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L’elemento che consente di differenziare l’opposizione all’esecuzione da quella di cui all’art. 617 c.p.c.

L’elemento che consente di differenziare l’opposizione all’esecuzione da quella di cui all’art. 617 c.p.c.

Corte d’Appello di Perugia, Sezione Civile, Sentenza del 12/02/2020

Con sentenza del 12 febbraio 2020, la Corte d’Appello di Perugia, Sezione Civile, in tema di recupero crediti, ha stabilito che l’elemento che consente di differenziare l’opposizione all’esecuzione da quella di cui all’art. 617 c.p.c. è costituito dall’oggetto della contestazione: mentre con l’opposizione all’esecuzione il debitore contesta l’an dell’esecuzione e nega il diritto del creditore di agire in executivis nei suoi confronti per difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo, con l’opposizione agli atti esecutivi il debitore contesta il quomodo e, quindi, la modalità dell’esecuzione in relazione a vizi formali del titolo, del precetto o di altro atto del procedimento esecutivo.


Corte d’Appello di Perugia, Sezione Civile, Sentenza del 12/02/2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte d’Appello di Perugia

Sezione civile

riunita in camera di consiglio in persona dei magistrati:

1) dott. __ – presidente

2) dott. __ – consigliere

3) dott. __ – giudice ausiliario rel. e est.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nella causa civile iscritta al n. __ R.G. degli affari contenziosi

PROMOSSA DA

M. – attrice appellante

CONTRO

S. – convenuta appellata

AVVERSO

la sentenza n. __, pubblicata il __ dal Tribunale di Spoleto, in persona del Giudice Dr. __, nel giudizio n. __ R.G., sulle seguenti

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con atto di citazione notificato in data __ M. spiegava opposizione avverso l’atto di precetto notificatole il __ da S., con il quale le veniva intimato il pagamento di complessivi Euro __ oltre accessori.

Premesso che il titolo esecutivo era costituito da due sentenze penali, emesse rispettivamente in primo e secondo grado dal Tribunale di Spoleto e dalla Corte di Appello di Perugia, l’opponente rilevava che non erano dovuti: a) Euro __, liquidati dalla sentenza penale n. __ del __ del Tribunale di Spoleto, in quanto tale titolo non era stato notificato, e nell’atto di precetto non era specificata la data di notifica; b) Euro __ a titolo rivalutazione e di interessi legali, in quanto non menzionati nella sentenza n. __, con la quale la Corte di Appello di Perugia aveva ridotto il risarcimento del danno dovuto da M. a S. da Euro __ a Euro __; c) il rimborso forfettario del 12,50 %, in quanto non indicato nella sentenza della Corte di appello di Perugia; d) l’importo di Euro __, relativo a presunti compensi professionali di difesa, che non era dovuto e assente nella riforma contenuta nel D.M. n. 140 del 2012, ormai in vigore alla data di notifica dell’atto di precetto, e di cui venivano contestati le voci accesso uffici (Euro __), apposizione formula esecutiva (Euro __), corrispondenza e consultazioni (Euro __ per 2). In base alle contestazioni mosse l’importo dovuto si riduceva a Euro __.

In via riconvenzionale M. domandava poi la compensazione del credito azionato con l’atto di precetto con il controcredito di Euro __, corrispondente alla quota ereditaria ad essa spettante quale successore del padre A., oltre agli interessi e alla rivalutazione monetaria, con condanna al pagamento del residuo.

Concludeva quindi chiedendo dichiararsi parzialmente nullo il precetto relativamente alla somma intimata di Euro __; dichiarare che M. era creditrice di S. dell’importo di Euro __, e, compensata tale somma con l’importo non contestato di Euro __, condannare in via riconvenzionale S. alla corresponsione della somma residua, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dal __.

