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Concordato preventivo ed esecuzione forzata

Concordato preventivo ed esecuzione forzata

Dopo l’omologazione, i creditori anteriori sono vincolati agli effetti modificativi del concordato, ma in questi limiti, in caso di inadempimento, sono giuridicamente liberi di agire esecutivamente nei confronti del debitore per l’adempimento di quanto promesso con la proposta

Tribunale Ordinario di Brescia, Sezione IV Civile Fallimentare, Sentenza del 21/02/2020

Con sentenza del 21 febbraio 2020, il Tribunale Ordinario di Brescia, Sezione IV Civile Fallimentare, in tema di concordato preventivo ha stabilito che, se è vero che l’art. 168 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 vieta ai creditori con titolo o causa anteriore alla pubblicazione del ricorso contenente la domanda di concordato (anche in bianco) di iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore, ciò vale soltanto “fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo”. Peraltro, detta disposizione va coordinata con l’art. 184 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267, che sancisce l’obbligatorietà del concordato omologato per tutti i creditori concorsuali, nel senso che vincolanti per tutti i creditori anteriori sono l’effetto c.d. “esdebitatorio”, nonché le tempistiche di adempimento che la proponente si è obbligata a rispettare, ma ciò non può valere ad estendere il limite del divieto di agire “in executivis” sino all’esecuzione del concordato, poiché una tale interpretazione implicherebbe di fatto la cancellazione dell’inciso “fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo”, ciò che non pare ammissibile. Pertanto, dopo l’omologazione, i creditori anteriori sono vincolati agli effetti modificativi del concordato, ma in questi limiti, in caso di inadempimento, sono giuridicamente liberi di agire esecutivamente nei confronti del debitore per l’adempimento di quanto promesso con la proposta.


 

Tribunale Ordinario di Brescia, Sezione IV Civile Fallimentare, Sentenza del 21/02/2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE ORDINARIO DI BRESCIA

Sezione IV Civile

fallimentare – procedure concorsuali – esecuzioni

nella persona del Giudice __ ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nelle cause civili riunite di primo grado iscritte al n. __ R.G. ed al n. __ R.G. promosse con atto di citazione entrambe da:

E. S.p.A. (già E. S.p.A. in concordato preventivo) – parte attrice

contro

M. – parte convenuta

nonché contro

A. (già N. S.p.A.) – parte convenuta

Svolgimento del processo

Con un primo atto di citazione ritualmente notificato E. S.p.A. in concordato preventivo (a seguire, più brevemente, E.) ha convenuto in giudizio M. allo scopo di sentir accolte le conclusioni su riportate allegando che il secondo con i decreti n. __ del __ e n. __ del __ le ha concesso due distinti finanziamenti a valere sul fondo speciale rotativo per l’innovazione tecnologica di cui all’art. 14 della L. n. 46 del 17 febbraio 1982 fino agli importi, rispettivamente, di Euro __ nonché di Euro __ e di Euro __.

Sennonché, con note n. __ e __ prot. Del __ M. avrebbe poi comunicato l’avvio del procedimento di revoca di entrambi i benefici evocando la presentazione da parte di E. di una domanda di concordato preventivo del __ (cui hanno fatto seguito il decreto di ammissione alla procedura del __ nonché quello di omologa del __), salvo poi precisare (nel riscontrare le missive datate __ per mezzo delle quali E. ha contestato che “la legge non prevede quindi come causa di revoca l’ingresso nella procedura di concordato”) che in ogni caso la stessa E. sarebbe risultata morosa per la restituzione dei ratei scaduti rispettivamente in data __ e __, fermo peraltro che il conseguente credito restitutorio avrebbe natura privilegiata.

Per parte propria, con missive del __ E. ha evidenziato la natura chirografaria dei crediti di M.: crediti destinati dunque ad essere soddisfatti nella misura falcidiata del __% entro il triennio dall’omologa, al pari di tutti gli altri crediti non prelatizi.

