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Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è un ordinario giudizio di cognizione

Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è un ordinario giudizio di cognizione

Tribunale Ordinario di Roma, Sezione XVI Civile, Sentenza del 06/12/2019

Con sentenza del 6 dicembre 2019, il Tribunale Ordinario di Roma, Sezione XVI Civile, in tema di recupero crediti, ha stabilito che il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, regolato dagli artt. 645 e ss. c.p.c., è un ordinario giudizio di cognizione, in quanto tale soggetto alle regole generali in tema di ripartizione dell’onere probatorio.

 


Tribunale Ordinario di Roma, Sezione XVI Civile, Sentenza del 06/12/2019

Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è un ordinario giudizio di cognizione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA

SEZIONE XVI CIVILE

Il Tribunale, in persona del Giudice Unico, dott.ssa __, ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I grado iscritta al n. __ R.G., trattenuta in decisione all’udienza del __ e vertente

TRA

F. S.r.l. – Opponente

E

I. S.r.l. – Opposta

OGGETTO: Inadempimento contrattuale.

Svolgimento del processo

– Con ricorso monitorio del __, la I. S.r.l. -premesso di essere creditrice della F. S.r.l. della somma di Euro __ a titolo di corrispettivo per la fornitura di beni- chiedeva al Tribunale di ingiungere il pagamento del suindicato importo, oltre interessi ex art. 5 D. Lgs. n. 231 del 2002 dalla data di scadenza dei singoli pagamenti sino al soddisfo.

– In data __, il Tribunale adito emetteva, così come richiesto, il decreto ingiuntivo n. __.

– Con atto di citazione, ritualmente notificato, la F. S.r.l. proponeva opposizione al suddetto decreto ingiuntivo, del quale chiedeva la revoca per i seguenti motivi:

– carenza di prova del credito ingiunto, atteso che la opponente non aveva mai avuto alcun contatto con la società opposta, né aveva mai ricevuto alcuna merce dalla I. S.r.l. In particolare, la fornitura era avvenuta in favore della L. con sede in __, e non in favore della F. S.r.l.;

– annullabilità del decreto ingiuntivo, in quanto la procura alle liti era stata apposta a margine del ricorso monitorio, ciò non essendo consentito dalla normativa sul processo civile telematico.

– Si costituiva in giudizio la I. S.r.l., la quale chiedeva il rigetto dell’opposizione e la concessione della provvisoria esecuzione del decreto opposto ex art. 648 c.p.c., atteso che:

– la procura alle liti era stata regolarmente depositata in via telematica tra gli allegati al ricorso monitorio, depositato in formato pdf nativo e firmato digitalmente;

– la prova della corretta esecuzione delle prestazioni emergeva dal deposito, in sede di giudizio di opposizione, dei documenti di trasporto relativi alle fatture azionate, sottoscritti per ricezione da parte della opponente, la quale, del resto, aveva sempre accettato le forniture ricevute senza muovere alcuna contestazione;

– in particolare, la merce di cui alla fattura n. (…) del __ era stata ordinata dalla F. S.r.l., la quale si era impegnata al relativo pagamento, incaricando la I. S.r.l. di curarne il trasporto;

– il rapporto tra le due società era stato evidenziato dallo stesso G., amministratore e socio unico della F. S.r.l., in dichiarazioni rese alla Guardia di Finanza.

La I. S.r.l. chiedeva, infine, la condanna dell’opponente ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c., lamentando che la stessa avesse adottato una condotta contraria alle regole di buona fede e correttezza.

– Con ordinanza riservata del __, veniva concessa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto.

– Con successiva ordinanza del __, non veniva autorizzata la proposizione della querela di falso incidentale, avverso la firma apposta sul documento di trasporto n. __, emesso dalla I. S.r.l. in data __; nonché avverso le fatture nn. (…) e (…)emesse dalla I. S.r.l.

Motivi della decisione

1 – L’opposizione proposta dalla F. S.r.l. è infondata e va rigettata.

