La valutazione di realizzabilità economica del piano concordatario rientra a pieno titolo nell’ambito di valutazione del tribunale
Corte Suprema di Cassazione, Sezione I Civile, Ordinanza n. 7158 del 13/03/2020
Con ordinanza del 13 marzo 2020, la Corte Suprema di Cassazione, Sezione I Civile, in merito di recupero crediti ha stabilito che la valutazione di realizzabilità economica del piano concordatario rientra a pieno titolo nell’ambito di valutazione del tribunale in ordine al mantenimento delle condizioni di ammissibilità del piano medesimo e della proposta di concordato. Nel giudizio di ammissibilità della domanda di concordato preventivo, il tribunale è quindi tenuto ad una verifica diretta del presupposto di fattibilità del piano per poter ammettere il debitore alla relativa procedura, nel senso che, mentre il controllo di fattibilità giuridica non incontra particolari limiti, quello concernente la fattibilità economica, intesa come realizzabilità di esso nei fatti, può essere svolto nei limiti della verifica della sussistenza, o meno, di una manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati, individuabile caso per caso in riferimento alle specifiche modalità indicate dal proponente per superare la crisi, con ciò ponendosi il giudice nella prospettiva funzionale, propria della causa concreta.
Nel caso di specie la Suprema Corte ha respinto il motivo di impugnazione con il quale il ricorrente lamentava che la valutazione della consistenza dei fondi rischi attiene alla fattibilità economica del concordato e come tale non sia giudizialmente sindacabile. Il tribunale aveva revocato l’ammissione al concordato ex art. 173 L.F. approfondendo tra l’altro la questione della capienza del fondo rischi appostato nel piano, ritenendoli insufficienti ai fini dello scrutinio della complessiva realizzabilità del piano.
Corte Suprema di Cassazione, Sezione I Civile, Ordinanza n. 7158 del 13/03/2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. __ – Presidente –
Dott. __ – Consigliere –
Dott. __ – Consigliere –
Dott. __ – Consigliere –
Dott. __ – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. __ R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.p.A. in liquidazione – ricorrente –
contro
Fallimento della (OMISSIS) S.p.A. in liquidazione – controricorrente –
contro
E. S.p.A. – controricorrente –
contro
B. S.r.l. uninominale – controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli, depositata in data __;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del __ dal Consigliere Dott. __.
Svolgimento del processo
CHE:
- Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Napoli ha rigettato il reclamo proposto da (OMISSIS) S.p.A. in liquidazione nei confronti del Fallimento della (OMISSIS) S.p.A. in liquidazione e della B. S.r.l. uninominale, nonché delle parti intimate D. S.r.l., E. S.r.l. e G. S.r.l., avverso la sentenza emessa in data __ dal Tribunale di Nola, con la quale era stato dichiarato il fallimento della predetta casa di cura, dopo la revoca, ai sensi della L.F., art. 173, dell’ammissione della predetta società alla procedura di concordato preventivo, confermando, pertanto, il provvedimento impugnato.
La corte del merito ha, in primo luogo, ricordato che: a) la T. aveva presentato una domanda di ammissione a concordato preventivo con continuità aziendale, indirettamente realizzata tramite l’affitto – in precedenza autorizzato dal Tribunale (verso la corresponsione di un canone concordato in Euro __ mensili) – dell’azienda alla società C. S.r.l. e la susseguente vendita (sottoposta alla condizione sospensiva dell’avvenuta omologazione del concordato) alla medesima società affittuaria per il corrispettivo di Euro __, oltre al pagamento del TFR e delle altre competenze maturate dai dipendenti; b) il piano concordatario prevedeva altresì la contestuale proposta di transazione fiscale L.F., ex art. 182 ter, nonché il ricorso a finanza esterna per Euro __, messi a disposizione dalla N. S.r.l. (società controllante della C. S.r.l., nonché garante del pagamento del prezzo di acquisto dell’azienda); c) con relazione L.F., ex artt. 172 e 173, depositata in data __, i commissari giudiziari avevano evidenziato numerosi aspetti di criticità del piano e della proposta, e ciò con particolare riferimento: i) al contratto di affitto di azienda intercorso tra la proponente e la società C. S.r.l. (mancato versamento dei canoni di leasing immobiliare da parte dell’affittuaria; mancata rinnovazione, sempre da parte di quest’ultima, della polizza assicurativa del fabbricato; mancata rinnovazione dell’assicurazione per responsabilità civile, contenente la clausola claims made); ii) alla programmata cessione d’azienda dalla società proponente all’affittuaria società C. S.r.l. (mancato versamento della somma di Euro __, come finanza esterna, e mancata prestazione della garanzia autonoma di Euro __, che la N. S.r.l. si era impegnata a prestare in sede di stipula del contratto di affitto); iii) all’omessa rappresentazione, in sede di proposta di concordato, di alcune controversie pendenti, ed in particolare di quelle passive, da cui avrebbero potuto generarsi nuovi debiti; iv) all’insufficienza dei fondi per spese legali e per rischi generici.
