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Il credito sorto in funzione di una procedura concorsuale 

Il credito sorto in funzione di una procedura concorsuale 

Corte di Cassazione Civile, Sezione I, Ordinanza n. 27538 del 28/10/2019

Con ordinanza del 28 ottobre 2019, la Corte di Cassazione Civile, Sezione I, in tema di fallimento, il disposto dell’art. 111, comma 2 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 deve essere inteso, tenuto conto della ratio della riforma volta a incentivare gli strumenti di composizione della crisi e a favorire la conservazione dei valori aziendali, nel senso che il credito sorto in funzione di una procedura concorsuale è senza dubbio anche quello sorto per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso alle procedure concorsuali ex art. 67, comma 1, lett. g) del R.D. 16 marzo 1942 n. 267, quale l’attività prestata in favore dell’imprenditore poi dichiarato fallito, in funzione dell’ammissione del medesimo alla procedura di concordato preventivo, non rilevando la natura concorsuale del credito stesso, per essere sorto in periodo anteriore ai fallimento; prova ne sia che l’art. 182 quater, comma 2 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 individua come crediti prededucibili anche i crediti sorti prima dell’apertura della procedura in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, rimanendo così confermato il significato dell’enunciato in funzione, che richiama il concetto di servizi strumentali all’accesso alle procedure concorsuali utilizzato dall’art. 67, comma 1, lett. g) del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 e della possibilità di intendere l’enunciato “strumentale a” come sinonimo di “funzionale”.


Corte di Cassazione Civile, Sezione I, Ordinanza n. 27538 del 28/10/2019

Il credito sorto in funzione di una procedura concorsuale 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. __ – Presidente –

Dott. __ – Consigliere –

Dott. __ – Consigliere –

Dott. __ – rel. Consigliere –

Dott. __ – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. __ proposto da:

Studio Legale Associato F. – ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) S.r.l. – controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di AREZZO, depositato il __;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del __ dal cons. __;

lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. __, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso nei limiti indicati.

Svolgimento del processo

  1. Il Giudice delegato al fallimento di (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione ammetteva al passivo della procedura il credito vantato dallo studio legale associato F. in misura ridotta (per Euro __ in privilegio e Euro __ in chirografo) rispetto alla somma richiesta e con collocazione differente rispetto alla prededuzione reclamata.

La riclassificazione e parziale esclusione del credito erano giustificate dal fatto che era emerso, in base agli accertamenti svolti dai Commissari giudiziali, un quadro del tutto inidoneo alla realizzazione del piano presentato dalla compagine debitrice con l’assistenza dello studio legale istante, tanto che la procedura concordataria, dapprima ammessa dal Tribunale, era stata in seguito revocata e la società proponente era stata dichiarata fallita.

  1. Il Tribunale di Arezzo, nel rigettare l’opposizione presentata dallo studio legale associato F.: i) osservava che la verifica circa la collocazione in prededuzione di un credito comportava in linea generale un’indagine di fatto, da operare ex ante e senza alcun automatismo, volta a verificare il ricorrere delle più generali categorie della funzionalità; ii) riteneva che, laddove il concordato fosse stato caducato a seguito dell’ammissione della procedura a causa della sua impossibilità giuridica, potesse presumersi l’inesistenza di un nesso di funzionalità, con la conseguente esclusione della prededuzione; iii) rilevava che nel caso di specie il Tribunale, nel revocare il concordato e pronunciare il fallimento, aveva accertato che il piano di risanamento non era sostenibile per mancanza di garanzie, i beni oggetti di contratto di affitto di azienda appartenevano a soggetti terzi e i valori di attivo e passivo andavano rideterminati in senso peggiorativo; iv) reputava di conseguenza che l’opera prestata dall’advisor legale non fosse funzionale alla procedura concorsuale, perché la domanda concordataria mancava ab origine dei requisiti di ammissibilità, nel senso accertato in maniera oramai intangibile nella sentenza di fallimento.
  2. Per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso lo studio legale associato F. prospettando due motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso il fallimento di (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione.

Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, ex art. 380 bis.1 c.p.c., sollecitando l’accoglimento del primo motivo di ricorso con assorbimento del secondo.

Parte controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.

Motivi della decisione

3.1 Il primo motivo di ricorso denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 111, comma 2, art. 67, comma 3, lett. g), L. Fall., artt. 161, 162, 163, 169 e 173 e art. 2697 c.c.: in tesi di parte ricorrente il Tribunale avrebbe erroneamente escluso la prededucibilità del suo credito nel successivo fallimento ritenendo che la revoca dell’ammissione alla procedura di concordato preventivo per difetto di fattibilità giuridica escludesse il rapporto di strumentalità e/o funzionalità rispetto alla procedura concorsuale e facesse così venir meno i presupposti previsti dalla L. Fall., art. 111 per il riconoscimento della prededucibilità del credito. Al contrario una simile collocazione doveva essere riconosciuta de plano ed indipendentemente dalla fattibilità del piano e dal conseguente giudizio di ammissibilità e omologa del concordato presentato, non essendo consentito al giudice di merito di valutare ex post e/o in concreto la funzionalità e la strumentalità di tali prestazioni.