Prima di procedere all’esame della fattispecie concreta, giova ricordare che il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, regolato dagli artt. 645 e ss. c.p.c., è un ordinario giudizio di cognizione, in quanto tale soggetto alle regole generali in tema di ripartizione dell’onere probatorio (artt. 2697 e ss. c.c.). Pertanto, anche in seno a tale procedimento, il creditore-opposto che agisca per l’adempimento dell’obbligazione – dopo aver provato la fonte, legale o negoziale, della sua pretesa – può limitarsi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento del debitore-opponente; gravando su quest’ultimo l’onere di provare di aver estinto il rapporto obbligatorio ovvero la ricorrenza di altri fatti modificativi o impeditivi della pretesa creditoria (in tal senso, Cass. Civ. Sezioni Unite, 30 ottobre 2001, n. 13533; conformi, ex plurimis, Cass. Civ., Sez. I, 13 giugno 2006, n. 13674; Cass. Civ., Sez. III, 12 aprile 2006, n. 8615).

Tali fondamentali principi vanno coordinati con il disposto dell’art. 115 c.p.c. che, enunciando il principio dispositivo e di non contestazione, impone al giudice di ritenere provati i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita, astenendosi “da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato acquisito al materiale processuale … in quanto l’atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall’ambito degli accertamenti richiesti” (Cass. n. 5356/2009).

È infine opportuno ricordare che, a mente dell’art. 214 c.p.c., la parte che intende disconoscere la scrittura o la sottoscrizione di una scrittura privata contro di lei prodotta, è tenuta a negare formalmente la propria scrittura o sottoscrizione nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione, al fine di evitare che la stessa si abbia per tacitamente riconosciuta ex art. 215 c.p.c.

2 – Ciò premesso, nel presente giudizio la I. srl. ha chiesto l’emissione del decreto ingiuntivo opposto, al fine di ottenere il pagamento del corrispettivo pattuito per una fornitura di beni eseguita in favore della F. S.r.l.

Per contro, la opponente ha sostenuto che le somme richieste non sarebbero dovute, atteso che il rapporto commerciale, oggetto delle fatture azionate, sarebbe intercorso con un’altra società, la L.

Gravava, quindi, sulla società opposta (attore in senso sostanziale) dare completa dimostrazione della sussistenza della fonte negoziale della propria pretesa e, cioè, della conclusione del contratto di compravendita di beni con la F. S.r.l.

3 – Orbene, occorre innanzitutto ricordare che, secondo il costante orientamento della Suprema Corte, l’opposizione al decreto ingiuntivo non è un’impugnazione del decreto, volta a farne valere vizi ovvero originarie ragioni di invalidità, ma dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione di merito, volto all’accertamento dell’esistenza del diritto di credito fatto valere dal creditore.

Di conseguenza, appare irrilevante nella presente sede ogni contestazione in ordine alla asserita mancanza dei presupposti per l’emissione del decreto ingiuntivo opposto.

E comunque, quanto alla eccepita nullità della procura, si deve evidenziare che la procura alle liti risulta rilasciata dalla società opposta anche a margine della comparsa di costituzione nel presente giudizio, ciò essendo sufficiente a sanare – quand’anche sussistenti – eventuali irregolarità, che comunque sarebbero meramente formali.

4 – Passando all’esame del merito, a dimostrazione della propria pretesa creditoria, la società opposta ha depositato oltre alla copia autentica del registro vendite, anche la copia delle fatture relative alle merci in questione, nonché i documenti di trasporto e consegna delle merci suindicate. Su tali documenti, attestanti la consegna della merce (indicata nelle fatture azionate) alla società F. S.r.l., risulta apposta la sottoscrizione del destinatario.

