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L’anteriorità del credito nell’applicabilità dell’istituto della compensazione fallimentare

L’anteriorità del credito nell’applicabilità dell’istituto della compensazione fallimentare

Tribunale Ordinario di Marsala, Sezione Civile, Sentenza del 02/10/2019

Con sentenza del 2 ottobre 2019, il Tribunale Ordinario di Marsala, Sezione Civile, in tema di recupero crediti, ha stabilito che l’applicabilità dell’istituto della compensazione fallimentare prevede quale requisito essenziale l’anteriorità del credito rispetto alla procedura concorsuale, intesa nel senso dell’anteriorità del fatto genetico dell’obbligazione, quand’anche il credito sia divenuto liquido od esigibile dopo il fallimento. Di talché è sufficiente che i requisiti dell’art. 1243 c.c. ricorrano da ambedue i lati e sussistano al momento della pronuncia.


Tribunale Ordinario di Marsala, Sezione Civile, Sentenza del 02/10/2019

L’anteriorità del credito nell’applicabilità dell’istituto della compensazione fallimentare

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MARSALA

SEZIONE CIVILE

in composizione monocratica, nella persona del Dr. __, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. __ R.G. vertente

TRA

P., A., S., T., L. e G.  – opponenti

E

C. Società Cooperativa in liquidazione coatta amministrativa – opposta

Oggetto: opposizione a precetto

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con atto di citazione notificato alla controparte il __ gli attori indicati in epigrafe hanno convenuto in giudizio la C.S.C. Società Cooperativa in liquidazione coatta amministrativa proponendo opposizione al precetto, loro notificato in data __ ad istanza di C. opposta, per l’importo complessivo di Euro __, da pagarsi in solido tra tutti gli opponenti, debito scaturente dalla sentenza n. __ della Sezione V del Tribunale di Palermo (sezione specializzata in materia di impresa) che, rigettata la domanda di annullamento della delibera di esclusione adottata dalla cooperativa, li aveva condannati in solido alla refusione, in favore di quest’ultima, delle spese legali, liquidate in Euro __ per il giudizio di reclamo ed Euro __ per quello di merito; hanno, in particolare eccepito la compensazione di tali debiti con i crediti, loro spettanti verso la società convenuta, in virtù di specifici titoli giudiziali, precisamente:

– la sentenza n. __ del Tribunale di Palermo del __ che aveva condannato C. al pagamento delle spese legali in favore, tra gli altri, di P., A., G., S., T. e L., oltre ad altri sette soci, liquidandole in complessivi Euro __ oltre IVA e CPA;

– la sentenza n. __ del Tribunale di Marsala che, riformando la sentenza n. __ del Giudice di Pace di Castelvetrano, aveva condannato C. a rifondere a S. le spese del doppio grado del processo, liquidate in Euro __, oltre accessori;

– la sentenza n. __ del Tribunale di Palermo sez. V che aveva condannato la medesima C. al pagamento in favore di G. delle spese legali di quel giudizio, liquidate in Euro __ oltre rimborso forfettario, IVA e CPA.

Hanno aggiunto che, in disparte tali titoli giudiziali, essi erano creditori di C. del valore di liquidazione della quota, non ancora loro corrisposto a seguito della delibera di esclusione, quota da rapportarsi, in relazione all’epoca dell’esclusione, all’esercizio sociale chiuso il __.

Hanno, inoltre contestato il titolo giudiziale posto in esecuzione da controparte quanto alla sussistenza della solidarietà passiva tra gli opponenti, chiedendo, infine, dichiararsi la responsabilità aggravata di C. ex art. 96 c.p.c., con conseguente condanna al risarcimento dei danni, per aver agito in executivis in base alla ridetta sentenza, pur nella consapevolezza della sussistenza di opposti crediti a favore degli odierni opponenti.

Costituitasi in giudizio, C. in l.c.a. ha contestato l’opposizione eccependo, innanzitutto, il difetto di legittimazione di G. e A., nei confronti dei quali non era stata intrapresa né minacciata alcuna azione esecutiva e, nel merito, l’inoperatività della chiesta compensazione sia per la pendenza della procedura concorsuale di liquidazione coatta, al cui ambito è rimesso in via esclusiva l’accertamento di crediti verso la cooperativa in l.c.a., sia per competere la materia della liquidazione della quota alla competenza funzionale del Tribunale delle Imprese.

