I crediti da ammettere al passivo in prededuzione ex art. 111 legge fallimentare
I crediti da ammettere al passivo in prededuzione ex art. 111 legge fallimentare
Corte di Cassazione Civile, Sezione I, Ordinanza n. 15415 del 06/06/2019
Con ordinanza del 6 giugno 2019, la Corte di Cassazione Civile, Sezione I, in tema di recupero crediti, ha stabilito che l’indennità supplementare prevista dall’Accordo sulla risoluzione del rapporto di lavoro nei casi di crisi aziendale allegato al CCNL dei dirigenti aziendali, rappresenta, a prescindere dalla sua natura retributiva od indennitaria, un credito da ammettere al passivo in prededuzione ex art. 111 legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942), per i dirigenti di imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria che siano cessati dal rapporto di lavoro solo successivamente al provvedimento di ammissione alla procedura, essendo la sua prosecuzione indubitabilmente funzionale alle esigenze di continuazione dell’attività di impresa.
Corte di Cassazione Civile, Sezione I, Ordinanza n. 15415 del 06/06/2019
I crediti da ammettere al passivo in prededuzione ex art. 111 legge fallimentare
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. __ – Presidente –
Dott. __ – Consigliere –
Dott. __ – Consigliere –
Dott. __ – rel. Consigliere –
Dott. __ – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. __ r.g. proposto da:
P. – ricorrente –
contro
A. S.p.A. – controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso il decreto del Tribunale di Roma, depositato in data __;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del __ dal Consigliere Dott. __.
Svolgimento del processo
1.Con il decreto impugnato il Tribunale di Roma – decidendo sull’opposizione allo stato passivo avanzata da P. nei confronti di A. S.p.A. in a.s. in relazione al provvedimento di diniego del g.d. di ammissione della richiesta, L. Fall., ex art. 111 bis, per il credito da indennità supplementare ai sensi dell’accordo del 27 aprile 1995 – ha parzialmente accolto la predetta opposizione, ammettendo il creditore istante per Euro __ (anziché nella misura richiesta di Euro 80.000) in via privilegiata, ai sensi dell’art. 2751 bis c.c. (anziché in via prededuttiva, come richiesto).
Il ricorrente aveva allegato già innanzi al g.d. di aver lavorato alle dipendenze di A. S.p.A. sino al __, con la qualifica di dirigente e di essere stato licenziato per il termine dell’attività aziendale; di essere rimasto disoccupato dopo il licenziamento; di avere pertanto diritto alla corresponsione dell’indennità supplementare prevista dall’accordo integrativo al c.c.n.l. dei dirigenti dell’industria del 27 aprile 1995.
Il tribunale, in sede di giudizio di opposizione, ha ritenuto non fondata l’eccezione di improcedibilità e inammissibilità dell’opposizione, in quanto, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, la mancata produzione della copia autentica del provvedimento impugnato non costituisce causa di improcedibilità, non applicandosi la disciplina dettata dagli artt. 339 c.p.c. e segg.; nel merito, ha ricostruito la disciplina dettata dall’accordo integrativo sopra ricordato, ribadendone l’applicabilità anche alle amministrazioni straordinarie; ha ritenuto fondata la domanda volta al riconoscimento economico della reclamata indennità supplementare per aver il ricorrente provato il suo stato di disoccupazione successivo al licenziamento tramite idonea certificazione INPS; ha, inoltre, evidenziato che l’indennità in esame ha una funzione indennitaria supplementare in favore del dirigente involontariamente disoccupato, con finalità compensativa e natura giuridica di penale, non incidente in alcun modo sull’effetto estintivo determinato dal licenziamento. Il tribunale ha, poi, ricordato che, ai sensi del D.L. 23 dicembre 2003, n. 347, art. 5, comma 2 ter, nel caso di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria di imprese di cui all’art. 2, comma 2, il commissario ed il cessionario possono concordare il trasferimento solo parziale di complessi aziendali o attività produttive in precedenza unitari, con l’individuazione di lavoratori alle dipendenze del cessionario, potendo tali passaggi di lavoratori alle dipendenze del cessionario intervenire anche previa collocazione in cassa integrazione guadagni straordinaria o cessazione del rapporto di lavoro e assunzione da parte del cessionario. Il tribunale ha, inoltre, chiarito in termini generali che non era possibile accordare, nell’ipotesi del riconoscimento della predetta indennità supplementare, la reclamata prededuzione, in quanto, ai sensi del D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, art. 20, nell’ambito della procedura di amministrazione straordinaria, affinché un credito sia prededucibile, non è sufficiente che esso sia sorto in occasione o in funzione della procedura, ma deve essere sorto “per la continuazione dell’esercizio dell’impresa e la gestione del patrimonio del debitore”. Il tribunale ha, infine, precisato che la domanda di ammissione doveva essere accolta limitatamente alla somma di Euro __, in quanto la documentazione relativa all’ultima retribuzione non era leggibile e dunque non poteva essere accordata l’ulteriore maggiorazione contrattualmente prevista.
