crediti sub 2) e 3) sino alla concorrenza dell’importo di Euro __, accerta la sussistenza del minor credito in favore della banca opposta ed a carico degli opponenti, in solido tra loro, di Euro __;

5) compensa integralmente le spese di lite;

6) dispone trasmettersi copia della presente sentenza e degli atti di causa alla Procura della Repubblica in sede per le valutazioni di sua competenza.

Così deciso in Marsala, il 7 gennaio 2018.

Depositata in Cancelleria il 8 gennaio 2018.

Trib_Marsala_08_01_2018




Esecuzione Forzata Opposizione all’esecuzione forzata Opposizione a decreto ingiuntivo Opposizione a precetto Notificazione

Esecuzione Forzata Opposizione all’esecuzione forzata Opposizione a decreto ingiuntivo Opposizione a precetto Notificazione

Corte d’Appello di Torino, Sezione I Civile, Sentenza del 10-01-2018

Con sentenza del 10 gennaio 2018 la Corte d’Appello di Torino, Sezione I Civile, ha stabilito che qualora sia già stata promossa esecuzione forzata in base ad un titolo esecutivo costituito da decreto ingiuntivo non tempestivamente opposto, l’esecutato deve proporre opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615, comma 1, c.p.c. , se intende negare che il decreto gli sia mai stato validamente notificato, mentre, ove intende dolersi della sola irregolarità della notificazione, deve proporre opposizione tardiva a decreto ingiuntivo, ai sensi dell’art. 650 c.p.c.; opposizione non più ammessa decorsi dieci giorni dal primo atto di esecuzione.


Corte d’Appello di Torino, Sezione I Civile, Sentenza del 10/01/2018

Esecuzione Forzata Opposizione all’esecuzione forzata Opposizione a decreto ingiuntivo Opposizione a precetto Notificazione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI TORINO

SEZIONE I CIVILE

Riunita in camera di consiglio nelle persone dei signori magistrati:

Dott. ___ – PRESIDENTE

Dott. ___ – CONSIGLIERE

Dott. ___ – CONSIGLIERE REL.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. ____ R.G.

promossa da:

V.L., rappresentata e difesa dall’avv. ___ ed elettivamente domiciliata presso ____

– APPELLANTE –

contro

A.N. SRL e per essa quale mandataria D.B., già U.C. SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. ___ ed elettivamente domiciliata presso _____

– APPELLATA –

Svolgimento del processo

  1. Con decreto n. _ emesso in data __ il Tribunale di __ ingiungeva alla A. S.R.L., nonché a __, coniugi, entrambi residenti in ___, fideiussori della A. S.R.L. sino alla concorrenza di Euro __, di provvedere immediatamente ed in via solidale fra loro al pagamento in favore di U.C. S.p.A. dell’importo capitale di Euro ___ oltre accessori come ivi indicati, per scoperto del conto corrente n. __.

In data __ il decreto, dichiarato provvisoriamente esecutivo, veniva notificato a tutti gli ingiunti in L__, e non era opposto.

  1. Veniva quindi radicata procedura esecutiva immobiliare iscritta al R.G. E. n. __ del Tribunale di__ e segnatamente:

– in data __ era notificato a V. L. in __, atto di precetto per Euro __ quale capitale ingiunto con il menzionato decreto ingiuntivo n__ emesso dal Tribunale di __, oltre interessi e spese; l’atto era ritirato dal marito;

– in data ___ era notificato alla predetta in ___, atto di pignoramento immobiliare; la notifica si perfezionava per mancato ritiro nel termine di 10 giorni del plico depositato presso l’Ufficio Postale;

La banca creditrice, sempre in forza del suddetto titolo, promuoveva procedura esecutiva presso terzi iscritta al R.G.E. n. ___ del Tribunale di __e in particolare:

– in data ___ era notificato a V L. nuovo atto di precetto;

– il ___ era notificato alla predetta in __, atto di pignoramento presso terzi avente ad oggetto le retribuzioni percepite dalla V. quale dipendente della ___; la notifica era perfezionata per mancato ritiro nel termine di 10 giorni del plico depositato presso l’Ufficio Postale;

– con Provv. __ il Tribunale di__ assegnava alla Banca procedente la somma pari ad 1/5 della retribuzione.

  1. Infine, con lettera A/R datata ___ inviata da A.N. SPA, avente causa dalla U.C. S.p.A. (e per essa dalla mandataria D. SPA), e ricevuta il ____, la sig.ra V. veniva diffidata a provvedere al pagamento della somma di Euro ___ per mancato rimborso del mutuo ipotecario del ___da parte di A. SRL e rispetto al quale la predetta aveva rilasciato fideiussione specifica sino alla concorrenza di Euro ___.
  2. L.V. ha proposto appello “in opposizione al decreto ingiuntivo n. __ del ___”, deducendo l’inesistenza della notificazione del decreto suddetto, a tale riguardo assumendo che solo a seguito della notifica del secondo precetto in data ___, dell’atto di pignoramento presso terzi notificatole in data ___ e quindi della lettera A/R relativa al mutuo ipotecario, sarebbe venuta a conoscenza dell’esecuzione immobiliare avente ad oggetto la sua abitazione nonché delle altre precedenti iniziative giudiziali assunte dalla Banca nei propri confronti, di cui non aveva avuto in precedenza alcuna notizia e questo in quanto:

1) l’avviso di ricevimento della notifica del decreto ingiuntivo in data ___ recherebbe una firma falsa a lei attribuita (l’appellante chiede di produrre attestazione __ della Regione Piemonte da cui si evincerebbe che in tale data era sul posto di lavoro, a circa 40 km di distanza dalla sua abitazione);

2) l’avviso immesso nella cassetta relativo alla notifica dell’atto di precetto ritirato dal marito convivente in data ___ sarebbe stato probabilmente da questi sottratto, così come la raccomandata di avviso successivamente inviata;

3) le “stesse eccezioni di mancata conoscenza, nullità/inesistenza notifiche e sottrazione di atti e lettere” varrebbero per l’atto di pignoramento immobiliare del ___ e per tutte le comunicazioni relative alla esecuzione immobiliare.

4.1. Con i motivi di appello si censurano vizi del decreto ingiuntivo e della sua notifica, vizi dell’atto di precetto e della sua notifica, vizi dell’atto di pignoramento immobiliare e della sua notifica, e segnatamente:

1) viene sollevata eccezione di nullità del decreto ingiuntivo (con “richiesta di rimessione in termini ex art. 294 c.p.c.”) per nullità/inesistenza della notifica, e – a cascata – viene eccepita la nullità degli atti di esecuzione consequenziali, affermandosi che sarebbe “ragionevole pensare che il R. abbia tenuto all’oscuro la moglie della situazione debitoria anche per il fatto colposo della banca”;

2) viene contestata l’esistenza di validi contratti di fideiussione sottoscritti dall’appellante e da funzionario della banca dotato di poteri rappresentativi (l’appellante ha disconosciuto anche la sottoscrizione a lei attribuita delle fideiussioni, che afferma recare firme false);

3) vengono sollevate molteplici eccezioni relative ai rapporti intercorrenti tra la Banca e la società debitrice principale, posti a fondamento del ricorso monitorio.

L’appellante, con le formulate conclusioni, ha chiesto quindi – previa dichiarazione di nullità del decreto ingiuntivo e rimessione in termini ex 294 c.p.c. – dichiararsi improcedibile la domanda della banca per mancato esperimento della mediazione obbligatoria e, comunque, accogliersi le eccezioni di merito sollevate, dichiarandosi che nulla è dovuto da L.S.R.V. alla U.C. SPA ed alla sua avente causa.

4.2. L’appellante ha infine proposto istanza di sospensione ex art. 351 c.p.c. avente ad oggetto – in difetto di una sentenza o ordinanza ritualmente appellabile:

– la “formula esecutiva del decreto ingiuntivo, nonché l’efficacia esecutiva e dell’esecuzione dei precetti dei titoli esecutivi e degli atti esecutivi successivi”, con la finalità dichiarata di “impedire la vendita degli immobili appartenenti all’appellante”,

  1. Si è costituita l’appellata depositando osservazioni nei confronti dell’istanza di sospensione, di cui chiede il rigetto allegando, in via preliminare, l’inammissibilità dell’appello in quanto esorbitante dai rimedi a disposizione nei confronti del provvedimento

– un decreto ingiuntivo – impugnato e comunque contestando la fondatezza delle censure proposte.

  1. All’udienza del __ le parti hanno richiamato quanto già dedotto in atti. L’appellante ha quindi proposto querela di falso avverso la relata della notifica del decreto ingiuntivo in questione, indicando come prove i documenti di cui all’istanza di sospensione dal n. 79 al n. 83 e insistendo nelle ulteriori istanze e richieste, anche istruttorie.

Parte appellata ha dichiarato di volersi avvalere dei documenti in oggetto, richiamando le osservazioni svolte, ed in particolare ribadendo che il mezzo di impugnazione azionato deve ritenersi abnorme riguardo all’atto impugnato.

All’esito, la Corte ha respinto l’istanza di sospensiva con ordinanza riservata datata __.

  1. All’udienza di prima comparizione del __, l’appellante ha rinnovato la richiesta di ammissione della querela di falso, altresì dichiarando di disconoscere la documentazione e le sottoscrizioni dei documenti nn. 5 e 6 prodotti in allegato alla comparsa di costituzione avversaria del __; parte appellata ha eccepito l’inammissibilità della querela di falso, essendo il documento impugnato irrilevante ai fini della decisione e ha chiesto fissarsi udienza di precisazione delle conclusioni.

La Corte, con ordinanza riservata resa in data __ ha respinto la richiesta di autorizzazione alla presentazione della querela di falso, ritenendo il documento impugnato (relazione di notifica del decreto ingiuntivo n. __ del __) non rilevante ai fini della decisione, così difettando il presupposto di ammissibilità previsto dall’art. 222 c.p.c.

Infine la causa è stata assunta a decisione all’udienza del __, sulle conclusioni come in epigrafe trascritte.

Motivi della decisione

  1. L’appello proposto da V.L. è inammissibile.

Nel caso in esame, l’atto impugnato non è una sentenza (ovvero una ordinanza ex art. 702bis c.p.c.), bensì un decreto ingiuntivo, e pertanto l’appello non risulta il mezzo di impugnazione esperibile avverso detto provvedimento.

Ora, nel solo caso di notificazione non effettuata o giuridicamente inesistente l’inefficacia del decreto ingiuntivo ex art. 644 c.p.c. può essere fatta valere con la procedura prevista dai primi due commi dell’art. 188 disp. att. c.p.c. o con autonoma azione ordinaria di accertamento negativo, come si evince dall’ultimo comma dell’art. 188 disp. att. c.p.c. (v. Cass. civ. Sez. 3, Sentenza n. 17478 del 23/08/2011 – Rv. 619448 – 01).

Qualora invece sia già stata promossa esecuzione forzata in base ad un titolo esecutivo costituito da decreto ingiuntivo non tempestivamente opposto, l’esecutato deve proporre opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615, primo comma, cod. proc. civ., se intenda negare che il decreto gli sia mai stato validamente notificato, mentre, ove intenda dolersi della sola irregolarità della notificazione, deve proporre opposizione tardiva a decreto ingiuntivo, ai sensi dell’art. 650 cod. proc. civ.; opposizione non più ammessa decorsi dieci giorni dal primo atto di esecuzione (v. Cass. civ. Sez. 3, Sentenza n. 1219 del 22/01/2014 – Rv. 629443-01).

Infatti, in tema di opposizioni esperibili dal debitore esecutato, mentre, di regola, il processo esecutivo non preceduto dalla notificazione o dalla valida notificazione del titolo esecutivo e/o del precetto è viziato da una invalidità formale, il cui rimedio è individuabile nell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., se l’esecuzione sia intrapresa in forza di un titolo costituito da decreto ingiuntivo, il debitore deve proporre opposizione alla esecuzione ex art. 615 c.p.c., ove deduca l’inesistenza della notifica del provvedimento monitorio, oppure l’opposizione tardiva di cui all’art. 650 c.p.c., qualora denunci un vizio della notificazione non riconducibile all’inesistenza (Cass. civ. Sez. 3, Sentenza n. 17308 del 31/08/2015 – Rv. 636479 – 01).

  1. In nessuna delle ipotesi richiamate è comunque contemplata l’esperibilità del rimedio dell’appello.
  2. Ad abundantiam, pur non dovendo – né potendo – entrare nel merito delle dedotte questioni – la Corte evidenzia come, dagli stessi atti della procedura esecutiva immobiliare prodotti da parte appellante, risulti – con riguardo alla decorrenza del termine di cui all’art. 650, ultimo comma, c.p.c.:

– che in data __ il perito stimatore nominato del G.E. si era recato presso l’abitazione della esecutata, dopo avere concordato tale data direttamente con la stessa, presente in sede di sopralluogo (cfr. verbale di sopralluogo in data __, ove peraltro il nominativo dell’esecutata è sottoposto ad omissis);

– ancora più chiaramente, che il __ il custode dei beni pignorati aveva effettuato altro sopralluogo, dando espressamente atto a verbale della presenza della sig.ra V., identificata mediante carta di identità, annotando che la stessa dichiarava di rendersi disponibile a collaborare con l’Istituto Vendite e sottoscriveva il verbale.

  1. L’appello deve essere pertanto dichiarato inammissibile.

Consegue la condanna dell’appellante al rimborso delle spese di lite in favore di parte appellata, liquidate in dispositivo in relazione ai valori medi del relativo scaglione previsto dal D.M. n. 55 del 2014 (da Euro __ ad Euro __), con riguardo alle fasi del giudizio effettivamente svolte, ivi compresa quella di trattazione delle questioni incidentali (sospensiva e querela di falso), liquidata ai valori minimi dello scaglione in ragione della relativa minore complessità.

Sussistono altresì i presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 perché la parte appellante sia dichiarata tenuta al versamento di ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari all’importo dovuto per lo stesso titolo e la stessa impugnazione.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta al n. ___ R.G., la Corte d’Appello di Torino, Prima Sezione Civile, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione reiette, così decide:

DICHIARA inammissibile l’appello proposto da V.L. avverso il decreto ingiuntivo n. ___, emesso in data __ e depositato in data ___ dal Tribunale di __;

CONDANNA parte appellante al rimborso, in favore dell’appellata A.N. SRL e per essa quale mandataria D.B., già U.C. SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in complessivi Euro __ di cui Euro __ per la fase di studio, Euro __ per la fase introduttiva, Euro __ per la fase di trattazione, Euro __ per la fase decisoria, oltre spese generali nella misura del 15%, CPA e IVA sulle somme imponibili;

DICHIARA la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 perché la parte appellante sia dichiarata tenuta al versamento di ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari all’importo dovuto per lo stesso titolo e la stessa impugnazione.

Così deciso nella Camera di Consiglio della Prima Sezione Civile in data 1 dicembre 2017.

Depositata in Cancelleria il 10 gennaio 2018.

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Esecuzione Forzata Menzione nel precetto del provvedimento e della formula esecutiva Opposizione al precetto Titolo esecutivo Notificazione opposizione a precetto Nuova notifica 

Esecuzione Forzata Menzione nel precetto del provvedimento e della formula esecutiva Opposizione al precetto Titolo esecutivo Notificazione opposizione a precetto Nuova notifica 

Cassazione Civile, Sezione I, Ordinanza del 28-02-2018, n. 4705

Con ordinanza del 28 febbraio 2018 la Cassazione Civile, Sezione I, in tema di opposizione a precetto, quando il titolo esecutivo sia costituito da un decreto ingiuntivo, ha stabilito che ai sensi dell’art. 654 c.p.c. non è necessaria una nuova notificazione del medesimo, essendo sufficiente che nel precetto si indichino le parti e la data della notifica dell’ingiunzione e si menzioni il provvedimento che ha disposto l’esecutorietà e l’apposizione della formula esecutiva. (Nella specie la Suprema Corte ha ritenuto valido il precetto su decreto ingiuntivo, in seno al quale era stata enunciata l’intervenuta estinzione del relativo giudizio di opposizione e indicata la data in cui sul medesimo era stata apposta la formula esecutiva).


Cassazione Civile, Sezione I, Ordinanza del 28-02-2018, n. 4705

Esecuzione Forzata Menzione nel precetto del provvedimento e della formula esecutiva Opposizione al precetto Titolo esecutivo Notificazione opposizione a precetto Nuova notifica 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. _____ – Presidente –

Dott. _____ – Consigliere –

Dott. _____- Consigliere –

Dott. _____ – rel. Consigliere –

Dott. _____ – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso ______ proposto da:

Curatela del Fallimento della Società ___ S.n.c., in persona del Curatore Fallimentare dott. ____, elettivamente domiciliata in _____ presso lo studio dell’avv. ____, rappresentata e difesa dall’avv. ____, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

N.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. ___ del TRIBUNALE di BARI, depositata il _____;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del ____ dal cons. ____;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale ____, che ha chiesto che la Corte rigetti il primo motivo del ricorso, accolga il secondo, assorbiti gli altri motivi, cassi la sentenza impugna impugnata e, decidendo nel merito, rigetti l’opposizione.

Svolgimento del processo

  1. – N.G. proponeva opposizione ex art. 617 c.p.c. al precetto notificatogli dalla Curatela del Fallimento ____ s.n.c.: precetto con cui era stato intimato il pagamento della somma di Euro ___ in forza del titolo esecutivo costituito da un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Bari. Assumeva l’istante, per quanto qui rileva, la nullità del precetto per omessa indicazione del provvedimento che aveva disposto l’esecutorietà del decreto monitorio, giusta la previsione di cui all’art. 654 c.p.c., comma 2.

Il Fallimento resisteva all’opposizione assumendo che risultavano integrati i requisiti minimi sufficienti per l’individuazione del titolo esecutivo azionato col precetto; rilevava, altresì, di aver indicato che il decreto ingiuntivo era divenuto esecutivo per effetto dell’estinzione del giudizio di opposizione e di avere altresì menzionato la data di apposizione della formula esecutiva.

Il giudizio era definito con sentenza pronunciata il _____ a norma dell’art. 281 sexies c.p.c., dopo che il difensore della curatela, una volta precisate le conclusioni e discussa la causa, aveva chiesto il rinvio di quest’ultima ad altra udienza. Con sentenza in pari data, quindi, il Tribunale accoglieva l’opposizione, dichiarando la nullità del precetto intimato, e condannava l’opposta al pagamento dei due terzi delle spese processuali sostenute dall’opponente.

  1. – La sentenza è impugnata per cassazione dal Fallimento (OMISSIS) con un ricorso articolato in quattro motivi. N.G. non ha svolto difese nella presente sede. Il pubblico ministero ha rassegnato le proprie conclusioni scritte.

Motivi della decisione

  1. – Deve premettersi che è pervenuta presso la cancelleria della Corte una istanza, a firma del professionista che si qualifica difensore di N., avente ad oggetto il differimento della trattazione del ricorso in camera di consiglio. In tale istanza si fa riferimento al decesso del difensore della Curatela.

Rileva il Collegio che l’istanza deve ritenersi irrituale, dal momento che è corredata di una semplice copia, non quindi dell’originale, della procura speciale che sarebbe stata conferita al difensore di N.G.. In ogni caso, il decesso menzionato nell’atto non assume rilievo nel giudizio di legittimità e, del resto, la fissazione dell’adunanza in camera di consiglio è stata regolarmente comunicata al procuratore domiciliatario del Fallimento, giusta l’art. 380 bis c.p.c., comma 1.

  1. – Il primo motivo lamenta errores in procedendo, avendo riguardo alla violazione e falsa applicazione dell’art. 281 sexies c.p.c. e dell’art. 35 disp. att. c.p.c.. Deduce il ricorrente che il Tribunale, nel negare il richiesto rinvio della discussione orale ad altra udienza, aveva violato un proprio diritto, posto che l’immediata decisione della causa poteva aver luogo solo se entrambe le parti vi avessero consentito. Lo stesso istante si duole, altresì, dell’illegittimità della condotta processuale del giudice di prime cure, il quale avrebbe dovuto dare immediata lettura della sentenza: ciò che non era accaduto. Infine, rileva il ricorrente che la sentenza impugnata non faceva corpo con il verbale dell’udienza, ma conteneva, al suo interno, il solo foglio della precisazione delle conclusioni.

2.1. – La prima delle indicate censure è inammissibile, dal momento che il ricorrente non indica quale sia stato, in concreto, il pregiudizio da lui sofferto per effetto del mancato differimento dell’udienza di discussione: e cioè quali particolari argomenti difensivi – diversi da quelli fatti valere all’udienza del __, allorquando la causa fu decisa – egli avrebbe apportato alla discussione che si sarebbe tenuta in una data successiva. Va qui ricordato che dai principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e di interesse ad agire si desume quello per cui la denunzia di vizi dell’attività del giudice che comportino la nullità della sentenza o del procedimento, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, non tutela l’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce soltanto l’eliminazione del pregiudizio del diritto di difesa concretamente subito dalla parte che denuncia il vizio, con la conseguenza che l’annullamento della sentenza impugnata si rende necessario solo allorché nel successivo giudizio di rinvio il ricorrente possa ottenere una pronuncia diversa e più favorevole rispetto a quella cassata (Cass. 12 dicembre 2014, n. 26157; Cass. 7 febbraio 2011, n. 3024; Cass. 23 febbraio 2010, n. 4340): ne discende che la parte che propone ricorso per cassazione facendo valere un vizio dell’attività del giudice, lesivo del proprio diritto di difesa, ha l’onere di indicare il concreto pregiudizio derivato Cass. 12 dicembre 2014, n. 26157 cit.; Cass. 23 febbraio 2010, n. 4340 cit.).

La questione incentrata sul rilievo per cui la lettura della sentenza non si porrebbe in rapporto di stretta consecuzione temporale con la discussione orale della causa è priva di fondamento. Dallo stesso verbale di udienza, riprodotto, nella parte che interessa, nel ricorso, emerge che il giudice provvide alla suddetta lettura dopo aver trattato la causa ed essersi ritirato in camera di consiglio: incombente, quest’ultimo, necessitato dalla spendita dell’attività deliberativa che precede la pubblicazione della sentenza e che è perciò inidoneo ad interrompere la relazione sequenziale, imposta per legge, tra la discussione della causa e la lettura del dispositivo, oltre che delle ragioni, in fatto e in diritto, della decisione.

Inammissibile è, infine, la terza censura. Se è vero che la sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. non è atto distinto dal verbale di causa che la contiene e nel quale il giudice inserisce la redazione del dispositivo e dei motivi della decisione, come si ricava, in particolare, dall’art. 35 disp. att. c.p.c., nel testo novellato dal D.Lgs. n. 51 del 1998, art. 117 (Cass. 7 maggio 2009, n. 10501; Cass. 9 gennaio 2004, n. 118), è altrettanto vero che la contestazione, in sede di legittimità, dell’accorpamento della decisione al verbale – quale che possa essere la rilevanza, sul piano delle conseguenze processuali, di tale evenienza – imponeva alla parte di dar conto, nel ricorso, del preciso contenuto del verbale di udienza, in modo da porre la Corte di cassazione nelle condizioni di prendere conoscenza del vizio denunciato (e ciò in conformità del principio per cui ove sia denunciato un error in procedendo, la parte, nel rispetto del principio di autosufficienza, ha l’onere di riportare, nel ricorso, gli elementi ed i riferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio processuale, onde consentire alla Corte di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo del corretto svolgersi dell’iter processuale: per tutte: Cass. 30 settembre 2015, n. 19410). Nella fattispecie, l’istante ha mancato di fornire elementi da cui potesse desumersi che il verbale di udienza non facesse corpo con la sentenza impugnata: è anzi da sottolineare come il passaggio del predetto verbale – trascritto, come si è visto, dal ricorrente – in cui il giudice ha dato atto della lettura del dispositivo e dei motivi della decisione faccia ritenere l’esatto contrario; infatti, il provvedimento, proprio in quanto richiamato nel verbale, è venuto a costituirne, di fatto, parte integrante.

  1. – Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 480, 654 e 653 c.p.c.. Assume il ricorrente che erroneamente il Tribunale aveva ritenuto il precetto carente dell’esistenza e dei dati identificativi del provvedimento che aveva disposto l’esecutorietà del decreto ingiuntivo: infatti, nel precetto era stato precisato che, essendo stata dichiarata l’estinzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, quest’ultimo aveva acquistato efficacia esecutiva e che in data ___ l’ingiunzione era stata munita della relativa formula.

3.1. – Con il terzo mezzo il ricorrente censura la sentenza impugnata per omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in riferimento anche agli artt. 653 e 654 c.p.c.

Deduce che la pronuncia si fonderebbe sull’erroneo presupposto che le indicazioni contenute nell’atto di precetto non fossero sufficienti a integrare le condizioni prescritte dalle norme richiamate.

3.2. – Il secondo motivo è fondato e ciò determina l’assorbimento del terzo.

Il Tribunale ha ritenuto che il precetto fosse nullo per la mancata menzione, in esso, del provvedimento che aveva disposto l’esecutorietà del decreto ingiuntivo, così come previsto dall’art. 654 c.p.c., comma 2.

Nel precetto opposto la Curatela aveva però evidenziato che il giudizio di opposizione era stato dichiarato estinto con ordinanza del ___, che l’ingiunzione aveva di conseguenza acquistato efficacia esecutiva e che la formula esecutiva era stata apposta il ___.

Tali indicazioni sono da ritenere senz’altro idonee a integrare la richiesta menzione del provvedimento che ha disposto l’esecutorietà e l’apposizione della formula (per una fattispecie simile, si veda, in motivazione, Cass. 30 maggio 2007, n. 12731, che ha ritenuto validamente intimato il precetto contenente la data della pronuncia del decreto ingiuntivo, quella della notificazione di esso e quella in cui il decreto era divenuto provvisoriamente esecutivo, con implicita attestazione dell’apposizione della formula esecutiva). E infatti, l’enunciazione della estinzione del procedimento di opposizione e l’indicazione del provvedimento con cui era stata concessa l’esecutorietà al decreto consentivano alla controparte, cui era stato notificato il precetto, di avere contezza del fatto che tale atto si riferiva a una pretesa consacrata in un provvedimento (il decreto ingiuntivo) che aveva assunto il valore di titolo esecutivo.

Mette conto di aggiungere che questa Corte è pervenuta ad analoghe conclusioni in fattispecie del tutto analoga, in cui parte ricorrente era proprio l’odierna Curatela (Cass. 24 aprile 2015, n. 8402, non massimata).

  1. – Il quarto mezzo lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., nonché erronea ed insufficiente motivazione. Osserva l’istante che la controparte era risultata integralmente soccombente con riferimento alla domanda risarcitoria di cui all’art. 96 c.p.c. e che, ricorrendo una reciproca soccombenza, le spese di causa avrebbero dovuto essere compensate per l’intero.