La causa, dopo la formulazione di una proposta conciliativa ex art. 185 bis c.p.c., cui gli opponenti non hanno ritenuto di aderire, è stata istruita unicamente con la documentazione prodotta dalle parti, indi posta in decisione all’udienza del __ con concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.

L’opposizione è infondata.

Va, in primo luogo dichiarato il difetto di legittimazione attiva di A. e G., ai quali non è stato notificato alcuno dei precetti oggetto del presente giudizio, che, dunque, non avevano titolo per opporre; e ciò al di là del rischio, pur sussistente, di una futura azione di rivalsa da parte dei coobbligati esecutati, dovendo comunque l’interesse ad agire, per sostenere e giustificare l’azione, essere concreto e attuale, caratteristiche, queste, che difettano nella situazione appena evidenziata.

Venendo al merito dell’opposizione, il suo nucleo fondamentale è costituito dall’eccezione di compensazione sollevata dagli opponenti, declinata in profili diversi, a seconda della natura e fonte del credito opposto.

In via del tutto preliminare, e prima di entrare in medias res, appare necessario esaminare la questione, sollevata dall’opposta, di improponibilità dell’eccezione di compensazione, secondo la quale l’accertamento dei crediti opposti in compensazione sarebbe precluso in questa sede, in quanto rimesso all’esclusiva sede amministrativa della procedura di liquidazione coatta amministrativa, cui è soggetta la società opposta, giusto decreto del __ dell’Assessorato delle Attività Produttive della Regione Siciliana.

A tal proposito è necessario ricordare che l’istituto della compensazione fallimentare (applicabile anche alla liquidazione coatta amministrativa per effetto del richiamo di cui all’art. 201 L.F.) è disciplinato all’art. 56 della Legge Fallimentare, ai sensi del quale “I creditori hanno diritto di compensare coi loro debiti verso il fallito i crediti che essi vantano verso lo stesso, ancorché non scaduti prima della dichiarazione di fallimento …” (In termini del tutto analoghi si esprime oggi l’art. 155 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – D.Lgs. n. 14 del 2019 norma comunque non applicabile ratione temporis al caso di specie, che recita: “I creditori possono opporre in compensazione dei loro debiti verso il debitore il cui patrimonio è sottoposto alla liquidazione giudiziale i propri crediti verso quest’ultimo, ancorché non scaduti prima dell’apertura della procedura concorsuale”).

Secondo l’interpretazione del tutto unanime della norma citata, requisito essenziale affinché sia applicabile la compensazione fallimentare è l’anteriorità del credito rispetto alla procedura concorsuale, intesa nel senso dell’anteriorità del fatto genetico dell’obbligazione, quand’anche il credito sia divenuto liquido od esigibile dopo il fallimento, con la conseguenza che è sufficiente che i requisiti dell’art. 1243 c.c. ricorrano da ambedue i lati e sussistano al momento della pronuncia (cfr. Cass. Civ., Sez. I, 31.8.2010, n. 18915).

Inoltre va qui prestata condivisione all’orientamento giurisprudenziale consolidato secondo il quale “Nel giudizio proposto dagli organi della liquidazione coatta amministrativa per ottenere la condanna al pagamento di un debito di un terzo nei confronti della debitrice sottoposta alla procedura concorsuale, l’eccepibilità in compensazione di un credito dello stesso terzo verso la debitrice non è condizionata alla preventiva verificazione di tale credito, purché sia stata fatta valere come eccezione riconvenzionale; con quest’ultima, infatti, sono introdotte richieste che, restando nell’ambito della difesa, ampliano il tema della controversia, ma al solo fine di conseguire la reiezione della domanda, dato che al diritto fatto valere dall’attore viene opposto un diritto idoneo a paralizzarlo, mentre con la vera e propria domanda riconvenzionale il convenuto, traendo occasione da quella avanzata nei suoi confronti, chiede un provvedimento giudiziale a sé favorevole, che gli attribuisca beni determinati in contrapposizione a quelli richiesti con la domanda principale. Ne consegue che solamente con riferimento all’eventuale eccedenza del credito del terzo verso il debitore non può essere pronunciata sentenza di condanna nei confronti della procedura, dovendo per essa essere proposta un’autonoma istanza di insinuazione al passivo” (ex multis Cass. n. 64 del 10/01/2012; Tribunale Prato, 03/11/2016; Cass n. 19218 del 28/09/2016; Cass. Ordinanza n. 30298 del 18/12/2017).