Con decreti n. __ e n. __ del __, da ultimo, M. ha disposto la revoca di entrambi i benefici (richiamando, come anticipato, l’intervenuta presentazione della domanda di concordato da parte di E. oltreché, quanto al beneficio di cui al decreto n. __ del __, la morosità per oltre un anno delle rate di ammortamento del finanziamento) comunicando poi, con nota n. __ del __, l’imminente iscrizione a ruolo dei correlativi importi.

È in un contesto di tal fatta che E., affermata sul punto la giurisdizione del giudice ordinario, ha quindi radicato il giudizio iscritto al n. __ R.G. contestando in primo luogo l’illegittimità dei citati decreti di revoca dei benefici (adottati peraltro successivamente alla presentazione della domanda di concordato) non potendo valere quale motivo di revoca la presentazione di una domanda di concordato (specialmente con continuità aziendale) ed essendo stati i rimborsi dei ratei regolarmente onorati sino alla presentazione della stessa domanda di concordato (dovendosi invece, per il periodo ad essa successivo, escludere che M., così come ogni altro creditore anteriore, potesse essere pagato al di fuori delle regole del concorso).

All’illegittimità dei provvedimenti di revoca (derivante anche dalla violazione della generale disposizione di cui all’art. 21 quinquies della L. n. 241 del 7 agosto 1990) conseguirebbe poi la natura chirografaria dei crediti vantati da M. (il quale peraltro in seno al procedimento concordatario nulla avrebbe contestato sul punto), potendo essere riconosciuto rango privilegiato soltanto alle pretese economiche dell’ente finanziatore nascenti, al contempo, da un provvedimento di revoca, legittimo ed anteriore alla presentazione della domanda.

Con comparsa depositata in data __ si è costituito in giudizio M. rappresentando che le revoche contestate da parte attrice non sarebbero state determinate dalla mera presentazione della domanda di concordato in sé considerata bensì invece dalla prospettazione, in seno a quella, del credito ministeriale quale credito chirografario e non già privilegiato con ogni conseguenza sulla misura (solo parziale) e sui tempi dei pagamenti (ciò da cui dovrebbe desumersi la volontà inequivocabile di E. di non adempiere al debito su di essa gravante).

Del resto le revoche in questione apparirebbero legittime anche alla luce della disciplina generale del procedimento amministrativo fermo, in ogni caso, che la natura privilegiata accompagnerebbe i crediti relativi ai benefici a valere sul fondo speciale rotativo per l’innovazione tecnologica sin dalla loro insorgenza, quale connotato ontologico, a tal fine risultando neutrale l’adozione o meno di un successivo provvedimento di revoca.

M. ha quindi chiesto il rigetto delle domande attoree nonché, in via riconvenzionale, l’accertamento del carattere privilegiato del proprio credito.

Con un secondo atto di citazione ritualmente notificato E. ha poi convenuto in giudizio M. oltreché N S.p.A. (oggi A.) proponendo opposizione preventiva all’esecuzione ex art. 615, c. 1, c.p.c. minacciata in suo danno per mezzo della cartella di pagamento n. (…) (…) recante l’intimazione del pagamento del complessivo importo di Euro __ e spiccata in forza del ruolo ordinario n. _, reso esecutivo in data __, ove sono stati iscritti (come già sopra anticipato) i crediti restitutori de quibus.

Più in particolare E. ha eccepito la nullità della notificazione della cartella (per essere stata curata presso il Commissario giudiziale e non già presso la sede dell’impresa, seppur in concordato) nonché l’improcedibilità dell’azione esecutiva ex art. 168 L.F. oltreché, per il caso in cui fosse riconosciuto il carattere privilegiato del credito di M., per il mancato decorso del termine annuale di cui all’art. 186 bis, c. 2, lett. c), L.F. Così radicatosi il giudizio n. __ R.G., con comparsa depositata in data __ vi si è costituito M. rilevando che la proposizione dell’opposizione da parte di E. avrebbe sanato l’ipotetica nullità della notificazione della cartella e che, in ogni caso, l’ombrello protettivo di cui all’art. 168 L.F. si sarebbe chiuso con il prodursi della definitività del decreto di omologa del concordato.