Si costituiva in giudizio S., la quale in via preliminare rilevava che il credito azionato in via riconvenzionale da M. era già oggetto di un precedente giudizio instaurato avanti il Tribunale di Spoleto nel __ e iscritto al n. __ R.G., nel quale aveva chiesto il riconoscimento e l’assegnazione in suo favore della quota ereditaria nella misura del 50% di tutti i beni mobili e immobili dell’asse ereditario. Tale domanda era inoltre inammissibile per assenza dei presupposti di certezza, liquidità e esigibilità del credito.

Nel merito evidenziava che il credito oggetto dell’atto di precetto originava da una condanna al risarcimento del danno contenuta nelle statuizioni civili della sentenza n. __ del __ del Tribunale penale di Spoleto, il quale aveva condannato C. e M. rispettivamente al pagamento di Euro __ e Euro __, oltre interessi legali e rivalutazione dal __ al saldo, nonché alle spese di lite liquidate in Euro __ per onorari e rimborso forfettario del 12,5 % più IVA. La Corte di appello di Perugia, con sentenza n. __, emessa il __ nel proc. Pen. n. __, in parziale riforma, aveva tuttavia ridotto il risarcimento a Euro __ a carico di C. e Euro __ a carico di M.; confermava nel resto le statuizioni e, compensate al 50 % le spese del grado, aveva condannato la parte civile al residuo liquidato in Euro __, oltre accessori.

Osservava quindi che, ancorché il quantum del risarcimento fosse stato riformato, la sentenza di primo grado per il resto era stata confermata. Conseguentemente erano dovuti la rivalutazione e gli interessi legali nonché il rimborso forfettario del 12,5 %. Concludeva chiedendo il rigetto della domanda, con richiesta di ordinanza ingiuntiva di pagamento delle somme non contestate.

Rigettata l’istanza di sospensione dell’esecuzione, con sentenza n. __, pubblicata il __, il Tribunale rigettava l’opposizione e la domanda riconvenzionale.

M. interponeva appello con atto di citazione notificato il __, denunciando che il primo Giudice non aveva considerato le critiche prospettate in primo grado, che venivano riproposte e di seguito sintetizzate: a) l’omissione di allegazione al precetto della sentenza resa dal Tribunale penale di Spoleto in primo grado e della indicazione della relativa data di notifica, con la conseguenza che non erano dovuti Euro __ per compensi del primo grado; b) quanto agli onorari di Euro __ liquidati dalla Corte di Appello di Perugia, in assenza di condanna in solido con C., M. era tenuta solo al pagamento della metà, pari a Euro __; c) la rivalutazione e gli interessi non erano dovuti, in quanto non menzionati nella sentenza di appello; d) l’atto di precetto, datato __ e notificato il __, era soggetto al D.M. n. 140 del 2012, attuativo del D.L. n. 1 del 2012 che aveva abrogato le tariffe professionali. Di conseguenza le voci di diritti e onorari quantificati in Euro __ non erano dovuti, mentre era dovuto esclusivamente l’importo di Euro __.

Non risultavano riproposte la domanda di decurtazione del rimborso forfettario del 12,50 %, e la domanda riconvenzionale di compensazione con il credito di Euro __, e quella di condanna al pagamento del residuo.

Concludeva quindi, previa sospensione della efficacia esecutiva, per la revoca della sentenza n. __ del Tribunale di Spoleto.

Si costituiva l’appellata, la quale concludeva per il rigetto del gravame.

All’udienza del __ le parti precisavano le conclusioni, e il Collegio, concessi i termini per il deposito di memorie ex art. 190 c.p.c., si riservava la decisione. La riserva è sciolta con il presente provvedimento.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Il gravame è in parte fondato e deve essere parzialmente accolto per gli argomenti in appresso.

1) – È opportuno premettere che la domanda di decurtazione del rimborso forfettario del 12,50 % e la domanda riconvenzionale di compensazione con il credito di Euro __ con condanna al pagamento del residuo spiegata in primo grado, non riproposte in appello, devono intendersi rinunciate ai sensi dell’art. 346 c.p.c..

E altresì da rilevare che siccome nel medesimo processo si possono proporre contro la stessa parte più domande (art. 104, primo comma, cod. proc. Civ.), nel giudizio di primo grado e nel proprio atto di appello M. ha proposto due domande.