- Il decreto, pubblicato il __, è stato impugnato da P. con ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui A. S.p.A. in a.s. ha resistito con controricorso, con il quale ha anche proposto ricorso incidentale fondato su tre motivi di censura.
Il ricorrente ha depositato controricorso al ricorso incidentale.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
- Con il primo motivo la parte ricorrente principale articola vizio di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, artt. 20 e 52, della L. Fall., art. 111, comma 1, n. 1, e dell’accordo interconfederale del 27.4.1995. Si osserva che le condizioni per il riconoscimento della reclamata prededuzione nella procedura di amministrazione straordinaria sono le medesime previste dall’art. 111 per la procedura concorsuale principale, con la conseguenza che anche l’indennità supplementare deve essere ammessa in prededuzione, rappresentando un emolumento retributivo sorto in funzione dell’amministrazione straordinaria.
- Con il secondo motivo la parte ricorrente principale lamenta, invece, violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. Si evidenzia l’erroneità della decisione impugnata laddove la stessa non aveva accolto la domanda di ammissione anche in relazione alla maggiorazione contrattualmente prevista, in ragione della mancata prova da parte del ricorrente dell’entità della ultima retribuzione percepita per la non leggibilità della documentazione versata in atti. Osserva il ricorrente che l’entità dello stipendio percepito era stato allegato nel ricorso in opposizione e che l’amministrazione straordinaria opposta non aveva mai contestato tale allegazione, con la conseguenza che tale ammontare doveva ritenersi un fatto non controverso e, dunque, provato in giudizio. Osserva, inoltre, il ricorrente che il tribunale non avrebbe neanche dovuto arrestare il suo esame al solo documento ritenuto non leggibile, ma al contrario estenderlo a tutta la documentazione versata in atti, da cui emergeva pacificamente l’entità della retribuzione mensile.
- Con il ricorso incidentale A. S.p.A. in a.s. propone tre motivi di censura.
3.1 Con il primo – lamentando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, violazione e falsa applicazione dell’accordo sulla “risoluzione del rapporto di lavoro nei casi di crisi aziendale” del 27.4.1995 – si duole della erronea interpretazione della disciplina contrattuale che diversamente da quanto ritenuto dal tribunale ricorso – subordina l’attribuzione della indennità supplementare al motivo di recesso collegato alle situazioni di crisi aziendale o amministrazione straordinaria.
3.2 Con il secondo motivo si declina, ai sensi dell’art. 360 c.p.p., comma 1, n. 5, vizio di omesso esame di fatti decisivi legati alla dimostrazione della prosecuzione dell’attività aziendale successivamente all’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria e alla riconducibilità del recesso alla determinazione del commissario avente ad oggetto la chiusura dell’attività produttiva locale.
3.3 Con il terzo motivo si articola, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, e art. 118 disp. att. c.p.c. per illogicità della motivazione in ordine alla spettanza dell’indennità supplementare, a fronte di un recesso motivato con la cessazione dell’attività produttiva e comunque, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, nullità della sentenza per mancanza di motivazione sul medesimo punto.
- Va esaminato per primo il ricorso incidentale per evidenti ragioni di pregiudizialità logico-giuridiche delle questioni prospettate.
4.1 Il ricorso incidentale è inammissibile, per due concorrenti ragioni.
Si prospetta da parte del ricorrente incidentale – sotto le diverse declinazioni del vizio di violazione di norme contrattuali, di omessa decisione e di vizio di motivazione – la medesima questione, e cioè la mancata motivazione del recesso datoriale, come collegato alle situazioni di crisi aziendali e non già come ritenuto dal tribunale capitolino – alla chiusura dell’attività produttiva.
4.1.1 Sotto un primo preliminare profilo di esame delle censure, osserva il Collegio come il Tribunale di Roma abbia in realtà ritenuto non contestata l’applicazione dell’accordo sopra menzionato e come la società in a.s. non abbia in alcun modo censurato detta statuizione, rendendo le ulteriori censure così formulate non ammissibili.