Con comparsa depositata in data __ si è infine costituita A. documentando di aver notificato la cartella di pagamento in esame tanto al Commissario giudiziale quanto alla società in concordato e deducendo per il resto il proprio difetto di legittimazione passiva in merito ad ogni motivo di opposizione non direttamente afferente all’attività di riscossione demandatale.

A seguito dello scambio delle memorie di cui all’art. 183, c. VI, c.p.c. le due cause (riunite con Provv. del __) sono state istruite in via documentale ed all’udienza del __ (in occasione della quale il procuratore di parte attrice ha dimesso anche il decreto del __ con cui si è accertata la completa esecuzione del concordato) sono state trattenute in decisione da parte di questo Giudice sulle conclusioni su riportate con concessione dei termini di cui agli artt. 190 e 281 quinquies c.p.c.

E. in particolare ha dato atto, per mezzo della propria comparsa conclusionale, che in esecuzione del concordato, secondo i prospettati termini falcidiati, è stato riconosciuto in favore di M. il complessivo importo di Euro __ (ciò da cui ulteriormente discenderebbe l’inesistenza del diritto di M. di procedere in executivis ai suoi danni per la tutela di un credito ormai integralmente soddisfatto, seppur entro i limiti della rimodulazione concordataria).

Con Provv. del __ infine le cause sono state rimesse sul ruolo allo scopo di valutare la percorribilità di una soluzione transattiva alla luce dei più recenti arresti giurisprudenziali in materia dopodiché, all’udienza del __, esclusa detta possibilità, le stesse sono state nuovamente trattenute in decisione con rinuncia ai termini per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.

Motivi della decisione

Quanto alla causa n. __ R.G., le domande proposte da E. S.p.A. sono infondate e non meritano accoglimento. Al riguardo va preliminarmente affermata, come correttamente osservato da parte attrice, la giurisdizione del giudice ordinario.

Ed infatti si deve ritenere che una volta avvenuta la concessione del finanziamento le vicende del rapporto e della sua esecuzione si sottraggono ordinariamente alla discrezionalità amministrativa, avuto particolare riguardo ad eventi quali la revoca o la decadenza dal contributo del beneficiario o la venuta meno dei presupposti di legge.

In tal senso appare orientato il giudice della giurisdizione il quale (proprio rispetto ad un caso in cui non dissimilmente da quello di specie erano “prospettate, e specularmente ex adverso contestate, mere (gravi) inadempienze alle obbligazioni di esecuzione completa e tempestiva (…) la cui sussistenza e gravità non potevano né possono essere conosciute altri che dal giudice ordinario”) ha precisato che “quanto alla cognizione delle controversie nascenti dalla revoca del contributo e delle conseguenti pretese restitutorie, è costante l’affermazione, cui il Collegio intende dare continuità, per la quale è d’obbligo la devoluzione al giudice amministrativo della controversia sulla revoca le sole volte in cui essa implichi un sindacato sul corretto esercizio della ponderazione comparativa degli interessi valutati in sede di erogazione e venuti meno in tutto o in parte nel prosieguo (vd. S.U. nn. 29529 del 2008 e 6599 del 2009) ma non già quando essa tragga le mosse dall’accertato inadempimento alle condizioni statuite in sede di erogazione o dall’acclarato sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato o, ancora, dal sopravvenuto contrasto del contributo rispetto a precetti adottati dalle autorità dell’Unione Europea (nn. 24409 del 2011 e 25398 del 2010)” (Cass. Civ., SS.UU., 25.1.2013, n. 1776).