La corte distrettuale ha, dunque, ritenuto che: 1) in relazione al secondo, quinto e sesto motivo di gravame (da trattarsi congiuntamente), erano corrette le valutazioni del tribunale in ordine all’insussistenza delle condizioni di ammissibilità, sotto il profilo della non veridicità dei dati aziendali (in relazione all’ammontare dei debiti e all’accertamento della possibile insufficienza dei fondi al soddisfacimento dei debiti) e della necessità che, alla modifica del piano e della proposta, si accompagnasse anche l’aggiornamento dell’attestazione da parte del professionista; 2) l’erronea qualificazione compiuta dal tribunale tra debiti e crediti prevista dalla L.F., art. 173 non rilevava neanche, posto che l’omessa esposizione delle passività incideva negativamente sulla proposta della T. non già come atto in frode, ma quale indice della non veridicità dei dati aziendali, ai sensi dell’art. 173, comma 3 sopra richiamato, per il mancato mantenimento delle condizioni di ammissibilità del concordato; 3) rilevante doveva considerarsi, invece, l’omessa informazione sulla richiesta del compenso dei due commercialisti, che avevano redatto il progetto di transazione fiscale con l’erario, ammontante ad Euro __; 4) insufficiente doveva considerarsi anche l’integrazione del fondo rischi, in ragione del contenzioso civilistico in corso e della predetta richiesta di compenso professionale, 5) era altresì necessaria un’integrazione dell’attestazione del professionista, in ragione delle modifiche intervenute da parte del proponente alla originaria proposta concordataria; 6) in relazione al terzo e quarto motivo di censura, occorreva evidenziare la circostanza che, solo attraverso la relazione dei commissari, era emerso il mancato pagamento da parte della società affittuaria C. S.r.l. dei canoni di leasing e del mancato rinnovo dell’assicurazione sul fabbricato, con ciò evidenziandosi il rischio del dissolvimento dell’azienda nell’ipotesi di risoluzione dei contratti che consentivano la disponibilità dei locali aziendali; 7) era evidente il comportamento lesivo adottato dal proponente, che non aveva informato gli organi della proceduta di tali accadimenti, 8) dovevano considerarsi assorbiti il primo e settimo motivo di reclamo.
- La sentenza, pubblicata il __, è stata impugnata da (OMISSIS) S.p.A. in liquidazione con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui il Fallimento della (OMISSIS) S.p.A., la E. S.p.A. e B. S.r.l. hanno resistito con controricorso.
La B. S.r.l. e il Fallimento della (OMISSIS) S.p.A. in liquidazione hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
CHE:
1.Con il primo motivo la parte ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L.F., art. 173, per errata configurazione di una ipotesi di inveridicità ovvero inattendibilità dei dati aziendali. Si osserva che, in applicazione del principio contabile OIC 31 (che evidenzia una sostanziale differenza tra passività probabili, possibili e remote), gli amministratori della società ricorrente avevano legittimamente valutato, in continuità con i precedenti bilanci ed in conformità ai principi contabili, i contenziosi sanitari in essere come rischi di grado possibile e come tale ne avevano correttamente escluso l’appostazione nei bilanci sotto la voce “debiti vs terzi”, diversamente da quanto avvenuto in relazione ai debiti dichiarati in relazione ai contenziosi di carattere commerciale. Si osserva, ancora, che i contenziosi sanitari ante deposito della domanda di concordato erano comunque coperti da assicurazione sanitaria e che quelli successivi, inattesi e peraltro non fondati, dovevano considerarsi come meri rischi, che, comunque, avrebbero potuto trovare capienza per il soddisfacimento degli eventuali e relativi crediti nei fondi rischi previsti nel piano concordatario. Si evidenzia che, anche volendo ammettere, nel caso in esame, una vera e propria omissione informativa, essa non doveva comunque considerarsi grave, giacché supportata dall’applicazione del predetto principio contabile e perché conforme alla prassi adottata per la redazione dei precedenti bilanci, senza contare che i debiti potenziali non dichiarati erano comunque coperti dai fondi rischi, sopra ricordati.