Anche tale motivo risulta assorbito, stante la fondatezza del secondo mezzo di censura.

  1. – Quest’ultimo va conclusivamente accolto, mentre il primo deve essere invece respinto; i restanti sono invece assorbiti.

La sentenza è cassata con riferimento al motivo accolto. Non ravvisandosi la necessità di ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, in applicazione dell’art. 384 c.p.c., rigetta l’opposizione.

Segue la condanna dell’opponente al pagamento delle spese di causa (quelle del merito e quelle del giudizio di legittimità).

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo, dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione; condanna l’opponente al pagamento delle spese del primo grado del giudizio, liquidate in Euro ___ (di cui Euro __ per esborsi), oltre accessori, come per legge, nonché al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro __, comprensivi degli esborsi, liquidati in Euro __, maggiorate delle spese forfettarie, nella misura del 15%, e degli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 12 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2018

Cass_civ_Sez_I_Ord_28_02_2018_n_4705




Arricchimento senza giusta causa Recupero del credito fra imprenditori Opposizione a decreto ingiuntivo Fondatezza della pretesa creditoria Fondatezza della pretesa creditoria

Arricchimento senza giusta causa Recupero del credito fra imprenditori Opposizione a decreto ingiuntivo Fondatezza della pretesa creditoria Fondatezza della pretesa creditoria

Tribunale Ordinario di Ferrara, Sezione Civile, Sentenza del 29-03-2018

Con sentenza del 29 marzo 2018 il Tribunale Ordinario di Ferrara, Sezione Civile, in tema di ingiunzione civile e giudizio di opposizione, con riferimento al recupero del credito fra imprenditori, ha stabilito che il giudice deve accertare la fondatezza della pretesa fatta valere dall’opposto, che assume la posizione sostanziale di attore. L’opponente, invece, nella sua posizione sostanziale di convenuto, ha l’onere di contestare il diritto azionato con il ricorso, facendo valere l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda o l’esistenza di fatti estintivi o modificativi di tale diritto


Tribunale Ordinario di Ferrara, Sezione Civile, Sentenza del 29-03-2018

Arricchimento senza giusta causa Recupero del credito fra imprenditori Opposizione a decreto ingiuntivo Fondatezza della pretesa creditoria Fondatezza della pretesa creditoria

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI FERRARA

SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice _______

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di secondo grado iscritta al n. r.g. _______, promossa da:

L.C. e C. SRL, entrambi con il patrocinio dell’avv. ______, elettivamente domiciliati in _______, presso il difensore

APPELLANTI

contro

  1. SRL, con il patrocinio degli avv.ti _____, elettivamente domiciliata in _____ presso i difensori

APPELLATA

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La C. s.r.l. e il dott. L.C. hanno proposto appello avverso la sentenza n. ____, emessa dal Giudice di Pace di Ferrara dott. _____, depositata il ____, chiedendo preliminarmente di sospendere l’esecutività di detta sentenza; sempre in via pregiudiziale di dichiarare la nullità della domanda riconvenzionale spiegata ex adverso; in via principale e nel merito, respingere l’opposizione nonché la domanda riconvenzionale ex adverso spiegata, perché infondata in fatto e in diritto, dandosi atto che il dott. C. è subentrato all’originario creditore; in ogni caso, dichiarare tenuta e, conseguentemente condannare la società opponente al pagamento in favore di L.C. della somma di Euro ____ o quella diversa che sarà ritenuta di giustizia o equità, oltre agli interessi dalla messa in mora al saldo effettivo; in via subordinata istruttoria, ha chiesto interrogatorio formale e prova testi.

Si è costituita S. s.r.l., chiedendo in via preliminare ex art. 348 bis per i suesposti motivi, si chiede che l’impugnazione ex adverso proposta sia dichiarata inammissibile in quanto alla luce dello svolgimento dei fatti e della corretta sentenza di primo grado non ha una ragionevole probabilità di essere accolta, essendo del tutto infondata in fatto e in diritto; in via preliminare subordinata, rigettare in quanto manifestamente infondata in fatto e in diritto l’stanza di sospensione e, per l’effetto, confermata l’efficacia esecutiva di tale decisione, condannare gli appellanti al pagamento della pena pecuniaria prevista dall’art. 283 comma 2 c.p.c.; nel merito, previa correzione di errore materiale con conseguente condanna del terzo intervenuto, dott. L.C., al pagamento solidale delle spese di lite e di c.t.u., respingere l’appello proposto da C. s.r.l. e L.C., in quanto infondato in fatto e in diritto per le ragioni esposte in narrativa, confermando integralmente la sentenza gravata; a tal fine si ribadiscono le conclusioni riportate in primo grado nelle note conclusive ed all’udienza del ___. In via istruttoria, con ciò senza voler invertire l’onere della prova gravante su C. s.r.l. ha chiesto l’ammissione delle istanze istruttorie ritualmente dedotte nelle memorie ex art. 320 c.p.c., opponendosi a quelle avversarie.

La causa è stata istruita con l’acquisizione dei documenti depositati dalle parti e trattenuta in decisione all’udienza del ____.

Per le ragioni che seguono, l’appello è infondato e non può essere accolto, sebbene debba confermarsi il rigetto della richiesta di dichiarare inammissibile l’impugnazione ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. va rigettata, mancando i presupposti per la pronuncia dell’ordinanza in commento, in ordine al giudizio di probabilità sull’accoglimento dell’impugnazione, avuto riguardo alla necessità di precisare le ragioni in diritto della fondatezza dell’opposizione. Per analoga ragione è stata rigettata, pur non essendo stata accolta l’istanza di sospensione ex art. 283 c.p.c. formulata da parte appellante, la richiesta di applicazione della pena pecuniaria di cui al secondo comma della medesima norma, non essendo l’istanza inammissibile e difettando le ragioni di manifeste infondatezza della stessa.

Venendo al merito, i fatti di causa vanno ricostruiti come segue.

La S. s.r.l. ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo ____ emesso dal Giudice di Pace di Ferrara su istanza di C. s.r.l., deducendo la carenza di legittimazione ad agire in via monitoria di quest’ultima per essere stato il credito ceduto a L.C. prima della notifica del decreto ingiuntivo e, nel merito, contestando l’ammontare delle fatture, ritenendo sattisfattive le somme già versate a C. s.r.l., con domanda riconvenzionale di restituzione delle somme versate in eccesso.

La C. s.r.l., costituendosi in primo grado, ha contestato la domanda chiedendo la conferma del decreto ingiuntivo opposto.

È intervenuto ex art. 105 c.p.c. L.C., contestando l’opposizione e chiedendo la conferma del decreto ingiuntivo.

Ritenuta infondata l’eccezione relativa alla carenza di legittimazione ad agire in via monitoria ed istruita la causa con c.t.u. il Giudice di Pace ha così disposto: “accoglie l’opposizione proposta da S. s.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore e, per l’effetto, annulla il decreto ingiuntivo emesso dal Giudice di Pace di Ferrara n. __ – R.G. n. ___ emesso in data ___; condanna C. s.r.l., in persona del suo legale rappresentante al pagamento in favore della S. s.r.l. in persona del suo legale rappresentante pro tempore della somma di Euro __ oltre interessi dal ___ al saldo effettivo; parte opposta C. s.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore e il terzo intervenuto sig. A.C., in solido tra loro, al pagamento, in favore di parte opposta, delle spese di lite che liquida in complessive Euro __, oltre spese forfettarie, C.P.A. ed I.V.A. come per legge, oltre al pagamento della C.T.U. liquidata in Euro __ oltre accessori di legge; rigetta ogni ulteriore domanda proposta dalle parti”.

Parte appellante contesta, in primo luogo, l’errata statuizione circa la necessità di un accordo scritto sulla misura del compenso spettante a C. s.r.l., in quanto il compenso del professionista va determinato, in via principale, sulla base dell’accordo intercorso tra le parti e, in via subordinata, sulla scorta delle tariffe professionali. Contesta inoltre, la nullità della sentenza per totale carenza di motivazione in ordine all’accoglimento della domanda riconvenzionale avversaria, in quanto le fatture emesse dalla C. Srl nei confronti della società opponente sono state regolarmente pagate e mai contestate dalla S. srl fino alla notifica del decreto ingiuntivo opposto, per cui il giudice di prime cure non avrebbe potuto accogliere la domanda riconvenzionale, posto che nel caso di specie non ricorrono le condizioni per l’applicazione della disciplina dell’indebito oggettivo. Con riferimento alla quantificazione delle spettanze della C. s.r.l., la stessa, posto che lo stesso CTU scrive nell’elaborato peritale che non esistono tariffe per i CED, contesta l’applicazione delle tariffe di settore per le sole rilevazioni contabili, poiché nel caso de quo sono state effettuate anche altre prestazioni. Infine la C. s.r.l. lamenta la mancata ammissione dei mezzi istruttori, non motivata, e rilevante perché avrebbe consentito di confermare l’esistenza di un accordo verbale inter partes circa la misura del compenso spettante alla C. Srl, in base al quale quest’ultima ha diritto di ricevere la somma di Euro __ per prestazioni di contabilità dalla stessa effettuate.

Con riferimento alla cessione tra C. s.r.l. e L.C., effettuata in data __, documentata e pacifica tra le parti e notificata a S. s.r.l. il ___, essa, pur essendo intervenuta effettivamente in data anteriore al deposito del ricorso per decreto ingiuntivo, comporta certamente la revoca del decreto ingiuntivo, ma non esclude di per sé la sussistenza del debito, posto che L.C., costituendosi ex art. 105 c.p.c. ha dato atto del mandato al recupero del credito conferito a C. s.r.l. anteriormente al ricorso per decreto ingiuntivo e chiesto l’accertamento del credito in suo favore, quale titolare del credito in ragione della cessione.

Posta l’autonomia del giudizio di opposizione rispetto alla fase monitoria, l’accertamento di un debito in capo a S. s.r.l. imporrebbe in ogni caso la revoca del decreto ingiuntivo ma anche, in ipotesi di accertamento di un debito, la condanna al pagamento in favore del cessionario, il quale costituendosi e chiedendo la condanna in suo favore, far venir meno nella sostanza il mandato ad agire per il recupero del credito conferito a C. s.r.l., che dunque spiegherebbe i suoi effetti solo nella fase monitoria.

Ad ogni modo, la questione non impone alcuna riforma sul punto della sentenza, posto che non è stato riconosciuto alcun debito in capo all’opponente, odierna appellata.

Orbene, il credito azionato con il decreto ingiuntivo opposto ha ad oggetto la fattura __ del ___ per un totale di Euro __  relativa ad “elaborazioni records contabili periodo da luglio __ a settembre ___”.

La S. s.r.l. deduce di avere già pagato la fattura ___ per la somma complessiva di Euro __, relativa ad “elaborazioni records contabili periodo da gennaio a giugno __” e che tale somma appare integralmente sattisfattiva del compenso dovuto anche in relazione alle prestazioni oggetto della fattura ___, apparendo eccessiva la somma complessivamente pretesa.

Parte appellante deduce che erroneamente il Giudice di Pace avrebbe fatto applicazione di compensi professionali calcolati in base a tariffe, in quanto il compenso per prestazioni professionali va determinato in base alla tariffa e adeguato all’importanza dell’opera solo nel caso in cui esso non sia stato liberamente pattuito, in quanto l’art. 2233 c.c. pone una garanzia di carattere preferenziale tra i vari criteri di determinazione del compenso, attribuendo rilevanza in primo luogo alla convenzione che sia intervenuta fra le parti.

Pur essendo corretto il principio richiamato dall’appellante, e corroborato dalla giurisprudenza richiamata, non v’è dubbio che il Giudice di Pace si sia attenuto al disposto codicistico, considerato che nel caso di specie non è stato provato alcun accordo e che, quindi, correttamente andava quantificato il compenso mediante diverse modalità.

Pacifica infatti l’assenza di pattuizioni scritte (non necessarie, come l’appallante rileva, ma che avrebbero costituito utile fonte di prova), neppure la C. s.r.l. può dolersi della mancata ammissione della prova orale, considerato che nessuno dei capitoli formulati aveva ad oggetto circostanze la cui conferma avrebbe condotto a far ritenere provato l’accordo.

L’unica circostanza che concerne l’accordo è la numero 2 capitolata nella memoria ex art. 320 c.p.c.: essa è totalmente generica e non indica né quando l’accordo sarebbe intervenuto, tra quali soggetti e con quale contenuto; in particolare non è indicato il quantum del corrispettivo asseritamente pattuito o le modalità di calcolo dello stesso.

La conferma del capitolo, dunque, nulla avrebbe potuto provare in ordine alla congruità delle fatture emesse rispetto all’accordo.

Neppure il pagamento della precedente fattura ___ o di altre precedenti può costituire, come sostiene l’appellante, prova di un riconoscimento di debito od accettazione pro futuro della quantificazione del compenso da essa risultante, considerato peraltro che la stessa neppure contiene un riferimento al criterio di calcolo che la società destinataria avrebbe potuto in qualche modo verificare.

Non è stato dunque provata dunque l’esistenza di un accordo tra la S. s.r.l. e C. s.r.l. circa l’ammontare del compenso: tale onere gravava indubitabilmente sull’opposta, odierna appellante, posto che l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione: secondo l’orientamento consolidato della Suprema Corte, conseguentemente, nel procedimento “il giudice deve accertare la fondatezza della pretesa fatta valere dall’opposto, che assume la posizione sostanziale di attore, mentre l’opponente, il quale assume la posizione sostanziale di convenuto, ha l’onere di contestare il diritto azionato con il ricorso, facendo valere l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda o l’esistenza di fatti estintivi o modificativi di tale diritto”. (Cass., Sez. Prima, Sentenza n. 2421 del 03/02/2006).

Come detto, l’ingiunzione si fonda su una fattura ed è noto che la fattura commerciale, avuto riguardo alla sua formazione unilaterale ed alla funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all’esecuzione di un contratto, si inquadra fra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione indirizzata all’altra parte di fatti concernenti un rapporto già costituito (cfr., da ultimo, Cass., Sentenza n. 299 del 12/01/2016, Rv. 638451 – 01).

La fattura non prova, quindi, l’accordo ed in assenza della prova di tale accordo e del suo contenuto, correttamente il Giudice di Pace ha demandato al c.t.u. la quantificazione del compenso dovuto, posto che comunque l’effettuazione delle prestazioni non è contestata.

Relativamente all’an del compenso, va premesso che “l’esecuzione di una prestazione d’opera professionale di natura intellettuale effettuata da chi non sia iscritto nell’apposito albo previsto dalla legge dà luogo, ai sensi degli artt. 1418 e 2231 cod. civ., a nullità assoluta del rapporto tra professionista e cliente, privando il contratto di qualsiasi effetto, con la conseguenza che il professionista non iscritto all’albo o che non sia munito nemmeno della prescritta qualifica professionale per appartenere a categoria del tutto differente, non ha alcuna azione per il pagamento della retribuzione, nemmeno quella sussidiaria di arricchimento senza causa, sempreché la prestazione espletata dal professionista rientri in quelle attività che sono riservate in via esclusiva a una determinata categoria professionale, essendo l’esercizio della professione subordinato per legge all’iscrizione in apposito albo o ad abilitazione” (Cass. Sez. Seconda, Sentenza n. 14085 del 11/06/2010 nonché Cass., Sez. Seconda, Sentenza n. 7310 del 22/03/2017).

Al di fuori di tali attività vige, invece, il principio generale di libertà di lavoro autonomo o di libertà di impresa di servizi, a seconda del contenuto delle prestazioni e della relativa organizzazione: l’attività di elaborazione di dati, che costituisce oggetto dell’attività svolta da C. s.r.l., non è attività riservata a professionisti. In particolare, la C. s.r.l. ha provato l’oggetto dell’attività con i documenti 8-16 allegati alla memoria ex art. 320 c.p.c., dai quali è possibile evincere che trattasi essenzialmente di stampe mastrini, tenuta libri contabili e registri IVA, dunque di attività materiali di elaborazione dei dati forniti dal cliente relative alla tenuta della contabilità.

Dunque il rapporto contrattuale svolto tra le parti in causa non è nullo.

Quanto alla determinazione del compenso, come già rilevato, con l’art. 2233 c.c., il legislatore ha stabilito quali sono le fonti per la determinazione dello stesso, dettando una gerarchia dei criteri di liquidazione.

Come detto, la prima di tali fonti consiste nell’autonomia negoziale delle parti, le quali possono pattuire liberamente l’ammontare del compenso: si è avuto già modo di rilevare come, nel presente giudizio, non vi sia stata la dimostrazione dell’esistenza di un accordo tra le parti avente ad oggetto il quantum del compenso.

In mancanza di accordo tra le parti, si applicano le tariffe, fonte pertanto di rango sussidiario, con la funzione di assoggettare tutti i professionisti appartenenti a una medesima categoria a un eguale trattamento economico: per i centri di elaborazione dati non sono previste tariffe, posto che non sono applicabili quelle previste dagli albi professionali, essendo diverso l’oggetto dell’attività e contraria alla ratio della determinazione tariffaria, strettamente legata all’appartenenza alla categoria professionale.

Sempre rimanendo nel solco dell’art. 2233 c.c., va rilevato che, ove le precedenti fonti non possano trovare applicazione, la determinazione del compenso è rimessa al giudice, che è chiamato ad adeguare la misura del compenso all’importanza dell’opera e al decoro della professione.

Correttamente il giudice si è affidato alla determinazione effettuata dal c.t.u., il quale si è attenuto ai corrispettivi praticati da diversi soggetti del settore, dando conto dell’applicabilità di due doversi criteri di calcolo del compenso: quello che si basa sulle rilevazioni/registrazioni contabili effettuate e quello che si basa sul computo di tutte le righe di registrazioni che comportano un accredito o un addebito.

Utilizzando tali valori, il corrispettivo per l’attività di cui alla fattura ___, oggetto del decreto ingiuntivo opposto ammonta, considerando per entrambi i metodi il valore medio, ad euro sarebbero di Euro ___ (utilizzando il primo metodo) e di Euro ___ (utilizzando il secondo).

Posti questi valori, correttamente il Giudice di Pace è passato all’esame della domanda riconvenzionale formulata da S. s.r.l., domanda ritualmente e correttamente formulata, dovendosi rigettare sul punto il motivo di appello relativo alla nullità della sentenza per totale carenza di motivazione in ordine all’accoglimento della domanda riconvenzionale avversaria: ciò in quanto la domanda appare chiara nel suo presupposto (il versamento in eccesso di somme quantificate in Euro ___) e nel petitum (restituzione di tale somme). Del resto, dal tenore dell’atto e dell’elaborato peritale di parte allegato emerge chiaramente che il titolo della pretesa è il pagamento della fattura ___ per la somma complessiva di Euro __, relativa ad “elaborazioni records contabili periodo da gennaio a giugno __” per un importo ritenuto eccessivo.

Il titolo della pretesa restitutoria è individuato nell’assunto che la somma pagata a C. s.r.l. per la fattura __ costituisce un indebito oggettivo, per essere stata addebitata a C. s.r.l. una somma eccessiva per l’attività svolta.

Il pagamento della fattura costituisce il presupposto dell’indebito, e quindi della pretesa restitutoria, non potendo in alcun modo essere interpretato come un riconoscimento di debito, del quale non ha il requisito di espressione di volontà circa la quantificazione del credito risultante dalla fattura e che, comunque, sarebbe irrilevante ai fini decisori, in quanto il meccanismo di astrazione processuale di cui all’art. 1988 c.c. consente al debitore di liberarsi fornendo la prova contraria. Nella specie, tale prova risulterebbe comunque fornita, in ragione della dimostrazione della misura esorbitante del compenso preteso da C. s.r.l..

Difatti, mancando la prova di un accordo sull’ammontare del compenso, il c.t.u. ha determinato il compenso dovuto sulla base dei medesimi criteri di cui si è detto per la fattura __. Dai calcoli del c.t.u., i valori medi sono individuati in Euro ___ utilizzando il primo criterio e di __, utilizzando il secondo.

La domanda restitutoria svolta da S. s.r.l. ha trovato quindi dimostrazione, posto l’incontestato pagamento per tale periodo, che riguarda peraltro una fase in cui l’impresa era sostanzialmente inattiva, come si evince dal numero di rilevazioni, della somma di Euro ___.

Procedendo alla compensazione, il Giudice di Pace ha ritenuto di considerare come dovuta, per le due fatture, la somma di Euro ___ indicata dall’opponente, sulla scorta della perizia di parte.

Tale valutazione è esente da censure, essendo prossima ai valori medi nell’ipotesi più vantaggiosa alla C. s.r.l. (Euro ___).

Il Giudice ha fatto dunque corretta applicazione del potere a lui rimesso ai sensi dell’art. 2233 c.c.

Essendo pacifico il pagamento da parte di S. s.r.l., della somma di Euro __, l’obbligazione restitutoria appare correttamente quantificata in Euro __.

Consegue a quanto detto il rigetto dell’appello.

L’appellata ha formulato istanza di correzione dell’errore materiale della sentenza impugnata, nella parte in cui condanna al pagamento delle spese di lite e di c.t.u. il terzo intervenuto “sig. A.C.”, laddove l’intervenuto era L.C.

L’istanza può essere accolta, posto che la Corte di Cassazione ha più volte avuto modo di affermare che nell’ipotesi in cui la sentenza contro la quale è stato proposto gravame contenga un errore materiale, l’istanza di correzione dello stesso, non essendo rivolta ad una vera e propria riforma della decisione, non deve necessariamente formare oggetto di uno specifico motivo di impugnazione, neppure in via incidentale, ma può essere proposta in qualsiasi forma e può anche essere implicita nel complesso delle deduzioni difensive svolte in appello (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Terza, Sentenza n. 19284 del 2014 nonché App. Bari Sez. I, Sent., 21/12/2017).

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, tenuto conto, per quanto riguarda i compensi professionali, dei parametri previsti dal D.M. n. 55 del 2014, alla luce dell’attività complessivamente svolta e dello scaglione di riferimento da Euro __ ad Euro __ (Euro __ per fase di studio, Euro __ per fase introduttiva, Euro __ per fase decisoria).

Trattandosi di impugnazione, è applicabile l’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dalla L. n. 228 del 24 dicembre 2012: poiché nel caso di specie l’appello è stato respinto integralmente, occorre darsi atto della ricorrenza dei presupposti di cui alla citata norma, con la conseguenza che la parte appellante è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’iscrizione a ruolo.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando sull’appello avverso la sentenza n. ___, emessa dal Giudice di Pace di Ferrara dott. ____, depositata il _____, proposto da C. S.R.L. e L.C. nei confronti di S. S.R.L., ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

1) rigetta l’appello e conferma la sentenza n. ___ del Giudice di Pace di Ferrara, salvo quanto si dispone al punto 2);

2) ordina la correzione dell’errore materiale contenuto nella sentenza impugnata, nel senso che, ove, nel dispositivo, a pag. 10 della sentenza, penultimo rigo, è riportato il nome A.C.” deve leggersi ed intendersi “L.C.”;

3) ordina alla Cancelleria di annotare la presente statuizione in calce alla sentenza impugnata;

4) dichiara tenuti e condanna gli appellanti in solido fra loro alla rifusione in favore di S. s.r.l., in persona del legale rappresentante, delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro ____ per compensi professionali, oltre rimborso forfettario per spese generali nella misura del 15%, IVA e c.p.a. con aliquote di legge e se dovute;

5) dichiara che sussistono i presupposti dell’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, con conseguente obbligo in capo alla parte appellante di versare ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello già corrisposto.

Così deciso in Ferrara, il 23 marzo 2018.

Depositata in Cancelleria il 29 marzo 2018.

Tribunale_Ferrara_ Sentenza_29_03_2018

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Recupero del credito fra imprenditori Fondatezza nel merito della pretesa creditoria azionata in via monitoria Riconoscimento del debito

Recupero del credito fra imprenditori Fondatezza nel merito della pretesa creditoria azionata in via monitoria Riconoscimento del debito

Tribunale Ordinario di Pordenone, Sezione Civile, Sentenza del 06/04/2018

Con sentenza del 06 aprile 2018 il Tribunale Ordinario di Pordenone, Sezione Civile, in tema di ingiunzione civile, con riferimento al recupero del credito fra imprenditori, ha stabilito che oggetto del giudizio di opposizione non è la valutazione di legittimità o di validità del decreto ingiuntivo opposto bensì la fondatezza nel merito della pretesa creditoria azionata in via monitoria.


Tribunale Ordinario di Pordenone, Sezione Civile, Sentenza del 06/04/2018

Recupero del credito fra imprenditori Fondatezza nel merito della pretesa creditoria azionata in via monitoria Riconoscimento del debito

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI PORDENONE

in persona del Giudice dr. __________ ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. _______ R. G. vertente

tra

S.P. & C SNC  – rappresentato e difeso, per mandato in atti, dall’avv. ________ presso il quale ha eletto domicilio;

– parte attrice – opponente –

e

R.T. SRL – rappresentata e difesa, per mandato in atti, dall’avv. ____________ presso il quale ha eletto domicilio;

– parte convenuta – opposta –

Oggetto: Opposizione a decreto ingiuntivo n. ________

Causa assunta in decisione sulle seguenti

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Si omette l’analitica esposizione dello svolgimento del processo, non più prevista dall’art. 132, n. 4, c.p.c., in seguito alle modifiche apportate dall’art. 45, comma 17, L. n. 69 del 2009, e si procede alla concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, ai sensi degli artt. 132, n. 4, c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.

Con decreto ingiuntivo n. ______ il Tribunale di Pordenone ordinava all’odierno opponente S.P. & C. s.n.c. di pagare in favore dell’odierna opposta R.T. s.r.l. la somma di Euro _____-, oltre interessi e competenze, per le fatture insolute specificamente indicate in atti.

Con atto di citazione ritualmente notificato il debitore ingiunto proponeva opposizione al decreto ingiuntivo, chiedendo la revoca e/o l’annullamento del decreto ingiuntivo opposto, per carenza di prova scritta non avendo il ricorrente in monitorio prodotto le fatture in forma autentica e non potendosi considerare prova scritta ex art. 634 c.p.c. l’avviso di fattura. Deduceva, altresì, che la proposta contrattuale del ______ prevedeva un corrispettivo di Euro ______ oltre iva e che nel corso dei lavori si erano resi necessari molteplici interventi che avevano ritardato l’esecuzione dell’opera, e che la prestazione di R.T. era stata parziale e non conforme alle regole professionali.

Si costituiva in giudizio R.T. s.r.l., contestando tutti gli assunti di parte opponente e deducendo, in particolare, di avere fornito la prova ex art. 634 c.p.c. col deposito dell’estratto notarile del libro giornale (doc. 4 del fascicolo monitorio).