3.2 Il motivo è fondato.

3.2.1 La giurisprudenza di questa Corte ha oramai da tempo intrapreso un percorso evolutivo volto ad affrancare la categoria dei crediti prededucibili in ragione del loro carattere funzionale dal presupposto di un controllo giudiziale sulla loro utilità.

In questa prospettiva interpretativa è stato dapprima sottolineato (Cass. n. 5098/2014) che anche ai crediti sorti anteriormente all’inizio della procedura di concordato preventivo, non occasionati dallo svolgimento della medesima procedura, può riconoscersi la prededucibilità ove sia applicabile il secondo criterio richiamato dalla L. Fall., art. 111, comma 2, quello cioè della funzionalità, o strumentalità, delle attività professionali da cui i crediti hanno origine rispetto alla procedura concorsuale; ciò in ragione della evidente ratio della norma, individuabile nell’intento di favorire il ricorso al concordato preventivo, nel quadro della riforma di tale procedura, diretta a predisporre un possibile strumento di composizione della crisi idoneo a favorire la conservazione dei valori aziendali.

Atteso che la medesima ratio sta alla base del disposto della L. Fall., art. 67, lett. g), (norma che sottrae alla revocatoria fallimentare i pagamenti dei debiti liquidi ed esigibili eseguiti dall’imprenditore per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso alla procedura di concordato preventivo), si è di conseguenza ritenuto che il nesso funzionale che, in caso di mancato pagamento, giustifica la prededucibilità dei crediti derivanti dalle prestazioni stesse, pur se sorti prima dell’inizio della procedura, sia ravvisabile nella strumentalità di queste prestazioni rispetto all’accesso alla procedura concorsuale minore.

È stato in seguito precisato (Cass. n. 6031/2014) che il disposto della L. Fall., art. 111, comma 2, deve essere inteso, tenuto conto della ratio della riforma volta a incentivare gli strumenti di composizione della crisi e a favorire la conservazione dei valori aziendali, nel senso che il credito sorto in funzione di una procedura concorsuale è senza dubbio anche quello sorto per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso alle procedure concorsuali, L. Fall., ex art. 67, lett. g), quale l’attività prestata in favore dell’imprenditore poi dichiarato fallito in funzione dell’ammissione del medesimo alla procedura di concordato preventivo, non rilevando la natura concorsuale del credito stesso, per essere sorto in periodo anteriore al fallimento; prova ne sia che la L. Fall., art. 182-quater, comma 2, individua come crediti prededucibili anche i crediti sorti prima dell’apertura della procedura in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, rimanendo così confermato il significato dell’enunciato in funzione, che richiama il concetto di servizi strumentali all’accesso alle procedure concorsuali utilizzato dalla L. Fall., art. 67, lett. g), e della possibilità di intendere l’enunciato “strumentale a” come sinonimo di “funzionale” (valutazione condivisa da Cass. n. 19013/2014).

Dunque secondo l’orientamento sopra riassunto i crediti sorti a seguito delle prestazioni rese in favore dell’imprenditore per la redazione della domanda di concordato preventivo e per la relativa assistenza rientrano fra quelli da soddisfarsi in prededuzione ai sensi della L. Fall., art. 111, comma 2, poiché questa norma individua un precetto di carattere generale, privo di restrizioni, che, per favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d’impresa, introduce un’eccezione al principio della par condicio creditorum, estendendo in caso di fallimento la preducibilità a tutti i crediti sorti in funzione di precedenti procedure concorsuali (Cass. n. 1765/2015).

In altri termini la verifica del nesso di funzionalità/strumentalità deve essere compiuta controllando se l’attività professionale prestata possa essere ricondotta nell’alveo della procedura concorsuale minore e delle finalità dalla stessa perseguite secondo un giudizio ex ante, non potendo l’evoluzione fallimentare della vicenda concorsuale, di per sé sola e pena la frustrazione dell’obiettivo della norma, escludere il ricorso all’istituto.

Pertanto – secondo l’esemplificazione fatta da Cass. n. 280/2017 – la funzionalità è ravvisabile quando le prestazioni compiute dal terzo, per il momento ed il modo con cui sono state assunte in un rapporto obbligatorio con il debitore, confluiscano nel disegno di risanamento da quest’ultimo predisposto in modo da rientrare in una complessiva causa economico-organizzativa almeno preparatoria di una procedura concorsuale, a meno che non ne risulti dimostrato il carattere sovrabbondante o superfluo rispetto all’iniziativa assunta.

Nessuna verifica deve invece essere compiuta, ove alla procedura minore consegua il fallimento, in ordine al conseguimento di un’utilità in concreto per la massa dei creditori, concetto che non può essere confuso o sovrapposto a quello di funzionalità.

La collocazione in prededuzione prevista dalla L. Fall., art. 111, comma 2, costituisce infatti, come detto, un’eccezione al principio della par condicio che intende favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d’impresa e rimane soggetta alla verifica delle sole condizioni previste dalla norma in parola.

