Concordato preventivo con riserva: contratti ancora pendenti tra le parti
Tribunale Ordinario di Parma, Sezione II Civile, Sentenza del 13/11/2019
Con sentenza del 13 novembre 2019, il Tribunale Ordinario di Parma, Sezione II Civile, in tema di recupero crediti, ha stabilito che al concordato preventivo con riserva non si applica l’art. 72 L.F. (R.D. n. 267 del 1942) che prevede la sospensione ex lege dei contratti ancora pendenti tra le parti al momento della dichiarazione di fallimento, bensì l’art. 169 bis L.F., il quale attribuisce al debitore che ha chiesto la concessione dei termini di cui all’art. 161, comma 6, c.p.c. la facoltà di chiedere al Tribunale l’autorizzazione a sciogliersi o a sospendere i contratti pendenti alla data di presentazione del ricorso. In caso contrario, i contratti continuano ad essere validi ed efficaci.
Tribunale Ordinario di Parma, Sezione II Civile, Sentenza del 13/11/2019
Concordato preventivo con riserva: contratti ancora pendenti tra le parti
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI PARMA
SEZIONE SECONDA CIVILE
Il Tribunale, nella persona del giudice unico Dott. __
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al N. __ R.G. promossa da:
S. S.r.l. in liquidazione in concordato preventivo – attore
contro
C. S.p.A. – convenuta
in punto: restituzione a favore della società ammessa al concordato delle somme incassate dall’Istituto di credito nelle more della decorrenza dei termini di cui all’art. 161 comma sesto L.F.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con atto di citazione di data __ S. S.r.l. in Liquidazione in concordato preventivo conveniva in giudizio C. S.p.A. al fine di ottenerne la condanna alla restituzione, in suo favore, della somma di Euro __ (oltre interessi ex D.Lgs. n. 231 del 2002), lamentando che la Banca aveva illegittimamente trattenuto il ridetto importo in compensazione, nelle more della decorrenza dei termini di cui all’art. 161 comma sesto L.F., in forza del Contratto di concessione di linee di credito a fronte di presentazione di portafoglio e/o anticipi su presentazione documenti, n. (…), (Cfr. doc. 3 parte attrice) e del Contratto quadro di affidamento a breve termine, n. (…), entrambi privi di data certa e pertanto inopponibili alla procedura.
Si costituiva in giudizio P. S.r.l. in qualità di cessionaria del credito, deducendo che entrambi i contratti erano muniti di data certa a mezzo dell’apposizione del timbro postale, che le somme per cui è causa erano state dedotte in compensazione dalla Banca a titolo di meri rientri di portafoglio in epoca antecedente all’ammissione della società alla procedura di concordato, nonché la mancanza nella visura della data in cui il Conservatore del registro aveva provveduto ad annotare la pendenza dei termini di cui all’art. 161 comma sesto L.F.
La causa veniva istruita solo documentalmente e, all’esito, precisate le conclusioni, veniva trattenuta a sentenza con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.
Al fine di decidere la presente controversia, occorre affrontare essenzialmente le tre seguenti questioni di diritto: l’individuazione del dies a quo rilevante ai fini della produzione dei c.d. “effetti prenotativi” del concordato in bianco o con riserva, i presupposti in forza dei quali la data apposta su una scrittura privata possa definirsi “certa” ed infine la legittimità/illegittimità delle compensazioni poste in essere dalla Banca.
Quanto alla prima questione, la norma di riferimento è costituita dall’art. 168 L.F., il quale statuisce che “Dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore…”.
In altre parole, il legislatore ha espressamente chiarito che i c.d. “effetti prenotativi” del concordato con riserva (consistenti nel divieto di azioni esecutive e nell’applicabilità delle norme richiamate dall’art. 169 L.F.) si producono a far data dalla pubblicazione del ricorso di concessione dei termini di cui all’art. 161 comma sesto L.F. nel registro delle imprese.
Sul punto la Banca sembra sostenere che, poiché nell’annotazione leggibile nella visura camerale relativa al ricorso ex art. 161 comma sesto L.F. non è specificata la data in cui è stata materialmente compiuta la trascrizione, allora i c.d. “effetti prenotativi” devono farsi decorrere dal decreto di ammissione della società alla procedura di concordato.
L’assunto non è condivisibile.
Anzitutto perché si pone in palese contrasto con la previsione di cui agli artt. 168 e 169 L.F.
In secondo luogo perché, in assenza di prova contraria (a carico della parte che contesta la circostanza), deve presumersi che la pubblicazione sul registro imprese sia avvenuta il giorno in cui la cancelleria ha provveduto alla comunicazione.