Rilevava altresì che la S. aveva chiesto di poter effettuare l’intero pagamento in via rateale dal ______ (doc. 2 e doc. 6 della fase monitoria), il che costituisce riconoscimento del debito che dispensa il creditore, ai sensi dell’art.1988 c.c., dall’onere di provare il rapporto fondamentale, la cui esistenza viene presunta fino a prova contraria.

Istruita la causa in via documentale e mediante disposizione di CTU, in seguito al mutamento del giudice assegnatario ed al richiamo del consulente tecnico a chiarimenti, precisate le conclusioni, la causa veniva trattenuta in decisione, con concessione dei termini di legge ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e di replica.

Preliminarmente, vanno respinte le eccezioni di inammissibilità della produzione documentale effettuata da parte opposta successivamente alla scadenza dei termini per le memorie ex art. 183 6 comma c.p.c., in quanto trattasi di documenti la cui esistenza è sopravvenuta al decorso dei predetti termini e la cui produzione è, quindi, ammissibile.

Va altresì respinta l’eccezione di parte opponente relativa alla inesistenza o non utilizzabilità di documentazione allegata da controparte col fascicolo monitorio. Risulta invero dalla comparsa di costituzione in giudizio dell’opposto, depositata in cancelleria il ____ (come da timbro e firma ivi apposti dal Cancelliere) che l’opponente, oltre a chiedere al Cancelliere l’acquisizione del fascicolo del decreto ingiuntivo (presente nel fascicolo d’ufficio) ‘offre in comunicazione e deposita in cancelleria’ n. 12 documenti, specificamente indicati (ed invero contenuti in un separato corposo faldone). Nel merito, si osserva quanto segue.

La questione relativa alla idoneità delle fatture allegate nella fase monitoria per l’emissione del decreto ingiuntivo deve ritenersi superata, essendo la fattura documento idoneo ai soli fini dell’emissione del decreto ingiuntivo e dovendo nella fase di opposizione essere fornita la prova piena del credito.

Il decreto ingiuntivo è invero un accertamento anticipatorio e, instauratosi il contraddittorio a seguito della proposizione dell’opposizione, si ha un giudizio a cognizione piena caratterizzato dalle ordinarie regole processuali (cfr. art. 645, 2 comma, c.p.c.) anche in relazione al regime dell’onere della prova (cfr., ex multis, Cass. 17371/2003; Cass. 20613/2011), con la conseguenza che oggetto del giudizio di opposizione non è la valutazione di legittimità o di validità del decreto ingiuntivo opposto, ma piuttosto la fondatezza nel merito della pretesa creditoria azionata in via monitoria, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della sentenza (cfr. Cass. 15026/2005; Cass. 6663/2002).

Se è vero che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo le sole fatture non costituiscono prova dell’esistenza del credito per cui si procede, è altrettanto vero che nella specie, oltre alle fatture, è stato prodotto un documento costituente riconoscimento del debito da parte della S. nonché copiosa documentazione (scambio di email e relativi allegati) da cui risulta l’effettuazione delle prestazioni da parte di R.T.

Con raccomandata del ____ R.T. sollecitava Solo al pagamento delle fatture n. (…) e n. (…) del ____ (per un totale di Euro ____), oltre alla somma di Euro ______+ i.v.a. (all. 1 dei documenti allegati con comparsa di risposta). La S. rispondeva con lettera del _____ (all. 2) manifestando difficoltà economiche e di altro genere e dichiarando, al punto n. 5, ‘vi chiedo di concederci che i pagamenti possano partire da gennaio ___ in avanti’. Tale manifestazione di volontà, indirizzata al creditore in risposta a ‘vostra raccomandata di sollecito pagamento del ____ ricevuto il _____’ (così si legge, testualmente, nell’intestazione), costituisce riconoscimento del debito in relazione ai crediti specificamente indicati nella raccomandata del _______.

La ricognizione di debito, ai sensi dell’art. 1988 c.c., dispensa colui nei confronti è fatta dall’onere di provare il rapporto fondamentale (cfr., ex multis, Cass. 2104/2012: ‘Il riconoscimento e la ricognizione di debito, che ai sensi dell’art. 1988 c.c. costituiscono dichiarazione unilaterale recettizia, non rappresentano una fonte autonoma di obbligazione, ma hanno soltanto un effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale’; Cass. 26334/2016: ‘La ricognizione del debito, prevista dall’art. 1988 c.c., costituisce una dichiarazione unilaterale recettizia che, in virtù di astrazione meramente processuale, esonera dall’onere di provare il rapporto fondamentale soltanto il soggetto al quale è stata indirizzata, a meno che non contenga l’indicazione della “causa debendi”: in tal caso, anche il cessionario del credito, quale successore a titolo particolare nel rapporto obbligatorio oggetto della scrittura ricognitiva, può avvalersi della presunzione correlata alla sua sottoscrizione”).

Dalla predetta documentazione risulta pertanto che l’odierna opponente ha riconosciuto di essere debitrice di R.T. del credito poi azionato col decreto ingiuntivo opposto (come peraltro già rilevato dal precedente g.i. il quale, sciogliendo la riserva con ordinanza di data _____, osservava: “risulta il riconoscimento del debito da parte del legale dell’opponente e che tale dichiarazione non è stata in alcun modo contestata nell’atto di citazione ovvero all’udienza del _______”).

Il riconoscimento del debito comporta, ex art. 1988 c.c., l’inversione dell’onere della prova. R.T. è, pertanto, dispensata dall’onere provare il rapporto fondamentale, il quale si presume esistente salva la prova contraria a carico del debitore.

L’odierna opponente ha tuttavia eccepito che R.T. si è resa ‘parzialmente inadempiente’ alle proprie obbligazioni, fornendo una ‘progettazione incompleta e non conforme a quanto richiesto’, rilevando che solo l’intervento del sig. S. avrebbe evitato ‘degli errori che avrebbero compromesso un buon risultato’ (così, in atto di citazione in opposizione), e che S. non ricevette mai da R.T. ‘i documenti in _____’ (v. prima memoria ex art. 183 6 comma c.p.c.).

Va sul punto osservato che, se da un lato il rapporto fondamentale posto a fondamento della pretesa creditoria dell’opposto è da ritenersi provato, d’altro canto la ricognizione di debito non costituisce autonoma fonte di obbligazione ma ha solo effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, il quale si presume fino a prova contraria, ma dalla cui esistenza o validità non può prescindersi dal punto di vista sostanziale, potendo il debitore provare che il rapporto non è mai sorto, che è invalido, ovvero che esista una condizione o un altro elemento che possa comunque incidere sull’obbligazione derivante dal riconoscimento (cfr., ex multis, Cass. 20689/2016).

In corso di causa è stato nominato c.t.u. l’ing. ______ al quale è stato posto il seguente quesito: “accerti, il CTU letti gli atti e i documenti di causa e presa nota dell’incarico originario conferito a R.T. e delle richieste successive di modifica del progetto, la correttezza dei disegni e dei progetti realizzati dalla convenuta, la fattibilità della costruzione secondo le prime progettazioni ed in relazione alla necessaria omologazione e/o collaudo, gli errori di calcolo strutturale, impiantistico e/o progettuale eventualmente commessi dalla convenuta, nella realizzazione del progetto”.

Il c.t.u., in esito ad accurate indagini sorrette da motivazione congrua ed esente da vizi logici, le quali vanno pertanto in questa sede condivise, ha rassegnato le seguenti conclusioni.

In particolare, nella relazione peritale depositata il ______ ha così concluso:

“R.T. (ha) sviluppato il progetto per le seguenti parti: * studio cinematico della sospensione per definire la geometria adeguata per realizzare la sterzatura come indicato, nei disegni schematici forniti dalla S. & C; * dimensionamento meccanico e verifiche di resistenza degli elementi meccanici e del cilindri di sollevamento della sospensione; * progetto esecutivo, dimensionamento e verifiche di resistenza del telaio di tipo allungabile completo dei particolari costruttivi; * assistenza alla ditta S. & C nei rapporti tecnico-commerciali con la ditta T. per la definizione e l’acquisto di: – sistema di sterzatura idraulica della sospensione; – definizione e acquisto centralina idraulica (oleodinamica) e del circuito e componenti a servizio della sospensione, dei cilindri per innalzamento /abbassamento del semirimorchio, azionamento dei cilindri di sblocco/blocco della parte posteriore del semirimorchio, azionamento del cilindro per il ribaltamento /rientro di tale gruppo.

R.T. non ha effettuato le seguenti attività che sono state gestite dalla ditta S. & C e/o da terzi da essa incaricati: * progetto impianto frenante; * predisposizione della documentazione per il collaudo in unico esemplare del semirimorchio; * assistenza al collaudo del semirimorchio presso un centro prova Autoveicoli del Ministero delle infrastrutture e dei trasporto.

Il progetto, per le parti sviluppate da R.T. è stato caratterizzato da richieste di modifica, in particolare la richiesta di realizzare il telaio “bombato” (cioè ad arco per compensare le naturali deformazioni sotto cario dello stesso) fatta dopo la realizzazione dei primi disegni che prevedevano il telaio “piano” come da disegni schematici forniti dalla ditta S. & C. che ha comportato e l’aggiornamento di molta documentazione” (pag. __).

Il c.t.u. ha quindi indicato le parti sviluppate da R.T. (telaio e sospensioni), osservando: “Il CTU ritiene che la documentazione sviluppata è risultata completa, corretta ed adeguata. Nel corso dei lavori Peritali, ha riscontrato la correttezza ed adeguatezza dei disegni, la fattibilità di quanto progettato, non ha riscontrato errori nelle modalità e negli esiti delle verifiche strutturali del telaio e della sospensione.

Precisa che come codice di verifica R.T. ha adottato le prescrizioni della ” circolare Prot. N. (…) – MOT B074 per la calcolazione delle strutture resistenti del veicolo stradale (emanata dal Ministero dei Trasporti il 20-10-1999)” tuttora in vigore e chiaramente ritenuto valido dai Centri Prova che effettuano i collaudi e le omologazioni dei veicoli. Il CTU ha riscontrato anche che i disegni e le verifiche sono state effettuate dalla R.T. con l’utilizzo di un evoluto software tridimensionale denominato “Solidworks” che grazie alle sue notevoli caratteristiche tecniche consente un preciso controllo della progettazione e dei disegni” (pag. __).

Con riferimento alla parte idraulica (sterzatura idraulica, centralina idraulica (oleodinamica), circuiti e componenti idraulici, ha poi rilevato: “Il CTU osserva che le lamentele e presunti errori lamentati dalla parte S. & C, sono relativa alla parte impiantistica e che gli eventuali difetti lamentati potrebbero essere causate da una progettazione inadeguata o da una realizzazione impiantistica inadeguata, ma che comunque non possono essere attribuiti a R.T. perché la definizione e la fornitura sono stati fatti dalla ditta T. azienda specializzata del settore e la realizzazione dalla S. & C con l’eventuale collaborazione di altre ditte terze. Osserva inoltre che non è stato possibile fare più approfonditi accertamenti perché il semirimorchio non era disponibile e per la parte del circuito e dei componenti idraulici non era disponibile neanche documentazione tecnico progettuali, ma solo schemi funzionali e documentazione commerciale” (pag. ___).

Con riferimento, infine, all’impostazione del progetto, ha così concluso: “Dall’esame della ampia documentazione agli atti e fornita dalle parti e da quanto constatato nel corso dei lavori peritali è risultato chiaramente che la linea d’assi che è stata montata sul semirimorchio è stata richiesta dal Committente, ditta S. & C e realizzata per una portata di 20 tonn. Poiché il codice della strada prescrive che la portata massima di un assale non può superare le 12 tonn e che per un autoarticolato a quattro assi la portata complessiva ammessa è di 40 tonn. (art. 62 C.d.S.) lo scrivente CTU ritiene che R.T. avrebbe dovuto evidenziare alla ditta S. & C che: * la portata sulla linea d’assi di 20 tonn., anche se richiesta, non era consentita e non sarebbe stata accettata in fase di collaudo; * la portata utile, tenendo conto della tara del semirimorchio allungabile, sarebbe stata limitata, come confermato poi in sede di collaudo e di conseguenza sarebbe stato penalizzato l’utilizzo del semirimorchio destinato al soccorso stradale di veicoli industriali vista la portata utile risultante”.

Sulla scorta di tali conclusioni, il perito ha quindi formulato alle parti una proposta transattiva – la quale non ha avuto esito positivo – nei seguenti termini: “la ditta S. riconosca Euro ____ + IVA 22% pari a Euro ____ per le competenze spettanti per la progettazione effettuata da R.T.”, con compensazione delle spese di lite.

Nella relazione integrativa depositata il ____ in seguito alle osservazioni formulate dalle parti, il c.t.u. ha ribadito quanto segue: “Il sottoscritto concorda che dalla documentazione agli atti consultata e discussa durante le operazioni peritali risulta che la ditta S. e & C ha richiesto la progettazione di un semirimorchio con una linea d’asse con portata di 20 tonn; concorda sulla circostanza che la ditta S. e & C come costruttore di veicolo dovesse conoscere le norme del Codice della Strada in relazione alle caratteristiche dei veicoli almeno in relazione alle dimensioni e masse, ma fa presente che le competenze tecniche del “costruttore” sono diverse da quelle che deve avere un progettista, più specificatamente le competenze del costruttore sono competenze di natura tecnica correlate alle tecnologie di costruzione, conoscenza di processi produttivi, dei materiali e dei componenti. Quindi la ditta S. & C correttamente si è rivolta a studi di progettazione, prima a quello dell’ing. ___ di ____ e successivamente alla società R.T. s.r.l. che hanno competenze tecniche in relazione a norme e regolamenti attinenti l’oggetto della progettazione, oltre che competenze specifiche per la progettazione (calcoli, disegni, utilizzi di software tecnici ecc.) e i requisiti legali (Titolo studio, iscrizione albo professionale ecc). La Società R.T. s.r.l., è soggetto competente, in quanto Studio di progettazione con personale qualificato e accetta e svolge incarichi per la progettazione di veicoli e quindi è a conoscenza delle norme tecniche relative a tale tipologia di progettazione e delle norme del Codice della Strada applicabili. Lo scrivente ha ritenuto e ritiene che la società R.T., società esperta e competente per correttezza e deontologia professionale avrebbe dovuto: • discutere con il committente sull’opportunità di progettare e costruire un semirimorchio con un assale da 20, portata superiore di ben il 66,67% per cento di quella ammessa sull’assale maggiormente caricato; • fare presente che non sarebbe stato possibile collaudare per la circolazione stradale il semirimorchio con tale portata sull’asse; • fare presente che il complesso dei veicoli costituito da trattore a due o a tre assi + semirimorchio ad un asse (come è stato collaudato il semirimorchio oggetto della progettazione) è una configurazione per la quale non è prevista la possibilità di collaudo come veicolo eccezionale per massa o per trasporto in condizioni di eccezionalità per massa; • fare presente i maggiori costi non solo di progettazione ma anche di costruzione che la realizzazione di un semirimorchio ad un asse con portata di 20 tonn avrebbe comportato in quanto se veniva sovradimensionato l’assale di conseguenza sarebbe stato necessario sovradimensionato anche la struttura del semirimorchio”.

Da quanto sopra emerge che gran parte delle prestazioni a carico di R.T. sono state correttamente adempiute, fatta eccezione per la parte progettuale in relazione alla specifica circostanza che “la portata sulla linea d’assi di 20 tonn, anche se richiesta, non era consentita e non sarebbe stata accettata in fase di collaudo”.

Ne risulta, quindi, un inadempimento solo parziale (in aderenza a quanto dedotto in atto di citazione in opposizione: “La R.T. srl si è dimostrata parzialmente inadempiente alle obbligazioni assunte con il contratto del _____ avendola eseguita solo parzialmente e non avendo eseguito la propria prestazione con perizia e diligenza”; pag. __, il quale può comportare una riduzione del compenso previsto ma non la risoluzione dell’intero contratto, peraltro non espressamente richiesta con l’odierna opposizione.

Ai fini della quantificazione in concreto di tale riduzione, si ritiene di utilizzare quale equo parametro di riferimento l’importo indicato dal c.t.u. nella predetta proposta transattiva (complessivi Euro _____ iva compresa), in cui il perito ha evidentemente tenuto conto del lavoro correttamente svolto da R.T. e del minor valore rispetto a quanto richiesto quale corrispettivo totale, oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

Invero, qualificato il rapporto esistente tra le parti quale contratto d’opera ex art. 2222 e ss c.c., risulta nella specie applicabile il disposto di cui all’art. 2225 c.c., a norma del quale, se il compenso non è determinato dalle parti, alla concreta determinazione può provvedere il giudice secondo equità.

Le parti avevano sì previsto un corrispettivo ab origine (con la proposta contrattuale del ___, su doc. 4 di parte opposta) ed un ulteriore corrispettivo con la successiva proposta contrattuale del ____ (all. 6 di parte opposta), ma è successivamente intervenuta un’ulteriore fase di lavori di cui, pur non essendosi un contratto scritto, è stata fornita la prova per mezzo delle numerose email intercorse tra le parti e relativi disegni ed elaborati allegati (v., in particolare, all. 9-10-11 di parte opposta).

Per tali ulteriori prestazioni non v’è prova della specifica pattuizione del corrispettivo, sicché, in aderenza al condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimità, soccorre il disposo di cui all’art. 2225 c.c. (cfr., ex multis, Cass. 21397/2013: “La liquidazione d’ufficio di un corrispettivo d’opera in misura inferiore a quella pretesa non richiede una specifica istanza dell’attore, non avendo le parti l’onere di sollecitare il giudice all’esercizio dei suoi poteri officiosi, qual è quello di accogliere la domanda per un importo inferiore rispetto al domandato, ed imponendo la mancanza di convenzione sul corrispettivo, al pari del difetto sulla relativa prova, non già il rigetto della domanda, ma l’accoglimento di questa per un importo minore del preteso, previa determinazione “officio iudicis” in base all’art. 2225 cod. civ.”).

Per quanto sopra, da ritenersi assorbente rispetto alle altre questioni prospettate dalle parti, il decreto ingiuntivo opposto va revocato e l’opponente S.P. & C. s.n.c. va condannata al pagamento in favore di R.T. s.r.l. della somma di Euro ___, oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

La parziale soccombenza giustifica la compensazione tra le parti delle spese di lite del presente giudizio in ragione di ½, ponendo a carico di parte opponente la restante quota, liquidata come da dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, applicati i valori medi in ragione dell’attività svolta e della complessità delle questioni trattate.

In applicazione del medesimo principio le spese di c.t.u. vanno definitivamente poste a carico di entrambe le parti, nella misura dle 50% ciascuna, salva la solidarietà verso il c.t.u.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando nella causa n. ____ R.G., ogni diversa domanda, istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:

  1. accoglie in parte l’opposizione e, per l’effetto, revoca il decreto ingiuntivo opposto;
  2. condanna parte opponente S.P. & C. s.n.c. al pagamento, in favore di parte opposta R.T. s.r.l., della somma di Euro _____, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;
  3. compensa tra le parti le spese di lite in ragione di ½, ponendo a carico di parte opponente la restante quota, liquidata in complessivi Euro _____ per compensi, oltre spese forfettarie, i.v.a. e c.p.a. come per legge;
  4. pone gli oneri di c.t.u. definitivamente a carico delle parti nella misura del 50% ciascuna.

Così deciso in Pordenone, il 21 marzo 2018.

Depositata in Cancelleria il 6 aprile 2018.

Tribunale_Pordenone_Sent_06_04_2018

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Fallimento Ammissione al passivo Prescrizione Decadenza Atti interruttivi Domanda giudiziale

Fallimento Ammissione al passivo Prescrizione Decadenza Atti interruttivi Domanda giudiziale

Cassazione Civile, Sezione III, Ordinanza del 19-04-2018, n. 9638

Con ordinanza del 19 aprile 2018 la Cassazione Civile, Sezione III, in tema di fallimento ha stabilito che la presentazione dell’istanza di insinuazione al passivo fallimentare, equiparabile all’atto con cui si inizia un giudizio, determina, ai sensi dell’art. 2945, comma 2, c.c., l’interruzione della prescrizione del credito, con effetti permanenti fino alla chiusura della procedura concorsuale, anche nei confronti del condebitore solidale del fallito, ai sensi dell’art. 1310, comma 1, c.c. Né rileva, ai fini dell’efficacia di tale atto interruttivo, la circostanza che nei confronti del condebitore solidale del fallito il creditore abbia ottenuto un provvedimento che riconosce l’esistenza del credito con efficacia di giudicato, come un decreto ingiuntivo non opposto.


Cassazione Civile, Sezione III, Ordinanza del 19-04-2018, n. 9638

Fallimento Ammissione al passivo Prescrizione Decadenza Atti interruttivi Domanda giudiziale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ______ – Presidente –

Dott. ______ – Consigliere –

Dott. ______ – Consigliere –

Dott. ______ – rel. Consigliere –

Dott. ______ – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso ______ proposto da:

________ SRL, in persona dell’Amministratore Unico ____ cessionaria del credito dalla ______ SPA, elettivamente domiciliata in ___, presso lo studio dell’avvocato ____, rappresentata e difesa dall’avvocato ____ giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

  1. e D., elettivamente domiciliati in ___, presso lo studio dell’avvocato ______, rappresentati e difesi dall’avvocato ____ giusta procura speciale in calce al controricorso;

_______ SPA, in persona di ___, elettivamente domiciliata in _____, presso lo studio dell’avvocato ____, rappresentata e difesa dall’avvocato ____ giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

_____ SPA, _______ SPA, _______ SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. _____ della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il _____;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del ____ dal Consigliere Dott. _____.

Svolgimento del processo

  1. Con un unico atto di citazione la ____ s.p.a. e la _____ s.p.a. convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Napoli, D. e D., chiedendo che fosse dichiarato nullo per simulazione l’atto pubblico col quale il primo aveva venduto alla seconda un immobile sito a ____, ovvero, in subordine, che tale atto fosse dichiarato inefficace nei loro confronti, ai sensi dell’art. 2901 c.c., siccome compiuto allo scopo di aggirare le ragioni di credito delle due Banche attrici.

A sostegno della domanda esposero, tra l’altro, di essere creditrici della _____ s.r.l. e dei fideiussori di questa, tra i quali D. e D., della somma di Euro _____ portata da un decreto ingiuntivo del Tribunale di S. Maria Capua Vetere divenuto definitivo per mancata opposizione. Aggiunsero che la debitrice principale era stata dichiarata fallita, che a carico di D. erano state promosse varie procedure esecutive individuali e che il prezzo di compravendita dell’immobile oggetto della domanda era del tutto insufficiente rispetto all’effettivo valore del bene; circostanze, queste, che inducevano a ritenere che l’atto fosse simulato o comunque assoggettabile a revocatoria, sussistendo sia il consilium fraudis che l’eventus damni.

Si costituirono in giudizio entrambi i convenuti, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva e la prescrizione del diritto fatto valere, e chiedendo nel merito il rigetto della domanda.

Il Tribunale accolse la domanda, dichiarò la natura simulata dell’atto di compravendita contestato e condannò i convenuti al pagamento delle spese di lite.

  1. La pronuncia è stata impugnata da D. e D. e nel giudizio si sono costituite la _____ s.p.a., nuova denominazione della _____ s.p.a., e la _____ s.p.a., proponendo appello incidentale condizionato nel senso di dichiarare l’inefficacia relativa dell’atto di compravendita ai sensi dell’art. 2901 c.c..

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 19 dicembre 2014, ha accolto l’appello principale e, in riforma dell’impugnata sentenza, ha rigettato le domande proposte dalle due Banche creditrici, che ha condannato alla rifusione delle spese dei due gradi di giudizio.

Ha osservato la Corte territoriale, per quanto di interesse in questa sede, che era fondato il motivo dell’appello principale col quale era stata ribadita l’eccezione di prescrizione rigettata dal Tribunale. Ha rilevato la sentenza che le argomentazioni utilizzate dal Tribunale per respingere tale eccezione erano da ricondurre al compimento, da parte delle Banche creditrici, di due atti interruttivi della prescrizione, costituiti dalla domanda di ammissione al passivo del fallimento della ____s.r.l. e dall’atto di intervento espletato nella procedura esecutiva individuale in danno di D. Nessuno di essi, però, era idoneo allo scopo.

Ricapitolando i passaggi fondamentali della vicenda, la Corte napoletana – dopo aver evidenziato che nessuna delle Banche si era insinuata nel passivo del fallimento di D. – ha rilevato che l’atto di intervento nella procedura esecutiva immobiliare promossa da ___ s.p.a. nei confronti di quest’ultimo poteva avere natura di atto interruttivo della prescrizione ai sensi dell’art. 2943 c.c., comma 2, per cui dal momento della presentazione di quella domanda fino alla chiusura del processo di esecuzione la prescrizione non poteva decorrere (art. 2945 c.c.). Tuttavia – anche trascurando il fatto che l’atto di intervento in questione fu compiuto quando il D.L. era stato già dichiarato fallito – a quell’atto poteva essere riconosciuta natura di atto interruttivo istantaneo ma privo di effetti permanenti, perché nel caso specifico il processo esecutivo si era estinto e non si era concluso con una sentenza. Per cui l’effetto di interruzione si ricollegava alla sola domanda e da quel momento iniziava a decorrere un nuovo periodo di prescrizione; e poiché, nella specie, la prescrizione aveva ricominciato a decorrere dal ______ (data dell’intervento nella procedura esecutiva conclusasi con la sentenza del Tribunale che ne aveva poi dichiarato l’estinzione) e l’atto di citazione in giudizio era stato notificato il _______, il diritto di credito doveva ritenersi a quell’epoca già prescritto.

Non poteva riconoscersi natura di atto idoneo ad interrompere la prescrizione, secondo la Corte d’appello, neppure alla domanda di ammissione al passivo del fallimento della ____ s.r.l. Nella specie, infatti, non trovava applicazione la disposizione dell’art. 1957 c.c., che, ribadendo il principio di cui all’art. 1310 c.c., comma 1, stabilisce che l’istanza proposta contro il debitore interrompe la prescrizione anche nei confronti del fideiussore. Ad avviso della Corte, l’efficacia dell’atto interruttivo della prescrizione compiuto nei confronti di un condebitore in solido “non si estende al diverso condebitore il cui obbligo sia stato accertato con forza di giudicato”; e poiché il decreto ingiuntivo emesso nei confronti di più debitori in solido acquista efficacia di giudicato nei confronti dell’intimato che non abbia proposto opposizione, doveva ritenersi che gli atti interruttivi della prescrizione nei confronti della _____ s.r.l. successivi al passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo nei confronti del D. non potevano estendere i loro effetti a quest’ultimo.