Ad eguali conclusioni è giunto anche il giudice amministrativo il quale, premettendo che “il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia di controversie riguardanti la concessione e la revoca di contributi e sovvenzioni pubbliche deve essere attuato sulla base del generale criterio di riparto fondato sulla natura della situazione soggettiva azionata”, ha ribadito che “sussiste sempre la giurisdizione del giudice ordinario (…) qualora la controversia attenga alla fase di erogazione o di ripetizione del contributo sul presupposto di un addotto inadempimento del beneficiario alle condizioni statuite in sede di erogazione o dall’acclarato sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato, anche se si faccia questione di atti formalmente intitolati come revoca, decadenza o risoluzione, purché essi si fondino sull’inadempimento alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo” (Cons. Stato, Ad. Plen., 29.1.2014, n. 6).

Dacché, ricordato che nel revocare i benefici a suo tempo concessi a E., M. non ha dedotto l’esistenza di patologie afferenti il momento genetico del rapporto di finanziamento (quale ad esempio la non corretta rappresentazione dell’esistenza dei requisiti per l’ottenimento del beneficio) ma ha invocato problematiche relative alla fase funzionale del rapporto, ed in particolare il mancato pagamento di ratei già scaduti e la presentazione da parte della beneficiaria di una domanda di concordato dai connotati tali da rivelarne la volontà di non adempiere all’obbligazione restitutoria, va dunque riconosciuta la giurisdizione del giudice ordinario.

Del resto, è persino pacifico fra le parti che la presente controversia verta in materia di diritti soggettivi, risultando invero in contestazione soltanto la natura privilegiata o meno delle pretese economiche reclamate da M.; pretese concordemente ricondotte alla categoria di diritto soggettivo di credito.

Ciò brevemente premesso, ritiene questo Giudice, rispetto al tema di contestazione appena evocato, che il credito vantato da parte di M. non possa che essere riconosciuto come assistito dal privilegio di cui all’art. 9, c. V, del D.Lgs. n. 123 del 1998.

Com’è noto, la vicenda in questione trae origine dall’adozione da parte di Mi. dei decreti n. __ del __ e n. __ del __ per mezzo dei quali sono stati concessi a E. in bonis due finanziamenti fino agli importi, rispettivamente, di Euro __ nonché di Euro __ e di Euro __, a valere sul fondo speciale rotativo per l’innovazione tecnologica di cui all’art. 14 della L. n. 46 del 17 febbraio 1982.

Per mezzo di detta ultima disposizione si è disposta l’istituzione presso M. di un fondo (rinominato “Fondo per la crescita sostenibile” per mezzo dell’art. 23, c. II, del D.L. del 22 giugno 2012 n. 83) finalizzato ad erogare interventi aventi per oggetto programmi di imprese destinati ad introdurre rilevanti avanzamenti tecnologici relativi a nuovi prodotti o processi produttivi o al miglioramento di prodotti o processi produttivi già esistenti, oppure rilevanti innovazioni di contenuto stilistico e qualitativo del prodotto.

Con l’art. 37, c. 3, della L. n. 317 del 5 ottobre 1991 si è poi stabilito, fra l’altro, che “I crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi dell’art. 15, L. 17 febbraio 1982, n. 46, modificato da ultimo dal comma 1, lettera a), del presente articolo sono preferiti ad ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’art. 2751 bis del codice civile e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi”, ma tale previsione è stata abrogata dall’art. 54, c. V, della L. n. 488 del 23 dicembre 1998.

Ancora, con l’art. 24, cc. 32 e 33, della L. n. 449 del 27 dicembre 1997 si è precisato che i provvedimenti di revoca delle agevolazioni a valere sul fondo in esame costituiscono titolo per l’iscrizione a ruolo del relativi crediti e si è ribadito che il conseguente “diritto alla ripetizione costituisce credito privilegiato e prevale su ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’art. 2751 bis del codice civile, fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi”.