Nel caso di specie, vi è in atti la prova che la cancelleria ha trasmesso la comunicazione relativa al ricorso ed al decreto di assegnazione dei termini all’ufficio del registro in data __, mentre la società veicolo convenuta si è limitata a contestare genericamente che non è dato sapere quando la trascrizione sarebbe avvenuta.
In applicazione dei principi dianzi espressi ed in assenza di una contestazione maggiormente circostanziata, deve pertanto presumersi che la pubblicazione di cui all’art. 168 L.F. sia avvenuta in data __, e poiché le somme per cui è causa sono state incassate dalla Banca tra __ e __, sono astrattamente revocabili.
Tuttavia, prima di verificare l’effettiva revocabilità degli incassi de quibus, è necessario stabilire se i contratti (e le clausole in essi contenute) siano o meno muniti di data certa e conseguentemente opponibili alla procedura.
La norma di riferimento è costituita dall’art. 2704 c.c., il quale statuisce che “La data della scrittura privata della quale non è autenticata la sottoscrizione non è certa e computabile riguardo ai terzi, se non dal giorno in cui la scrittura è stata registrata o dal giorno della morte o della sopravvenuta impossibilità fisica di colui o di uno di coloro che l’hanno sottoscritta o dal giorno in cui il contenuto della scrittura è riprodotto in atti pubblici o, infine, dal giorno in cui si verifica un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l’anteriorità della formazione del documento”.
Tale norma, secondo la giurisprudenza di legittimità, non contiene un’elencazione tassativa dei fatti in base ai quali la data della scrittura privata non autenticata deve considerarsi certa e opponibile ai terzi, demandando all’interprete stabilire, caso per caso, se ad un fatto determinato possa essere attribuita efficacia probante.
Con particolare riferimento al timbro postale, la giurisprudenza si è ormai da tempo assestata nel ritenere che esso sia idoneo a conferire data certa “se la scrittura privata non autenticata forma un corpo unico con il foglio sul quale è impresso il timbro, (…) perché la timbratura eseguita da un pubblico ufficio deve considerarsi equivalente ad un’attestazione autentica che il documento è stato inviato nel medesimo giorno in cui essa è stata eseguita. Grava sulla parte che contesti la certezza della data di provare la redazione del contenuto della scrittura in un momento diverso; a tal fine basta la prova contraria non occorrendo far ricorso alla querela di falso” (cfr. Cass. sent. n. 13912/2007; in senso conforme anche Cass. sent. nn. 21814/2006; 9482/2002; 10873/1999; 8692/1990).
Si tratta quindi di definire quando un documento costituisca un corpo unico.
Ritiene questo giudice che tale condizione debba essere verificata caso per caso, esaminando il contenuto e la struttura del documento.
Esemplificativamente, può ragionevolmente ritenersi che un determinato documento costituisca un unicum in presenza di timbri di congiunzione, e/o quando la prima pagina indichi precisamente il numero di pagine dalle quali questo è composto e vi sia effettiva corrispondenza, e/o quando tra l’ultima parola di una pagina e la prima della pagina successiva vi sia consequenzialità logica e grammaticale, in modo tale da formare uno scritto anche contenutisticamente coerente ed unitario.
Nel caso di specie, i contratti scansionati e depositati telematicamente da entrambe le parti risultano dotati di timbro postale solamente sulla prima pagina, non risultano apposti i timbri di congiunzione, tuttavia proprio accanto al timbro postale è specificato il numero di pagine che compongono ciascun documento, pagine che risultano tutte effettivamente presenti e progressivamente numerate, tali per cui l’ultima parola di una pagina e la prima di quella successiva, e/o l’ultimo paragrafo di una pagina ed il primo di quella successiva, formano un testo logicamente e strutturalmente coerente ed unitario.
Peraltro, è appena il caso di rilevare che è incontestato tra le parti che i contratti per cui è causa abbiano avuto regolare esecuzione, ne è in discussione che siano state applicate condizioni e/o clausole non espressamente pattuite, di talché manca qualsiasi contestazione in ordine a qualsivoglia fatto anomalo tale da far ritenere che la redazione del contenuto delle due scritture sia avvenuta in un momento diverso dalla data impressa con il timbro postale.
Ne consegue pertanto che sia il Contratto di concessione di linee di credito a fronte di presentazione di portafoglio e/o anticipi su presentazione documenti, n. (…), sia il Contratto quadro di affidamento a breve termine, n. (…) risultano opponibili alla procedura, in quanto muniti di data certa rispettivamente in data __ e __.