L’utilità concreta per la massa dei creditori – a prescindere dal fatto che l’accesso alla procedura di concordato preventivo costituisce di per sé un vantaggio per i creditori ove si tenga conto degli effetti della consecuzione delle procedure, tra cui la cristallizzazione della massa e la retrodatazione del periodo sospetto ai fini dell’esperimento della revocatoria fallimentare, come ha ricordato Cass. n. 6031/2014 – non rientra invece nei requisiti richiesti e nelle finalità perseguite dalla norma in questione e non deve perciò essere in alcun modo indagata (Cass. n. 1182/2018).

Non vi è dubbio quindi che il credito del professionista che abbia funto da advisor legale nella predisposizione della domanda di concordato rientri tra i crediti sorti “in funzione” di quest’ultima procedura e, come tale, a norma della L. Fall., art. 111, comma 2, vada soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento, senza che, ai fini di tale collocazione, debba essere accertato, con valutazione ex post, che la prestazione resa sia stata concretamente utile per la massa in ragione dei risultati raggiunti.

3.2.2 Il collegio di merito, pur rivendicando il compito di valutare in fatto la funzionalità della prestazione professionale secondo un giudizio ex ante, ha applicato in maniera non corretta i principi poco prima affermati, spingendosi a teorizzare, in linea generale, che laddove il concordato preventivo, in precedenza ammesso, sia caducato per la sua impossibilità giuridica possa presumersi che il nesso di funzionalità non esista e che la prededuzione debba essere esclusa.

In realtà la valutazione del rapporto di funzionalità/strumentalità fra prestazione e procedura deve essere compiuta controllando – come detto – se l’attività professionale prestata potesse essere ricondotta nell’alveo della procedura concorsuale minore e delle finalità dalla stessa perseguite secondo un giudizio ex ante.

Il giudice di merito, nel compiere questa verifica in un’ottica di riconducibilità della prestazione alla struttura della procedura, deve invece astenersi dalla valutazione dei vizi che hanno minato l’iniziativa di risanamento e dell’ascrivibilità degli stessi alla prestazione del creditore istante (quale causa originaria o per aver condiviso errori altrui), poiché questo profilo di indagine riguarda invece, in una prospettiva giocoforza posteriore allo svolgimento dell’incarico, l’esattezza dell’adempimento (e la conseguente utilità in concreto che la prestazione era in grado di procurare) e intercetta un piano diverso rispetto a quello della mera funzionalità, concernente l’esistenza e la consistenza del credito.

E l’indagine su questo piano nel caso di specie non assumeva rilievo, dato che, con l’avvenuta parziale ammissione del credito in privilegio – non impugnata né dal curatore, né dalla parte -, si era formato il giudicato interno sul credito del professionista, limitatamente alla somma ammessa, rimanendo così da stabilire soltanto se la stessa dovesse essere collocata in prededuzione.

Pertanto, quando il collegio dell’opposizione all’interno del provvedimento, pur riconoscendo l’esistenza di un collegamento funzionale (nella parte in cui osserva che il fatto generatore è collegato a un’istanza di concordato), ha escluso la collocazione del credito in prededuzione in ragione della sua originaria inutilità (nel punto ove ritiene che “un concordato…. che sia in seguito dichiarato inammissibile perché il Tribunale ne accerti la carenza dei presupposti ovvero ne verifichi la inidoneità giuridica è da considerarsi ab origine inutile”), ha confuso – muovendosi in una prospettiva distonica rispetto ai principi sopra illustrati – il rapporto di funzionalità/strumentalità con l’esattezza dell’adempimento e la conseguente utilità conseguibile da parte dei creditori.

Così facendo il Tribunale ha negato la collocazione in prededuzione richiesta preoccupandosi di verificare in concreto la sussistenza di un beneficio per la procedura concorsuale (tramite la constatazione ex post che la prestazione professionale non era stata di alcuna utilità, dato che la stessa era convogliata in una procedura viziata per la sua impossibilità giuridica) senza tenere conto del collegamento, pur riconosciuto, fra prestazione professionale e procedura concordataria e valorizzare il medesimo in termini di funzionalità.

L’indagine, svolta sul piano dell’utilità conseguibile in concreto piuttosto che sotto il profilo della funzionalità dell’attività professionale prestata alle esigenze di risanamento proprie della procedura minore, si pone al di fuori dei parametri di valutazione da cui la L. Fall., art. 111, comma 2, fa discendere la collocazione in prededuzione e deve giocoforza essere rivista secondo la prospettiva di valutazione più corretta.

  1. L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo mezzo, con cui il ricorrente ha inteso lamentare, sempre ai fini della mancata ammissione in prededuzione del suo credito, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (costituito dalla qualità delle prestazioni svolte dall’advisor legale) e delle prove documentali nonché l’omesso accertamento fattuale dell’utilità per la massa delle prestazioni rese.
  2. In conclusione il provvedimento impugnato andrà dunque cassato, con rinvio al Tribunale di Arezzo, il quale, nel procedere a nuovo esame della causa, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Arezzo in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2019

 

Cass_civ_Sez_I_Ord_28_10_2019_n_27538