L’accoglimento dell’eccezione di prescrizione conduceva al rigetto della domanda di simulazione e, per analoghe considerazioni, anche di quella di revocatoria posta in via subordinata.

  1. Contro la sentenza della Corte d’appello di Napoli propone ricorso la _______ s.r.l., in qualità di cessionaria del credito della _______ s.p.a., con atto affidato a due motivi.

La _____ s.p.a. resiste con controricorso nel quale chiede la propria estromissione dal giudizio e, in subordine, l’integrale accoglimento del ricorso della _______ s.r.l.

Resistono altresì D. e D. con un unico separato controricorso.

La società ricorrente e la _____ s.p.a. hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

  1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3), 4) e 5), violazione e falsa applicazione degli artt. 1310, 1957, 2943 e 2945 c.c.

Osserva la società ricorrente che la sentenza impugnata – per sostenere la tesi secondo cui gli atti interruttivi della prescrizione compiuti nei confronti della ____ s.r.l. successivamente al passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo nei confronti del D. non avevano effetto nei confronti di quest’ultimo – avrebbe erroneamente richiamato la sentenza 20 maggio 2003, n. 7881, di questa Corte, non pertinente nella fattispecie. Dopo aver trascritto il contenuto delle norme di legge asseritamente violate, la parte ricorrente rileva che la corretta interpretazione di queste avrebbe dovuto condurre la Corte d’appello a riconoscere che la domanda di ammissione al passivo del fallimento del debitore principale determina l’interruzione della prescrizione, in modo permanente, anche nei confronti del fideiussore, alla luce della previsione degli artt. 1310 e 1957 c.c. Ai sensi dell’art. 2945 c.c., poi, una volta compiuto l’effetto interruttivo di cui all’art. 2943 c.c., la prescrizione non può riprendere a decorrere “fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio, alla quale deve assimilarsi la chiusura del fallimento”. Il motivo in esame chiede perciò a questa Corte di ribadire il principio per cui la presentazione della domanda di insinuazione al passivo del fallimento determina l’interruzione della prescrizione del credito con effetti permanenti fino alla chiusura della procedura concorsuale, e ciò anche nei confronti del condebitore solidale del fallito.

1.1. Osserva innanzitutto questa Corte che devono darsi per pacifiche, nel caso in esame, alcune circostanze di fatto accertate dal giudice di merito e non oggetto di contestazione, e cioè che l’odierna parte ricorrente – o, meglio, il dante causa dell’odierna parte ricorrente – non si era insinuata nel passivo del fallimento del D., fideiussore della ____ s.r.l., ma solo nel fallimento di quest’ultima; e che il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere nei confronti della società debitrice principale e dei suoi fideiussori era passato in giudicato per mancata opposizione.

Tanto premesso in punto di fatto, si tratta di valutare la correttezza del ragionamento della Corte napoletana là dove essa, richiamando il principio di cui alla sentenza ____, di questa Corte, ha ritenuto che il perfezionarsi del giudicato nei confronti di D. in conseguenza, appunto, della mancata opposizione al decreto ingiuntivo abbia determinato una sorta di insensibilità, nei confronti del medesimo, dell’atto di insinuazione al passivo del fallimento della ____ s.r.l. E’ bene ricordare che la citata sentenza n. 7881 del 2003, pronunciata in relazione ad una vicenda che nulla ha a che vedere con quella odierna, ha affermato che il decreto ingiuntivo richiesto ed ottenuto dal creditore contro più debitori solidali acquista autorità di giudicato sostanziale nei confronti dell’intimato che non proponga opposizione e la relativa efficacia resta insensibile all’eventuale accoglimento dell’opposizione avanzata da altro intimato; pertanto, nel giudizio di opposizione instaurato da uno degli intimati non può essere pronunciata condanna alle spese processuali del giudizio di opposizione, nei confronti del condebitore solidale che non abbia proposto opposizione. Ora, che il decreto ingiuntivo pronunciato nei confronti di più parti acquisti autorità di giudicato nei confronti del singolo intimato che non ha proposto opposizione non comporta, di per sé, l’automatica inapplicabilità delle specifiche disposizioni di cui agli artt. 1310 e 1957 c.c., richiamate dall’odierna ricorrente. L’ulteriore passaggio logico compiuto dalla Corte d’appello deve essere valutato alla luce del quadro normativo complessivo e delle censure contenute nel motivo in esame.

1.2. La società ricorrente ha richiamato, a sostegno della propria tesi, il precedente di cui alla sentenza 17 luglio 2014, n. 16408, di questa Corte, secondo cui la presentazione dell’istanza di insinuazione al passivo fallimentare, equiparabile all’atto con cui si inizia un giudizio, determina, ai sensi dell’art. 2945 c.c., comma 2, l’interruzione della prescrizione del credito, con effetti permanenti fino alla chiusura della procedura concorsuale, anche nei confronti del condebitore solidale del fallito, ai sensi dell’art. 1310 c.c., comma 1. Ha osservato la ricorrente che la concreta vicenda esaminata in quell’occasione sarebbe in tutto identica a quella odierna.

Rileva il Collegio che, in effetti, la sentenza ora citata ha annullato con rinvio la decisione con cui il giudice di merito aveva accolto l’opposizione a precetto proposta da uno dei coobbligati solidali del fallito, sul presupposto dell’intervenuta prescrizione decennale, nei suoi riguardi, del credito oggetto di un provvedimento monitorio dal medesimo condebitore; mentre, per contro, la presentazione dell’istanza di insinuazione del credito nel passivo fallimentare aveva dispiegato efficacia interruttiva anche nei confronti di tale soggetto. Questo precedente è da considerare correttamente richiamato, siccome avente ad oggetto una fattispecie in tutto assimilabile a quella odierna (è interessante notare che la sentenza n. 16408 specificamente ha avvisato di non aver rinvenuto “precedenti specifici sulla questione in esame”).

1.3. Tanto premesso, rileva la Corte che il motivo di ricorso è fondato.

Il corretto inquadramento del problema non può prescindere dall’esame dell’art. 1306 c.c., che regola gli effetti della sentenza in rapporto all’obbligazione solidale, posto che la mancata opposizione al decreto ingiuntivo da parte di D. ha determinato in tutto e per tutto un effetto identico al passaggio in giudicato (v. artt. 647 e 653 c.p.c.).

Ora, a norma dell’art. 1306, comma 2, cit., il condebitore in solido può opporre al creditore la sentenza pronunciata tra quest’ultimo ed un altro diverso condebitore, salvo che la sentenza “sia fondata sopra ragioni personali al condebitore”. Tale meccanismo, però, viene meno quando c’è il giudicato; in altri termini, la formazione del giudicato nei confronti di uno dei condebitori solidali impedisce che questi possa avvalersi del successivo giudicato favorevole ad altri condebitori, proprio perché la caratteristica del giudicato è quella di non venire meno per effetto di successive pronunce tra altre parti (v. in argomento, tra le altre, le sentenze 19 luglio 2012, n. 12515, 30 settembre 2014, n. 20559, e 6 novembre 2015, n. 22696).

Tuttavia – e questo è il punto dove si annida l’errore commesso dalla Corte d’appello – l’autorità del giudicato fa sì che la pronuncia non possa venire meno per effetto di successive pronunce tra altre parti, ma non rende l’obbligazione solidale impermeabile rispetto agli atti interruttivi della prescrizione. Ed infatti, una volta accertata con efficacia di giudicato l’esistenza di un’obbligazione solidale, diviene applicabile integralmente la disciplina dell’art. 1310 c.c., qui invocato dalla società ricorrente; ciò perché il giudicato, come s’è appena detto, rappresenta un ostacolo all’applicazione dell’art. 1306 c.c., comma 2, ma non all’applicazione della disciplina delle obbligazioni solidali.

La tenuta del ragionamento ora svolto va verificata considerando gli effetti paradossali che deriverebbero da un approccio diverso. Se fosse esatto il ragionamento svolto dalla Corte napoletana, si arriverebbe alla conseguenza, del tutto illogica, per cui il creditore che ha visto accertato con efficacia di giudicato il suo credito nei confronti di uno dei condebitori in solido verrebbe a trovarsi, quanto agli effetti degli atti interruttivi della prescrizione, in una situazione peggiore di quella nella quale si troverebbe se non avesse ottenuto tale accertamento. In altri termini, non è ragionevole sostenere che l’odierna società ricorrente (ovvero il suo dante causa), avendo ottenuto nei confronti del fideiussore D. un accertamento passato in giudicato (cioè il decreto ingiuntivo non opposto) ed avendo compiuto un atto di interruzione della prescrizione nei confronti del debitore principale (cioè l’insinuazione al passivo del fallimento della ___ s.r.l.), non possa poi giovarsi di quest’ultimo nei confronti del fideiussore; se così fosse, infatti, il giudicato avrebbe un paradossale effetto negativo per chi lo consegue.

La difesa del D. è, su questo punto, assai debole. La tesi dei due rapporti distinti (controricorso, p. 14-15) non è convincente, così come l’idea che l’atto interruttivo abbia effetti solo istantanei e non permanenti (controricorso, p. 17). Trova applicazione sul punto, invece, il principio, correttamente richiamato dalla parte ricorrente, di cui alla sentenza 21 gennaio 2011, n. 1406, secondo cui la disciplina dell’art. 1310 c.c., comma 2, sull’estensibilità dell’interruzione della prescrizione agli altri condebitori solidali, va completata con la disciplina degli effetti della durata dell’interruzione contenuta nell’art. 2945 c.c., con la conseguenza che l’azione giudiziaria e la pendenza del relativo processo determinano l’interruzione permanente della prescrizione anche nei confronti del condebitore rimasto estraneo al giudizio.

Deve in conclusione affermarsi che resta applicabile, nella specie, la disciplina dell’art. 1310 c.c., di cui l’art. 1957 c.c., comma 4, costituisce una specifica applicazione in materia di fideiussione; con la conseguenza che la prescrizione doveva essere ritenuta interrotta dall’atto di insinuazione al passivo della ____ s.r.l. fino alla data di chiusura del fallimento.

  1. L’accoglimento del primo motivo di ricorso determina l’assorbimento del secondo, posto che l’accertata esistenza di un valido atto di interruzione della prescrizione non esige di verificare se ve ne sia stato, nella specie, anche un secondo.
  2. La sentenza impugnata è cassata e il giudizio è rinviato alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione personale, la quale deciderà il merito dell’appello attenendosi al seguente principio di diritto:

“La presentazione dell’istanza di insinuazione al passivo fallimentare, equiparabile all’atto con cui si inizia un giudizio, determina, ai sensi dell’art. 2945 c.c., comma 2, l’interruzione della prescrizione del credito, con effetti permanenti fino alla chiusura della procedura concorsuale, anche nei confronti del condebitore solidale del fallito, ai sensi dell’art. 1310 c.c., comma 1. Né rileva, ai fini dell’efficacia di tale atto interruttivo, la circostanza che nei confronti del condebitore solidale del fallito il creditore abbia ottenuto un provvedimento che riconosce l’esistenza del credito con efficacia di giudicato (nella specie, decreto ingiuntivo non opposto)”.

Al giudice di rinvio è demandato anche il compito di liquidare le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione personale, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 11 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2018

Cass_civ_Sez_III_Ord_ 19_04_2018_n_9638




Credito azionato con ricorso per decreto ingiuntivo relativamente alle prestazioni contrattuali intercorse con una società il cui intero capitale e il complesso dei beni aziendali sono stati colpiti da provvedimento di confisca

Credito azionato con ricorso per decreto ingiuntivo relativamente alle prestazioni contrattuali intercorse con una società il cui intero capitale e il complesso dei beni aziendali sono stati colpiti da provvedimento di confisca

Corte d’Appello di Palermo, Sezione III Civile, Sentenza del 10/01/2018

Con sentenza del 10 gennaio 2018 in tema di opposizione a decreto ingiuntivo la Corte d’Appello di Palermo, Sezione III Civile, ha stabilito che spetta al giudice civile e non alla sezione per le misure di prevenzione del tribunale penale, la competenza ad accertare in via definitiva l’esistenza e l’entità di un credito azionato con ricorso per decreto ingiuntivo relativamente alle prestazioni contrattuali intercorse con una società il cui intero capitale e il complesso dei beni aziendali siano stati colpiti da provvedimento di confisca.


Corte d’Appello di Palermo, Sezione III Civile, Sentenza del 10/01/2018

Credito azionato con ricorso per decreto ingiuntivo relativamente alle prestazioni contrattuali intercorse con una società il cui intero capitale e il complesso dei beni aziendali sono stati colpiti da provvedimento di confisca

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE DI APPELLO DI PALERMO

TERZA SEZIONE CIVILE

Composta da

1) Dott. ________ – Presidente

2) Dott. ________ – Consigliere

3) Dott. ________ – Giudice Ausiliario

dei quali il terzo relatore ed estensore, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nella causa iscritta al n. _____ del R.G. Cont. Civ. di questa Corte di Appello, posta in decisione nell’udienza collegiale del ______, e promossa in questo grado

DA

_____ s.r.l. in confisca (c.f. _____), in persona dell’amministratore unico ____, con sede in _____, rappresentata e difesa dall’Avv. ______

Appellante

CONTRO

____- s.a.s. (P.I. ______), con sede in ___, in persona dell’amministratore pro tempore ___, rappresentata e difesa dall’Avv. _______

Appellata

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il ____, la ____ s.r.l., in Amministrazione Giudiziaria, in persona del custode e amministratore giudiziario, _____ proponeva, avanti il Tribunale Civile di Agrigento – Sezione Distaccata di Licata, opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. ____, emesso dallo stesso Tribunale in data ____ ad istanza della ditta ____ s.a.s. , in persona del legale rappresentante pro tempore, con il quale le era stato ingiunto il pagamento di Euro _____, relativo alla fornitura di materiali e pezzi di ricambio, chiedendone la revoca.

L’opponente, a fondamento della sua opposizione premetteva:

– di rivestire il ruolo di custode e amministratore giudiziario a seguito del provvedimento di sequestro preventivo, ex art. 321 c.p.p., emesso dal G.I.P. del Tribunale di Palermo in data _______ a carico della ______ s.r.l., nel corso delle indagini nei confronti dei titolari della stessa, per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso;

-che i titolari della detta società erano stati poi condannati con sentenza del ______ emessa dal G.U.P. dello stesso Tribunale e confermata in appello in data _____.

-che il sequestro era stato convertito in confisca ai sensi dell’art. 240 c.p. e, pertanto, l’intero complesso aziendale della ____ s.r.l., comprensivo di quote sociali beni mobili, denaro, crediti i e immobili era stato devoluto allo Stato.

– che le ragioni di tutela dei terzi creditori, a seguito dei provvedimenti emessi e per le finalità della normativa citata, dovevano essere pretermessi rispetto alla prevalente esigenza di tutela della collettività, di conseguenza il terzo creditore, di un titolo anteriore alla procedura, per essere considerato portatore di un credito certo liquido ed esigibile, avrebbe dovuto dimostrare di essere estraneo con il reato di mafiosità;

– che l’asserito credito dell’opposto risultava antecedente all’apertura della procedura di sequestro di ____ e ___ titolari della ditta ___, pertanto, l’opponente quale custode e amministratore giudiziario ne contestava i requisiti di certezza liquidità ed esigibilità previsti dalla legge, non avendo l’opposto dimostrato la buona fede e l’affidamento incolpevole, in quanto, l’accertamento del diritto del terzo impone un’indagine più estesa ed approfondita di competenza del Giudice penale, con garanzia di contraddittorio in sede di procedimento di esecuzione.

-che, tuttavia, quanto sopra rilevato, non riguardava le forniture eseguite dalla ditta ____ s.a.s. in favore della stessa amministrazione giudiziaria ammontante ad Euro ______, in quanto somma già corrisposta dal custode dopo la notifica del decreto ingiuntivo opposto.

-che, pertanto, chiedeva in via preliminare la revoca del detto decreto e nel merito che venisse dichiarata l’inammissibilità o l’improcedibilità della domanda di parte opposta, per l’infondatezza in fatto ed in diritto della pretesa creditoria.

Si costituiva in giudizio l’opposta, dando atto dell’intervenuto parziale pagamento da parte dell’opponente e nel merito contestava l’assunto avversario, insistendo nelle proprie pretese.

Il Tribunale adito con sentenza del _____ accoglieva l’opposizione proposta da ____, nella qualità di custode ed amministratore giudiziario della ____ s.r.l., e per l’effetto revocava il decreto ingiuntivo opposto, condannando l’opponente al pagamento, in favore della ditta _____ s.a.s., della somma di Euro ______, quale importo residuo del credito portato dal decreto ingiuntivo opposto, compensando tra le parti le spese di lite.

Contro questa decisione ha proposto appello la ____ s.r.l. in amministrazione giudiziaria, in persona del custode e amministratore giudiziario, con atto notificato il _______, dove sostanzialmente ha riproposto le domande del primo grado. Inoltre ha chiesto la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata.

Si è costituita la ditta ____ s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, resistendo al gravame con comparsa di costituzione e risposta chiedendo la conferma della sentenza impugnata ed il rigetto dell’appello.

Nel corso del procedimento è stato depositato il decreto di confisca definitiva della società appellante, emesso del Tribunale di Agrigento, sezione misure di prevenzione n. _______, divenuto definitivo in data ______.

Successivamente, in data ____ si è costituita la ___ s.r.l., in confisca definitiva, in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore, _____, con comparsa in sostituzione del precedente difensore, insistendo nelle eccezioni e domande già formulate.

Indi, sulle conclusioni delle parti precisate come in epigrafe, la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

L’appellante con la impugnazione proposta lamenta che il Giudice di prime cure, nel revocare il decreto ingiuntivo opposto, per il parziale adempimento del credito, non ha tenuto conto, al fine del decidere, dell’intervenuto sequestro penale ex art. 331 c.p.p.e successiva confisca del complesso aziendale della società dallo stesso amministrata né ha motivato in ordine alla mancanza dei presupposti di legge (liquidità, esigibilità e certezza del credito).

L’appellante sostiene che il ricorso al Giudice civile per l’accertamento del diritto di credito è inammissibile, in quanto, rivolto nei confronti di una società che è stata sottoposta a provvedimento di sequestro e successivamente di confisca, per un credito sorto anteriormente ai detti provvedimenti, poiché, tale accertamento potrebbe farsi valere solo nei confronti del Giudice che ha applicato la misura di prevenzione.

Lo stesso ritiene che l’accertamento, in argomento, alla luce dell’intervento legislativo del D.L. 04 febbraio 2010, n. 4 convertito in L. 31 marzo 2010, n. 50 e della L. 06 novembre 2011, n. 159 avrebbe dovuto orientare il Giudice del primo grado a motivare la sentenza impugnata conformemente al dettato normativo, risultando necessario accertare la buona fede e l’affidamento incolpevole del creditore.

L’opponente considera viziato il percorso motivazionale del primo Giudice laddove ha ritenuto “apodittiche”, “peregrine e “sfornite di prova” le argomentazioni dell’opponente, sul punto della buona fede e affidamento incolpevole dell’opposta.

L’appellante inoltre, deduce la contraddittorietà della sentenza impugnata, nella parte in cui il primo Giudice dopo avere rilevato che ai terzi non può essere negata “la possibilità di accedere anche alla mera tutela di cognizione”, nel condannare l’opponente al pagamento dei crediti sorti prima dell’apertura della procedura, avrebbe concesso la tutela esecutiva.

Lo stesso, infine, ritiene viziato il provvedimento impugnato, assumendo che l’opposta non abbia, comunque, provato il suo credito. I motivi sono infondati.

Osserva la Corte che, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, il Giudice di prime cure, attraverso una rivisitazione delle norme in materia e considerata l’opera di supplenza svolta dalla citata giurisprudenza sia delle sezioni penali che di quelle civili, alla data di emissione della gravata sentenza, ha coerentemente motivato la sua decisione.

Il Tribunale, infatti, ha rilevato che il soddisfacimento delle pretese dei terzi può farsi rientrare tra i compiti dell’amministratore giudiziario dei patrimoni sequestrati o confiscati in quanto lo scopo a cui deve tendere tale Istituto è anche quello di portare a termine gli investimenti programmati, con il riconoscimento dei debiti contratti dal “proposto”.

Inoltre, le disposizioni legislative a cui l’amministratore giudiziario aveva fatto riferimento al momento della sua costituzione in giudizio (Testo Unico) non avrebbero potuto trovare applicazione al caso di specie, “in quanto, alla luce della disciplina transitoria dettata dall’art. 117 del citato Decreto, le stesse trovano applicazione solo con riguardo ai procedimenti nei quali, alla data di entrata in vigore del Testo Unico, non sia stata formulata la proposta di applicazione della misura di prevenzione”.

Giova rilevare, che la vexata quaestio, prospettata dal custode e amministratore giudiziario dell’appellante, e relativa alle condizioni e modalità di accertamento del credito vantato dal terzo nei confronti di una società sottoposta a misure di prevenzione antimafia, è stata ormai affrontata e risolta dalla Corte di Cassazione attraverso un interessante esame evolutivo e sistematico delle nonne di riferimento, all’esito della emanazione di altra sentenza delle Sezioni Unite (n. 10534/ 2013) che ha preso in esame la L. 24 dicembre 2012, n. 218 recante disposizioni correttive ed integrative al D.Lgs. n. 159 del 2011 (Nuovo Codice Antimafia).

La Suprema Corte ha stabilito che “spetta al giudice civile – e non alla sezione per le misure di prevenzione del tribunale penale – la competenza ad accertare in via definitiva la esistenza e l’entità di un credito azionato con ricorso per decreto ingiuntivo relativamente a prestazioni contrattuali intercorse con una società il cui intero capitale e il complesso dei beni aziendali siano stati colpiti da provvedimento di confisca quale misura di prevenzione antimafia ai sensi della L. 31 maggio 1965, n. 575, allorché detta misura sia stata adottata dal giudice penale in epoca anteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (Nuovo Codice Antimafia)” (Cfr. Cass. Civ., Sez. III, 08.08.2013 n. 18909.

Pertanto, il percorso motivazionale seguito dal Decidente è esente da critica.

Da ciò consegue che alla fattispecie in esame va applicata la normativa precedente sia al Nuovo Codice Antimafia che alla L. n. 228 del 2012, pertanto, il giudice del merito è competente ad accertare in via definitiva l’esistenza e l’entità del credito azionato con il decreto ingiuntivo, “credito che successivamente il creditore potrà porre in esecuzione per renderlo opponibile in danno del bene oggetto della misura, di prevenzione, nel rispetto delle condizioni e delle norme applicabili al procedimento esecutivo, dove dovrà fra l’altro essere esaminata la sussistenza del requisito della buona fede del creditore “(Cfr. Cass. Civ., Sez. III, 08.08.2013 n. 18909).

Giova evidenziare che la fattispecie, in argomento, trae origine da una opposizione a decreto ingiuntivo, fondato da fatture, che si configura come un giudizio ordinario di cognizione, nel quale incombe, secondo i principi generali in tema di onere della prova, a chi fa valere un diritto in giudizio il compito di fornire gli elementi probatori a sostegno della propria pretesa, dunque, l’odierna appellata, quale attrice in senso sostanziale, è onerata a dimostrare con gli ordinari mezzi di prova il suo credito, stante che la fattura, costituisce titolo idoneo ai fini dell’emissione di un decreto ingiuntivo in favore di chi l’ha emessa, ma non costituisce prova dell’esistenza del credito (Cass. Civ., Sez. III, 03.03.2009 n. 5071; Cass. Civ., Sez. VI – III, 11.03.2011 n. 5915).

Va detto, tuttavia, che nel caso di specie, l’opponente ha focalizzato la sua attenzione sui requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità del credito in relazione ai presupposti di buona fede e affidamento incolpevole di cui alla normativa antimafia richiamata, senza peraltro contestare la pretesa creditoria né la sua quantificazione.

Sul punto, è insegnamento della Suprema Corte che “l’effetto del principio di non contestazione è quello di rendere inapplicabile il principio dell’onere della prova, nel senso che, di fronte alla non contestazione -l’unico limite che incontra il giudice è rappresentato dal divieto di ritenere non sussistente il fatto perché non provato da chi aveva il relativo onere dimostrativo; tuttavia, ciò non significa che il giudicante non possa accertare la portata ed il rilievo del fatto non contestato al fine dell’accoglimento o meno della domanda sulla base di documenti o emergenze processuali già acquisite in atti ( cfr. Cass Civ., Sez. VI, 01.10.2015 n. 19586).

A ciò va aggiunto che l’opposta ha provato la sua pretesa creditoria, in quanto, oltre a produrre le copie conformi delle fatture relative alle forniture effettuate, ha corredato il suo ricorso anche della copia conforme dei Registri IVA (vendite 2006, 2007 e 2008) e della copia conforme della copia dei Registri dei Corrispettivi, relativi agli anni 2006, 2007 e 2008 (produzione allegata al fascicolo del monitorio, in atti), il cui importo è stato in parte corrisposto dall’odierna appellante in data 13.02.2009, per come dalla stessa riconosciuto (pag. 3 atto di citazione).

Per quanto sopra, la domanda dell’appellata, deve considerarsi definitivamente accertata.

Tuttavia, va evidenziato che nel corso di questo giudizio è divenuta definitiva la confisca della società ____ s.r.l. disposta nell’ambito del procedimento per misure, di prevenzione n. ____ R.M.P., confiscata con decreto del Tribunale Sezione per le Misure di Prevenzione di Agrigento del _____. Confermata con decreto della Corte di Appello di Palermo _____ e divenuta irrevocabile il _______.

Pertanto, alla luce dei principi giuridici sopra richiamati, i requisiti a cui l’appellante ha fatto riferimento con l’opposizione al decreto ingiuntivo e richiamati in appello andranno verificati dal Giudice competente ed al momento dell’esecuzione del credito.

Alla luce di quanto sopra, l’appello deve essere accolto.

Tuttavia, considerata la delicatezza degli accertamenti di fatto espletati sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte, uditi i procuratori delle parti costituite, conferma la sentenza del Tribunale di Agrigento, appellata dalla Società ____ s.r.l., in confisca definitiva in persona del legale rappresentante pro-tempore (già ____  S.r.l. nel procedimento di sequestro preventivo in persona del custode e amministratore giudiziario, _____) nel procedimento di prevenzione a carico di ____ e di ____, in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante pro-tempore, nei confronti della ditta ______ s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore.

Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Palermo, il 22 dicembre 2017.

Depositata in Cancelleria il 10 gennaio 2018.