Sennonché, al di là della specifica disciplina sin qui elencata, occorre rilevare che i finanziamenti di cui si discute rientrano senz’altro nello spettro applicativo del D.Lgs. n. 123 del 31 marzo 1998 recante, in una prospettiva di carattere più generale, “Disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, a norma dell’articolo 4, comma 4, lettera c) della l. 15 marzo 1997, n. 59” e quindi una serie di principi i quali “costituiscono principi generali dell’ordinamento dello Stato” e che regolano i procedimenti amministrativi concernenti gli interventi di sostegno pubblico per lo sviluppo delle attività produttive, ivi compresi gli incentivi, i contributi, le agevolazioni, le sovvenzioni e i benefici di qualsiasi genere, di seguito denominati interventi, concessi da amministrazioni pubbliche, anche attraverso soggetti terzi (art. 1).

Fra i benefici determinati da detti interventi l’art. 7, c. 1, contempla i moduli di sostegno forse più lineari, ovverosia il contributo in conto capitale, contributo in conto interessi nonché il finanziamento agevolato.

Ebbene a queste ultime ampie nozioni possono essere ricondotti, senza dubbio, anche i finanziamenti agevolati e il contributo di spesa concessi da M. in favore di E.: è dunque alla luce della generale disciplina del D.Lgs. n. 123 del 1998 (peraltro espressamente richiamata nei preamboli di entrambi i decreti di concessione dei benefici) che occorre guardare per stabilire quale natura riconoscere ai crediti vantati dal primo nei confronti della seconda.

Ora, all’art. 9, cc. 1, 3 e 3, del decreto legislativo in esame si stabilisce che la revoca dei benefici può essere disposta in caso di assenza di uno o più requisiti, ovvero di documentazione incompleta o irregolare, per fatti comunque imputabili al richiedente e non sanabili, qualora i beni acquistati con l’intervento siano alienati, ceduti o distratti nei cinque anni successivi alla concessione, ovvero prima che abbia termine quanto previsto dal progetto ammesso all’intervento ovvero comunque per azioni o fatti addebitati all’impresa beneficiaria.

Il comma successivo, il quinto, prosegue poi indicando che “Per le restituzioni di cui al comma 4 i crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi del presente decreto legislativo sono preferiti a ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’articolo 2751bis del codice civile e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi. Al recupero dei crediti si provvede con l’iscrizione al ruolo, ai sensi dell’articolo 67, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43, delle somme oggetto di restituzione, nonché delle somme a titolo di rivalutazione e interessi e delle relative sanzioni”.

Si tratta, com’è noto, di una disposizione legislativa la quale ha generato un ampio dibattito dottrinario e giurisprudenziale (solo in parte sopito a seguito dell’introduzione della norma di cui all’art. 8 bis, c. 3, del D.L. n. 3 del 24 gennaio 2015 convertito con modificazioni con L. n. 33 del 24 marzo 2015) relativo all’esatta perimetrazione dei presupposti di operatività di quello che è stato definito un super privilegio e che si è articolato sulla spinta di due contrapposte tensioni.

Da un lato, l’esigenza pubblicistica di garantire allo Stato il più sicuro recupero di risorse già messe a disposizioni di imprese rivelatesi poi inadempienti al fine di assicurarne il reimpiego in favore di ulteriori operatori economici (cfr. espressamente Cass. Civ., Sez. I, Ord. 20.4.2018, n. 9926), dall’altro, la necessità di rispettare il principio per cui le norme istitutive di privilegio sono di stretta interpretazione (cfr. anche Cass. Civ., SS.UU., 17.5.2010, n. 11930).

Sennonché, recentemente, la Suprema Corte di Cassazione ha fornito sul tema alcune indicazioni che questo Giudice ritiene risolutive anche rispetto al caso di specie.