4.1.2 Ma non può neanche essere sottaciuto come la questione, così come sopra prospettata (e cioè collegata all’articolazione delle motivazioni del recesso datoriale), rappresenti una deduzione difensiva nuova, perché proposta per la prima volta in questo giudizio di cassazione e non dedotta nel dibattito processuale nel corso delle precedenti fasi di merito.
Ciò determina l’inammissibilità delle censure articolate nei tre motivi di censura contenuti nel ricorso incidentale.
- Prima dell’esame del ricorso principale, va esaminata l’eccezione di inammissibilità (rectius, di improcedibilità) del ricorso sollevata dalla parte ricorrente in relazione all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.
Essa è in realtà infondata.
Occorre ricordare che, secondo il maggioritario orientamento espresso da questa Corte di legittimità (cui anche questo Collegio intende fornire continuità applicativa), l’onere gravante sul ricorrente, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, di depositare, a pena di improcedibilità, copia dei contratti o degli accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda, può essere adempiuto, in base al principio di strumentalità delle forme processuali – nel rispetto del principio di cui all’art. 111 Cost., letto in coerenza con l’art. 6 della CEDU, in funzione dello scopo di conseguire una decisione di merito in tempi ragionevoli – anche mediante la riproduzione, nel corpo dell’atto d’impugnazione, della sola norma contrattuale collettiva sulla quale si basano principalmente le doglianze, purché il testo integrale del contratto collettivo sia stato prodotto nei precedenti gradi di giudizio e, nell’elenco degli atti depositati, posto in calce al ricorso, vi sia la richiesta, presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, di trasmissione del fascicolo d’ufficio che lo contiene, risultando forniti in tal modo alla Suprema Corte tutti gli elementi per verificare l’esattezza dell’interpretazione offerta dal giudice di merito (cfr. anche Sez. L, Sentenza n. 15437 del 07/07/2014).
Ciò posto, osserva la Corte come, nel caso in esame, la parte ricorrente abbia integralmente richiamato nel ricorso introduttivo la norma contrattuale di cui si richiede l’esatta interpretazione e abbia, del pari, evidenziato in atti la richiesta di trasmissione del fascicolo d’ufficio vistato dalla cancelleria, così adempiendo agli oneri allegatori sopra indicati e necessari a fornire, in tal modo, a questa Corte tutti gli elementi per verificare l’esattezza dell’interpretazione offerta dal giudice di merito.
6.1 Il primo motivo del ricorso principale è invece fondato.
Sul punto occorre ricordare l’orientamento recentemente espresso da questa Corte di legittimità nella materia di esame (cfr. Cass., Sez. 1, Sentenza n. 29735 del 19/11/2018), secondo il quale, verbatim, “L’indennità supplementare prevista dall’Accordo sulla risoluzione del rapporto di lavoro nei casi di crisi aziendale allegato al CCNL dei dirigenti aziendali, costituisce – a prescindere dalla sua natura retributiva o indennitaria – un credito da ammettere al passivo in prededuzione L. Fall., ex art. 111, per i dirigenti di imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria che siano cessati dal rapporto di lavoro solo successivamente al provvedimento di ammissione alla procedura, essendo la sua prosecuzione indubitabilmente funzionale alle esigenze di continuazione dell’attività di impresa”. Orientamento quest’ultimo cui anche questo Collegio intende fornire continuità applicativa, condividendone la ratio decidendi.
Va pertanto riconosciuta la reclamata prededuzione.
6.2 Il secondo motivo di doglianza è invece inammissibile, atteso che, per un verso, la censura non è autosufficiente nella parte in cui non ha specificatamente indicato in quale atto l’amministrazione straordinaria non aveva contestato (se non genericamente) l’entità della retribuzione mensile (così rendendo – come assume il ricorrente – il fatto non controverso tra le parti) e che, per altro verso, il mero richiamo alla documentazione versata in atti, senza la specifica indicazione nel ricorso introduttivo, di quale sia la documentazione idonea a suffragare la prova del fatto costitutivo del diritto alla maggiore retribuzione rende ugualmente inammissibile la censura così prospettata.
Senza contare che la parte ricorrente pretenderebbe, sotto l’egida formale della violazione di legge, una rivisitazione probatoria da parte di questa Corte del contenuto della documentazione versata in atti.
- Alla luce dei principi sopra riaffermati, la causa può essere dunque decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo del ricorso principale; dichiara inammissibile il secondo motivo del ricorso principale; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, riconosce la prededuzione al credito ammesso; condanna A. S.p.A. in a.s. al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro __ per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi per Euro __ e agli altri accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 7 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2019