Ebbene, se è vero che, come è noto, la fattura commerciale, per la sua formazione unilaterale e la sua inerenza ad un rapporto già formato tra le parti, ha natura di atto partecipativo e non di prova documentale, potendo valere al più come indizio circa l’esistenza del credito in essa riportato (cfr., da ultimo, Cassazione civile, sez. II, 10 ottobre 2011, n. 20802), i documenti di trasporto che siano stati sottoscritti dal destinatario per accettazione della merce costituiscono documenti idonei a fornire una prova adeguata, nell’ambito di un giudizio a cognizione piena, del rapporto negoziale e, dunque, dell’avvenuto adempimento dell’obbligazione di consegna della merce.

Ciò posto, la F. S.r.l. – nella prima memoria ex art. 183, comma 6 c.p.c. – ha ribadito di non aver mai ricevuto le merci ivi indicate ed ha disconosciuto le sottoscrizioni ivi apposte, in quanto non riferibili all’istante.

Sempre sulla base di tale argomentazione, nel corso del giudizio, G., quale legale rappresentante della parte opponente F. S.r.l., ha proposto querela di falso in via incidentale avverso la firma apposta sul documento di trasporto n. __, emesso dalla I. S.r.l. in data __; nonché avverso le fatture nn. (…) e (…) emesse dalla I. S.r.l., sostenendo che tali documenti non sarebbero mai stati sottoscritti né dal predetto, né da personale della società e che la merce ivi indicata non sarebbe mai stata negoziata tra le parti.

Orbene, quanto, al disconoscimento relativo alle sottoscrizioni che compaiono sui documenti di trasporto, questo appare irrilevante ai fini del decidere, atteso che la merce può essere consegnata anche a soggetti diversi dal legale rappresentante della società ordinante, ben potendo il contratto concludersi anche qualora la merce venga ritirata da soggetti a tal fine preposti.

Di conseguenza, il disconoscimento effettuato dalla parte opponente e fondato sulla mera non riconducibilità al legale rappresentante della F. S.r.l. delle sottoscrizioni apposte sui documenti di trasporto non risulta decisivo.

Peraltro, tali documenti costituiscono scritture private provenienti da terzi estranei alla lite (ancorché eventualmente legati alla parte da rapporti di lavoro) e, come tali, possono essere liberamente contestate dalle parti, non applicandosi alle stesse né la disciplina sostanziale di cui all’art. 2702 c.c., né quella processuale di cui all’art. 214 c.p.c., atteso che esse costituiscono prove atipiche il cui valore probatorio è meramente indiziario, e che possono, quindi, contribuire a fondare il convincimento del giudice unitamente agli altri dati probatori acquisiti al processo (cfr., in tal senso, Cassazione civile, sez. un., 23 giugno 2010, n. 15169; ma si veda, altresì, Cassazione civile, sez. II, 30 ottobre 2003, n. 16362).

Tuttavia, nel caso in esame, neanche i capitoli di prova testimoniale articolati dalla società opponente appaiono decisivi, considerato che essi sono finalizzati esclusivamente a dimostrare che il materiale indicato nelle fatture azionate sia stato utilizzato da altra società e non dalla F.I. srl., ma nulla viene detto in relazione ai soggetti che ritirarono la merce e che sottoscrissero i documenti di trasporto ed in relazione a chi effettuò l’ordine della merce.

Sulla base delle medesime argomentazioni, poi, non è stata autorizzata la proposizione della querela di falso.

Ed infatti, ai sensi dell’art. 222 c.p.c., il giudice autorizza la proposizione della querela di falso in via incidentale quando ritiene che il documento impugnato di falso sia rilevante ai fini della decisione della controversia pendente tra le parti;

Tuttavia, l’accertamento della asserita falsità della sottoscrizione apposta sui documenti impugnati di falso non appare rilevante ai fini della decisione della presente controversia per le medesime ragioni già esposte. Peraltro, anche i capitoli di prova articolati nella querela di falso appaiono inammissibili, non essendo essi finalizzati alla dimostrazione della asserita falsità della sottoscrizione, bensì riguardando aspetti fattuali che dovevano essere oggetto di richieste istruttorie formulate entro la scadenza del secondo termine ex art. 183, comma 6 c.p.c.