Più in particolare, a fronte infatti di una posizione interpretativa particolarmente rigorosa (sostenuta anche dall’autorevole pronuncia resa da questo Tribunale e citata da parte attrice) la quale riconosce il carattere privilegiato soltanto ai crediti restitutori delle amministrazioni erogatrici in caso di patologie genetiche del rapporto di finanziamento, i giudici di legittimità hanno invece precisato che il privilegio in questione compete “non soltanto (…) ai crediti aventi la loro fonte nell’irregolare concessione dell’intervento o nell’indebito conseguimento del beneficio – ma anche a quelli derivanti, come nella specie, da “ragioni o fatti addebitati all’impresa beneficiaria o da qualsiasi altra ragione (in tutti gli altri casi), anche se attinente alla fase negoziale successiva all’erogazione del contributo” (Cass. Civ., Sez. I, Ord. 20.4.2018, n. 9926).

S’intende infatti che se da un lato il comma quinto dell’art. 9 del D.Lgs. n. 123 del 1998 riconosce rango privilegiato ai crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi del D.Lgs. n. 123 del 1998 soltanto per le restituzioni di cui al comma 4 (ove, come sopra ricordato, si dettano disposizioni relative alle pretese economiche dell’amministrazione erogatrice nei casi di restituzione dell’intervento in conseguenza della revoca di cui al comma 3, o comunque disposta per azioni o fatti addebitati all’impresa beneficiaria, e della revoca di cui al comma 1, disposta anche i misura parziale purché proporzionale all’inadempimento riscontrato), non va dall’altro sottaciuto che tale elencazione non si esaurisce il catalogo delle ipotesi di revoca, come confermato (e rilevato, seppur non espressamente, nella sentenza della Corte di Cassazione da ultima citata) dall’inciso per cui in tutti gli altri casi (in cui si debba provvedere alla restituzione del beneficio, si deve intendere, n.d.s.) la maggiorazione da applicare è determinata in misura pari al tasso ufficiale di sconto.

Ne consegue che è privilegiato, giusta la previsione legislativa di cui al combinato disposto di cui ai commi 4 e 5 dell’art. 9 del D.Lgs. n. 123 del 1998, ogni credito restitutorio nascente dai finanziamenti erogati ai sensi del citato testo normativo sia esso nascente da una revoca di vocazione più prettamente amministrativa, sia esso riconducibile ad una vicenda di inadempimento di matrice più strettamente civilistica, sia esso ricollegato ad uno di “tutti gli altri casi” in cui il finanziamento debba essere restituito, essendosi – se del caso – prodotta una deviazione rispetto al decorso fisiologico del rapporto.

Deviazione la quale nel caso di specie non va tanto individuata nella circostanza per cui, a seguito della presentazione della domanda, Emmeci ha omesso di pagare a M. gli importi dei ratei alle scadenze originarie posto che si sarebbe trattato di pagamenti di crediti anteriori (dovendosi considerare integralmente eseguita la presentazione del M. per effetto della stessa erogazione del finanziamento) in quanto tali vietati dalla disposizione di cui all’art. 168 L.F.

Piuttosto, detta deviazione può essere individuata nella stessa prospettazione da parte di E. di voler destinare, in favore di M., un pagamento soltanto parziale del residuo credito da finanziamento (così come contemplato per i creditori chirografari) e non già un pagamento integrale (così come invece dovuto per i creditori privilegiati).

Del resto, proprio in relazione a tale accadimento M. stesso ha adottato i propri provvedimenti di revoca (i quali peraltro non hanno necessariamente valenza sanzionatoria e rivelano in ogni caso una sostanza meramente dichiarativa, cfr. Cass. Civ., Sez. Sez. I, 30.1.2019, n. 2664).

