Contratti Produzione fatture Decreto ingiuntivo Opposizione al decreto ingiuntivo
Contratti Produzione fatture Decreto ingiuntivo Opposizione al decreto ingiuntivo
Tribunale Ordinario di Catania, Sezione I Civile, Sentenza del 16-02-2018
Con sentenza del 16 febbraio 2018 il Tribunale Ordinario di Catania ha stabilito che la produzione delle fatture poste a fondamento della richiesta di decreto ingiuntivo e delle scritture contabili dell’impresa ingiungente, non costituiscono documenti idonei a far ritenere sussistente il credito ivi portato nei confronti dell’Amministrazione, in mancanza di un contratto a forma scritta recante la sottoscrizione del professionista e del titolare dell’organo attributario del potere di rappresentare l’ente nei confronti dei terzi, nonché l’indicazione dell’oggetto della prestazione e l’entità del compenso.
Tribunale Ordinario di Catania, Sezione I Civile, Sentenza del 16-02-2018
Contratti Produzione fatture Decreto ingiuntivo Opposizione al decreto ingiuntivo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI CATANIA
PRIMA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. _____
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. r.g. _______ promossa da:
- in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ___________
OPPONENTE
contro
- S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del suo liquidatore pro tempore, sig. D.P., elettivamente domiciliato in _______________
OPPOSTO
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
L’opposizione avanzata merita accoglimento per le considerazioni che seguono.
In punto di diritto, è appena il caso di rilevare, come unanimemente affermato dalla giurisprudenza, che la fattura è titolo idoneo per l’emissione di un decreto ingiuntivo in favore di chi l’ha emessa, ma nell’eventuale giudizio di opposizione la stessa non costituisce prova dell’esistenza del credito, che dovrà essere dimostrato con gli ordinari mezzi di prova dall’opposto (Cass. Civ., 11.03.2011, n.5915).
Nella specie, parte opposta, che assume la veste sostanziale dell’attore, con il correlativo onere della prova dei fatti posti a base del credito oggetto del decreto ingiuntivo opposto, ha posto a sostegno della pretesa avanzata le fatture n. ___ del _____, n. ___ del ______, n. ___ del _____ e n. ____ del ____, per la somma complessiva di Euro _____, oggetto del decreto ingiuntivo opposto.
Inoltre, ha prodotto le relative scritture contabili e le pagine pubblicate su “Impresa Informa” nel novembre ___, dicembre ____, marzo e dicembre ___.
Tuttavia, la documentazione suindicata non appare sufficiente per accertare l’esistenza del credito oggetto del decreto ingiuntivo opposto nei confronti dell’A., difettando l’esistenza di un contratto a forma scritta previsto a pena di nullità nei confronti della pubblica amministrazione.
Invero, in punto di diritto, la Cassazione è costante nell’affermare che detto principio implica, a pena di nullità, la redazione di un apposito documento, recante la sottoscrizione del professionista e del titolare dell’organo attributario del potere di rappresentare l’ente interessato nei confronti dei terzi, nonché l’indicazione dell’oggetto della prestazione e l’entità del compenso, dovendo, altresì, escludersene la possibilità di conclusione tramite corrispondenza, occorrendo che la pattuizione sia versata in un atto contestuale, anche se non sottoscritto contemporaneamente (cfr. Cass. Civ., 04.11.2013); dovendo escludersi, altresì, che, ai fini della validità del contratto, la sua sussistenza possa ricavarsi da altri atti, in quanto il contratto mancante del succitato requisito è nullo e non è suscettibile di alcuna forma di sanatoria, sotto nessun profilo, poiché gli atti negoziali della P.A. constano di manifestazioni formali di volontà, non surrogabili con comportamenti concludenti (cfr., Cass.Civ., 06.07.2007).
Nella specie, nessun atto è stato prodotto da parte opposta riconducibile all’organo rappresentativo dell’ente e che fosse espressione della volontà di concludere il predetto contratto, nemmeno con riferimento al quantum relativo alla prestazione richiesta e con quale modalità esso doveva essere eseguito.
Né può obiettarsi, a tacer d’altro, che l’ipotesi in oggetto configuri un contratto concluso con impresa commerciale rispetto alla quale la stipula può perfezionarsi mediante atti separati sottoscritti dall’organo che rappresenta l’ente e dal professionista. Ed in effetti, come afferma la Suprema Corte, i contratti stipulati dalla P.A. a trattativa privata ai sensi dell’art. 17 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, pur richiedendo in ogni caso la forma scritta “ad substantiam”, possono anche non risultare da un unico documento, ove siano stipulati secondo l’uso del commercio e riguardino ditte commerciali. Tuttavia, occorre in ogni caso che il perfezionamento del contratto risulti dallo scambio di proposta e accettazione, non potendo ritenersi sufficiente che la forma scritta investa la sola dichiarazione negoziale della Amministrazione, né che la conclusione del contratto avvenga per “facta concludentia”, con l’inizio dell’esecuzione della prestazione da parte del privato attraverso l’invio della merce e delle fatture, secondo il modello dell’accettazione tacita previsto dall’art. 1327 cod. civ. (cfr., Cass. Civ., 15.06.2015, n.12316).