Una domanda di opposizione agli atti esecutivi: tale è il valore delle contestazioni inerenti all’omissione di allegazione al precetto della sentenza resa dal Tribunale penale di Spoleto in primo grado e di indicazione della relativa data di notifica, con conseguente detrazione dell’importo di Euro __.

Una domanda di opposizione all’esecuzione: tale è il valore delle contestazioni inerenti alla parziarietà dell’obbligo di refusione delle spese dell’appello penale, quantificate in Euro __, da dividere in Euro __ per ciascuno dei coobbligati; gli interessi e della rivalutazione, in quanto non menzionati nella sentenza di appello; l’importo di Euro __ per diritti e onorari, da ridurre a Euro __ quale compenso unico.

2) – Gli arresti della Suprema Corte hanno ripetutamente affermato che l’elemento che consente di differenziare l’opposizione all’esecuzione da quella di cui all’art. 617 c.p.c. è costituito dall’oggetto della contestazione: mentre con l’opposizione all’esecuzione il debitore contesta l’an dell’esecuzione e nega il diritto del creditore di agire in executivis nei suoi confronti per difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo, con l’opposizione agli atti esecutivi il debitore contesta il quomodo e, quindi, la modalità dell’esecuzione in relazione a vizi formali del titolo, del precetto o di altro atto del procedimento esecutivo (Cass. civ., Sez. III, 14/07/2015, n. 14653; Cass. n. 1568/1997; Cass. n. 796/1999). L’identificazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va operata con riferimento esclusivo alla qualificazione giuridica dell’azione effettuata dal giudice nello stesso provvedimento, a prescindere dalla sua esattezza o dalle indicazioni della parte, fermo il potere del giudice ad quem di operare una autonoma qualificazione non solo ai fini del merito, ma anche dell’ammissibilità stessa dell’impugnazione (Cass. civ., Sez. III, 22/06/2016, n. 12872).

3) – Da tanto deriva che, in ordine alla opposizione agli atti esecutivi, stante la non impugnabilità prevista dall’art. 618 c. 2 c.p.c., la sentenza poteva essere oggetto esclusivamente di ricorso per cassazione. Di conseguenza l’appello è inammissibile.

Inoltre, essendosi il Tribunale di Spoleto già pronunciato con sentenza di accoglimento n. __ del __ sulla questione della omessa notificazione della sentenza penale del Tribunale di Spoleto in altro giudizio di opposizione agli atti esecutivi, parte appellante, avendo ottenuto una pronuncia favorevole, non aveva interesse a impugnare la sentenza n. __ per i medesimi fatti, poiché il giudicato sul punto ha prodotto l’ulteriore effetto, rilevante ex art. 100 c.p.c., di far venire meno, per la parte beneficiaria di esso, ogni interesse ad agire in giudizio e, conseguentemente, esclude la legittimità dell’impugnazione limitatamente a tale questione.

Tale motivo di appello è quindi inammissibile e deve essere respinto.

4) – Venendo ai motivi di opposizione all’esecuzione, la seconda doglianza afferma che la sola somma dovuta per onorari era quella di Euro __ liquidati nel giudizio penale dalla corte di appello di Perugia, ma non essendovi condanna in solido, a M. poteva essere intimato solo il pagamento della metà, pari a Euro __.

La critica, in quanto proposta in primo grado per la prima volta nelle note conclusive del __, e poi nell’atto di appello, è tardiva e inammissibile. La deduzione del carattere non solidale dell’obbligazione integra infatti un’eccezione in senso proprio, che deve essere proposta ritualmente, sicché è inammissibile la sua proposizione per la prima volta nelle note conclusive, che hanno la funzione di illustrare le domande e le eccezioni già ritualmente proposte (Cass. civ. 05/08/2005, n. 16582), e in appello (Cass. civ., Sez. II, 27/03/2015, n. 6282; Cass. 7216/97 e 15592/07). Ed ancora si è detto che l’esclusione del vincolo di solidarietà passiva costituisce un’eccezione in senso stretto, soggetta alle relative decadenze. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito sulla tardività della suddetta eccezione, proposta in corso di causa, e non già con l’atto di opposizione a decreto ingiuntivo, da eredi convenuti per la restituzione di somme a loro corrisposte in esecuzione di una sentenza riformata in grado di appello). (Cass. civ., Sez. lavoro, 28/09/2016, n. 19186).