Corte_Appello_Palermo_Sez_III_Sent_10_01_2018

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Atto di Precetto intimazione di adempiere esecuzione forzata recupero crediti indicazione somma domandata

Atto di Precetto intimazione di adempiere esecuzione forzata recupero crediti indicazione somma domandata

Corte di Appello Catania, Sezione I Civile, Sentenza del 22-02-2018

Con sentenza del 22 febbraio 2018 la Corte Appello di Catania, Sezione I Civile, ha stabilito che l’intimazione di adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo ex art. 480 c.p.c. (atto di precetto) non richiede, quale requisito formale richiesto a pena di nullità, oltre all’indicazione della somma domandata in base al titolo esecutivo, anche quella del procedimento logico-giuridico e del calcolo matematico seguiti per determinarla.


Corte di Appello Catania, Sezione I Civile, Sentenza del 22-02-2018

Atto di Precetto intimazione di adempiere esecuzione forzata recupero crediti indicazione somma domandata

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI CATANIA

PRIMA SEZIONE CIVILE

composta dai magistrati:

dott. ________ – Presidente est

dott. ________ – Consigliere

dott. ________ – Consigliere

riunita in Camera di consiglio, ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. _______ RG

promossa da

S.N.G., nato a ___ il ____ ed ivi residente in _______, elettivamente domiciliato in ________, rappresentato e difeso dall’avv.to _________ giusta procura in atti;

Appellante

contro

I.R. srl, con sede in _______, c.f. _____, in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione, e, per essa, P.C.S. spa, già P.R.C.S. spa, con sede in _____, in persona del procuratore speciale, elettivamente domiciliata in _____, rappresentata e difesa dall’avv.to _______ per procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta;

Appellata

Svolgimento del processo

Con l’atto di citazione notificato in data ____ N.G.S. proponeva opposizione, innanzi al Tribunale di Ragusa, avverso l’atto di precetto notificatogli il _____ a mezzo del quale I.F. 2 srl, cessionaria da potere di B.S. spa, dichiarando l’intervenuta decadenza dal beneficio del termine dei distinti contratti di mutuo stipulati in data ____ e ____, intimava il pagamento della complessiva somma di Euro ____, in essi compresi, quanto al primo contratto, Euro ___ e, quanto al secondo, Euro____, a titolo di rate scadute, sorte capitale ed interessi convenzionali all’ ______, oltre diritti ed accessori.

Lamentava, nell’ordine: a) l’indeterminatezza e/o l’indeterminabilità delle somme precettate, prive, come erano, di qualsivoglia specificazione in punto di sorte capitale ed interessi, anche moratori; b) la mancata considerazione dell’accordo intervenuto con B.S. spa, originaria parte mutuante, in uno alla mancata contabilizzazione dei pagamenti effettuati nel corso di svolgimento di entrambi i rapporti; c) la natura usuraia deli interessi retrocessi a misura della L. n. 108 del 1996; d) l’illegittimità della allegata risoluzione per inadempimento dei due contratti di mutuo.

Chiedeva, per l’effetto, determinarsi gli importi dovuti ed, in via riconvenzionale, condannarsi l’istituto finanziario precettante alla restituzione di quanto indebitamente percepito, maggiorato di interessi e rivalutazione monetaria.

Resisteva I.F. 2 srl, la quale, costituitasi in persona della procuratrice speciale S.I.B. srl, chiedeva il rigetto della proposta opposizione.

Disposta ed espletata CTU contabile, l’adito Tribunale, con la sentenza non definitiva n. ___ RG, resa in data ____, rigettava il primo motivo di opposizione (indeterminatezza ed indeterminabilità delle somme precettate) ed il terzo (usurarietà dei tassi di interesse retrocessi). Ritenuta, al contempo, la legittimità della dichiarata risoluzione dei contratti di mutuo, al dichiarato fine di determinare gli esatti importi dovuti alla stregua dell’intervenuto accordo di ristrutturazione e delle somme frattanto corrisposte, rimetteva la causa sul ruolo e disponeva richiamarsi il nominato CTU.

All’udienza successiva del ____ entrambe le parti formulavano riserva di appello.

Assunti i chiesti chiarimenti, con la sentenza definitiva n. ____ RG, resa in data ____, l’adito Tribunale – preso atto delle conclusioni della disposta CTU, per vero attestanti un saldo debitore, quanto al mutuo del _____, pari a complessivi Euro. _____ e, quanto al mutuo del ____, pari ad ______ – rigettava l’opposizione e compensava le spese processuali.

Con l’atto di citazione notificato in data _____, N.G.S. interponeva formale impugnazione avverso entrambe le rese pronunce. Lamentava, con il primo motivo di gravame, lo statuito rigetto della formulata eccezione di indeterminatezza e/o indeterminabilità delle somme precettategli. Si doleva, con il secondo motivo, della sostanziale illegittimità del secondo dei contratti di mutuo, sì come stipulato, su sollecitazione dell’allora banca mutuante B.S. spa, all’esclusivo fine di procurare la provvista necessaria al fine di chiudere l’esposizione debitoria frattanto consolidatasi nel dato periodo per rate scadute e non pagate del mutuo del _____. Censurava, con la terza ragione, la ricostruzione contabile dei due rapporti di mutuo, all’uopo rilevando l’incompletezza e la tardività della stessa documentazione allegata dalla banca mutuataria. Chiedeva, per l’effetto, la riforma dell’impugnata statuizione.

Si costituiva I.R. srl, e, per essa, P.C.S. spa, già P.R.C.S. spa, quale cessionaria di I.R. srl, la quale chiedeva il rigetto dell’interposto gravame.

Con la comparsa del ________ N.G.S. si costituiva nel nome del nuovo procuratore.

La causa veniva posta in decisione all’udienza collegiale del _______, sulle conclusioni delle parti come riportate in atti, previa concessione dei termini di legge per lo scambio di comparse conclusionali e repliche.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di gravame N.G.S. lamenta lo statuito rigetto della formulata eccezione di indeterminatezza e/o indeterminabilità delle somme precettate perché prive di qualsivoglia specificazione in punto di sorte capitale ed interessi, anche moratori.

La doglianza, se rapportata all’atto di precetto, è certamente infondata posto che, sul punto, la Corte di cassazione ha ripetutamente affermato il principio di diritto, che qui si ribadisce, per il quale l’intimazione di adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo ex art. 480 c.p.c. non richiede, quale requisito formale richiesto a pena di nullità, oltre alla indicazione della somma domandata in base al titolo esecutivo, anche quella del procedimento logico-giuridico e del calcolo matematico seguiti per determinarla (da ultimo, Cass. 19 febbraio 2013 n. 4008).

E’ vero, però, che, ben al contrario di quanto ha statuito il Tribunale, l’istruttoria processuale ha consentito di acclarare che, soltanto con riferimento al contratto di mutuo del _______ dell’importo di L. ____ (rif. n __), il credito azionato è risultato determinato e determinabile in entrambe le componenti – sorte capitale ed interessi – in base a semplici conteggi aritmetici ed alla stregua delle condizioni di contratto, sì come riportanti la misura degli interessi, il parametro di riferimento, la cadenza temporale degli accessori: ciò si può affermare, infatti, a petto delle in parte qua incontestate risultanze peritali, tanto a riguardo dell’accordo originario, specificatamente, prevedente l’obbligo della restituzione in n. __ rate semestrali di L. ____ al tasso del ___%, quanto del successivo accordo di ristrutturazione del ____, che ha modificato la rata semestrale riducendola in L. ____, il tasso di interesse, aumentato al ___% annuale, ed incrementato la durata complessiva del mutuo sino ad un totale di n. __ rate.

Altrettanto non può però dirsi riguardo al contratto di mutuo del ____ dell’importo di L. ____ (rif. n. __), da restituire in __ rate semestrali, in ordine al quale il nominato CTU ha scritto (relazione del __): “Detto mutuo prevede un tasso fisso del __% semestrale per il periodo ___ e, successivamente, un tasso variabile costituito dal tasso interbancario lettera a sei mesi per ECU, offerto il primo dei due giorni lavorativi bancari antecedenti l’inizio di ciascun semestre, pubblicato sulla stampa finanziaria, maggiorato di due punti. Inoltre, trattandosi di un mutuo con provvista in ECU, le rate avrebbero dovuto essere adeguate in base ad un complesso meccanismo per tener conto del cambio lire/ECU”.

E’ ben vero, infatti, che, al fine di ricostruire il saldo contabile di detto rapporto, l’ausiliario è dovuto ricorrere a “semplificazioni ed approssimazioni …. per sopperire alla carenza di informazioni circa l’esatta misura dei tassi e dei cambi” a causa dell’obiettiva difficoltà di reperire ad oggi le informazioni del tasso di cambio nel dato periodo ed in ragione del fatto che l’ECU a far data dall’ ____ è stato sostituito dall’Euro ed a quella data, ai sensi dell’art. 5 del contratto di erogazione e quietanza, il tasso di interesse avrebbe dovuto essere sostituito secondo criteri non conosciuti che appaiono operati con assoluta discrezionalità dell’istituto bancario (relazione scritta).

Senonché, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa di parte appellante, tal sopravvenuta obiettiva difficoltà di determinare i parametri di riferimento (tasso di cambio ECU e misura dell’interesse), non legittima, ad avviso del collegio, l’applicazione del principio di diritto (Cass. 2007 n. 2317) a tenore del quale “in tema di contratti di mutuo, perché una convenzione relativa agli interessi sia validamente stipulata ai sensi dell’art. 1284 3 c.c., che è norma imperativa, la stessa deve avere un contenuto assolutamente univoco e contenere la puntuale specificazione del tasso di interesse; ove il tasso convenuto sia variabile, è idoneo ai fini della sua precisa individuazione il riferimento a parametri fissati su scala nazionale alla stregua di accordi interbancari, mentre non sono sufficienti generici riferimenti, dai quali non emerga con sufficiente chiarezza quale previsione le parti abbiano inteso richiamare con la loro pattuizione.

Un conto è l’obiettiva determinabilità del tasso di interessi, pur in difetto di espressa indicazione in cifre, assicurata, nel caso a mano, dal richiamo per iscritto a criteri prestabiliti e ad elementi estrinseci, obiettivamente individuabili al momento in cui furono concordati (ECU), che consentano la concreta determinazione del tasso convenzionale, altro è che i parametri di riferimento, originariamente certi ed obiettivi, non risultino più determinabili in ragione della impossibilità di reperire le rilevazioni del dato periodo, come peraltro comprovata dalla stessa condotta processuale dell’istituto finanziario appellato che non è stato in grado di precisare il tasso interbancario di riferimento tempo per tempo utilizzato, le pubblicazioni cui fare riferimento, il tasso da applicarsi in occasione del passaggio dall’ECU all’Euro quale unità di conto del sistema europeo.

Siffatta impossibilità non basta, certo, a sanzionare in termini di nullità il contratto ma ha comunque evidenti rivenienze processuali in punto di ricostruzione del saldo contabile.

Escluso che possa farsi riferimento al parametro alternativo proposto dal nominato ausiliario, che ha ritenuto di sostituire il tasso previsto in contratto con i tassi di riferimento della B.D. maggiorati dello __% – alla stregua della semplice ma inaccettabile considerazione (relazione di CTU) che “detto tasso, nel primo semestre del __, ha assunto un valore del ___% ( __ % semestrale ), valore assai vicino al tasso contrattuale previsto nello stesso periodo (__% semestrale)” – perché, in mancanza dei dati di riferimento, manca nel concreto la possibilità di riscontrare l’effettiva equiparabilità nel corso dei successivi anni di svolgimento del rapporto del tasso di riferimento della B.D. al tasso variabile concordato, non resta, infatti, alla stregua delle regole in punto di onere probatorio, che ricostruire in parte qua gli importi dovuti applicando semplicemente gli interessi al tasso legale che, di certo inferiori alla misura originariamente concordata, costituiscono comunque l’unica remunerazione della somma mutuata che, in quanto ricompresa dell’originario dovuto, può riconoscersi con certezza in favore dell’istituto finanziario in luogo dell’originaria convenzione non più suscettibile di univoca determinazione.

Il risultato che ne viene, alla stregua del conteggio pur elaborato dal CTU nella relazione scritta del ___, ammonta, alla data dell’____, a complessivi Euro ___, di cui Euro ___ per sorte capitale ed Euro __ per interessi di mora, ed è in tali limiti che va conseguentemente dichiarata la legittimità della pretesa creditoria in parte qua intimata con l’impugnato atto di precetto.

Con il che si viene a rigettare pure la terza ragione di impugnazione, sì come vertente sulla ricostruzione contabile dei due rapporti di mutuo assunta a base della decisione.

Sull’incompletezza della documentazione allegata dalla banca mutuataria a fondamento del preteso saldo contabile del rapporto di mutuo del ___, valgono le considerazioni testé esposte.

Quanto ai pretesi versamenti a deconto effettuati in corso di rapporto, basta invece rilevare, per statuirne il rigetto, l’indeterminatezza della censura che non si fa carico della ricostruzione specificatamente operata dal CTU con gli elaborati peritali prodotti dopo la rimessione della causa sul ruolo in esito alla sentenza non definitiva.

N.G.S. ripropone poi, con diverso motivo di gravame, l’eccezione di illegittimità del secondo contratto di mutuo, che si vuole stipulato, su sollecitazione dell’allora banca mutuante, all’esclusivo fine di procurare la provvista necessaria al fine di chiudere l’esposizione debitoria frattanto consolidatasi nel dato periodo per rate scadute e non pagate del mutuo del ___: prospetta, al riguardo, l’assunto secondo il quale “l’illecita deviazione della somma di L. ___ per subito incassata, attraverso un’operazione subdola ed ingannevole”, imposta dal B.S. spa sì come pienamente consapevole del proprio precario stato finanziario, integrerebbe la tipica ipotesi di usurarietà di cui al primo comma dell’art. 644 c.p. e, per ciò stesso, la fattispecie del contratto in frode alla legge a termini dell’art. 1344 c.c..

Il motivo è inammissibile e comunque infondato.

Il Giudice ha, in parte qua, disconosciuto la denunciata usurarietà del contratto sul duplice rilievo dell’inammissibilità della relativa deduzione, perché allegata per la prima volta quando il termine per emendare la domanda ex art. 183 c.p.c. (nel testo vigente ratione temporis) era scaduto, e della concorrente considerazione che “per concretare tale ipotesi non basta che il debitore si trovi in condizioni di difficoltà economica o finanziaria, logicamente note al mutuante, ma inoltre che gli interessi convenuti, anche se inferiori al tasso soglia previsto ex lege, avuto riguardo alle modalità del fatto e al tasso medio applicato risultino comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro: il che è stato decisamente escluso dal CTU ed è peraltro insostenibile in considerazione del quasi dimezzamento degli interessi convenzionali a seguito del successivo accordo di ristrutturazione del mutuo di L. __del __ (l’unico a cui si applica la normativa antiusura)” (sentenza non definitiva, pag. 2).

Ebbene, di tal motivazione l’appellante non tiene conto nella redazione della sua censura, che, sotto tal profilo, è priva della necessaria concretezza perché non si confronta con le ragioni argomentative del provvedimento impugnato.

Al riguardo, sarebbe già sufficiente osservare, in punto di inammissibilità, che la difesa dello S. trascura del tutto le ragioni ritenute dal Tribunale ostative alla configurabilità della dedotta fattispecie di illecito (fosse solo che in ordine al requisito della sproporzionalità degli interessi convenuti rispetto alla provvista finanziaria mutuata) limitandosi a mere petizioni di principio circa l’assunta illiceità della causa del contratto di mutuo.

Il motivo è d’altra parte infondato pur per il denunziato profilo per il quale il contratto sarebbe privo della sua causa giuridica per essere mancata la traditio della somma erogata.

Posto che la contestazione attiene alla contabilizzazione della somma data a mutuo con accredito in conto corrente e quindi all’immediata utilizzazione dello stesso importo girato a saldo della frattanto consolidatasi scopertura del pregresso mutuo fondiario, v’è da richiamare la giurisprudenza della Corte di Cassazione (da ultimo, Cass. 28 giugno 2011 n. 14270), che, pur ribadendo la tesi tradizionale per la quale il contratto di mutuo è un contratto reale, che quindi si perfeziona con la consegna della somma data a mutuo, che è elemento costitutivo del contratto (così come il pur necessario consenso legittimamente prestato dalle parti al trasferimento di questa somma), non configura la consegna idonea a perfezionare il contratto di mutuo come la materiale e fisica traditio del denaro nelle mani del mutuatario, ritenendone sufficiente la disponibilità giuridica.

Più in particolare, va qui richiamato e ribadito il principio di diritto per il quale il conseguimento della giuridica disponibilità della somma mutuata da parte del mutuatario, può ritenersi sussistente, come equipollente della traditio, nel caso in cui il mutuante crei un autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario, in guisa tale da determinare l’uscita della somma dal proprio patrimonio e l’acquisizione della medesima al patrimonio di quest’ultimo, ovvero quando, nello stesso contratto di mutuo, le parti abbiano inserito specifiche pattuizioni, consistenti nell’incarico che il mutuatario da al mutuante di impiegare la somma mutuata per soddisfare un interesse del primo (cfr. già Cass. 12 ottobre 1992, n. 11116 e 15 luglio 1994, n. 6686; nonché Cass. 5 luglio 2001, n. 9074 e 28 agosto 2004, n. 17211 ; e, da ultimo, Cass. 3 gennaio 2011, n. 14).

Ebbene, nel caso di specie, è lo stesso mutuatario ad avere assunto, con le difese articolate all’udienza del ___ (e richiamate in seno all’atto di appello), l’intervenuto versamento dell’importo di L. ___, di per sé stesso presupponente la disponibilità giuridica della somma, da considerarsi equipollente alla consegna ai fini del perfezionamento del mutuo (cfr. già Cass. 21 dicembre 1990, n. 12123, nonchè Cass. 21 febbraio 2001, n. 2483).

L’inammissibilità, in ogni caso, trova ancor di più ragion d’essere nel fatto che la difesa dell’appellante ha del tutto trascurato l’altra ratio decidendi su cui è fondata l’impugnata statuizione di rigetto, sì come segnatamente vertente sull’inammissibilità per tardività della domanda, del tutto autonoma dalla prima, nel senso che essa sorregge da sola la decisione: ebbene, non investendo in alcun modo questa seconda ratio, l’unico motivo di appello, anche se fosse ritenuto fondato, non potrebbe portare in alcun modo all’accoglimento del gravame, in quanto la decisione non cesserebbe di reggersi proprio su quella seconda ratio (l’inammissibilità) che non è stata attinta dal motivo e su cui, quindi, questa Corte deve rilevare che si è formato giudicato interno del tutto assorbente, nel senso che vale a sorreggere in parte qua la statuizione di infondatezza della domanda dello S.

Allorquando, infatti, la sentenza assoggettata ad impugnazione sia fondata su due diverse rationes decidendi, idonee entrambe a giustificarne autonomamente le statuizioni, la circostanza che l’impugnazione sia rivolta soltanto contro una di esse e non attinga l’altra, determina una situazione nella quale il giudice dell’impugnazione (ove naturalmente non sussistano altra ragioni di rito ostativa all’esame nel merito dell’impugnazione) deve prendere atto che la sentenza, in quanto fondata sulla ratio decidendi non criticata dall’impugnazione, è passata in cosa giudicata a desumere, pertanto, che l’impugnazione non è ammissibile per l’esistenza della cosa giudicata (da ultimo, Cass. 13 luglio 2005 n. 14740).

Non resta, alla stregua di tutto quanto sopra, che dichiarare, in parziale accoglimento del primo motivo di gravame, la legittimità dell’intimato atto di precetto sino alla misura di Euro ___: tale è l’importo che residua computando la somma di Euro __, quanto al contratto di mutuo del __, in uno agli accessori e ad Euro ___, sì come correttamente intimati con riferimento al contratto di mutuo del ____.

L’esito del giudizio, nel quale la acclarata parziale illegittimità dell’intimato atto di precetto si bilancia con lo statuito rigetto nel resto della spiegata opposizione, giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte, definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta al n. ___ RG, così statuisce sull’appello proposto da N.G.S. a mezzo dell’atto di citazione notificato in data ____:

dichiara, in riforma della sentenza non definitiva n. ____ RG, resa dal Tribunale di Ragusa in data ___, e della sentenza definitiva n. ____ RG, resa dal Tribunale di Ragusa in data ____, che conferma nel resto, la legittimità dell’intimato atto di precetto notificato il ___, sino alla misura di Euro ____.

Compensa le spese processuali del presente grado di giudizio.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile della Corte di Appello in data 9 febbraio 2018.

Depositata in Cancelleria il 22 febbraio 2018.

Corte_Appello_Catania_Sez_I_Sent_22_02_2018

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Decreto ingiuntivo accertamento anticipatorio con attitudine al giudicato Opposizione al decreto ingiuntivo fondatezza della pretesa creditoria Oneri probatori

Decreto ingiuntivo accertamento anticipatorio con attitudine al giudicato Opposizione al decreto ingiuntivo fondatezza della pretesa creditoria Oneri probatori

Tribunale Ordinario di Roma, Sezione XVI Civile, Sentenza del 28-02-2018

Con sentenza del 28 febbraio 2018 il Tribunale Ordinario di Roma, Sezione XVI Civile, ha stabilito che il decreto ingiuntivo è un accertamento anticipatorio con attitudine al giudicato; instauratosi il contraddittorio a seguito dell’opposizione, si apre un giudizio a cognizione piena caratterizzato dalle ordinarie regole processuali anche in relazione al regime degli oneri allegatori e probatori con la conseguenza che oggetto del giudizio di opposizione non è tanto la valutazione di legittimità e di validità del decreto ingiuntivo opposto, quanto la fondatezza o meno della pretesa creditoria, originariamente azionata in via monitoria, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza. Quindi il diritto del preteso creditore (formalmente convenuto, ma sostanzialmente attore) deve essere adeguatamente provato, indipendentemente dall’esistenza ovvero persistenza dei presupposti di legge richiesti per l’emissione del decreto ingiuntivo.


Tribunale Ordinario di Roma, Sezione XVI Civile, Sentenza del 28/02/2018

Decreto ingiuntivo accertamento anticipatorio con attitudine al giudicato Opposizione al decreto ingiuntivo fondatezza della pretesa creditoria Oneri probatori

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Roma – Sedicesima Sezione Civile (ex Terza Sezione Civile), in persona del dott. ____, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado, iscritta al n. ___ R. G. vertente

TRA

  1. S.R.L., in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata a ___, presso lo studio dell’avv. ___, da cui è rappresentata e difesa in forza di procura speciale in calce all’atto di citazione,

OPPONENTE

E

U., in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata a ___, presso lo studio dell’avv. ___, da cui è rappresentata e difesa in forza di procura speciale

OPPOSTA

Svolgimento del processo

Con tempestiva citazione l’attrice L. S.r.l. (incorporante per fusione la A. S.r.l.) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo (n. __ del ___ di questo Tribunale; n. ____ Rg), ottenuto dalla convenuta U. e delle Imprese di R.F. (nel prosieguo anche U.) per il pagamento della complessiva somma di __ euro, oltre interessi legali e spese, a titolo di pretesi contributi associativi per gli anni ____. Al riguardo l’opponente, premesso che in data ____ aveva incorporato per fusione la A. S.r.l. e che era subentrata in tutte le posizioni attive e passive della stessa, allegava che in data ___ la suddetta A. S.r.l. aveva aderito all’U., pagando regolarmente i contributi annuali; che in data ___ la citata società aveva ricevuto dall’opposta sollecito di pagamento dei contributi relativi agli anni ___, cui si era replicato segnalando che il debito era inesistente, in quanto già saldato; che nel luglio del ____ vi era stata analoga richiesta, cui si era conferentemente replicato; che in data ___ la predetta A. S.r.l., a seguito di cessazione dell’attività, aveva comunicato via fax alla U. la disdetta dal rapporto associativo, ormai privo di ragion d’essere; che, nonostante il recesso, nel corso del ___ l’opposta aveva sollecitato essa attrice, appunto quale incorporante, al pagamento dei contribuiti associativi dovuti per gli anni ___ e per gli anni ____; che anche in detta occasione era stato comunicato ad U. che già si era adempiuto, producendo i relativi giustificativi; che in data ___ l’opposta aveva diffidato essa attrice a pagare la complessiva somma di ___ euro, sempre a titolo di pregresse quote associative; che anche in questa occasione si era conferentemente replicato e contestato, trasmettendo nuovamente la disdetta del ___ e le ricevute di pagamento per i contributi del ____; che, nonostante ciò, aveva ricevuto la notifica del decreto ingiuntivo, che veniva opposto per inesistenza del credito esatto in via monitoria in quanto, per le annualità più risalenti nel tempo, già si era provveduto al relativo pagamento e, per le annualità più recenti, nulla era dovuto a seguito del ricordato recesso del ___; che, stante la condotta dell’opposta, aveva diritto al risarcimento dei danni, ex art. 96 c.p.c. Tanto premesso, l’attrice concludeva come in epigrafe riportato.

Si costituiva in giudizio l’U., in persona del legale rappresentante, la quale contestava la domanda attrice, tanto in ordine al preteso recesso quanto in ordine al pagamento delle annualità più risalenti nel tempo, e concludeva come in epigrafe riportato.

Era rigettata l’istanza ex art. 648 c.p.c., stante la mancanza di adeguata prova in ordine alla debenza della somma esatta in via monitoria.

La causa era istruita solo documentalmente, essendo stata ritenuta superflua ogni ulteriore attività istruttoria, ed all’udienza del ____ era trattenuta in decisione con l’assegnazione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e di eventuali repliche.

Motivi della decisione

L’opposizione è in parte fondata e va accolta nei limiti di cui in motivazione, ma l’opponente va condannata al pagamento della somma dovuta in base alle risultanze di causa.

Preliminarmente giova ricordare che il decreto ingiuntivo è un accertamento anticipatorio con attitudine al giudicato e che, instauratosi il contraddittorio a seguito dell’opposizione, si apre un giudizio a cognizione piena caratterizzato dalle ordinarie regole processuali (cfr. art. 645, 2 comma, c.p.c.) anche in relazione al regime degli oneri allegatori e probatori (cfr. Cass. 17371/2003; Cass. 6421/2003), con la conseguenza che oggetto del giudizio di opposizione non è tanto la valutazione di legittimità e di validità del decreto ingiuntivo opposto, quanto la fondatezza o meno della pretesa creditoria, originariamente azionata in via monitoria, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza (cfr. Cass. 15026/2005; Cass. 15186/2003; Cass. 6663/2002); quindi il diritto del preteso creditore (formalmente convenuto, ma sostanzialmente attore) deve essere adeguatamente provato, indipendentemente dall’esistenza -ovvero, persistenza- dei presupposti di legge richiesti per l’emissione del decreto ingiuntivo (cfr. Cass. 20613/2011).

