Il concordato preventivo deve essere risolto qualora emerga che esso sia venuto meno alla sua funzione di soddisfare i creditori nella misura promessa, a meno che l’inadempimento non abbia scarsa importanza
Corte di Cassazione Civile, Sezione I, Sentenza n. 20652 del 31/07/2019
Con sentenza del 31 luglio 2019, la Corte di Cassazione Civile, Sezione I, in tema di procedure concorsuali, ha stabilito che il concordato preventivo deve essere risolto, a norma dell’art. 186 L.F. (R.D. n. 267 del 1942), qualora emerga che esso sia venuto meno alla sua funzione di soddisfare i creditori nella misura promessa, a meno che l’inadempimento non abbia scarsa importanza. Infatti, per tale verifica, la percentuale di soddisfacimento, che sia stata eventualmente indicata dal debitore, non è vincolante, salva l’assunzione di una specifica obbligazione intesa a garantirla; e tuttavia essa funge da criterio di riferimento utile ad apprezzare l’importanza dell’inadempimento. Ne consegue che il concordato preventivo deve essere risolto, ex art. 186 L.F., solo qualora emerga che esso sia venuto meno alla sua funzione necessaria di soddisfare in una qualche misura creditori chirografari e, integralmente, i creditori privilegiati ove non falcidiati.
Corte di Cassazione Civile, Sezione I, Sentenza n. 20652 del 31/07/2019
Il concordato preventivo deve essere risolto qualora emerga che esso sia venuto meno alla sua funzione di soddisfare i creditori nella misura promessa, a meno che l’inadempimento non abbia scarsa importanza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. __ – Presidente –
Dott. __ – Consigliere –
Dott. __ – Consigliere –
Dott. __ – rel. Consigliere –
Dott. __ – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n. __ proposto da:
Fallimento (OMISSIS) S.p.a., in Liquidazione – ricorrente –
contro
T. – controricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.a., in Liquidazione e Concordato Preventivo – controricorrenti –
contro
B. S.p.A., Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in Liquidazione e G. – intimati –
avverso la sentenza n. __ della CORTE D’APPELLO di GENOVA, pubblicata il __;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del __ dal cons. __;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. __, che si riporta alle osservazioni scritte già depositate e conclude per l’accoglimento del primo motivo di ricorso e per l’assorbimento del secondo motivo;
udito, per il ricorrente, l’Avv. __, con delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente T., l’Avv. __ che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito, per la controricorrente R., l’Avv. __ che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
- Con sentenza n. __ il Tribunale di Genova, su istanza del fallimento (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione e della B. S.p.A., dichiarava la risoluzione per grave inadempimento del concordato preventivo di (OMISSIS) S.p.A. in liquidazione, omologato con decreto del __, e il fallimento della medesima società. In particolare il Tribunale, ritenendo che il concordato omologato prevedesse la cessione con garanzia di pagamento dei creditori in misura e tempi predeterminati, rilevava che l’attivo concordatario, originariamente previsto per un ammontare di Euro __, risultava invece essere pari, al netto delle spese, a Euro __, con la conseguenza che i creditori privilegiati sarebbero stati soddisfatti solo nella misura del __%, piuttosto che integralmente, come previsto nella proposta, mentre nessuna risorsa sarebbe stata disponibile per i creditori chirografari.
L’impossibilità di pagare i creditori chirografari in misura non simbolica, e per l’intero tutti i privilegiati, integrava, a giudizio dei primi giudici, un inadempimento di non scarsa importanza tale da giustificare la risoluzione del concordato.
- A seguito dei reclami presentati da (OMISSIS) S.p.A. in liquidazione e T. e, in via autonoma, da R., la Corte d’appello di Genova constatava che il decreto di omologa, il cui contenuto decisorio era idoneo ad assumere definitività con efficacia assimilabile a quella del giudicato, qualificava la procedura come quella di un concordato con cessione di beni, senza l’assistenza di alcuna specifica garanzia in ordine al soddisfacimento dei creditori in una predeterminata misura; di conseguenza la circostanza che potesse ricavarsi dalla vendita dei beni oggetto della cessione una somma, anche notevolmente, differente da quella necessaria a garantire il pagamento dei crediti nella percentuale indicata non poteva essere apprezzata quale grave inadempimento idoneo a giustificarne la risoluzione, in quanto l’oggetto dell’obbligazione nel concordato con cessione era unicamente l’obbligo di mettere i beni dell’impresa, liberi da vincoli, a disposizione dei creditori, mentre risultava irrilevante la misura di effettivo soddisfacimento dei creditori privilegiati e ipotecari. In virtù di questi argomenti la corte territoriale, con sentenza del __, respingeva le originarie domande di risoluzione presentate dal fallimento (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione e da B. S.p.A. e, di conseguenza, revocava la dichiarazione di fallimento di (OMISSIS) S.p.A. in liquidazione, perché pronunciata a seguito dell’erronea risoluzione del concordato preventivo in precedenza omologato.
- Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il fallimento di (OMISSIS) S.p.A. in liquidazione prospettando due motivi di doglianza, ai quali hanno resistito con controricorso (OMISSIS) S.p.A. in liquidazione e T. e, in via autonoma, R.
Gli intimati, fallimento (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione e B. S.p.A., non hanno svolto difese.
Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta sollecitando l’accoglimento del primo motivo di ricorso con assorbimento dell’ulteriore mezzo.
Tutte le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, L.F., art. 186, art. 160, comma 2, e art. 177: la Corte d’appello, pur dando per pacifico che il concordato di (OMISSIS) S.p.A. In liquidazione non sarebbe stato in grado di soddisfare per intero i creditori privilegiati e neppure in minima parte i creditori chirografari, avrebbe erroneamente ritenuto che il concordato con cessione di beni si esaurisse nella mera messa a disposizione dei beni da parte del debitore, mentre risultava del tutto irrilevante l’entità della successiva soddisfazione dei creditori con il ricavato della liquidazione; al contrario, la circostanza di fatto presa a base dell’argomentare del collegio del reclamo non poteva che condurre alla risoluzione del concordato stesso, stante il venir meno dei presupposti funzionali della procedura e tenuto conto dell’impossibilità di falcidiare i diritti dei creditori privilegiati, i quali, non essendosi pronunciati in alcun modo sulla proposta concordataria, dovevano vedere i loro diritti soddisfatti per intero.
4.2 Il motivo è fondato.
4.2.1 La proposta di concordato deve necessariamente avere ad oggetto la regolazione della crisi, secondo modalità che possono assumere concretezza soltanto attraverso l’indicazione delle condizioni di soddisfacimento dei creditori, ricomprendenti le relative percentuali e i tempi di adempimento.
L’indicazione di una percentuale di soddisfacimento dei creditori tuttavia non incide sull’ammissibilità del concordato, che deve essere apprezzato sotto il profilo dell’effettiva realizzabilità della causa concreta perseguita con il procedimento, con il suo obiettivo specifico, senza alcun contenuto fisso e determinato, correlato al tipo di proposta formulata ed inserito in un più generale quadro volto, da un lato, al superamento della situazione di crisi dell’impresa e, dall’altro, all’assicurazione del soddisfacimento, pur ipoteticamente modesto e parziale, dei suoi creditori (Cass., Sez. U., 1521/2013).
È vero dunque, come già affermato da questa Corte, che quando si tratti di una proposta concordataria con cessione dei beni la percentuale di pagamento eventualmente prospettata non è vincolante, non essendo prescritta da alcuna disposizione la relativa allegazione ed essendo al contrario sufficiente l’impegno a mettere a disposizione dei creditori i beni dell’imprenditore liberi da vincoli ignoti che ne impediscano la liquidazione o ne alterino apprezzabilmente il valore, salva l’assunzione di una specifica obbligazione in tal senso (Cass., Sez. U., 1521/2013, Cass. 13817/2011).
La sentenza impugnata tuttavia estremizza questo principio fino a negare al concordato la funzione che gli è propria, cioè quella di consentire il superamento della situazione di crisi dell’impresa a fronte del riconoscimento in favore dei creditori di una sia pur minimale consistenza del credito da essi vantato (Cass., Sez. U., 1521/2013). E perché anche ai creditori chirografari possa essere assicurata, in qualche misura, una soddisfazione non si può che procedere dovendosi osservare l’ordine delle cause legittime di prelazione L. Fall., ex art. 160, comma 2, ultimo periodo, – alla preventiva integrale tacitazione dei creditori privilegiati, i quali, non partecipando al voto, ove non sia prevista la loro falcidia secondo le modalità previste dalla norma appena citata, devono essere pagati per intero.
In altri termini, una cosa è l’assenza di alcun obbligo di rigoroso rispetto delle percentuali di soddisfazione indicata nella proposta e nel piano, in mancanza di una specifica obbligazione in tal senso, un’altra è la frustrazione dell’intento satisfattivo dei creditori che il concordato giocoforza persegue.
Ne discende che nell’ambito del concordato con cessione di beni la semplice messa a disposizione dei beni promessi non impedisce l’applicazione del disposto art. 186 L.F. che funge da strumento di controllo a posteriori del fatto che il concordato abbia assolto nella sostanza – dunque a prescindere da inadempimenti di scarsa importanza – la funzione che gli è propria.