Non resta quindi che decidere in ordine alla revocabilità o meno degli incassi delle posizioni creditorie eseguite dalla Banca cedente.
Dalla giurisprudenza dimessa in atti dalle parti, risulta chiaramente la complessità della questione da decidere, rendendo necessario capire se nel caso di specie rilevi la distinzione tra cessione di crediti e mandato all’incasso o se, piuttosto, la problematica trovi soluzione nella specificità strutturale del concordato con riserva e nella relativa normativa, nonché nella regolamentazione contrattuale in essere.
Com’è noto, la giurisprudenza ormai consolidata, ha chiarito che “l’elemento caratteristico di quest’ultima fattispecie la cessione di credito dev’essere individuato nel trasferimento immediato della titolarità del credito, in virtù del quale il cessionario diviene l’unico soggetto legittimato a pretendere il pagamento dal debitore ceduto, laddove nel mandato all’incasso viene conferita al mandatario solo la legittimazione alla riscossione del credito, del quale resta titolare il mandante. Sebbene entrambe le figure possano essere utilizzate in funzione di garanzia, nel mandato irrevocabile all’incasso tale funzione si realizza in forma meramente empirica e di fatto, come conseguenza della disponibilità del credito verso il terzo e della prevista possibilità che, al momento dell’incasso, il mandatario trattenga le somme riscosse, soddisfacendo cosi il suo credito, sicché gli atti solutori sono autonomamente revocabili, ai sensi dell’art. 67 della legge fall., indipendentemente dalla revocabilità del mandato” (cfr. Cass. nn. 21694/2018; 9387/2011; 7074/2005; 1391/2003).
Tale principio, seppur condiviso da questo Giudice, non è pertinente al caso specifico, alla luce delle peculiarità che lo contraddistinguono.
È infatti vero che, in virtù del richiamo operato dall’art. 169 L.F., dalla data di presentazione della domanda di concordato si applica, tra gli altri, anche l’art. 45 L.F. tale per cui “le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, se compiute dopo la data della dichiarazione di fallimento rectius, dopo la presentazione della domanda di concordato, sono senza effetto rispetto ai creditori”, nonché l’art. 56 L.F., in tema di compensazione.
Tuttavia, nel caso di specie, la compensazione per cui è causa è stata applicata dalla Banca non in forza delle summenzionate disposizioni legislative, bensì di una espressa clausola contrattuale, contenuta in un contratto regolarmente stipulato tra le parti e rispetto al quale non risultano essere intervenute né la sospensione né lo scioglimento ex art. 169 bis L.F.
È infatti appena il caso di ricordare che al concordato preventivo con riserva non si applica l’art. 72 L.F. (sia perché non richiamato dall’art. 169 L.F. sia perché incompatibile con l’istituto in esame) che prevede la sospensione ex lege dei contratti ancora pendenti tra le parti al momento della dichiarazione di fallimento, bensì il già richiamato art. 169 bis L.F., il quale attribuisce al debitore che ha chiesto la concessione dei termini di cui all’art. 161 comma sesto c.p.c. la facoltà di chiedere al Tribunale l’autorizzazione a sciogliersi o a sospendere i contratti pendenti alla data di presentazione del ricorso.
In caso contrario, i ridetti contratti continuano ad essere validi ed efficaci, come deve ritenersi nella fattispecie oggi in esame, in assenza di allegazioni e/o prove contrarie sul punto.
Si tratta quindi di capire come il Contratto di concessione di linee di credito a fronte di presentazione di portafoglio e/o anticipi su presentazione documenti, n. (…), ed il Contratto quadro di affidamento a breve termine, n. (…) regolino i rapporti tra le parti.
In particolare, l’art. 1.1, pag. 4 del contratto di concessione di linee di credito a fronte di presentazione di portafoglio e/o anticipi su presentazione di documenti n. (…), statuisce che: “la linea di credito è utilizzabile, fino alla concorrenza dell’importo concesso e con le modalità previste in contratto, a fronte di presentazione di portafoglio allo sconto o a fronte di presentazione di portafoglio al salvo buon fine (s.b.f.), con conferimento del relativo mandato all’incasso s.b.f. (…)”.
Il successivo art. 2.6. a pag. 6 prevede che “la Banca porta le somme incassate in dipendenza della cessione a decurtazione o estinzione di quanto dovuto dal Cliente in dipendenza dell’utilizzo della linea di credito, dei relativi interessi e degli accessori”.