L’associazione opposta ha chiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo per il pagamento, da parte della L. S.r.l., della complessiva somma di ____ euro a titolo di contributi annuali, dovuti in forza di conferenti deliberazioni assembleari, e precisamente: __ euro per l’anno ___; ___ euro per l’anno ____; ____ euro per l’anno ___; ____ euro per l’anno ____; ____ euro per l’anno ___ e ____euro per l’anno ___.

Da parte sua l’opponente, ammesso che vi era stata adesione dal ____ da parte della A. S.r.l. e che, in qualità di incorporante a seguito di fusione, era subentrata nelle posizioni attive e passive della A. S.r.l. stessa, ha eccepito che non erano dovuti né i contributi relativi agli anni ____, in quanto già corrisposti, e né quelli relativi agli anni ____, in quanto con fax del ___ era stato comunicato recesso dall’associazione.

In comparsa di risposta l’odierna opposta ha rilevato che il recesso non era stato comunicato nelle forme pattiziamente previste (lettera raccomandata); che il fax in ogni caso non le era mai pervenuto; che inoltre la pretesa comunicazione datata _____ risultava indirizzata ad U.; che peraltro, a quella data, non poteva ancora essere conosciuta da A. S.r.l. la suddetta nuova denominazione abbreviata, in quanto la stessa era stata adottata solo a seguito dell’assemblea del ___, come da verbale per atto del notaio F. del ___ rep. ___, con registrazione presso l’Agenzia delle Entrate di Roma 3 solo il successivo ____. Inoltre allegava, a margine della restante doglianza, che la differenza fra gli importi dovuti dall’associata, in base a conferenti deliberazioni assembleari ed agli obblighi assunti appunto quale associata, e quanto effettivamente pagato nel corso degli anni era pari alla somma esatta in via monitoria.

Orbene, accertata la pacifica sussistenza del rapporto associativo in capo alla A. S.r.l. dal ___ e l’altrettanto pacifica responsabilità dell’odierna attrice, per effetto di fusione per incorporazione, per le obbligazioni assunte dalla predetta società, è indubbio che la più volte richiamata A. S.r.l., a seguito dell’adesione all’associazione odierna opposta, avesse assunto anche le obbligazioni connesse allo status di associato e, per quanto qui di interesse, anche l’obbligo di versare i contributi associativi deliberati e determinati annualmente secondo le previsioni statutarie.

Al riguardo è superfluo ricordare che l’adesione ad un’associazione non riconosciuta comporta l’assoggettamento dell’associato alle norme statutarie ed alle regole disciplinanti l’ordinamento interno e la vita dell’ente, senza necessità di specifica accettazione, ancorché le stesse implichino oneri economici, come il versamento dei contributi associativi; infatti l’adesione ad un’associazione comporta l’acquisto di uno status (quello appunto di associato), che attribuisce dei diritti ed impone degli obblighi, fino a quando, conformemente alle norme interne ovvero a quelle di legge, il rapporto associativo non venga meno per recesso, manifestato nelle forme previste dallo Statuto, ovvero per esclusione deliberata dagli organi dell’ente, in conformità delle previsioni statutarie o di legge.

Fra gli obblighi assunti da A. S.r.l. con l’adesione all’associazione convenuta vi era appunto anche quello di provvedere al pagamento dei contributi deliberati a norma dello Statuto.

Tanto premesso e richiamato quanto esposto in precedenza, è possibile operare una distinzione fra la pretesa relativa alle annualità ____ e quella relativa alle annualità ___.

Iniziando per praticità espositiva dalle prime annualità, si osserva che, in base allo Statuto di U., come risultante a seguito della deliberazione dell’assemblea del ___ (cfr. doc. 3 del fascicolo del monitorio), l’art. 4, 7 comma, St prevede che ____.

La dichiarazione di recesso è un negozio unilaterale e recettizio, per la cui efficacia non è richiesta alcuna accettazione da parte dell’ente.

Stante la ricordata natura recettizia, la disdetta, per avere efficacia nell’anno in corso, deve pervenire all’associazione -come da statuto- entro il 30 giugno, ossia almeno sei mesi prima del termine dell’anno solare in corso.

Inoltre, come risulta dal citato articolo dello statuto, è previsto che la disdetta deve essere data “… con lettera raccomandata …”.

Per quanto riguarda le associazioni non riconosciute è consolidato l’orientamento che consente all’autonomina negoziale delle parti di derogare alla disciplina legale di cui all’art. 24 c.c. sia per quanto attiene alle modalità di comunicazione della volontà di recedere sia per quanto riguarda i tempi da rispettare per attribuire efficacia al recesso nell’anno in corso.

Nel caso di specie l’attrice ha allegato che la A. S.r.l. aveva comunicato la disdetta dal rapporto associativo in data ____ a mezzo fax.

Si pone pertanto la necessità di verificare l’efficacia di detto mezzo di comunicazione (il fax), diverso da quello statutariamente, e quindi pattiziamente, previsto, e, una volta rilevata l’eventuale equipollenza, di verificare la prova dell’effettivo inoltro, tenuto conto anche del dato cronologico, alla luce della contestazione di parte convenuta in ordine all’utilizzo, per l’indicazione della destinataria del fax, di una denominazione abbreviata (U.) non ancora formalmente adottata dall’ente.

Il richiamo di parte opposta all’art. 1352 c.c. – la forma convenuta dalle parti per la conclusione di un contratto si presume voluta per la validità di esso (ad substantiam), disciplina applicabile anche agli atti unilaterali per effetto del richiamo operato dall’art. 1324 c.c. (cfr. Cass. 9719/1992), non pare decisivo, in quanto, a tutto concedere, le parti hanno voluto escludere rilevanza a mere dichiarazioni verbali, mentre nel caso di specie la questione riguarda unicamente il mezzo utilizzato per la trasmissione della volontà e cioè se il fax possa ritenersi equipollente alla raccomandata, incontestato essendo che sia nell’uno che nell’altro caso sarebbe comunque rispettato il requisito della forma scritta, come si desume dal citato art. 4, 7 comma, St, in cui appunto si parla di lettera raccomandata e quindi di atto scritto.

Osserva il Giudice che vi è equipollenza, in quanto risulta soddisfatto il requisito, imposto dallo Statuto e quindi dalle parti, della forma scritta, non potendosi porre sullo stesso piano forma scritta e mera modalità di trasmissione della volontà espressa con atto scritto.

Sul punto appare opportuno richiamare Cass. 2211/1989, in tema di disdetta dal contratto di locazione, ma il principio è di generale applicazione, in cui si è avuto modo di evidenziare che “Le modalità della disdetta del contratto di locazione, che siano indicate nel contratto medesimo (nella specie, lettera raccomandata con ricevuta di ritorno), non possono integrare una forma convenzionale ad substantiam, e, pertanto, non ostano a che l’atto possa giungere all’indirizzo del destinatario con mezzi equipollenti (nella specie, raccomandata semplice), ai sensi ed agli effetti di cui all’art. 1335 cod. civ.”.

In conclusione l’utilizzo di una modalità di comunicazione della volontà di disdetta, diversa da quella pur convenzionalmente prevista ma ad essa equipollente, non appare di per sé tale da escludere la piena validità ed efficacia della comunicazione stessa, a fronte di una manifestazione di volontà comunque fatta per iscritto. Del resto se si dovesse applicare alla lettera la previsione statutaria con il riferimento alla “lettera raccomandata” e non, in ipotesi, alla “lettera raccomandata con ricevuta di ritorno” non vi sarebbe neanche la possibilità per il mittente di avere la prova della ricezione, da parte dell’ente, della disdetta inviata.

Inoltre, non appare rilevante il riferimento di parte convenuta all’utilizzo, come individuazione del destinatario del fax, della denominazione abbreviata di ‘U.’ in data ____ e quindi prima della registrazione presso l’Agenzia delle Entrate di Roma 3, in quanto non va dimenticato che è stata la stessa opposta ad aver allegato che “… Tale denominazione è stata modificata a seguito del Verbale di Assemblea per notaio F. del ____, rep. ____ …”; quindi si trattava di denominazione conoscibile dagli associati e quindi in ipotesi anche dalla A. S.r.l., in quanto appunto la deliberazione assembleare era anteriore alla data della dichiarazione di disdetta, asseritamente inviata via fax il successivo ____.

A questo punto si deve verificare se emerge la prova della ricezione della comunicazione asseritamente inviata a mezzo fax e se pertanto possa trovare applicazione la presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c.

Premesso che l’opposta ha negato di aver ricevuto detto fax, osserva il Giudice che parte opponente ha prodotto, come proprio doc. 3, copia della comunicazione di disdetta datata ____ nonché, su foglio separato, il preteso rapporto di trasmissione relativo appunto, a detta dell’opposta, alla comunicazione via fax della citata comunicazione.

Orbene, ribadito che il rapporto di trasmissione non risulta ‘stampato’ sulla citata lettera, ma su un foglio separato, va evidenziato, a prescindere da quelle che possano essere le allegazioni e deduzioni di parte attrice sull’esattezza del recapito telefonico, cui era stato inviato il fax, e sull’indicazione della predetta utenza telefonica sull’intestazione dell’ente riportata nella diffida del _____ (cfr. fascicolo del monitorio), che non vi è prova documentale che effettivamente quel rapporto di trasmissione si riferisca proprio a quella lettera di disdetta.

Alla luce delle superiori osservazioni, va pertanto processualmente escluso che la A. S.r.l. abbia effettivamente inviato all’ente, via fax, la lettera di disdetta _____, con tutto ciò che ne consegue per quanto riguarda l’obbligo di pagamento dei contributi annuali per il ____ e cioè fino alla pacifica espulsione per morosità.

Passando alla richiesta relativa ai contributi per le annualità ____, parte attrice ne ha eccepito l’infondatezza, avendo asseritamente già provveduto al relativo pagamento.

Appare evidente che l’opponente, avendo allegato il pagamento di quanto dovuto a tale titolo e quindi la pretesa estinzione dell’obbligazione, ha implicitamente, ma inequivocabilmente riconosciuto la debenza non solo delle quote associative annuali per il periodo in questione (____), ma anche la correttezza dell’importo esatto in via monitoria, asseritamente estinto per adempimento; infatti l’eccezione di adempimento comporta l’implicito riconoscimento della debenza della somma richiesta dal creditore e fa gravare sul debitore, asseritamente adempiente, l’onere di provare che l’obbligazione, come allegato, è stata effettivamente estinta.

Al riguardo l’opponente ha allegato che vi era in atti la prova del relativo pagamento a mezzo bonifico, con espressa indicazione dell’imputazione di pagamento.

Dunque la stessa opposta ha ammesso che il contributo per il ___ era di ___ euro, quello per il ___di ___ euro come pure quello per il ___ e che l’associata aveva versato ___ euro nel ___, ____ euro nel ___ e ___ euro nel ___.

In conclusione nulla è dovuto a titolo di contributi annuali per gli anni ____.

A questo punto, accertato l’an, si deve tornare ad esaminare il quantum delle annualità ___, a margine delle quali l’opposta ha chiesto in via monitoria il pagamento in misura pari a ____ euro.

Orbene, non essendovi prova della comunicazione di disdetta, la A. S.r.l. – come detto- deve ritenersi associata anche per gli anni _____, con conseguente obbligo di pagamento dei relativi contributi annuali.

In relazione alla contribuzione per il ___, la deliberazione assembleare del ___ aveva previsto dettagliate disposizioni per il calcolo dei contributi associativi.

In relazione alla contribuzione per il ___, il documento 8 del fascicolo del monitorio, nel richiamare sostanzialmente quanto già esposto in relazione all’anno precedente, prevedeva che ____.

In relazione alla contribuzione per il __, il documento 9 del fascicolo del monitorio, nel richiamare sostanzialmente quanto già esposto in relazione all’anno ___, prevedeva che ___.

Alla luce delle risultanze di causa, erano dovuti i contributi associativi per gli anni ____ nella misura minima rispettivamente di ___ euro, di ___ euro e di ___ euro, per un importo complessivo di 3.350,00 euro.

L’odierna opponente, succeduta all’associata A. S.r.l. nella posizione debitoria connessa all’adesione alla U., è pertanto tenuta al pagamento, in favore dell’opposta e a titolo di contributi associativi per il __, ___ e ___, della complessiva somma di ____ euro, oltre agli interessi moratori al tasso legale dall’___su ____ euro, dall’____ su ____ euro e dall’_____ su _____ euro, il tutto fino al saldo effettivo.

Applicando i principi generali in materia di adempimento contrattuale e di riparto dei relativi oneri allegatori e probatori, è qui sufficiente ricordare che nell’azione di adempimento, come nel caso di domanda di condanna contenuta in un ricorso monitorio, il creditore è tenuto a provare soltanto l’esistenza della fonte (negoziale o legale) del suo diritto e la scadenza del termine per l’adempimento, ma non anche l’inadempimento da parte dell’obbligato, che va meramente allegato, dovendo infatti essere quest’ultimo, cioè il debitore convenuto (ovvero l’opponente), a provare l’esistenza di un fatto modificativo, impeditivo o estintivo dell’altrui pretesa (cfr. Cass. SU 13533/2001; Cass. 3373/2010; Cass. 15659/2011; Cass. 7530/2012; Cass. 8901/2013).

Nel caso di specie non risulta provato, in base a conferente allegazione, alcun fatto estintivo relativamente a dette annualità; quindi l’opponente è tenuta al pagamento della suddetta somma con gli accessori su indicati.

Alla luce delle risultanze di causa, si ritiene pertanto necessario revocare il decreto ingiuntivo opposto, in quanto all’attualità non risulta dovuta l’intera somma esatta in via monitoria.

L’opponente va peraltro condannata, in base alle risultanze di causa, al pagamento, in favore dell’opposta e a titolo di contributi associativi per il __, ___ e 2013, della complessiva somma di ____euro, oltre agli interessi moratori al tasso legale dall’____ su ____ euro, dall’_____ su ____ euro e dall’_____ su ____ euro, il tutto fino al saldo effettivo.

La possibilità di revoca del decreto ingiuntivo opposto e di contestuale condanna per la differenza è pacifica in giurisprudenza, in quanto sia con il ricorso per decreto ingiuntivo che con la domanda di rigetto dell’opposizione vi è esercizio di un’azione di condanna; quindi non vi è alcuna ultrapetizione neanche a fronte di una mera richiesta di conferma del decreto ingiuntivo opposto e nulla impedisce, in caso di revoca del decreto ingiuntivo per parziale infondatezza della pretesa azionata in via monitoria, che l’opponente possa essere condannato al pagamento della differenza accertata come effettivamente dovuta alla data della sentenza (cfr. Cass. 1954/2009; Cass. 9021/2005; Cass. 15186/2003): sul punto si consideri la disciplina di cui all’art. 653, 2 comma, c.p.c..

Alla luce delle risultanze di causa, appare evidente l’infondatezza della domanda di condanna ex art. 96 c.p.c. presentata da parte attrice.

Per quanto riguarda il regime delle spese dell’intera procedura -si rammenta che la procedura (fase monitoria e fase di opposizione) è unica e che il decreto ingiuntivo è stato revocato anche in ordine al capo delle spese- osserva il Giudice che le stesse devono essere compensate per metà, alla luce dell’esito complessivo del giudizio, e poste a carico dell’opponente per il residuo, stante il grado di soccombenza.

Si dà atto che per la liquidazione delle spese deve essere applicato il Decreto Ministero Giustizia 55/2014.

Si è proceduto alla somma degli importi medi indicati nello scaglione (____), tenuto conto della natura e del valore della controversia, della qualità e quantità delle questioni trattate e dell’attività complessivamente svolta dal difensore.

Sulla somma così determinata (____ euro) va operata la compensazione parziale su indicata.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando:

– in parziale accoglimento dell’opposizione, revoca il decreto ingiuntivo opposto;

– condanna peraltro l’opponente L. S.r.l. (incorporante per fusione A. S.r.l.) al pagamento, in favore dell’opposta U. a titolo di contributi associativi per gli anni ___, ____ e ___, della complessiva somma di ____  euro, oltre agli interessi moratori al tasso legale dall’____ su ___ euro, dall’___su ____euro e dall’___ su __  euro, il tutto fino al saldo effettivo;

– rigetta la domanda ex art. 96 c.p.c. di parte opponente;

– compensa per metà le spese di lite e pone a carico dell’opponente, per il grado di soccombenza, il residuo, che liquida in ______ euro a titolo di compensi professionali, oltre rimborso forfettario, Cpa ed Iva come per legge.

Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2018.

Depositata in Cancelleria il 28 febbraio 2018.

Tribunale_Roma_Sez_XVI_Sent_28_02_2018

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Prova scritta fatture produzione documenti Decreto ingiuntivo Opposizione al decreto ingiuntivo

Prova scritta fatture produzione documenti Decreto ingiuntivo Opposizione al decreto ingiuntivo

Tribunale Ordinario di Caltanissetta, Sezione Civile, Sentenza del 15-03-2018

Con sentenza del 25 gennaio 2018 il Tribunale Ordinario di Caltanissetta, Sezione Civile, ha stabilito che le fatture possono costituire prova del credito limitatamente alla fase di emissione del decreto ingiuntivo, e fatta salva ogni ulteriore valutazione del materiale probatorio nel successivo giudizio di opposizione. In linea generale, invero, un documento proveniente dalla parte che voglia giovarsene non può costituire prova in favore della stessa, né determina inversione dell’onere probatorio nel caso in cui la parte contro la quale è prodotto contesti il diritto, anche relativamente alla sua entità, oltreché alla sua esistenza.


Tribunale Ordinario di Caltanissetta, Sezione Civile, Sentenza del 15/03/2018

Prova scritta fatture produzione documenti Decreto ingiuntivo Opposizione al decreto ingiuntivo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Caltanissetta, sezione civile, in composizione monocratica, nella persona del Giudice Dott. __________ ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. ________ R. G. degli Affari civili contenziosi vertente

TRA

  1. S.R.L in persona del legale rappresentante pro tempore con sede in ___________, P. IVA _________, rappresentata e difesa, giusto mandato in calce dell’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, dall’avv. ______________, elettivamente domiciliata in ________ presso lo studio dell’avv. ____________.

Attore opponente

CONTRO

C.C.M. s.a.s. in persona dell’amministratore giudiziario p.t., elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. _______ dal quale è rappresentato e difeso giusto mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta.

Convenuto opposto

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La società attrice nel proporre opposizione avverso il decreto ingiuntivo notificatogli da C.C.M. s.a.s. chiedeva al Tribunale adito dichiarare nullo e/o annullare e/o comunque revocare il decreto ingiuntivo opposto, rilevando preliminarmente l’illegibilità della procura rilasciata al procuratore della parte opposta e la mancanza di prova della procedura di amministrazione giudiziaria e della qualità di amministratore giudiziario; nel merito, la nullità del decreto opposto per mancanza dei presupposti della prova del credito e l’insussistenza della pretesa creditoria per non avere mai ricevuto la merce di cui alle fatture, asserendo che nessun rapporto commerciale fosse mai esistito tra le due società.

La società opposta costituitasi in giudizio contestava gli assunti di controparte e rilevava che: la documentazione prodotta provava sia la procedura di amministrazione sia la nomina ad amministratore giudiziario del ______ sia la riferibilità della firma a quest’ultimo; nel merito, contestava l’assunto di parte opponente rilevando a proposito dell’inesistenza del credito, che la merce di cui alle fatture fondanti il D.I. opposto, non solo era stata ordinata ma anche debitamente consegnata; concludeva, alla luce delle argomentazioni svolte, e stante il palese intento dilatorio, chiedendo la condanna della società opponente anche al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c.

La causa è stata istruita documentalmente ed a mezzo dell’interogatorio formale del legale rappresentante della F. s.r.l., e del teste N.F., mentre l’opponente all’udienza del ______ ha dichiarato di rinunciare ai testi ammessi.

Così riassunta la posizione dell’opponente, deve in via preliminare affermarsi l’infondatezza dell’eccezione pregiudiziale sollevata dalla società opponente atteso che l’opposta ha versato in atti sentenza del G.I.P. dalla quale risulta il sequestro dei beni aziendali, dei conti correnti e degli altri rapporti bancari, riconducibili a C.C.M. s.a.s., nonché la nomina di custodi ed amministratori del beni sequestrati. Dunque, deve ritenersi che l’opposta ha fornito la prova sia della sussistenza della procedura sia della titolarità di amministratore giudiziario in capo a ______. Quanto poi alla illeggibilità della procura va evidenziato che l’illeggibilità della sottoscrizione al mandato è causa di nullità della citazione quando non sia in altro modo desumibile dal contesto dell’atto la qualità del conferente la procura, e comunque la nullità deve considerarsi sanata se nel corso della lite sia documentato il riferimento della qualità di rappresentante alla persona fisica che ha sottoscritto l’atto (Cass. n. 7406/2016). Nel caso che qui ci occupa, la parte opposta, con la costituzione nel presente giudizio di opposizione, ha depositato documentazione idonea a sanare la nullità eccepita. Si ribadisce che come statuito dal Giudice delle leggi, l’illeggibilità della firma non è causa de invalidità della procura alle liti tutte le volte in cui l’identità e la carica del conferente siano desumibili o dalla procura stessa o dal contesto dell’atto (Cass. n. 16005/2017).

Nel merito, vagliate le emergenze istruttorie deve anzitutto rilevarsi come il rilievo difensivo per quel che rileva nel presente giudizio di opposizione è, comunque, infondato e l’opposizione deve essere rigettata per le ragioni che seguono.

Va sin d’ora sottolineato che sin dalla fase monitoria parte convenuta opposta ha fornito idonea prova della esistenza, liquidità ed esigibilità del proprio credito, producendo sia le fatture sia i documenti di trasporto (regolarmente sottoscritti dal dall’amministratore unico della F. s.r.l.) che attestano la regolare consegna della merce per la quale è stato chiesto il pagamento. La società attrice opponente ha dedotto in primo luogo la avvenuta concessione del decreto ingiuntivo pur in carenza dei presupposti di legge in quanto la documentazione offerta da controparte, rappresentata dalle fatture commerciali, sarebbe inidonea e non costituirebbe prova scritta del credito perché non assistite dall’estratto autentico dei libri IVA e mancanti dei documenti di trasporto.

Il rilievo difensivo è comunque infondato in quanto come ormai pacificamente acclarato dalla giurisprudenza di legittimità: le semplici fatture possono costituire prova dei crediti in questione limitatamente alla fase di emissione del decreto ingiuntivo, e fatta salva ogni ulteriore valutazione del materiale probatorio nel successivo giudizio di opposizione (cfr. Cass. Civ. n. 3090/79; Cass. Civ. n. 3261/79). In linea generale, si sostiene che un documento proveniente dalla parte che voglia giovarsene non può costituire prova in favore della stessa né determina inversione dell’onere probatorio nel caso in cui la parte contro la quale è prodotto contesti il diritto, anche relativamente alla sua entità, oltreché alla sua esistenza.

Pertanto nel processo di cognizione che segue all’opposizione a decreto ingiuntivo, come in ogni altro giudizio di cognizione, le medesime non integrano, di per sé, la piena prova del credito in esse indicato e non comportano neppure l’inversione dell’onere della prova in caso di contestazione sull’an o sul quantum del credito vantato in giudizio.

Dunque, se non accettate, le fatture commerciali non valgono a dimostrare l’esistenza del credito, né, tanto meno, la sua liquidità ed esigibilità (sul punto, v. Cassazione civile, sez. III, 3 aprile 2008, n. 8549 secondo cui: “La fattura rappresenta idonea prova scritta del credito quale richiesta ex lege per l’emissione di un decreto ingiuntivo, sempre che ne risulti la regolarità amministrativa e fiscale; tuttavia, il valore probatorio della stessa in ordine alla certezza, alla liquidità e alla esigibilità del credito dichiaratovi, come ai fini della dimostrazione del fondamento della pretesa, viene meno nel giudizio di merito e anche in quello di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto, atteso che essa si inquadra tra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione indirizzata all’altra parte di fatti concernenti un rapporto già costituito. Di conseguenza, quando tale rapporto è contestato tra le parti, la fattura, anche se annotata nei libri obbligatori – proprio per la sua formazione a opera della stessa parte che intende avvalersene – non può assurgere a prova del contratto, al più può rappresentare un mero indizio della stipulazione di esso e dell’esecuzione della prestazione, ma nessun valore, neppure indiziario, può essere riconosciuto alla fattura in ordine alla rispondenza della prestazione stessa a quella pattuita, come gli altri elementi costitutivi del contratto”).

Orbene nel caso che qui ci occupa, e vagliate le risultanze istruttorie, deve anzitutto rilevarsi come l’opposta abbia dato prova dell’esistenza del credito attraverso l’escussione del teste N.F., all’epoca dei fatti dipendente della società C.C., – sulla cui attendibilità non vi è motivo di dubitare, anche il assenza di elementi che possano far dubitare della sua buona fede; della non contraddittoria nelle sue dichiarazioni dell’assenza di qualsivoglia concreto elemento idoneo a consentire una diversa ricostruzione dei fatti- il quale ha riferito di essersi recato più volte presso la sede della F. srl per chiedere il pagamento delle fatture per cui è causa, di avere incontrato il padre del sig. F.S. che non negava l’esistenza del debito ma lo rassicurava circa il pagamento. Ha altresì dichiarato di essere ritornato presso la sede della società e di avere incontrato F.S., amministratore della società, che veniva informato dal padre del credito vantato dall’opposta e non ancora soddisfatto. Le dichiarazione rese dal teste rilevano la palese inattendibilità di F.S. per le circostanze riferite in sede di interrogatorio formale, quantomeno nella parte in cui egli dichiara di non conoscere e di non avere mai avuto contatti con il sig. N.F. Così come risulta provato che la società opponente era a conoscenza della pretesa creditoria della società opposta prima ancora che venisse notificato il decreto ingiuntivo. È ancora il teste N.F. che dichiara di avere consegnato alla società C.C. la lettera di messa in mora unitamente alle fatture, lettera che fu restituita dopo essere stata firmata per ricevuta dal F.S. come da lui stesso dichiarato, sebbene a suo dire senza leggerne il contenuto.

Va ulteriormente rilevata la pretestuosità dell’opposizione, considerato che i documenti prodotti dall’opposta dimostrano, che la merce per la quale è stato chiesto il pagamento, è stata tutta integralmente consegnata e che non è stato domandato il pagamento di merce non inviata; nonché il tenore dell’opposizione, con la quale, lungi dal contestare le fatture ricevute con la lettera di messa in mora consegnata brevi manu dal sig. N., e poi azionate in via monitoria, l’opponente si limitava a negare la fornitura ed a richiedere la prova dell’avvenuta consegna della merce, con ciò solo ammettendo non solo l’esistenza del contratto inter partes bensì anche l’esattezza delle somme esposte dalla creditrice.