5 – Sicché, la documentazione prodotta dalla società opposta appare idonea a dimostrare la sussistenza del rapporto contrattuale tra le parti, avente ad oggetto la vendita della merce indicata nelle fatture azionate e nelle relative bolle di consegna.

Per contro, non risulta suffragata da alcun supporto probatorio, la affermazione della parte opponente, secondo cui la fornitura di beni sarebbe stata in realtà eseguita in favore di altra società.

Sulla base di tutte le suesposte considerazioni, quindi, l’opposizione proposta dalla F. S.r.l. va rigettata, con conseguente conferma del decreto ingiuntivo opposto, peraltro già dichiarato provvisoriamente esecutivo.

Quanto alla domanda di condanna ex art. 96 c.p.c., si osserva quanto segue. Si ritiene che nel caso di specie, per il tenore della domanda attorea e per il comportamento processuale delle parti, sussistano i presupposti per poter far uso del potere officioso ex art. 96, comma 3, c.p.c. Come è ormai noto, si tratta di un meccanismo di natura tipicamente sanzionatoria introdotto dalla L. n. 69 del 2009, in considerazione del danno che con l’abuso dello strumento processuale viene arrecato non solo alla controparte, ma indirettamente anche all’erario, con la congestione degli uffici giudiziari, l’incremento del rischio del superamento del canone costituzionale della ragionevole durata del processo ed il pericolo di condanna dello Stato alla corresponsione dell’indennizzo ex L. n. 89 del 2001. Come è stato sottolineato dalla S.C., con l’art. 96, comma 3, c.p.c. è stato introdotto nell’ordinamento processuale il potere del giudice di applicare una vera e propria pena pecuniaria di natura privata, indipendente sia dalla domanda di parte, sia dalla prova del danno causalmente derivato alla condotta processuale dell’avversario (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17902 del 30/07/2010). È pertanto sufficiente che sussistano i requisiti della totale soccombenza e della condotta censurabile sotto il profilo dell’abuso dello strumento processuale.

Sotto quest’ultimo profilo, si deve osservare che l’opponente ha fondato il presente giudizio unicamente sulle generiche contestazioni sopra riportate; ha inoltre affermato che l’opposta, a sostegno della propria richiesta, aveva prodotto unicamente le fatture commerciali, quando dal semplice esame del fascicolo del monitorio sarebbe stato possibile appurare che agli atti vi era anche l’estratto autentico del libro IVA. Inoltre, con la comparsa di costituzione, sono stati prodotti anche i documenti di trasporto. La opponente, inoltre, non ha depositato documenti ulteriori e rilevanti. Il tenore delle difese ed il successivo comportamento processuale evidenziano la natura dilatoria della presente opposizione e legittimano l’applicazione della sanzione di cui al terzo comma dell’art. 96 c.p.c.

Quanto alla determinazione del quantum, ritiene il Tribunale di poter fare ricorso al criterio equitativo (cfr. in proposito Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 21570 del 30/11/2012) e di poter quindi liquidare in favore della convenuta la somma di Euro 5.355,00, pari all’importo delle spese legali liquidate.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, tenuto conto del valore medio dello scaglione di riferimento.

P.Q.M.

Il Giudice Unico del Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando, così provvede:

  1. a) RIGETTA l’opposizione proposta dalla F. S.r.l. e, per l’effetto, CONFERMA il decreto ingiuntivo opposto n. __, emesso dal Tribunale di Roma in data __;
  2. b) CONDANNA la F. S.r.l., alla rifusione, in favore dell’avv. __, delle spese di giudizio, che liquida in Euro __ per compensi ex D.M. n. 55 del 2014, oltre rimborso forfettario ed accessori come per legge;
  3. c) CONDANNA la F. S.r.l. a pagare alla I. S.r.l. ex art. 96, comma III, c.p.c. la somma di Euro __.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2019.

Depositata in Cancelleria il 6 dicembre 2019.

Tribunale Roma Sez. XVI Sent. 06_12_2019

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