4.2.2 La giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di precisare (Cass. 18738/2018) che l’interpretazione già resa (si vedano ex multis Cass. 13626/1991, 709/1993, 13357/2007, 7942/2010, 13446/2011 e 4398/2015) rispetto al disposto art. 186 L.F., nella sua formulazione non più in vigore, secondo cui il concordato preventivo con cessione dei beni – salva previsione espressa di totale, immediata liberazione del debitore – deve essere risolto ove emerga che esso sia venuto meno alla sua naturale funzione, mantiene la sua attualità anche rispetto alla vigente lettera dell’articolo in questione. L’attuale assetto normativo infatti, pur utilizzando una terminologia propria delle generale disciplina della risoluzione dei contratti, intende il concordato preventivo non come un contratto a prestazioni corrispettive, ma come un istituto sui generis caratterizzato da una natura negoziale contemperata da una disciplina che persegue interessi pubblicistici e conduce, all’esito dell’omologa, alla cristallizzazione di un accordo di natura complessa ove una delle parti (la massa dei creditori) ha consistenza composita e plurisoggettiva.
Dunque, benché l’intervento legislativo operato con il D.Lgs. n. 169 del 2007, abbia inteso uniformare la disciplina in materia con quella prevista in tema di concordato fallimentare e rendere applicabili, in coerenza con l’accentuata natura privatistica del concordato preventivo, i principi generali in materia di inadempimento contrattuale, la peculiare natura del concordato impedisce una traslazione tout court in questo ambito delle categorie proprie del vizio funzionale dell’accordo.
In particolare, la non imputabilità al debitore dell’inadempimento non rileva ai fini della risoluzione del concordato poiché l’art. 186 L.F., intende valorizzare il mancato avveramento del piano, ove non di scarsa importanza, secondo una logica ben diversa da quella dell’art. 1218 c.c., a mente del quale l’inadempimento costituisce un fatto causativo di responsabilità a carico della parte inadempiente.
È necessario quindi verificare la prospettiva oggettiva dell’impossibilità di realizzare la promessa soddisfazione dei creditori, apprezzando l’inadempimento nella sua dimensione e consistenza, piuttosto che l’aspetto soggettivo dell’ascrivibilità di un simile infruttuoso risultato al debitore, a prescindere da eventuali profili di colpa a lui imputabili.
In altri termini, conta il mancato raggiungimento del risultato satisfattivo a cui il concordato era mirato, a prescindere dal perché un simile insuccesso si sia verificato; e, nell’economia di una simile verifica, la percentuale di soddisfacimento eventualmente indicata non è affatto vincolante, come detto, ma funge da punto di riferimento utile ad apprezzare l’importanza dell’inadempimento.
Il concordato preventivo non può quindi che essere risolto, a norma dell’art. 186 L.F., nella sua attuale formulazione, qualora emerga che esso sia venuto meno alla sua funzione minimale di soddisfare in qualche misura i creditori chirografari e, integralmente, i creditori privilegiati, ove non falcidiati.
Andrà dunque affermato il seguente principio:
in tema di procedure concorsuali, il concordato preventivo deve essere risolto, a norma dell’art. 186 L.F., qualora emerga che esso sia venuto meno alla sua funzione di soddisfare i creditori nella misura promessa, a meno che l’inadempimento non abbia scarsa importanza. Infatti, per tale verifica, la percentuale di soddisfacimento, che sia stata eventualmente indicata dal debitore, non è vincolante, salva l’assunzione di una specifica obbligazione intesa a garantirla; e tuttavia essa funge da criterio di riferimento utile ad apprezzare l’importanza dell’inadempimento: ne consegue che il concordato preventivo deve essere risolto ex art. 186 L.F., solo qualora emerga che esso sia venuto meno alla sua funzione necessaria di soddisfare in una qualche misura i creditori chirografari e, integralmente, i creditori privilegiati ove non falcidiati.
- I superiori rilievi comportano l’inammissibilità del secondo mezzo presentato (con cui il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 160, 180, 182 e 186 L.F., in quanto la Corte distrettuale, nel qualificare il concordato come concordato con cessione di beni senza garanzia, avrebbe a torto valorizzato il contenuto del decreto di omologazione piuttosto che tenere conto direttamente della proposta; in tesi di parte ricorrente, in sede di giudizio di risoluzione ex art. 186 L.F., gli obblighi assunti dal debitore dovrebbero essere ricercati ermeneuticamente solo ed esclusivamente nella proposta concordataria e nella documentazione di cui all’art. 161 L.F., non potendosi attribuire alcuna portata integrativa al decreto di omologazione, né ritenersi che l’interpretazione ivi contenuta possa cristallizzare sul punto una qualche interpretazione coperta da giudicato).
Simili assunti perdono infatti qualsiasi decisività ove si consideri che, a prescindere dal fatto che la cessione dei beni sia avvenuta con specifica garanzia del risultato promesso ai creditori, comunque la fase esecutiva del concordato deve quanto meno garantire, come detto, una sia pur minima soddisfazione dei creditori chirografari e una soddisfazione integrale dei creditori privilegiati.
- La sentenza impugnata andrà dunque cassata, con rinvio della causa alla corte distrettuale, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di Appello di Genova in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2019
Cass_civ_Sez_I_31_07_2019_n_20652
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