Sicché, il credito in oggetto non è sorretto da un valido contratto sottoscritto dalle parti in assenza di forma scritta prevista a pena di nullità, qualora uno dei contraenti sia la pubblica amministrazione.
Pertanto, deve essere revocato il decreto ingiuntivo opposto dall’A.
Ciò posto, con riguardo alla domanda avanzata dall’opposto in sede di comparsa di costituzione, in via gradata ed in via sussidiaria, ex art.2041 c.c., deve evidenziarsi che, nonostante vi siano state diverse interpretazioni giurisprudenziali al riguardo, deve accogliersi il recente indirizzo giurisprudenziale alla luce del quale le domande di adempimento contrattuale e di arricchimento senza causa, quali azioni che riguardano entrambe diritti eterodeterminati, si differenziano, strutturalmente e tipologicamente, sia quanto alla “causa petendi” (esclusivamente nella seconda rilevando come fatti costitutivi la presenza e l’entità del proprio impoverimento e dell’altrui locupletazione, nonché, ove l’arricchito sia una P.A., il riconoscimento dell’utilitas da parte dell’ente), sia quanto al “petitum” (pagamento del corrispettivo pattuito o indennizzo). Ne consegue che, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo – al quale si devono applicare le norme del rito ordinario, ai sensi dell’art. 645, secondo comma, c.p.c. e, dunque, anche l’art. 183, quinto comma, c.p.c. – è ammissibile la domanda di arricchimento senza causa avanzata con la comparsa di costituzione e risposta dall’opposto (che riveste la posizione sostanziale di attore) soltanto qualora l’opponente abbia introdotto nel giudizio, con l’atto di citazione, un ulteriore tema di indagine, tale che possa giustificare l’esame di una situazione di arricchimento senza causa. In ogni altro caso, all’opposto non è consentito di proporre, neppure in via subordinata, nella comparsa di risposta o successivamente, un’autonoma domanda di arricchimento senza causa, la cui inammissibilità è rilevabile d’ufficio dal giudice (cfr. Cass. Civ., 27.12.2010, n.26128; Cass. Civ., n.8582/2013).
Nella specie, l’atto di opposizione avanzato non ha introdotto alcun ampliamento del tema d’indagine che giustifichi l’esame di una situazione di arricchimento senza causa, essendosi limitato ad eccepire l’insussistenza in fatto ed in diritto della pretesa creditoria avanzata non sussistendo alcun contratto scritto tra le parti e contestando anche il quantum della pretesa.
Sicché, tenuto conto, altresì, del carattere sussidiario della azione di arricchimento di cui all’art.2041 c.c., deve dichiararsi l’inammissibilità della domanda avanzata in via gradata ed in via sussidiaria dall’opposto.
In ogni caso, nel merito, deve evidenziarsi che la domanda avanzata poggia esclusivamente sulle fatture e sulle scritture contabili dell’opposta che in quanto atti di parte non sono idonei a formare la prova né dell’avvenuta conclusione del contratto tra le parti, né del vantaggio o dell’utilità che ne è derivato all’opponente, né, parimenti, ciò può desumersi dalle pagine pubblicate ovvero dalle scritture contabili prodotte dall’opponente dalle quali non si desume alcuna corrispondenza con le fatture prodotte, nemmeno con riguardo alla voce “creditori vari”, “pubblicità redazionale Aprile 2007”, pari all’importo di Euro _____, che non trova alcun collegamento né sotto il profilo temporale, né con l’importo oggetto del credito ingiunto, né con il soggetto opponente.
Ad abundantiam, si rileva che, secondo la giurisprudenza, il riconoscimento dell’utilità da parte dell’arricchito non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento, sicché il depauperato che agisce ex art. 2041 c.c. nei confronti della P.A. ha solo l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento, senza che l’ente pubblico possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso, esso potendo, invece, eccepire e provare che l’arricchimento non fu voluto o non fu consapevole, e che si trattò, quindi, di “arricchimento imposto” (cfr., Cass. Civ., n. 10798/2015). Nella specie, non solo non risulta provato l’oggettivo arricchimento, non desumibile dalla semplice produzione delle pagine di pubblicità, ma, dalla documentazione in atti e dalla difesa di parte opponente non può che desumersi la non consapevolezza della prestazione eseguita in mancanza di elementi probatori ulteriori.
Ne consegue, stante la soccombenza, che parte opposta deve essere condannata al pagamento delle spese processuali sostenute da parte opponente che si liquidano tenuto conto dell’esigua attività processuale espletata, nella somma di Euro _____ per compensi, oltre spese generali, oltre I.V.A e C.P.A. come per legge, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, eccezione o difesa:
– Accoglie l’opposizione avanzata e, per l’effetto, revoca il decreto ingiuntivo opposto.
– Dichiara inammissibile la domanda avanzata in via gradata ed in via sussidiaria dall’opposto ex art.2041 c.c.
– condanna parte opposta al pagamento delle spese processuali sostenute da parte opponente che si liquidano nella somma di Euro ____ per compensi, oltre spese generali, oltre I.V.A e C.P.A. come per legge.
Così deciso in Catania, il 12 febbraio 2018.
Depositata in Cancelleria il 16 febbraio 2018.