Il contratto quadro di affidamento nel breve termine, che espressamente poggia sul c/c n. (…), inoltre, all’art. 4.1 statuisce che “La Banca consente al Cliente di effettuare utilizzi sul conto corrente entro il limite dell’importo dell’apertura di credito concessa a condizione che il Cliente presenti al salvo buon fine (sbf) portafoglio commerciale”, nonché, al successivo art. 4.3: “…se invece accoglie il portafoglio presentato, attribuisce al medesimo la relativa valuta media e accredita il relativo importo sul conto corrente infruttifero bloccato. 4.4 Alla data di maturazione della valuta media, la Banca accredita salvo buon fine l’importo del portafoglio presentato sul conto corrente del Cliente a addebita di pari importo e con identica valuta il conto corrente infruttifero bloccato”.
Ancora, l’art. 2 pag. 11 prevede che “2.1. Con l’affidamento per anticipi su portafoglio, la Banca anticipa al Cliente l’importo del portafoglio che quest’ultimo presenta per l’incasso. 2.2. Il portafoglio è accolto dalla Banca salvo buon fine (s.b.f.) e pertanto il Cliente può disporre dell’importo accreditato solo ad avvenuto incasso dell’importo medesimo”.
In altre parole, le parti avevano stipulato un contratto di concessione di linee di credito a fronte di presentazione di portafoglio “salvo buon fine”, tant’è che in tutti gli accrediti eseguiti, in forza degli effetti presentati, dall’Istituto di credito nei confronti di S.A. vi è la specificazione “s.b.f.” (cfr. documenti depositati da parte attrice).
Tale precisazione è rilevante in quanto la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che quando la clausola “salvo buon fine” è inserita in una pattuizione diretta a chiarire che l’Istituto di credito provvede ad anticipare la liquidità, salvo l’obbligo di restituzione, che si concretizza con il pagamento da parte del terzo dell’importo enunciato nei titoli (rectius: nel portafoglio) e diritto della banca di trattenere l’equivalente delle somme anticipate, integra a tutti gli effetti l’istituto della compensazione (cfr. Cass. 17999/2011).
Di qui la conclusione secondo cui la compensazione fatta valere dalla Banca non è quella disciplinata dall’art. 56 L.F. richiamato dall’art. 169 L.F., bensì quella contrattuale.
Ricapitolando, poiché nel caso di specie il diritto della Banca (alla quale è subentrata la società veicolo) di operare la compensazione è contrattualmente previsto, attraverso le clausole “salvo buon fine” contenute nel contratto di concessione di linee di credito a fronte di presentazione di portafoglio e/o anticipi su presentazione documenti, nonché in quello quadro di affidamento a breve termine, entrambi opponibili alla procedura, quanto trattenuto dalla Banca a tale titolo non può essere oggetto di restituzione.
Del resto tale principio è stato già espresso sia dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 3336/2016; 17999/2011), sia da quella di merito (cfr. in particolare Tribunale di Modena, sent. 01.03.2018).
Viceversa, la giurisprudenza di legittimità citata da parte attrice (Cass. 22277/2017) ha ad oggetto un caso in cui viene azionata la compensazione ex art. 56 L.F.; con riferimento, invece, alla giurisprudenza di merito citata sempre da parte attrice, trattasi di provvedimenti adottati dalle sezioni fallimentari dei Tribunali, proprio al fine di decidere in ordine all’autorizzazione alla sospensione e/o scioglimento di contratti di siffatta natura, e pertanto non pertinenti, e/o che comunque hanno ad oggetto la compensazione ex art. 56 L.F. e non quella contrattualmente prevista.
Pertanto, le compensazioni poste in essere dalla Banca in virtù dei contratti di cui sopra sono legittime e la domanda attorea risulta infondata e pertanto deve essere rigettata.
Per quanto riguarda la liquidazione delle spese, tenuto conto della presenza di orientamenti giurisprudenziali in materia che possono apparire non univoci, e considerati i principi espressi da Corte Cost. n. 77/2018, sussistono i presupposti per compensare le spese di lite.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando nella causa n. 2532/2018 R.G. promossa da S. S.r.l. in liquidazione, contro C. S.p.A., alla quale è subentrata la cessionaria P. S.r.l., ogni altra diversa domanda ed eccezione respinta:
RIGETTA le domande attoree;
compensa le spese di lite.
Così deciso in Parma, il 13 novembre 2019.
Depositata in Cancelleria il 13 novembre 2019.
Tribunale Parma Sez. II Sent. 13_11_2019
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