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Esecuzione forzata e contestuale proposizione di opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. e dell’art. 617 c.p.c.

Esecuzione forzata e contestuale proposizione di opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. e dell’art. 617 c.p.c.

Corte Suprema di Cassazione, Sezione VI Civile, Sottosezione 3, Ordinanza n. 3722 del 14/02/2020

Con ordinanza del 14 febbraio 2020, la Corte Suprema di Cassazione, Sezione VI Civile, Sottosezione 3, in merito di recupero crediti ha stabilito che In tema di esecuzione forzata, in caso di contestuale proposizione di opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. e dell’art. 617 c.p.c., ove vengano decisi solo i motivi qualificabili come opposizione agli atti esecutivi, la denunzia di omessa pronunzia sugli altri motivi, integranti opposizione all’esecuzione, va proposta mediante appello e non con ricorso straordinario per cassazione.


Corte Suprema di Cassazione, Sezione VI Civile, Sottosezione 3, Ordinanza n. 3722 del 14/02/2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. __ – Presidente –

Dott. __ – Consigliere –

Dott. __ – Consigliere –

Dott. __ – Consigliere –

Dott. __ – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero __ del ruolo generale dell’anno __, proposto da:

M. – ricorrente –

nei confronti di

D. – controricorrente –

nonché

B. S.p.A. – intimato –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere n. __, pubblicata in data __ (notificata in data __);

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in data __ dal consigliere Dott. __.

Svolgimento del processo

che:

  1. ha promosso l’esecuzione forzata – nelle forme del pignoramento presso terzi – nei confronti di M., sulla base di un titolo esecutivo di formazione giudiziale. La debitrice esecutata ha proposto opposizione.

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, qualificata l’opposizione in termini di opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., l’ha dichiarata inammissibile in quanto proposta tardivamente.

Ricorre M., sulla base di quattro motivi.

Resiste con controricorso il D.

Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’altro intimato. È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato inammissibile.

È stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2, e ha chiesto l’assegnazione del ricorso alla Sezioni Unite ai sensi dell’art. 376 c.p.c., comma 2, e dell’art. 139 disp. att. c.p.c.

L’istanza è stata disattesa dal Primo Presidente della Corte, che ha confermato l’assegnazione a questa Sezione.

Il Collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.

Motivi della decisione

che:

  1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 615 e 617 c.p.c., in relazione all’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Secondo la ricorrente, la propria opposizione avrebbe dovuto essere qualificata come opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. e non come opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c.

Il motivo è inammissibile.

Occorre in primo luogo rilevare che la ricorrente si limita a censurare l’erronea qualificazione della domanda da parte del giudice di primo grado, ma non chiarisce in che termini tale erronea qualificazione le avrebbe determinato un concreto pregiudizio. Ciò determina un oggettivo difetto di specificità della censura, che ne impedisce in radice l’esame nel merito. In ogni caso, si tratta di una censura che non potrebbe avere alcun concreto rilievo ai fini della decisione della controversia in termini favorevoli alla ricorrente.

Dalla trascrizione del contenuto dell’atto di opposizione, operato dalla stessa ricorrente (cfr. pag. __ del ricorso) emerge in effetti che, in realtà, questa aveva proposto due distinte opposizioni: a) una opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., avendo contestato l’esistenza di un titolo esecutivo nei propri confronti (ciò in quanto il titolo esecutivo si era formato, a suo dire, in danno di un’altra, diversa, persona fisica); b) una opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., avendo altresì contestato l’irregolare notificazione dell’atto di pignoramento e degli atti prodromici allo stesso.

Il tribunale ha qualificato correttamente e deciso esclusivamente questa seconda opposizione (cfr. a pag. __, righe finali e pag. __ della sentenza impugnata, là dove si afferma che era stata esclusivamente eccepita dalla debitrice esecutata l’irregolare notificazione del pignoramento), dichiarandola inammissibile perché tardivamente proposta.

Ha invece del tutto omesso di prendere in considerazione, di qualificare e di decidere l’altro motivo di opposizione, effettivamente qualificabile in termini di opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c.: non si tratta cioè di una erronea qualificazione di un unico motivo di opposizione, ma di una radicale omissione di pronuncia in relazione ad uno dei diversi motivi di opposizione avanzati dalla debitrice (basti considerare che il tribunale neanche riferisce della censura diretta a contestare l’efficacia soggettiva del titolo esecutivo in quanto emesso in danno di un diverso soggetto e che la decisione finale contiene solo una dichiarazione di inammissibilità per tardività dell’opposizione, statuizione neanche concepibile per una opposizione all’esecuzione).