- Con il secondo motivo si deduce, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L.F., art. 173, in relazione alla dichiarazione di inammissibilità del concordato per insufficienza del fondo rischi. Evidenzia la ricorrente che il fondo rischi era stato stanziato per mere passività potenziali, stimate in applicazione dei principi contabili OIC 31, e che l’eventuale futura incapienza dello stesso non avrebbe potuto rappresentare motivo di revoca ai sensi della L.F., art. 173 per il venir meno delle condizioni prescritte per l’ammissibilità del concordato, integrando il detto elemento solo una valutazione riguardante la fattibilità economica del piano, come tale rimessa alle valutazioni del ceto creditorio. Si osserva, ancora, che la proposta di integrazione dei fondi rischi e non delle fonti del concordato non avrebbe costituito modifica della proposta e che, comunque, la modifica non avrebbe necessitato un’integrazione dell’attestazione.
- Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L.F., art. 173 per ritenuta omessa informazione su fatti rilevanti. Si deduce da parte del ricorrente: che non avrebbe potuto considerarsi omessa informazione quella correlata a fatti comunque resi noti ai commissari prima della relazione L.F., ex art. 173 e da quest’ultimi acquisiti sulla base della documentazione informativa messa a loro disposizione dalla stessa società proponente; che non avrebbe potuto ritenersi rilevante, ai sensi della L.F., art. 173, il mero ipotetico pericolo di condotte riconducibili all’affittuario ed incidenti sull’integrità e conservazione dell’azienda; che, infine, non era ammissibile la revoca di un concordato per valutazioni meramente prognostiche su rischi potenziali, che avrebbero potuto realizzarsi in corso di concordato, riguardando tali rischi valutazioni attinenti alla fattibilità economica, rimessa all’apprezzamento dei creditori.
- Il ricorso è infondato.
4.1 Il primo motivo presenta profili di inammissibilità ed altri di infondatezza.
4.1.1 Sotto il primo profilo di riflessione, non si può non evidenziare come le censure mosse dalla società ricorrente si presentino inammissibili in quanto volte a sollecitare una rivalutazione delle statuizioni di merito contenute nella decisione impugnata, relative alla rilevata incompleta esposizione delle passività aziendali e all’inidoneità della proposta a fornire quella necessaria e compiuta informazione ai fini dell’esercizio consapevole del diritto di voto, profili sui quali la corte partenopea si è espressa con una valutazione in fatto e con argomentazioni scevre da aporie e criticità argomentative. Ed invero, la corte distrettuale aveva evidenziato, sulla scorta delle osservazioni già contenute nella relazione L.F., ex art. 173, che era stata completamente omessa la rappresentazione, in sede di proposta di concordato, di alcune controversie pendenti, ed in particolare di quelle passive (relative al contenzioso sanitario), da cui avrebbero potuto generarsi nuovi debiti incidenti sulla tenuta complessiva del piano concordatario.
4.1.2 In realtà, tale omissione informativa non è stata neanche negata dalla parte ricorrente, che, sul punto, ha rilevato che la detta mancanza sarebbe stata priva di rilevanza ai fini del giudizio di ammissibilità della proposta concordataria, essendo previsto un fondo rischi.
Anche in tal caso la censura attinge ad una valutazione di merito svolta dalla corte di appello in ordine, da un lato, al corretto adempimento dell’obbligo informativo da parte del proponente nei confronti del ceto creditorio e in ordine, dall’altro, al mantenimento delle condizioni di ammissibilità della proposta concordataria, profili sui quali – come detto sopra – si registra un’ampia ed articolata motivazione, che spiega le ragioni della necessità che i creditori fossero stati tempestivamente resi edotti dell’esistenza di un corposo contenzioso (in materia di responsabilità sanitaria e di richieste di compensi professionali), i cui risvolti risarcitori e, dunque, creditori avrebbero potuto incidere sulla valutazione di fattibilità, non solo economica, del piano concordatario.
4.1.3 Sul punto, giova ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, gli atti di frode vanno intesi, sul piano oggettivo, come le condotte volte ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori, aventi valenza potenzialmente decettiva per l’idoneità a pregiudicare il consenso informato degli stessi sulle reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione, in quanto inizialmente ignorate dagli organi della procedura e dai creditori e successivamente accertate nella loro sussistenza o anche solo nella loro completezza ed integrale rilevanza, a fronte di una precedente rappresentazione del tutto inadeguata, purché siano caratterizzati, sul piano soggettivo, dalla consapevole volontarietà della condotta, di cui, invece, non è necessaria la dolosa preordinazione (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 15013 del 08/06/2018; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 30537 del 26/11/2018; v. anche Cass. 25458/2019).