L’opponete dunque pur affermando di non avere ricevuto la merce non è stato in grado di provare le circostanze addotte a sua difesa.

Di fatti, considerato il principio ormai costantemente ribadito dalla Corte Regolatrice in tema di riparto dell’onere probatorio secondo cui: “Il creditore, sia che agisca per l’adempimento, per la risoluzione o per il risarcimento del danno, deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto e, se previsto, del termine di scadenza, mentre può limitarsi ad allegare l’inadempimento della controparte : sarà il debitore convenuto a dover fornire la prova del fatto estintivo del diritto, costituito dall’avvenuto adempimento” (cfr. Cass. Civ. 2001 n. 13533) è evidente come nel caso di specie alle affermazioni fatte dall’opposta non sia seguita una prova tale da giustificare la sua pretesa.

La produzione in giudizio delle fatture e dei documenti di trasporto contenenti l’indicazione della merce, sottoscritti dal debitore stesso per consegna, oltre a fondare l’emissione del decreto ingiuntivo, costituisce anche piena prova del credito azionato e vantato in giudizio.

Malgrado tali assorbenti considerazioni, pare egualmente il caso di rilevare che la pretestuosità dell’opposizione proposta emerge anche dal comportamento processuale dell’opponente la quale dopo ripetuti rinvii della causa per la definizione transattiva della controversia, all’udienza del ______, presente il rappresentante legale della società personalmente, dichiarava di avere raggiunto un accordo transattivo con l’opposta, mentre poi all’udienza del ______ il procuratore dell’opposta rilevava che l’accordo non era stato raggiunto perché il rappresentante legale della società sig. F.S. non aveva inteso dare esecuzione all’accordo, ritenendo l’opponente, di non aggiungere nulla in merito.

In particolare l’eccepita insussistenza del credito per non avere mai ricevuto la consegna della merce, come anche le lettere di contestazione delle fatture, circostanze contestate dal creditore opposto, non sono state suffragate da alcun utile riscontro probatorio. L’odierna società opponente non ha dedotto alcuna prova costituenda atta a dimostrare l’assunto difensivo, mentre invece ha rinunciato ai testi, che peraltro aveva omesso di citare all’udienza. Al contrario l’opposta ha positivamente dimostrato la sussistenza dell’intero debito per cui è stata emessa l’ingiunzione.

L’estrema genericità delle eccezioni sollevate e delle doglianze espresse, evidenzianti la natura meramente dilatoria dell’opposizione, è rimasta tale per tutto il giudizio non avendo il debitore opponente nemmeno provveduto ad articolare prove orali, anzi ha pure rinunciato alla prova testimoniale ammessa, o a produrre documenti atti a dare consistenza alla propria difesa, quali, ad esempio, missive di contestazione delle fatture o, per lo meno, di contestazione della lettera con cui il legale della società creditrice richiedeva il pagamento del dovuto minacciando, in caso contrario, di adire le vie legali.

Deve di conseguenza ritenersi che la lite in esame abbia avuto carattere temerario, perché già al momento della sua instaurazione l’opponente era cosciente dell’infondatezza dell’opposizione e delle tesi sostenute, o comunque nella sua condotta è mancata la normale diligenza per l’acquisizione di detta consapevolezza (in relazione ai presupposti per la configurabilità della lite temeraria fonte di responsabilità processuale aggravata v. da ultimo Cass. 3464/17).

Ciò giustifica l’adozione della sanzione prevista dal citato art. 96 ult. co. c.p.c. che non richiede la prova specifica del pregiudizio sofferto dalla parte che ha subito l’altrui iniziativa temeraria (cfr. Tribunale di Bari, 6 marzo 2014 n. 1273); detta sanzione, avuto riguardo al valore della controversia ed all’entità della colpa può equitativamente liquidarsi, all’attualità, in Euro _______.

Il Giudice, pertanto, non può far altro che rigettare l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo per cui è causa, che merita conferma.

A norma dell’art. 91 cod. proc. civ. l’opponente, totalmente soccombente, è altresì condannato a rifondere alla società opposta le spese processuali nella misura liquidata in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014.

Occorre, inoltre, condannare la parte opponente al pagamento di ulteriori somme, ai sensi dell’articolo 96, comma terzo, del codice di procedura civile. Ne sussistono i presupposti.

Conclusivamente l’opposizione deve rigettarsi.

P.Q.M.

Il Giudice, definitivamente pronunciando, nella causa iscritta al n. _____ R.G., ogni altra domanda o eccezione respinta,

rigetta l’opposizione e per l’effetto conferma in ogni sua parte il decreto ingiuntivo n. _____reso dal Tribunale di Caltanissetta il ______,

condanna F. S.R.L in persona del proprio amministratore e legale rappresentante pro tempore al pagamento in favore di C.C.M. s.a.s. delle spese di lite che si liquidano ex D.M. n. 55 del 2014 in complessivi Euro ___, di cui Euro ___ per la fase di studio, Euro ____ per la fase introduttiva, Euro ___ per la fase istruttoria, Euro ____ per la fase decisionale, oltre il rimborso forfettario pari al 15%, IVAe CPA come per legge,

condanna F. S.R.L in persona del proprio amministratore e legale rappresentante al pagamento in favore di C.C.M. s.a.s. della somma di Euro ___ oltre ad interessi legali dalla data della presente decisione ai sensi dell’art. 96 c.p.c.,

Così deciso in Caltanissetta, il 15 marzo 2018.

Depositata in Cancelleria il 15 marzo 2018

Tribunale_Caltanissetta_Sent_15_03_2018

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Prova scritta fatture produzione documenti Decreto ingiuntivo Opposizione al decreto ingiuntivo

Prova scritta fatture produzione documenti Decreto ingiuntivo Opposizione al decreto ingiuntivo

Tribunale Ordinario di Novara, Sezione Civile, Sentenza del 25-01-2018

Con sentenza del 25 gennaio 2018 il Tribunale Ordinario di Novara, Sezione Civile, ha stabilito che la prova scritta richiesta per l’emissione del decreto ingiuntivo può essere costituita da qualsiasi documento, ancorché privo di efficacia probatoria assoluta, da cui risulti il diritto fatto valere a fondamento della richiesta. Rilevano, in tal senso, le fatture emesse dal creditore e l’estratto autentico del registro vendite.


Tribunale Ordinario di Novara, Sezione Civile, Sentenza del 25-01-2018

Prova scritta fatture produzione documenti Decreto ingiuntivo Opposizione al decreto ingiuntivo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI NOVARA

Sezione civile

in composizione monocratica nella persona del giudice onorario, dr. ___________, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al numero 1764 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2014, e vertente

TRA

E.C. SRL, (P.I. _____) in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avv. _____, elettivamente domiciliata in _________, come da mandato in atti;

ATTRICE OPPONENTE

E

  1. SRL (P.I. _______) in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata ________, presso lo studio dell’avv. ________, che la rappresenta e difende in forza di mandato rilasciato a margine del ricorso per decreto ingiuntivo;

CONVENUTA OPPOSTA

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La E.C. srl proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Novara, in data ________, con il quale veniva ingiunto il pagamento della somma di Euro _______ per la fornitura di merce.

A sostegno della svolta opposizione, l’attrice eccepiva, in via preliminare, l’incompetenza per territorio del giudice adito essendo, a suo dire, competente il Tribunale di Foggia, sia ex art. 19 che ex art. 20 c.p.c. in quanto l’obbligazione era stata eseguita mediante consegna delle merce da parte di V. srl, sebbene queste mai ordinata dalla società opponente, presso la sede di quest’ultima. Nel merito, l’opponente oltre a eccepire l’assenza di valido titolo legittimante la pretesa creditoria non potendosi considerare tali le fatture poste a sostenuto della domanda, rilevava l’assenza di contratto di fornitura delle merce in oggetto non avendo l’opponente mai stipulato il contratto de quo. Infatti, il sig. F.C., agente di zona senza rappresentanza della V. srl, si limitava a proporre alla opponente la consegna per merce di n. 1 articolo prodotto dalla V. Dopo le ritrosie ad accettare la proposta, la E. acconsentiva alla consegna di tale singolo prodotto per la semplice esposizione, senza obbligo di acquisto; pertanto l’accordo verbale intercorso poteva tutt’al più qualificarsi quale mero contratto estimatorio.

Dopo tale accordo la V. decideva arbitrariamente di consegnare alla E. n. 12 articoli mai ordinati, rispetto al n. 1 da consegnare per la mera esposizione, provvedendo all’emissione della fattura n. __ di Euro _____ e con successiva consegna inviava ulteriori n. 4 articoli, anche questi mai ordinati emettendo la fattura n. ___ di Euro ______.

Stupita di tale condotta la E. decideva prontamente di rinviare a sue spese i pezzi ricevuti; l’opposta però si rifiutava di ritirare i colli inviati e giacenti presso il corriere espresso.

Sulla scorta di tali assunti, l’opposta doveva considerarsi soggetto terzo rispetto ai rapporti tra V. e il sig. C. avendo questi agito quale agente senza rappresentanza, in nome proprio, senza spendita del nome della V. così da far ricadere gli effetti del contratto tra lo stesso e la E. La V., con il proprio rifiuto al ritiro dei colli, mostrava per fatti concludenti di non ratificare l’operato del proprio agente, volendo sostituire autonomamente il contratto estimatorio con un contratto di fornitura di merci. Pertanto, considerata l’innegabile infondatezza della pretesa creditoria, la domanda azionata con il ricorso monitorio, prima e, la svolta opposizione, poi aveva determinato un danno all’immagine di cui l’opponente ne chiedeva il ristoro in via riconvenzionale. A ciò dovevano aggiungersi gli ulteriori costi dalla medesima supportati per l’installazione di un allarme per proteggere da eventuali furti i prodotti V. oltre ai costi sostenuti per il corriere per la restituzione della merce.

Si costituiva in giudizio l’opposta contestando in fatto e in diritto la svolta opposizione.

La stessa rilevava l’infondatezza della eccepita incompetenza territoriale; nel caso in oggetto a radicare la competenza dell’adito Tribunale soccorreva l’art. 20 c.p.c. V. aveva adito l’intestato Tribunale per ottenere il pagamento di somme di denaro a seguito di un contratto di fornitura stipulato. L’obbligazione dedotta in giudizio non era quindi la consegna di merci- consegna pacifica, documentata, ma il pagamento della merce stessa, quindi una controprestazione in modo da ripristinare il cd rapporto sinallagmatico.

Infondata si palesava, inoltre, la prospettata inesistenza di un valido titolo per la pretesa creditoria. Infatti vi era stata una negoziazione tra E.C. srl e il sig. C. che poi aveva trasferito la volontà contrattuale di compravendita a V. srl cui era seguita la relativa conferma d’ordine inviata dalla V. stessa a E., perfezionando così il contratto (proposta + conferma = contratto). Nel caso in oggetto non operavano i poteri dell’agente ma le regole generali sulla formazione dei contratti e cioè il meccanismo della proposta e dell’accettazione. Inoltre la volontà di ratificare poteva essere desunta dall’esecuzione del contratto.

Così ripercorsi i termini della questione deve rilevarsi, preliminarmente, che appare palese che le argomentazioni del difensore V. srl attengano all’oggetto della lite ed il tenore, il tono ed il contenuto di quelle argomentazioni non pare contrastare né esorbitare le esigenze dell’ambiente processuale in cui esposte, né eccedere la funzione difensiva assunta dalla medesima, Dunque né le finalità obbiettivate nello scritto difensivo, né il suo tenore trasmodano in espressioni sconvenienti ed offensive quali descritte dalla giurisprudenza del giudice nomofilattico, bensì manifestazione della dialettica processuale, che ben può essere accesa e particolarmente “sentita” dai difensori. Pertanto in termini conclusivi la domanda ex art. 2043 c.c. e art. 89 c.p.c. andrà disattesa.

Sempre in via preliminare deve rilevarsi che l’eccezione di incompetenza territoriale del giudice che ha emesso l’ingiunzione è infondata, e come tale va respinta.

Come è noto, giudice competente ad emettere l’ingiunzione è quello che “sarebbe competente per la domanda proposta in via ordinaria” (art. 637 c.p.c.), ossia il giudice che avrebbe dovuto essere adito con ordinario atto di citazione, volto al pagamento del corrispettivo delle prestazioni rimaste insolute, indicate nel ricorso monitorio.

In particolare è incontestato che (a) il creditore opposto ha agito per il pagamento di una somma di danaro asseritamente dovuta per la fornitura di merce; (b)l’opposta aveva inviato conferma d’ordine in cui veniva indicato l’importo della fornitura.

Osservato, pertanto, che il terzo comma dell’art. 1182 c.c. prevede che l’obbligazione avente ad oggetto una somma di danaro deve essere adempiuta al domicilio del creditore al tempo della scadenza e che la condizione di operatività di predetto criterio è rappresentata dalla liquidità e dalla esigibilità del credito e che appare indubitabile che la presente controversia verta del pagamento di una somma di danaro già determinata nel suo ammontare, con la conseguente applicazione dell’art. 1182 comma 3 c.c., che consente di individuare uno dei fori alternativi, territorialmente competenti, in quello del “domicilio del creditore” alla data di scadenza della obbligazione (art. 20 c.p.c.) ne consegue che la competenza risulta correttamente radicata.

Nel merito, occorre, evidenziare che il decreto ingiuntivo può essere concesso solo su domanda di chi dimostri con prova scritta di essere creditore di una somma liquida di denaro o di una determinata quantità di cose fungibili. La prova scritta richiesta per l’emissione del decreto ingiuntivo può essere costituita da qualsiasi documento, ancorché privo di efficacia probatoria assoluta, da cui risulti il diritto fatto valere a fondamento della richiesta.

Nel caso in oggetto, il credito risulta essere liquido, certo ed esigibile; al ricorso sono stati allegati le fatture azionate e l’estratto autentico del registro vendite

Fermo restando quanto sopra evidenziato ai fini dell’emissione del provvedimento opposto deve, però, tenersi conto del principio secondo cui la fattura commerciale, “avuto riguardo alla sua formazione unilaterale ed alla sua funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all’esecuzione di un contratto, si inquadra tra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione indirizzata all’altra parte di fatti concernenti un rapporto già costituito, onde, quando tale rapporto, per la sua natura o per il suo contenuto, sia oggetto di contestazione tra le parti, la fattura, ancorché annotata nei libri obbligatori, proprio per la sua formazione ad opera della stessa parte che intende avvalersene, non può assurgere a prova del contratto, ma, al più, può rappresentare un mero indizio della stipulazione di esso e dell’esecuzione della prestazione indicata, mentre nessun valore, neppure indiziario, le si può riconoscere in ordine così alla rispondenza della prestazione stessa a quella pattuita, come agli altri elementi costitutivi del contratto” (così da ultimo Cass. 28.4.2004, n. 8161, ma anche, tra molte, Cass. 20.5.2004, n. 9593; Cass. 25.6.2001, n. 8664; Cass. 7.2.2001, n. 1715; Cass. 20.9.1999, n. 10160).

Invero, il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, secondo la ormai consolidata giurisprudenza di legittimità, non ha ad oggetto la verifica della sussistenza dei presupposti di legge per l’emanazione del decreto ingiuntivo, ma dà luogo a un ordinario giudizio di cognizione di merito, finalizzato all’accertamento dell’esistenza/inesistenza del diritto di credito fatto valere dal creditore con il ricorso in monitorio (Cass. n. 5844 del 16.03.2006).

È noto, inoltre, che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo incombe sull’opposto (attore in senso sostanziale) provare i fatti posti a sostegno della propria pretesa: “L’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario, autonomo giudizio di cognizione, che si svolge secondo le norme del procedimento ordinario, con la conseguenza che il giudice dell’opposizione è investito del potere – dovere di pronunciare sulla pretesa fatta valere con la domanda di ingiunzione e sulle eccezioni proposte ex adverso, ancorché il decreto ingiuntivo sia stato emesso fuori delle condizioni stabilite dalla legge per il procedimento monitorio, e non può limitarsi ad accertare e dichiarare la nullità del decreto stesso. In tale giudizio ordinario, incombe, secondo i principi generali in tema di onere della prova, a chi fa valere un qualsiasi diritto in giudizio il compito di fornire gli elementi probatori a sostegno della propria pretesa.” (Cass. civ., sez. II, 29 gennaio 1999, n. 807). Nello stesso senso, tra le altre, Cass. civ., Sez. II, 22/03/2001, n. 4121, Cass. civ., Sez. II, 08/09/1998, n. 8853, Cass. civ., Sez. II, 04/12/1997, n. 12311 e Cass. civ., Sez. lav., 26/04/1993, n. 4857.

Ciò detto, deve rilevarsi la domanda di pagamento (recte di adempimento ex art. 1453 c.c.) è fondata, e quindi va accolta per come proposta.

Infatti la società attorea ha assolto tutti gli oneri probatori incombentigli secondo l’insegnamento del giudice nomofilattico, in particolare provando il titolo (fonte negoziale) e scadenza (esigibilità) dell’obbligazione pecuniaria dedotta in giudizio.

All’uopo devono richiamarsi le risultanze istruttorie – prove orali e documentali- che hanno evidenziato che V. S.r.l., società che opera nel settore della produzione e commercializzazione sul territorio nazionale di rubinetteria e accessori vari per il bagno, si avvale e si è avvalsa per la distribuzione sul territorio nazionale dei propri prodotti di agenti vendita, tra cui il Sig. C.F., incaricato di promuovere le suddette vendite nel territorio di Bari, Foggia e Barletta-Andria-Trani e province. Nell’ambito del rapporto di agenzia tra V. S.r.l. e il Sig. F.C.,nel mese di maggio 2012, quest’ultimo organizzava apposito incontro presso i locali di E.C. S.r.l. con la Sig.a F.M., legale rappresentante e amministratore unico di quest’ultima società. Nell’occasione il C. proponeva l’acquisto di prodotti distribuiti da V. S.r.l. alla Sig.a F.M., in qualità di legale rappresentante e amministratore unico di E.C. S.r.l., la quale accettava la proposta avanzata dal Sig. F.C., specificatamente andando ad identificare i prodotti di interesse all’acquisto, ovvero n. 8 _______, n. 8 _________.

Il Sig. F.C., ricevuto tale l’ordinativo, provvedeva in data ____ a contattare telefonicamente V. S.r.l., in persona della Sig.a G.M., per trasmettere l’ordinativo ricevuto. La V. S.r.l., sempre in persona della Sig.a G.M., ricevuto l’ordinativo, si premurava di inviare a E.C. S.r.l., tramite e.mail – cfr. docc. 1 e 3 – le relative conferme d’ordine e predisponeva la spedizione del materiale acquistato da E.C. S.r.l., materiale che veniva spedito tramite corriere B. nelle date del ____ e del ____ (cfr. docc. __ e __). L’opposta corredava, altresì, la spedizione della merce con l’invio a E.C. S.r.l. delle fatture nn. ___e ___ (c.d. fatture accompagnatorie) relative all’acquisto del materiale inviato tramite corriere B. (cfr. docc. __ e __ del fascicolo monitorio); la E.C. S.r.l. riceveva la merce acquistata da V. S.r.l., per il tramite del Sig. F.C., nelle date del ____ e del ___ (cfr. docc. __ e __). La V. S.r.l., in persona della Sig.a G.M. e del Sig. F.R., rimasta priva di pagamento la fattura n. ___ alla scadenza del _____, iniziava a contattare telefonicamente E.C. S.r.l. per sollecitare il pagamento, la quale risultava però irreperibile. Pertanto, in assenza di riscontro, il Sig. F.R., procedeva a sollecitare per iscritto il pagamento della fattura n. _____ (cfr doc. __). Solo in data _____ (doc. __ e __) E.C. S.r.l. tentava di restituire tramite corriere la merce acquistata da V. S.r.l. per il tramite dell’agente Sig. C.F., di cui alle fatture nn. ___ e ___ ma l’opposta respingeva la restituzione della merce fornita a E.C. S.r.l., in ragione del convincimento del perfezionarsi di contratti di vendita della merce indicata nelle fatture nn. __ e __. Peraltro la E.C. S.r.l. aveva già intrattenuto rapporti commerciali con il Sig. F.C., quale agente di V. S.r.l., per l’acquistato di prodotti commercializzati dalla stessa V. S.r.l., quali indicati nella fattura n. __ del ____ (doc. __).

Cosicché l’opposta ha dimostrato (a) di avere conferito l’incarico preventivo al C. di fornire la propria attività di agenzia, per la conclusione dei contratti de quibus; tra cui quello per cui è causa, il quale ha contattato l’opponente proprio operando nella veste di agente della V. srl e nell’ambito di tale incarico di ha proposto all’opponente medesima l’acquisto di prodotti distribuiti da V.; c) l’accettazione della proposta da parte dell’opponete e l’invio di conferma d’ordine da parte dell’opposta, indi la conclusione del contratto di vendita.

Risulta, inoltre, provato sia che la merce de quo agitur veniva effettivamente consegnata alla opponente sia la sopravvenuta scadenza dell’obbligazione di pagamento (v. le condizioni e termini di pagamento riportate in fattura), essendo comunque trascorso lasso di tempo ben più che ragionevole, dall’effettuazione della fornitura (sugli oneri di prova incombenti a chi agisce in via d’adempimento v. per tutte Cass. n.9351.2007: “in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento”).

Quindi tirando le fila la svolta opposizione andrà rigettata e confermato il decreto ingiuntivo opposto.

Parimenti andrà disattesa la proposta domanda riconvenzionale.

Considerate le risultanze istruttorie va da sé che la proposta domanda riconvenzionale si palesa infondata. In primis destituita di fondamento si palesa il prospettato danno all’immagine vuoi, da un lato, attesa la fondatezza della domanda proposta da V. vuoi, dall’altro, che detto danno “all’immagine” non può assimilarsi al danno consistente nel discredito professionale, subìto, a dir dell’opponente, per l’avvio del presente giudizio, domanda si ribadisce risultata fondata all’esito del giudizio stesso.

Stessa sorte tocca alle domande di rimborso spese per l’installazione di impianto di allarme e per il corriere espresso considerati i rapporti contrattuali intercorsi tra le parti e l’assenza di qualsivoglia nesso causale tra le assunte spese e l’atteggiamento contrattuale tenuto dall’opposta.

In assenza dei presupposti andrà inoltre disattesa la domanda ex art. 96 c.p.c.

In ordine alle istanze istruttorie riproposte dalla convenuta opposta in sede di precisazione delle conclusioni si richiama l’ordinanza del ____ che si conferma integralmente.

La soccombenza dell’attrice opponente regola le spese di lite che tenuto conto del D.M. n. 55 del 2014 si liquidano come in dispositivo

Il Tribunale di Novara, definitivamente pronunziando nella causa civile di primo grado indicata in epigrafe, ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede:

Rigetta l’eccezione preliminare formulata dall’opponente;

Rigetta le domande di cui ai punti f) e g) delle prese conclusioni proposte dall’attrice opponente;

Rigetta l’opposizione e conseguentemente conferma il decreto ingiuntivo n. ____ emesso dal Tribunale di Novara;

Rigetta la domanda riconvenzionale di cui ai punti l), m), n) delle prese conclusioni proposta dall’attrice opponente;

– condanna la parte opponente a rifondere, in favore dell’opposta, le spese di lite che liquida in Euro ____ per fase studio, Euro ____ per fase introduttiva, Euro ____ per fase istruttoria, Euro ____ per fase decisoria oltre rimb. forfet., cpa e iva come per legge.

Così deciso in Novara, il 25 gennaio 2018.

Depositata in Cancelleria il 25 gennaio 2018.

Tribunale_Novara_Sent_25_01_2018

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Contratti Produzione fatture Decreto ingiuntivo Opposizione al decreto ingiuntivo

Contratti Produzione fatture Decreto ingiuntivo Opposizione al decreto ingiuntivo

Tribunale Ordinario di Catania, Sezione I Civile, Sentenza del 16-02-2018

Con sentenza del 16 febbraio 2018 il Tribunale Ordinario di Catania ha stabilito che la produzione delle fatture poste a fondamento della richiesta di decreto ingiuntivo e delle scritture contabili dell’impresa ingiungente, non costituiscono documenti idonei a far ritenere sussistente il credito ivi portato nei confronti dell’Amministrazione, in mancanza di un contratto a forma scritta recante la sottoscrizione del professionista e del titolare dell’organo attributario del potere di rappresentare l’ente nei confronti dei terzi, nonché l’indicazione dell’oggetto della prestazione e l’entità del compenso.


Tribunale Ordinario di Catania, Sezione I Civile, Sentenza del 16-02-2018

Contratti Produzione fatture Decreto ingiuntivo Opposizione al decreto ingiuntivo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI CATANIA

PRIMA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. _____

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. r.g. _______ promossa da:

  1. in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ___________

OPPONENTE

contro

  1. S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del suo liquidatore pro tempore, sig. D.P., elettivamente domiciliato in _______________

OPPOSTO

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

L’opposizione avanzata merita accoglimento per le considerazioni che seguono.

In punto di diritto, è appena il caso di rilevare, come unanimemente affermato dalla giurisprudenza, che la fattura è titolo idoneo per l’emissione di un decreto ingiuntivo in favore di chi l’ha emessa, ma nell’eventuale giudizio di opposizione la stessa non costituisce prova dell’esistenza del credito, che dovrà essere dimostrato con gli ordinari mezzi di prova dall’opposto (Cass. Civ., 11.03.2011, n.5915).

Nella specie, parte opposta, che assume la veste sostanziale dell’attore, con il correlativo onere della prova dei fatti posti a base del credito oggetto del decreto ingiuntivo opposto, ha posto a sostegno della pretesa avanzata le fatture n. ___ del _____, n. ___ del ______, n. ___ del _____ e n. ____ del ____, per la somma complessiva di Euro _____, oggetto del decreto ingiuntivo opposto.

Inoltre, ha prodotto le relative scritture contabili e le pagine pubblicate su “Impresa Informa” nel novembre ___, dicembre ____, marzo e dicembre ___.

Tuttavia, la documentazione suindicata non appare sufficiente per accertare l’esistenza del credito oggetto del decreto ingiuntivo opposto nei confronti dell’A., difettando l’esistenza di un contratto a forma scritta previsto a pena di nullità nei confronti della pubblica amministrazione.

Invero, in punto di diritto, la Cassazione è costante nell’affermare che detto principio implica, a pena di nullità, la redazione di un apposito documento, recante la sottoscrizione del professionista e del titolare dell’organo attributario del potere di rappresentare l’ente interessato nei confronti dei terzi, nonché l’indicazione dell’oggetto della prestazione e l’entità del compenso, dovendo, altresì, escludersene la possibilità di conclusione tramite corrispondenza, occorrendo che la pattuizione sia versata in un atto contestuale, anche se non sottoscritto contemporaneamente (cfr. Cass. Civ., 04.11.2013); dovendo escludersi, altresì, che, ai fini della validità del contratto, la sua sussistenza possa ricavarsi da altri atti, in quanto il contratto mancante del succitato requisito è nullo e non è suscettibile di alcuna forma di sanatoria, sotto nessun profilo, poiché gli atti negoziali della P.A. constano di manifestazioni formali di volontà, non surrogabili con comportamenti concludenti (cfr., Cass.Civ., 06.07.2007).