5) – Parimenti infondato è il rilievo secondo cui sull’importo oggetto del risarcimento del danno non sarebbero dovuti gli interessi e la rivalutazione monetaria, in quanto non menzionati nella sentenza di appello n. __, emessa il __ nel proc. Pen. n. __. È infatti da rilevare che la sentenza penale n. __ della Corte di Appello di Perugia, pur riducendo il risarcimento del danno liquidato nella sentenza di primo grado n. __ del __ del Tribunale di Spoleto, aveva confermato le restanti statuizioni civili di primo grado. Conseguentemente erano dovuti la rivalutazione e gli interessi legali nonché il rimborso forfettario del 12,50 %.

Inoltre gli interessi compensativi e la rivalutazione monetaria costituiscono una componente dell’obbligazione di risarcimento del danno e possono essere riconosciuti dal giudice anche d’ufficio pur se non specificamente richiesti, atteso che essi devono ritenersi compresi nell’originario petitum della domanda risarcitoria, ove non ne siano stati espressamente esclusi (Cass. civ., Sez. III, 16/12/2014, n. 26374; Cass. civ., Sez. III, 30/09/2009, n. 20943).

6) – È invece fondata la censura attinente alla quantificazione dei compensi per la redazione e notificazione dell’atto di precetto. Secondo l’appellante l’atto di precetto, datato __ e notificato il __, era soggetto al D.M. n. 140 del 2012, attuativo del D.L. n. 1 del 2012, il quale aveva abrogato le precedenti tariffe professionali. Di conseguenza le voci di diritti e onorari quantificati in Euro __ non erano dovuti, mentre era dovuto esclusivamente l’importo di Euro __.

In materia di spese giudiziali, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 1 del 2012 (art. 9), convertito in L. 24 marzo 2012, n. 27, sono state abrogate le tariffe professionali, prevedendo, quale ausilio del giudice per la liquidazione dei compensi, l’adozione di parametri ministeriali (D.M. 20 luglio 2012, n. 140).

L’abrogazione delle tariffe forensi ha comportato anche il venir meno della distinzione tra diritti di procuratore ed onorario di avvocato, in favore di un compenso unico facente riferimento non alla singola prestazione professionale svolta, ma all’intera attività professionale espletata nelle fasi del giudizio, per ognuna delle quali i parametri ministeriali quantificano il compenso dovuto.

Inoltre, l’art. 41 del D.M. n. 140 del 2012, in attuazione dell’art. 9 del D.L. n. 1 del 2012, ha previsto che le nuove disposizioni si applicano alle liquidazioni successive alla entrata in vigore del decreto medesimo, le quali, come chiarito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenze nn. 17405/12 e 17406/12), facciano riferimento ad un compenso spettante al professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale. In materia deve quindi applicarsi il principio secondo cui “In tema di spese processuali, agli effetti dell’art. 41 del D.M. n. 140 del 2012, i nuovi parametri, in base ai quali vanno commisurati i compensi forensi in luogo delle abrogate tariffe professionali, si applicano in tutti i casi in cui la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto purché, a tale data, la prestazione professionale non sia ancora completata” (Cassazione civile, sez. VI, 11/02/2016, n. 2748).