Del resto, non è mancato chi ha osservato che la revoca del beneficio può avvenire anche a seguito dell’ammissione al concordato dell’impresa beneficiaria in quanto tale fatto suggerisce l’impossibilità o la difficoltà di raggiungere lo scopo per il quale il contributo era stato erogato (ma in effetti dagli atti di causa, rispetto alle concrete vicissitudini del programma a suo tempo finanziato da M., nulla si dice).

Ne discende, concludendo, che ai crediti residui (ovverosia ai crediti ricalcolati al netto dei pagamenti effettuati in sede concordataria) vantati da parte di M. in relazione all’erogazione dei benefici di cui ai decreti n. __ del __ e n. __ del __ va riconosciuto il carattere di crediti assistiti dal privilegio di cui all’art. 9, c. 5, del D.Lgs. n. 123 del 1998, con rigetto sul punto della domanda formulata da parte di Emmeci e con accoglimento invece della domanda riconvenzionale formulata da M..

Se dunque di crediti privilegiati si tratta, come tali detti crediti dovevano essere trattati in seno alla procedura di concordato preventivo in continuità promossa da parte di E. ed ormai archiviata, in seguito alla completa esecuzione, con provvedimento del giudice delegato del __.

Quanto sino ad ora osservato produce evidentemente logiche conseguenze in merito alla causa di opposizione preventiva all’esecuzione ex art. 615, c. 1, c.p.c. iscritta al n. __ R.G..

Vanno premesse due ordini di considerazioni.

In primo luogo, occorre annotare, quanto all’eccezione relativa alla nullità della notificazione della cartella di pagamento n. (…) (…), che essa è infondata posto che l’Agenzia ha riversato in atti documentazione (le cui risultanze non sono state oggetto di contestazione ad opera di parte attrice) dalla cui disamina risulta che la cartella medesima è stata notificata non soltanto al Commissario giudiziale (a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento) bensì anche alla società in concordato a mezzo di posta elettronica certificata (e più in particolare all’indirizzo risultante dalla visura camerale, cfr. docc. n. __ di A. e doc. n. __ di E. nella causa n. __ R.G.).

In secondo luogo, e rispetto agli ulteriori temi di opposizione sviluppati da E., va disattesa l’eccezione di carenza di legittimazione passiva svolta da parte di A. in quanto “l’agente della riscossione è titolare esclusivo dell’azione esecutiva per la riscossione dei crediti esattoriali e pertanto è da ritenersi necessariamente legittimato passivo nelle opposizioni esecutive avanzate del debitore. Esso è anzi l’unico legittimato passivo necessario, quale soggetto titolare dell’azione esecutiva, avendo l’onere di chiamare eventualmente in giudizio l’ente creditore, laddove siano in discussione questioni attinenti al credito o comunque che non riguardino esclusivamente la regolarità degli atti esecutivi” (Cass. Civ., Sez. III, 28.9.2018, n. 23627).

Ciò premesso, quanto al ruolo ordinario n. __, reso esecutivo il __, e alla cartella di pagamento n. (…) (…), trasmessa in data __ a E., quest’ultima ha contestato (così formulando senz’altro un motivo di opposizione all’esecuzione, cfr. Cass. Civ., Sez. I, 25.6.1990, n. 6424) che si tratterebbe di atti invalidi in quanto adottati in violazione del periodo di protezione di cui all’art. 168 L.F. ovvero, in ogni caso, ancora prima del decorso del termine di moratoria annuale per il pagamento dei creditori privilegiati (ove come tali li si volesse qualificare) di cui all’art. 186 bis, c. 2, lett. c), L.F. connotante la proposta concordataria de quo (come evincibile dalle relazioni del Commissario giudiziale riversate in atti da parte attrice).

È utile ricordare, al riguardo, che mentre il decreto di omologa è stato pronunciato in data __, il ruolo n. __ è stato reso esecutivo il __ e la cartella di pagamento n. (…) (…) è stata notificata il __.