Nella specie, nessun atto è stato prodotto da parte opposta riconducibile all’organo rappresentativo dell’ente e che fosse espressione della volontà di concludere il predetto contratto, nemmeno con riferimento al quantum relativo alla prestazione richiesta e con quale modalità esso doveva essere eseguito.

Né può obiettarsi, a tacer d’altro, che l’ipotesi in oggetto configuri un contratto concluso con impresa commerciale rispetto alla quale la stipula può perfezionarsi mediante atti separati sottoscritti dall’organo che rappresenta l’ente e dal professionista. Ed in effetti, come afferma la Suprema Corte, i contratti stipulati dalla P.A. a trattativa privata ai sensi dell’art. 17 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, pur richiedendo in ogni caso la forma scritta “ad substantiam”, possono anche non risultare da un unico documento, ove siano stipulati secondo l’uso del commercio e riguardino ditte commerciali. Tuttavia, occorre in ogni caso che il perfezionamento del contratto risulti dallo scambio di proposta e accettazione, non potendo ritenersi sufficiente che la forma scritta investa la sola dichiarazione negoziale della Amministrazione, né che la conclusione del contratto avvenga per “facta concludentia”, con l’inizio dell’esecuzione della prestazione da parte del privato attraverso l’invio della merce e delle fatture, secondo il modello dell’accettazione tacita previsto dall’art. 1327 cod. civ. (cfr., Cass. Civ., 15.06.2015, n.12316).

Sicché, il credito in oggetto non è sorretto da un valido contratto sottoscritto dalle parti in assenza di forma scritta prevista a pena di nullità, qualora uno dei contraenti sia la pubblica amministrazione.

Pertanto, deve essere revocato il decreto ingiuntivo opposto dall’A.

Ciò posto, con riguardo alla domanda avanzata dall’opposto in sede di comparsa di costituzione, in via gradata ed in via sussidiaria, ex art.2041 c.c., deve evidenziarsi che, nonostante vi siano state diverse interpretazioni giurisprudenziali al riguardo, deve accogliersi il recente indirizzo giurisprudenziale alla luce del quale le domande di adempimento contrattuale e di arricchimento senza causa, quali azioni che riguardano entrambe diritti eterodeterminati, si differenziano, strutturalmente e tipologicamente, sia quanto alla “causa petendi” (esclusivamente nella seconda rilevando come fatti costitutivi la presenza e l’entità del proprio impoverimento e dell’altrui locupletazione, nonché, ove l’arricchito sia una P.A., il riconoscimento dell’utilitas da parte dell’ente), sia quanto al “petitum” (pagamento del corrispettivo pattuito o indennizzo). Ne consegue che, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo – al quale si devono applicare le norme del rito ordinario, ai sensi dell’art. 645, secondo comma, c.p.c. e, dunque, anche l’art. 183, quinto comma, c.p.c. – è ammissibile la domanda di arricchimento senza causa avanzata con la comparsa di costituzione e risposta dall’opposto (che riveste la posizione sostanziale di attore) soltanto qualora l’opponente abbia introdotto nel giudizio, con l’atto di citazione, un ulteriore tema di indagine, tale che possa giustificare l’esame di una situazione di arricchimento senza causa. In ogni altro caso, all’opposto non è consentito di proporre, neppure in via subordinata, nella comparsa di risposta o successivamente, un’autonoma domanda di arricchimento senza causa, la cui inammissibilità è rilevabile d’ufficio dal giudice (cfr. Cass. Civ., 27.12.2010, n.26128; Cass. Civ., n.8582/2013).

Nella specie, l’atto di opposizione avanzato non ha introdotto alcun ampliamento del tema d’indagine che giustifichi l’esame di una situazione di arricchimento senza causa, essendosi limitato ad eccepire l’insussistenza in fatto ed in diritto della pretesa creditoria avanzata non sussistendo alcun contratto scritto tra le parti e contestando anche il quantum della pretesa.

Sicché, tenuto conto, altresì, del carattere sussidiario della azione di arricchimento di cui all’art.2041 c.c., deve dichiararsi l’inammissibilità della domanda avanzata in via gradata ed in via sussidiaria dall’opposto.

In ogni caso, nel merito, deve evidenziarsi che la domanda avanzata poggia esclusivamente sulle fatture e sulle scritture contabili dell’opposta che in quanto atti di parte non sono idonei a formare la prova né dell’avvenuta conclusione del contratto tra le parti, né del vantaggio o dell’utilità che ne è derivato all’opponente, né, parimenti, ciò può desumersi dalle pagine pubblicate ovvero dalle scritture contabili prodotte dall’opponente dalle quali non si desume alcuna corrispondenza con le fatture prodotte, nemmeno con riguardo alla voce “creditori vari”, “pubblicità redazionale Aprile 2007”, pari all’importo di Euro _____, che non trova alcun collegamento né sotto il profilo temporale, né con l’importo oggetto del credito ingiunto, né con il soggetto opponente.

Ad abundantiam, si rileva che, secondo la giurisprudenza, il riconoscimento dell’utilità da parte dell’arricchito non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento, sicché il depauperato che agisce ex art. 2041 c.c. nei confronti della P.A. ha solo l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento, senza che l’ente pubblico possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso, esso potendo, invece, eccepire e provare che l’arricchimento non fu voluto o non fu consapevole, e che si trattò, quindi, di “arricchimento imposto” (cfr., Cass. Civ., n. 10798/2015). Nella specie, non solo non risulta provato l’oggettivo arricchimento, non desumibile dalla semplice produzione delle pagine di pubblicità, ma, dalla documentazione in atti e dalla difesa di parte opponente non può che desumersi la non consapevolezza della prestazione eseguita in mancanza di elementi probatori ulteriori.

Ne consegue, stante la soccombenza, che parte opposta deve essere condannata al pagamento delle spese processuali sostenute da parte opponente che si liquidano tenuto conto dell’esigua attività processuale espletata, nella somma di Euro _____ per compensi, oltre spese generali, oltre I.V.A e C.P.A. come per legge, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, eccezione o difesa:

– Accoglie l’opposizione avanzata e, per l’effetto, revoca il decreto ingiuntivo opposto.

– Dichiara inammissibile la domanda avanzata in via gradata ed in via sussidiaria dall’opposto ex art.2041 c.c.

– condanna parte opposta al pagamento delle spese processuali sostenute da parte opponente che si liquidano nella somma di Euro ____ per compensi, oltre spese generali, oltre I.V.A e C.P.A. come per legge.

Così deciso in Catania, il 12 febbraio 2018.

Depositata in Cancelleria il 16 febbraio 2018.

Tribunale_Catania_Sez_I_Sent_16_02_2018

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Decreto ingiuntivo Procedimento per ingiunzione Fallimento

Decreto ingiuntivo Procedimento per ingiunzione Fallimento

Tribunale Ordinario di Catania, Sezione IV Civile, Sentenza del 31/01/2018

Con sentenza del 31 gennaio 2018 il Tribunale Ordinario di Catania, Sezione IV Civile, ha sancito che è ammissibile l’emissione di decreto ingiuntivo nei confronti di soggetto fallito, quando il creditore abbia interesse ad agire nei confronti del terzo datore di ipoteca e, dunque, al solo fine di potere dare inizio all’esecuzione nei confronti di questi.


Tribunale Ordinario di Catania, Sezione IV Civile, Sentenza del 31/01/2018

Decreto ingiuntivo Procedimento per ingiunzione Fallimento

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI CATANIA

Sezione Quarta Civile

Il Tribunale di Catania, sezione quarta civile, in composizione monocratica, in persona del dott. ______, ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. ____ R.G., posta in decisione, previ gli incombenti di cui all’art. 281 quinquies c.p.c. cbn. disp. art. 190 c.p.c., all’udienza di precisazione delle conclusioni del ______;

promossa da

C.G., c.f. ______, elettivamente domiciliato in ______ presso lo studio dell’Avv. ________, che lo rappresenta e difende giusta procura a margine dell’atto di opposizione;

opponente

contro

  1. s.p.a. in l.c.a., in persona del commissario liquidatore pro tempore, p.i. _____, elettivamente domiciliata in ______ presso lo studio dell’Avv. ______, che lo rappresenta e difende giusta in calce alla comparsa di costituzione;

opposta

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato in data ____ G.C. proponeva opposizione avverso l’atto di precetto notificatogli in data _____ dalla S. S.p.A. con cui si intimava alla S. S.p.A. precetto di pagamento per complessivi Euro _____ con avviso che in caso di mancato pagamento si sarebbe proceduto ad esecuzione nei confronti di C. G. in qualità di proprietario e avente causa di E., L., M., M. e L.R. già terzi datori di ipoteca in favore della S. s.p.a. giusto atto del ____. Deduceva a sostegno dell’opposizione C. G.: che S. s.p.a. assumeva di essere creditrice di S. della somma di Euro _____ in virtù di decreto ingiuntivo n. _____ emesso dal Tribunale di ____; che tale titolo non gli era opponibile per 1) non avere mai avuto alcun rapporto con il soggetto debitore 2) essere stato emesso nei confronti di soggetto già fallito 3) essere successivo alla data della vendita tra i R. ed esso opponente avente ad oggetto l’immobile sul quale era stata iscritta ipoteca; che tale titolo non era comunque opponibile neanche ai suoi danti causa non essendo gli stessi debitori nei confronti della S. attesa la qualità di meri datori di ipoteca con la conseguenza che non potevano rispondere per debiti successivi alla costituzione del diritto reale di garanzia; che, in definitiva, sulla base del titolo emesso nei confronti della S. S.p.A. non poteva la S. agire su beni a lui trasferiti dai R. senza che questi avessero avuto la possibilità di interloquire ed esplicare le proprie difese, attesa la mancanza di valido titolo esecutivo nei loro confronti. Chiedeva pertanto all’adito giudice di sospendere preliminarmente l’esecutività dell’atto di precetto e nel merito dichiarare l’insussistenza di alcun diritto in capo a S. di procedere esecutivamente nei suoi confronti.

Costituitasi in giudizio S. S.p.A. contestava l’opposizione rilevando che : era creditrice della S. S.p.A. in dipendenza di contratto di finanziamento erogato in virtù di convenzione stipulata il _______ con la quale era stato consolidato un rilevante debito della detta società, e di quelle alla stessa collegate, a fronte di garanzie personali e reali concesse, tra gli altri, dai danti causa dell’opponente; che le relative formalità ipotecarie erano state regolarmente trascritte; che essa opposta, dopo avere ottenuto parziale soddisfazione dei propri crediti nell’ambito delle procedure fallimentari che avevano successivamente interessato le società debitrici , aveva chiesto ed ottenuto, nell’anno ____ un decreto ingiuntivo nei confronti di S. alla stessa ritualmente notificato e che, al fine di soddisfare il proprio ingente credito, in data _____ aveva provveduto a notificate il predetto decreto ingiuntivo in forma esecutiva al debitore unitamente all’atto di precetto opposto. Tanto premesso in punto di fatto deduceva: l’inammissibilità della richiesta di sospensione non sussistendo nella specie i necessari gravi motivi affatto prospettati da parte opponente; l’infondatezza della proposta opposizione essendo stata avviata l’esecuzione ai sensi dell’artt. 602 e 603 c.p.c. nei confronti del terzo datore di ipoteca dopo la preventiva escussione delle debitrici nei cui confronti il titolo era comunque divenuto definitivo per mancata opposizione dello stesso; che infondata appariva ogni contestazione di parte opponente sull’esistenza del credito e del titolo atteso che lo stesso doveva ritenersi pienamente a conoscenza del credito e comunque ogni questione sulla sua quantificazione avrebbe potuto essere definita al momento del riparto delle somme ricavate con la vendita; che in ogni caso il decreto ingiuntivo costituente presupposto dell’esecuzione intrapresa avverso il terzo datore di ipoteca era stato ritualmente notificato allo stesso in data _______ e sulla base di esso era stata iniziata altra procedura esecutiva immobiliare senza che il C. opponesse alcunché; che l’iscrizione ipotecaria vantata da essa deducente comprendeva integralmente il credito per il quale era stato ottenuto il decreto ingiuntivo. Chiedeva pertanto il rigetto di ogni domanda proposta dall’opponente.

All’udienza del _____venivano precisate le conclusioni e la causa veniva posta in decisione.

Trascorsi i termini ex art. 281 quinquies c.p.c. (cbn. dsp. art. 190 c.p.c.) questo giudice istruttore, in funzione di giudice unico, pronuncia la presente per i seguenti

Motivi della decisione

Ritiene questo giudice di dovere fare proprie le motivazioni adottate dal Collegio in sede di reclamo avverso l’ordinanza con cui era stata accolta l’istanza di sospensione ex art. 615 c.p.c., non essendo intervenuti fatti diversi in corso di giudizio.

Il collegio con ordinanza del _______ così motivava: “MANCATA NOTIFICA TITOLO ESECUTIVO”.

Il giudice di prime cure ha sospeso l’esecutività dell’atto di precetto opposto osservando che il decreto ingiuntivo posto a sostegno del precetto in oggetto non è stato notificato.

Osserva il Collegio che l’esecuzione di cui l’atto di precetto opposto costituisce atto prodromico è regolata dagli artt. 602 e 603 c.p.c. atteso che, per come è pacifico ed incontroverso tra le parti, l’odierno opponente non è debitore di S., ma terzo datore di ipoteca avendo acquistato da potere dei fratelli R., tra l’altro, 1/8 del terreno sito in C. , meglio descritto in citazione, interamente vincolato da garanzia ipotecaria rilasciata in favore della S. dagli originari proprietari giusta atto pubblico del ______ richiamato pur nell’atto di compravendita redatto in data ____.

Orbene, ai sensi dell’art. 602 c.p.c. quando oggetto dell’espropriazione è un bene gravato da pegno o da ipoteca per un debito altrui, oppure un bene la cui alienazione da parte del debitore è stata revocata per frode si applicano le disposizioni contenute nei capi precedenti, in quanto non siano modificate dagli articoli che seguono.

Per il successivo art. 603 c.p.c. il titolo esecutivo e il precetto debbono essere notificati anche al terzo. Nel precetto deve essere fatta espressa menzione del bene del terzo che si intende espropriare.

Tanto premesso ritiene il Collegio che non sussiste nella specie il vizio dedotto, posto che il titolo esecutivo posto alla base dell’esecuzione nei confronti del terzo (e precisamente il decreto ingiuntivo ottenuto nell’anno _____ nei confronti di S. quale debitore principale e di cui si dirà) è stato notificato pur al terzo oggi opponente come risulta dalla documentazione prodotta da parte opposta e segnatamente dalla copia del decreto in questione notificato in data _______ sia al debitore che all’opponente.

Né può condividersi la considerazione svolta da parte opponente in seno alla memorie di costituzione nel presente procedimento per la quale ogni atto di precetto deve essere preceduto da nuova notificazione del titolo esecutivo, non essendo tale onere previsto da alcuna norma.

Ed invero, l’art. 479 c.p.c. si limita a recitare: se la legge non dispone altrimenti l’esecuzione forzata deve essere preceduta dalla notificazione del titolo esecutivo e del precetto, senza imporre alcuna contestualità tra i due adempimenti.

A sua volta l’art. 480 c.p.c. prevede che nel precetto venga indicata la data di notificazione del titolo esecutivo se questa è fatta separatamente.

Va infine considerato che l’opponente con il proprio atto di opposizione ha inteso altresì, espressamente, proporre, pur opposizione all’esecuzione, contestando anche l’esistenza di un valido titolo esecutivo.

Per pacifica interpretazione giurisprudenziale (cfr. Cass. n. 15378/06 ) poiché la finalità del precetto è quella di invitare il debitore ad adempiere e di renderlo edotto del proposito del creditore di procedere ad esecuzione forzata in suo danno, l’opposizione di merito, proposta dal debitore congiuntamente a quella di rito, costituisce prova evidente che la suddetta finalità è stata raggiunta, con la conseguenza che, in tale ipotesi, la nullità conseguente alla eventuale mancata notificazione del titolo esecutivo, ovvero alla mancata sua spedizione in forma esecutiva, deve ritenersi sanata per l’avvenuto raggiungimento dello scopo.

Ogni eventuale vizio formale attinente al precetto ed alla notifica del titolo sarebbe stata comunque sanata dall’intervenuta proposizione pur dell’opposizione all’esecuzione.

OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE

Possono dunque esaminarsi gli altri motivi posti a sostegno dell’opposizione a precetto (e ciò in considerazione dell’effetto interamente devolutivo del reclamo)

Sul punto giova premettere, in via generale, che nell’esecuzione forzata condotta su beni già sottoposti ad ipoteca dal dante causa a garanzia del debitore originario, il terzo acquirente nei confronti del quale si svolga l’esecuzione stessa può far valere, con il rimedio dell’opposizione all’esecuzione, le ragioni che sarebbero spettate al proprio dante causa (in tal senso cfr. Cass. n. 9887/10).

Nel caso di specie l’opponente nulla ha dedotto di specifico sull’ esistenza dell’originario credito in capo a S. né sulla sua quantificazione non contestando, in definitiva, l’esistenza del credito limitandosi a svolgere due argomentazioni che tuttavia non appaiono a questo giudice fondate.

Lamenta in primo luogo l’opponente che il decreto ingiuntivo (posto alla base dell’esecuzione promossa nei suoi confronti), sarebbe stato emesso nei confronti di soggetto già fallito e, dunque, allo stesso inopponibile.

Nello scarsissimo panorama giurisprudenziale in argomento, ritiene il Collegio di potere condividere l’orientamento espresso da qualche giudice di merito che ritiene ammissibile l’emissione di decreto ingiuntivo pur nei confronti di soggetto fallito, quando il creditore abbia interesse ad agire nei confronti del terzo datore di ipoteca, come è nella specie, e dunque, al solo fine di potere dare inizio all’esecuzione nei confronti di questi.

Argomenta in tal senso il Tribunale Lanciano (Provv. del 2 settembre 2003 che richiama anche Trib. Milano 18.3.1986 e che pare a questo Collegio condivisibile) per il quale , premesso che il creditore che intenda agire nei confronti del terzo datore di ipoteca deve notificare allo stesso il precetto ed il titolo, ai sensi dell’art. 603 c.p.c. e che dunque, ha necessità di munirsi di titolo esecutivo nei confronti del debitore principale , seppure ai soli fini extraconcorsuali e ritenuto che il creditore può agire nei confronti del terzo datore di ipoteca anche nel caso di fallimento del debitore principale , sostituito a questi , ai fini delle comunicazioni , il curatore fallimentare ( Cass . 4 luglio 1961 , n . 1591 , in Foro it . 1962 , I , 535 ), rileva che nell’ipotesi in cui il debitore non si sia munito prima della dichiarazione di fallimento del titolo esecutivo , deve essergli concesso di farlo anche in costanza di fallimento del debitore principale , poiché altrimenti risulterebbe frustata la ratio stesso dell’istituto della concessione di ipoteca da parte del terzo , che è una garanzia che serve proprio nell’ipotesi in cui si verifichi l’insolvenza o comunque l’inadempimento del debitore principale , e vi sarebbero seri dubbi di costituzionalità e ciò in quanto per dottrina prevalente , il provvedimento di ammissione allo stato passivo non è titolo esecutivo con la conclusione che seppure nella consapevolezza della singolarità della situazione di un titolo esecutivo che , per legge , non potrà essere azionato nei confronti del debitore nei cui confronti è diretto , essendo in corso la procedura concorsuale … deve essere consentito al debitore principale di ottenere nei confronti del debitore principale , ai soli fini extraconcorsuali, il titolo esecutivo , in modo da poter iniziare la procedura esecutiva immobiliare nei confronti del terzo.

Lamenta poi l’opponente che il credito per cui parte opposta ha intimato il precetto sarebbe venuto ad esistenza successivamente al rilascio della garanzia ipotecaria da parte dei suoi danti causa.

Neanche tale motivo appare fondato: posto che S. ha chiesto il decreto ingiuntivo ai soli fini di munirsi di titolo esecutivo da notificare al terzo datore di ipoteca, va rilevato che il credito per cui lo stesso è stato concesso è certamente preesistente la concessione della garanzia medesima rilasciata con riguardo alle esposizioni debitorie esistenti in capo a S. nei confronti di S. giusta convenzione bancaria risalente all’anno ____ e rientra , pertanto, tra i debiti consolidati e garantiti con la costituzione di ipoteca ,espressamente richiamata pur nell’atto di acquisto dell’odierno opponente.

Ribadito che sull’esistenza di tale preesistente credito e sul suo ammontare nessuna contestazione è stata mossa dall’opponente (a differenza di suoi danti causa che, come risulta dai provvedimenti in atti, hanno proposto opposizione all’esecuzione avente come specifico oggetto tale contestazione) ritiene il Collegio che non sussistano i presupposti per impedire la prosecuzione dell’esecuzione preannunziata con l’atto di precetto.

Il provvedimento di sospensione va per tale ragione revocato.

Ne segue il rigetto dell’opposizione.

Non si sconosce l’orientamento secondo il quale “L’art. 603 cod. proc. civ., comma 1, prevede che il titolo esecutivo ed il precetto debbano essere notificati “anche” al terzo, con ciò dando per implicito che il destinatario principale degli atti propedeutici all’esecuzione debba essere il debitore diretto; dell’art. 604 cod. proc. civ., comma 2, dimostra che, nel processo, la posizione del debitore si affianca a quella del creditore e la sua presenza è imprescindibile, perché l’uno e l’altro devono “essere sentiti” ogniqualvolta le norme che regolano il processo prevedano tale garanzia per il soggetto esecutato. Questa conclusione è in piena consonanza con la ratio ispiratrice del particolare procedimento di espropriazione contro il terzo proprietario, dato che sin dalla Relazione al progetto definitivo del codice di rito civile veniva posto in evidenza come solo attraverso la partecipazione del debitore al processo esecutivo può essere attuato il suo indubbio interesse a far valere le sue eventuali ragioni nei confronti del creditore e, comunque, a fare in modo che l’espropriazione si concluda nel modo più vantaggioso perché il creditore possa soddisfarsi interamente, o nella maggior misura possibile, sul bene del terzo, sì che le conseguenze negative sul suo patrimonio rimangano escluse o, comunque, limitate al massimo (così, in motivazione, Cass. n. 19562/04; questa decisione, così come Cass. n. 4607/94, n. 6546/11, n. 17875/11, n. 18113/11 cit., pervengono, dall’affermazione che il debitore è uno dei soggetti dell’espropriazione contro il terzo proprietario, alla conclusione che costui è anche contradditore necessario nel giudizio di opposizione all’esecuzione proposto dal terzo nei confronti del creditore procedente). 6.2.- Ritiene peraltro il Collegio che, pur essendo parte necessaria dell’espropriazione contro il terzo proprietario, il debitore non sia assoggettato all’espropriazione, cioè non sia il soggetto nei cui confronti l’espropriazione si compie. Quest’ultimo è soltanto il terzo proprietario contro il quale l’espropriazione inizia e si compie, per come è fatto palese dal tenore dei già citati artt. 603 e 604 cod. proc. civ.: la lettura combinata delle norme consente di distinguere tra gli atti propedeutici all’esecuzione contemplati nell’art. 603, che vanno notificati ad entrambi, da un lato, ed il pignoramento e in generale gli atti d’espropriazione che si compiono, ex art. 604, comma 1, soltanto nei confronti del terzo, dall’altro. Il debitore è destinatario del titolo esecutivo e del precetto perchè è tenuto ad adempiere, e non perché sarà assoggetto all’espropriazione, in quanto oggetto di questa sarà un bene non suo; l’espropriazione, infatti, si compirà soltanto nei confronti del terzo proprietario del bene e che, per tale ragione, è destinatario dell’atto di precetto, contenente allo scopo, ex art. 603, comma 2, l’espressa menzione del bene che si intende espropriare (cfr. Cass. n. 5507/03). L’art. 604, comma 1, non dice che il pignoramento e gli atti di espropriazione si compiono “anche” nei confronti del terzo (come, sia pure per incidens, affermato da Cass. n. 19562/04), ma che si compiono soltanto nei confronti del terzo (come sottolineato da Cass. n. 4369/78). In conclusione, in tema di espropriazione contro il terzo proprietario, il debitore diretto non è il legittimato passivo dell’azione esecutiva; il pignoramento va notificato e trascritto nei confronti del terzo, perché ha come unico oggetto il bene di proprietà di quest’ultimo.

Tuttavia, il debitore diretto è parte necessaria del processo, al quale partecipa a titolo diverso da quello del terzo proprietario esecutato, ed, in tale veste, deve essere sentito ogniqualvolta le norme regolatrici del processo prevedano questa garanzia nei confronti del soggetto esecutato.  6.3.- Questa conclusione, pur disattendendo parzialmente un isolato precedente di questa Corte (cfr. Cass. n. 20587/07), appare in linea con i principi espressi dagli altri precedenti su richiamati: con questi risultano essere state risolte le questioni della necessaria partecipazione del debitore diretto al processo esecutivo contro il terzo proprietario, dagli uni, (Cass. n. 4607/94, n. 19562/04, n. 6546/11, n. 17875/11, n. 18113/11 cit.), e della necessità di notificare soltanto a quest’ultimo l’atto di pignoramento, dall’altro (Cass. n. 4369/78 cit.) in termini del tutto compatibili con i principi appena espressi” (così in motivazione Cass. civ., Sez. III, 17/01/2012, n. 535).

Ma nella specie il titolo era stato notificato al debitore originario, mentre nei confronti dei danti causa dell’opponente (ovvero i terzi datori di ipoteca a garanzia del debitore principale) ben avrebbe potuto estendere il contraddittorio nei loro confronti (tempestivamente) anche al solo fine di consentire loro eventuali contestazioni sull’ammontare del credito azionato.

Le spese del giudizio tenuto conto della peculiarità delle questioni trattate e della non univoca giurisprudenza vanno integralmente compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale di Catania – quarta sezione civile, in persona del sottoscritto giudice istruttore in funzione di giudice unico, uditi i procuratori delle parti, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta, da C.G. contro S. spa in Ica, disattesa ogni ulteriore istanza, così provvede:

1) rigetta l’opposizione;

2) compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Catania, il 30 gennaio 2018.

Depositata in Cancelleria il 31 gennaio 2018.

Tribunale_Catania_Sez_IV_Sent_31_01_2018

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