Ciò detto, osserva la Corte come, in realtà, la mancata informazione da parte della società proponente di fatti rilevanti per la valutazione della complessiva tenuta del piano concordatario, in riferimento alla esistenza di una potenziale debitoria risarcitoria da inserire nel piano di soddisfacimento dei creditori, integri di per sé un atto in frode ai creditori, tale da legittimare la revoca del concordato, ai sensi della L.F., art. 173, e ciò anche al di là della incisione di tale profilo sulla veridicità dei dati aziendali, intesa come requisito di ammissibilità della proposta concordataria.
Ne consegue il rigetto del primo motivo.
4.2 Anche il secondo motivo di censura presenta profili di inammissibilità e di infondatezza.
4.2.1 Sotto il primo profilo, non può che ripetersi quanto già sopra evidenziato, in relazione al primo motivo di doglianza, in ordine, cioè, all’irricevibilità, in questo giudizio di legittimità, di quelle sollecitazioni rivolte alla Corte, nel senso di riaprire lo scrutinio di merito della decisione, in riferimento alla valutazione dei presupposti fattuali posti a sostegno della revoca del concordato (in questo caso relativi alla insufficienza del fondo rischi a coprire eventuali sopravvenienze debitorie conseguenti alla definizione del contenzioso in corso).
Anche in questo caso, la Corte ha premura di precisare che se, da un lato, le censure così rivolte sono inammissibili in questo peculiare giudizio di legittimità, dall’altro, occorre anche evidenziare che la motivazione impugnata, con argomentazioni scevre da criticità o aporie, ha correttamente spiegato l’insufficienza quantitativa dei fondi rischi a far fronte alle sopra descritte sopravvenienze, e ciò con valutazione in fatto, censurata solo attraverso la dedotta violazione di legge.
4.2.2 Sotto altro profilo di riflessione, occorre evidenziare come la ulteriore censura relativa alla non necessità dell’aggiornamento dell’attestazione in relazione alla modifica del piano sia, del pari, inammissibile, posto che la corte di merito ha escluso, con valutazione in fatto, che tale modifica integri una revisione sostanziale della proposta offerta alle valutazioni del ceto creditorio.
4.2.3 Da ultimo, deve essere precisato che l’ulteriore doglianza – secondo la quale la valutazione della consistenza dei fondi rischi attenga alla fattibilità economica e come tale non sia giudizialmente sindacabile – non colga nel segno.
Sul punto, la giurisprudenza più recente espressa da questa Corte ha chiarito che – in tema di concordato preventivo – il tribunale è tenuto ad una verifica diretta del presupposto di fattibilità del piano per poter ammettere il debitore alla relativa procedura, nel senso che, mentre il controllo di fattibilità giuridica non incontra particolari limiti, quello concernente la fattibilità economica, intesa come realizzabilità di esso nei fatti, può essere svolto nei limiti della verifica della sussistenza, o meno, di una manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati, individuabile caso per caso in riferimento alle specifiche modalità indicate dal proponente per superare la crisi (con ciò ponendosi il giudice nella prospettiva funzionale, propria della causa concreta) (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 30537 del 26/11/2018; Cass. Sez. 6 1, Ordinanza n. 5825 del 09/03/2018).
Se così è, allora ritenere che la valutazione di realizzabilità economica del piano concordatario non rientri nell’ambito di valutazione del tribunale (e poi della corte di appello) in ordine al mantenimento delle condizioni di ammissibilità del piano e della proposta risulta essere affermazione giuridicamente erronea e dunque non condivisibile, come del resto implicitamente ritenuto anche dalla corte partenopea che, sul punto, ha approfondito la questione della capienza dei fondi rischi, ritenendoli insufficienti ai fini dello scrutinio della complessiva realizzabilità del piano.
4.3 Il terzo motivo è invece inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi espressa, sul punto qui da ultimo in esame, da parte della corte territoriale. Ed invero, ciò che rileva, ai fini della valutazione della revoca del concordato, non è tanto la questione (invece censurata da parte della ricorrente) della rilevanza delle condotte inadempienti della società affittuaria C. S.r.l. agli obblighi di pagamento del canone di leasing immobiliare e di rinnovazione delle polizze assicurative, quanto piuttosto la violazione da parte della società proponente dell’obbligo di immediata informazione di tali accadimenti agli organi della procedura, circostanza quest’ultima neanche negata da parte dell’odierna ricorrente.
Ne consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro__ per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro __ ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2020.
Cass. civ. Sez. I Ord. 13_03_2020 n. 7158
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