Orbene, per quanto riguarda l’opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., la qualificazione del tribunale è corretta, onde la presente censura non potrebbe ritenersi in nessun caso fondata (mentre la concreta decisione assunta in ordine alla suddetta opposizione agli atti esecutivi è oggetto dei successivi motivi del ricorso).

Per quanto poi riguarda l’opposizione all’esecuzione, in relazione alla quale è ravvisabile – come già rilevato – non una erronea qualificazione della domanda, ma una completa omissione di pronuncia, le censure contenute nel motivo di ricorso in esame non sembrano specificamente dirette a denunziare un siffatto vizio. In ogni caso, se anche le si potesse intendere in tale ultimo senso, esse sarebbero comunque inammissibili, dal momento che l’impugnazione del vizio di omissione di pronuncia sul motivo di opposizione qualificabile come opposizione all’esecuzione avrebbe dovuto essere proposta con l’appello e non con il ricorso straordinario per cassazione (cfr. in proposito, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 14661 del 18/07/2016, Rv. 640586 – 01: “in tema di esecuzione forzata, in caso di contestuale proposizione di opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. e dell’art. 617 c.p.c., ove vengano decisi solo i motivi qualificabili come opposizione agli atti esecutivi, la denunzia di omessa pronunzia sugli altri motivi, integranti opposizione all’esecuzione, va proposta mediante appello e non con ricorso straordinario per cassazione”; in senso sostanzialmente conforme: Sez. 3, Sentenza n. 18312 del 27/08/2014, Rv. 632102 – 01).

È infine appena il caso di osservare che, in relazione ai principi di diritto fin qui esposti, non sussiste alcun contrasto nella giurisprudenza di questa Corte e che pertanto, come del resto già chiaramente statuito dal Primo Presidente, non sussistono i presupposti per la rimessione del ricorso alla Sezioni Unite.

  1. Con il secondo motivo si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 479 c.p.c., comma 3, art. 480 c.p.c., comma 2, e art. 543 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 137 c.p.c. e art. 6 c.c., comma 3, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Con il terzo motivo si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 480 c.p.c., comma 1, e art. 482 c.p.c. in relazione all’art. 156 c.p.c., comma 3, e art. 160 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Con il quarto motivo si denunzia “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ch’è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Il secondo, il terzo ed il quarto motivo del ricorso hanno ad oggetto il merito della decisione adottata dal tribunale in relazione all’opposizione agli atti esecutivi, con la quale era stata dedotta l’irregolarità della procedura esecutiva per insanabili vizi di notificazione dell’atto di pignoramento e degli atti prodromici allo stesso.

I suddetti motivi possono essere esaminati congiuntamente. Essi sono infatti tutti inammissibili, in quanto non colgono e, di conseguenza, non contengono alcuna diretta critica alla effettiva ratio decidendi posta alla base del provvedimento impugnato.

Il tribunale, qualificata l’opposizione diretta a contestare la regolare notificazione degli atti sopra indicati come opposizione agli atti esecutivi, non l’ha affatto decisa nel merito, ma ne ha ravvisato l’inammissibilità, per la sua tardiva proposizione (è appena il caso di osservare che le affermazioni contenute nella sentenza impugnata in merito alla possibile sanatoria del vizio di irregolare notificazione di un atto, anche esecutivo, per il raggiungimento del suo scopo, risultano del tutto ultronee nell’ottica della decisione, non svolgendo di fatto alcun concreto rilievo ai fini della statuizione finale, che è di mera inammissibilità dell’opposizione, in quanto tardivamente proposta, non di sua infondatezza).

Le censure contenute nei motivi di ricorso in esame non contengono dunque alcuna censura in ordine alla effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata.

La ricorrente non allega in alcun modo che la sua opposizione agli atti esecutivi sarebbe stata in realtà proposta tempestivamente, ma si limita ad esporre una serie di argomentazioni volte in definitiva a sostenere la fondatezza nel merito di essa. 3. Il ricorso è dichiarato inammissibile.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo. Esse vanno distratte in favore del procuratore della parte controricorrente, che ha reso la prescritta dichiarazione di anticipo ai sensi dell’art. 93 c.p.c.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012 n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, liquidandole in complessivi Euro __, oltre Euro __ per esborsi, spese generali ed accessori di legge, con distrazione in favore dell’avvocato __.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 14 febbraio 2020.

 

Cass. civ. Sez. VI_3 Ord. 14_02_2020 n. 3722