Ne discende che nel caso in cui, come quello di specie, l’atto di precetto viene redatto successivamente alla data di entrata in vigore del D.M. n. 140 del 2012, ancorché in forza di provvedimenti giudiziali antecedenti tale momento, si dovrà necessariamente far riferimento, per la liquidazione del compenso al precetto, ai parametri previsti nel decreto. Infatti l’art. 11, comma 7, del suddetto decreto prevede che “nella fase esecutiva, fermo quanto previsto nella richiamata tabella A-Avvocati, per l’atto di precetto, sono ricompresi, a titolo di esempio: la disamina del titolo esecutivo, la notificazione dello stesso unitamente al precetto, l’esame delle relative relate; il pignoramento e l’esame del relativo verbale, le iscrizioni, trascrizioni e annotazioni, gli atti di intervento, le ispezioni ipotecarie, catastali, l’esame dei relativi atti, le assistenze all’udienza o agli atti esecutivi di qualsiasi titolo”.

La redazione e la notifica dell’atto di precetto, attività nella quale sono ricomprese quelle ad esse prodromiche, essendosi perfezionata dopo l’entrata in vigore del D.M. n. 140 del 2012, sono soggette quindi al regime del D.M. n. 140 del 2012.

Il relativo compenso rientra, pertanto, nell’onnicomprensiva voce “competenze per l’atto di precetto”, calcolata, correttamente, in virtù dei parametri di cui al D.M. n. 140 del 2012 (Euro __, scaglione da Euro __ a Euro __), con la conseguenza che non sono dovuti né i diritti (Euro __) di cui al precetto intimato, né l’onorario (Euro __), con rideterminazione di CAP e IVA.

Devono essere invece rimborsate le spese inerenti alla richiesta copie, pari a Euro __ e notifica dell’atto di precetto, costituendo esse un accessorio delle spese processuali riferibili al titolo esecutivo giudiziale, e le spese di notificazione dell’atto di precetto.

Conseguentemente, in parziale accoglimento della domanda de qua, va dichiarata l’illegittimità e l’inefficacia del precetto nella parte in cui intima il pagamento di diritti ed onorari in misura eccedente Euro __, liquidabile quale compenso unico per la fase di notificazione dell’atto di precetto, al quale devono aggiungersi le spese per la richiesta delle copie con formula esecutiva e quelle di notificazione.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, previa compensazione per tre quarti, tenuto conto del limitatissimo accoglimento quantitativo della domanda e del rigetto della maggior parte dei motivi di gravame.

È di tutta evidenza infatti la reciprocità della soccombenza, nozione riaffermata dalla Suprema Corte nei seguenti termini: “La nozione di soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale delle spese processuali, sottende – anche in relazione al principio di causalità – una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate, che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti, ovvero l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorché essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri, ovvero una parzialità dell’accoglimento meramente quantitativa, riguardante una domanda articolata in unico capo.” (Cass. civ. 23.9.2013 n. 21684; in termini Cass. civ. 22/02/2016 n. 3438).

P.Q.M.

PER QUESTE RAGIONI

La Corte d’appello

definitivamente pronunciando sull’appello avverso la sentenza sopra indicata, ogni diversa istanza, eccezione, e deduzione disattesa, così provvede:

1) accoglie l’appello per quanto di ragione, e in parziale riforma della sentenza impugnata dichiara nullo ed inefficace il precetto opposto per la parte in cui, con una eccedenza non dovuta e da detrarre di Euro __, intima il pagamento di Euro __ invece che Euro __, dovuto quale compenso professionale, al quale devono aggiungersi le spese per la richiesta di copie della sentenza con formula esecutiva (Euro __) e quelle per la notificazione dell’atto di precetto;

2) compensa per tre quarti le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio, e condanna S. al rimborso in favore di M. della quota residua di un quarto delle dette spese di lite, che liquida per l’intero, quanto al primo grado, in Euro __ per esborsi ed Euro __ per compensi professionali, e quanto al secondo grado in Euro __ per esborsi ed Euro __ per compensi professionali, il tutto oltre rimborso forfettario, CPA e IVA come per legge.

Così deciso in Perugia, camera di consiglio del 5 febbraio 2020.

Depositata in Cancelleria il 12 febbraio 2020.

Corte d'Appello Perugia Sent. 12_02_2020

 

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