Ne consegue che la mera eccezione di compensazione, nei termini in cui è stata proposta dagli opponenti, appare proponibile nel presente giudizio, in quanto diretta esclusivamente a paralizzare l’azione esecutiva promossa da C. convenuta.

Sempre in punto di proponibilità dell’eccezione in parola, può ancora aggiungersi in via generale che la compensazione, quale fatto estintivo dell’obbligazione, può essere dedotta come motivo di opposizione all’esecuzione forzata, fondata su titolo esecutivo giudiziale coperto dalla cosa giudicata, soltanto qualora il credito fatto valere in compensazione, rispetto a quello per cui si procede, sia sorto successivamente alla formazione di quel titolo, mentre in caso contrario resta preclusa dalla cosa giudicata, che impedisce la proposizione di fatti estintivi od impeditivi ad essa contrari.

Ebbene, va subito precisato che tale principio generale non può trovare applicazione nel nostro caso; ciò in quanto, pur essendo il titolo esecutivo rappresentato da una sentenza (la cui definitività non è stata oggetto di contestazione tra le parti), il credito precettato è rappresentato dalla condanna alle spese legali di quel processo; pertanto, non essendo venuto in considerazione, in quel giudizio, l’accertamento di un credito di C. verso i soci (l’oggetto del giudizio era l’impugnazione della delibera assembleare di esclusione degli odierni opponenti), e non prestandosi, dunque, quel thema decidendum alla prospettazione di un’eccezione di compensazione, deve sostenersi la sua ammissibilità in questa sede, quand’anche i crediti di fonte giudiziale trovino titolo in sentenze anteriori a quella posta qui in esecuzione, non essendovi altro mezzo, per gli odierni opponenti, di fare valer tale forma di estinzione del credito.

Pur apparendo proponibile, dunque, l’eccezione in parola è tuttavia infondata.

Infatti, sia il credito nascente dalla sentenza del Tribunale di Palermo del __ (pubblicata il __) che quello nascente dalla sentenza del Tribunale di Marsala del __ sono sorti dopo l’apertura della procedura di liquidazione coatta, disposta con decreto del __, trovando titolo esclusivamente nel provvedimento di liquidazione delle spese di lite, adottato con le citate sentenze, venute ad esistenza giuridica con la loro pubblicazione, avvenuta in data successiva al decreto assessoriale citato.

Per tale verso, la compensazione invocata non può avere luogo con riferimento a tali crediti, non rispondendo al requisito fondamentale sancito dall’art. 56 L.F., ossia l’anteriorità del credito rispetto all’inizio della procedura.

Né può rilevare, a tal fine, il credito portato dalla sentenza n__, peraltro vantato dal solo A. privo, come si è detto, di legittimazione al presente giudizio.

Venendo ai crediti che gli opponenti vantano con riferimento al loro diritto di liquidazione della quota sociale, occorre ricordare il principio di recente chiarito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, a seguito in un contrasto registratosi presso la terza sezione della Corte medesima, principio che merita senz’altro condivisione, secondo il quale: “L’art. 1243 c.c. stabilisce i presupposti sostanziali ed oggettivi del credito opposto in compensazione, ossia la liquidità, inclusiva del requisito della certezza, e l’esigibilità. Nella loro ricorrenza, il giudice dichiara l’estinzione del credito principale per compensazione legale, a decorrere dalla sua coesistenza con il controcredito e, accogliendo la relativa eccezione, rigetta la domanda, mentre, se il credito opposto è certo ma non liquido, perché indeterminato nel suo ammontare, in tutto o in parte, egli può provvedere alla relativa liquidazione, se facile e pronta, e quindi può dichiarare estinto il credito principale per compensazione giudiziale sino alla concorrenza con la parte di controcredito liquido, oppure può sospendere cautelativamente la condanna del debitore fino alla liquidazione del controcredito eccepito in compensazione”. (Cass. SS. UU., Sentenza n. 23225 del 15/11/2016).