Ciò, evidentemente, rileva in tanto in quanto i crediti di M. si qualifichino come privilegiati, poiché ove li si intendesse invece quali crediti chirografari, ad oggi si tratterebbe persino di crediti estinti per effetto della completa esecuzione della proposta omologata.

V’è infatti da ulteriormente annotare che ad oggi la procedura concordataria risulta chiusa ed ha visto il pagamento, in favore di M., del complessivo importo di Euro __ (la circostanza è pacifica) il quale secondo le finali argomentazioni di E. dovrebbe considerarsi integralmente satisfattivo del credito chirografario (soggetto dunque a falcidia sino al __%) di M. stesso.

Sennonché, come si è visto più sopra, ai crediti vantati da parte di M. va riconosciuta la natura di crediti privilegiati.

Alla luce di quanto appena indicato ritiene questo Giudice che l’opposizione preventiva all’esecuzione ex art. 615, c. 1, c.p.c. proposta da parte di E. è fondata e merita accoglimento, per le ragioni che seguono.

Al riguardo, pacifica la natura concorsuale del credito di M. e accertata la sua natura privilegiata, occorre osservare che se è pur vero che l’art. 168 L.F. vieta ai creditori con titolo o causa anteriore alla pubblicazione del ricorso contenente la domanda di concordato (anche in bianco) di iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore, ciò vale soltanto fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo.

Altrettanto vero è che la disposizione va poi coordinata con l’art. 184 L.F. che sancisce l’obbligatorietà del concordato omologato per tutti i creditori concorsuali (nel senso che vincolanti per tutti i creditori anteriori sono l’effetto c.d. “esdebitatorio” nonché le tempistiche di adempimento che la proponente si è obbligata a rispettare) ma ciò non può valere ad estendere il limite del divieto di agire in executivis sino all’esecuzione del concordato, poiché una tale interpretazione implicherebbe di fatto la cancellazione dell’inciso “fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo”, ciò che non pare ammissibile. Pertanto, dopo l’omologazione, i creditori anteriori sono vincolati agli effetti modificativi del concordato, ma in questi limiti, in caso di inadempimento, sono giuridicamente liberi di agire esecutivamente nei confronti del debitore per l’adempimento di quanto promesso con la proposta.

Sennonché, proprio quanto appena osservato permette di evidenziare come M., nel momento in cui ha provveduto a formare il ruolo e poi, per il tramite del concessionario, ha notificato la cartella in questione, doveva ritenersi vincolato alle tempistiche e alle modalità di adempimento concordatarie le quali prevedevano peraltro una moratoria annuale per il pagamento dei creditori privilegiati (cfr. art. 186 bis, c. 2, lett. c), L.F.).

In altri termini, in credito reclamato da M., all’epoca della formazione del ruolo e della cartella, risultava inesigibile e quindi non azionabile in executivis.

Ne consegue la fondatezza della domanda di opposizione all’esecuzione proposta da E. e la declaratoria di nullità della cartella di pagamento n. (…) (…) (la quale, peraltro, reca degli importi i quali, a seguito dei pagamenti compiuti da Emmeci in sede concordataria, andranno integralmente rideterminati).

La peculiarità e la (pur relativa, ormai) novità delle questioni trattate e delle soluzioni giurisprudenziali così come normative al riguardo intervenute giustificano l’integrale compensazione fra le parti delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale di Brescia, ogni contraria e diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando così provvede:

– dichiara la natura privilegiata ai sensi di cui all’art. 9, c. 5, del D.Lgs. n. 123 del 1998 del credito vantato (per i titoli di cui motivazione) di M. nei confronti di E. S.p.A.;

– dichiara la nullità della cartella di pagamento n. (…) (…) notificata a E. S.p.A. il __;

– compensa integralmente fra le parti le spese di lite.

Così deciso in Brescia, il 12 febbraio 2020.

Depositata in Cancelleria il 21 febbraio 2020.

Tribunale Brescia Sez. fall. Sent. 21_02_2020

 

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