Peraltro, in quell’occasione, la Suprema Corte ha avuto altresì modo di precisare che “La disciplina contenuta nell’ art. 1243 secondo comma c.c. consiste nell’inoperatività dell’eccezione di compensazione, sia legale che giudiziale, se è controverso l’an del controcredito, analogamente al caso in cui il credito opposto in compensazione non è di pronta e facile liquidazione (Cass. 10352/1993, cit.). Il giudice del credito principale ha o la possibilità di dichiarare la compensazione per la parte di controcredito già liquida, o di sospendere, eccezionalmente, la condanna del credito principale fino alla liquidazione di tutto il credito opposto in compensazione, ma non di ritardare la decisione sul credito principale fino all’ accertamento, da parte di egli stesso o di altro giudice, dell’ esistenza certa di quello opposto in compensazione; altrimenti sarebbe pleonastico il sintagma di pronta e facile liquidazione richiesto dalla norma”. Ha, inoltre, aggiunto: “Non solo la disciplina speciale contenuta nell’art. 1243 c.c. consente la sospensione cautelativa della decisione sul credito principale soltanto se il credito opposto in compensazione è di facile e pronta liquidazione, ma sia il conferimento di questo potere al giudice del credito principale, sia la finalità con esso perseguita, postulano che il giudizio prosegua dinanzi al giudice del credito principale per consentirgli di effettuare la valutazione e la liquidazione del controcredito prevista dalla norma. E quindi, come nel caso in cui l’accertamento del credito opposto in compensazione non sia facile e pronto il giudice del credito principale, per espressa previsione normativa, non ha il potere di sospendere la decisione su quest’ ultimo, ma deve immediatamente decidere su di esso, così a maggior ragione non può sospenderne la decisione a norma degli artt. 295 o 337 secondo comma c.p.c. che certamente gli precludono qualsiasi valutazione di pronta o facile liquidazione del controcredito in quanto spettante al giudice competente”.

Calati i suesposti principi al caso di specie, non si può fare a meno di osservare che il controcredito consistente nel valore di liquidazione della quota, spettante agli opponenti, non è certamene un credito di pronta o facile liquidazione, richiedendo, come ammesso dagli stessi opponenti, un’indagine tecnica affidabile ad un CTU, data la complessità degli accertamenti contabili ad essa funzionali; a ciò si aggiunga che tale accertamento (quand’anche sottratto alla sede concorsuale, nei limiti di efficacia della mera eccezione) non sfugge alla competenza della Sezione Specializzata in materia di Imprese, presso il Tribunale di Palermo, ex art. 3 comma 2 lett. B) e comma 3 D.Lgs. n. 168 del 2003, rientrando nell’ambito delle controversie relative ai diritti inerenti alle partecipazioni sociali nelle società di cui al libro V, titolo V e VI del codice civile, ivi comprese, a norma del comma 3 del citato art. 3 anche le cause e i procedimenti che presentano ragioni di connessione con quelli di cui ai commi 1 e 2, costituendo tale ultima disposizione una speciale applicazione dei criteri di spostamento di competenza per connessione regolati dagli artt. 39 e ss. c.p.c.

La sussistenza di queste due circostanze, in adesione all’insegnamento della Suprema Corte, non può che indurre a rigettare l’eccezione di compensazione, anche con riferimento al credito, ancora non liquido, relativo alla liquidazione delle quote sociali, la cui determinazione compete ad altro giudice.

L’opposizione va pertanto rigettata.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, anche in considerazione dell’ingiustificato rifiuto della proposta conciliativa avanzata dal giudice.

P.Q.M.

Il Tribunale di Marsala, Sezione civile, nella composizione in epigrafe, definitivamente pronunciando, rigettata e/o assorbita ogni ulteriore domanda e/o eccezione, così provvede:

rigetta l’opposizione proposta avverso l’atto di precetto notificato agli opponenti il __ ad istanza della C. Società Cooperativa in l.c.a.;

condanna gli opponenti in solido tra loro a rifondere all’opposta le spese di lite che liquida in complessivi Euro __ per compensi professionali, oltre al rimborso forfettario spese generali del 15% ed accessori di legge (IVA e CPA).

Così deciso nella camera di consiglio del Tribunale di Marsala in data 1° ottobre 2019.

Depositata in Cancelleria il 2 ottobre 2019.

 

Tribunale_Marsala_Sent_02_10_2019