L’esattore può iscrivere ipoteca su beni appartenenti al coniuge o al terzo, conferiti nel fondo patrimoniale, se il debito sia stato da loro contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari
Cassazione Civile, Sezione I, Ordinanza n. 7497 del 15/03/2019
Con sentenza del 15 marzo 2019, la Corte di Cassazione, Sezione I Civile, in tema di recupero crediti, ha stabilito che l’art. 170 c.c., nel disciplinare le condizioni di ammissibilità dell’esecuzione sui beni costituiti nel fondo patrimoniale, detta una regola applicabile anche all’iscrizione di ipoteca non volontaria, ivi compresa quella di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, sicché l’esattore può iscrivere ipoteca su beni appartenenti al coniuge o al terzo, conferiti nel fondo, se il debito sia stato da loro contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari, ovvero, nell’ipotesi contraria, purché il titolare del credito, per il quale l’esattore procede alla riscossione, non fosse a conoscenza di tale estraneità, dovendosi ritenere, diversamente, illegittima l’eventuale iscrizione comunque effettuata.
Cassazione Civile, Sezione I, Ordinanza n. 7497 del 15/03/2019
L’esattore può iscrivere ipoteca su beni appartenenti al coniuge o al terzo, conferiti nel fondo patrimoniale, se il debito sia stato da loro contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. __ – Presidente –
Dott. __ – Consigliere –
Dott. __ – rel. Consigliere –
Dott. __ – Consigliere –
Dott. __ – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso __ proposto da:
R. – ricorrente –
contro
E. S.p.A. – controricorrente –
avverso la sentenza n. __ della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il __;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del __ dal cons. __.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
RITENUTO CHE:
La Corte di appello di Bari con la sentenza in epigrafe indicata ha confermato la prima decisione che aveva respinto la domanda proposta da R. nei confronti della S.SPA (ora E. SPA), volta ad ottenere la cancellazione dell’ipoteca iscritta da quest’ultima a cautela di un debito tributario ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, su immobili di proprietà della predetta, costituiti in fondo patrimoniale ai sensi dell’art. 167 c.c., perché effettuata – detta iscrizione – in violazione dell’art. 170 c.c.
In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto che R. – cui incombeva l’onere probatorio – non avesse dimostrato – con specifico riferimento alla causale del tributo – che i tributi inadempiuti, dovuti sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), fossero da ascrivere a scopi estranei ai bisogni della famiglia, né tanto meno che l’esattore ne fosse consapevole.
R. ricorre per cassazione con due mezzi corredati da memoria; E. SPA replica con controricorso.
Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c.
CONSIDERATO CHE:
- Con il primo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 170 c.c.
- Con il secondo motivo si denuncia la nullità della sentenza per vizio di motivazione in relazione all’art. 132 c.p.c.; per omessa e/o contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) e per omesso esame di un fatto decisivo (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).
La ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia respinto l’appello sul presupposto del mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte di R., pur essendo pacifica e conosciuta dal creditore E. la natura del tributo (IRPEF); sostiene, inoltre, che il prelievo fiscale è sempre in contrasto con l’interesse della famiglia incidendo negativamente sulla ricchezza familiare.
- I motivi possono trattarsi congiuntamente per evidente connessione e vanno disattesi.
I giudici di merito hanno correttamente applicato i principi di questa Corte che ha rilevato che l’art. 170 c.c., nel disciplinare le condizioni di ammissibilità dell’esecuzione sui beni costituiti nel fondo patrimoniale, detta una regola applicabile anche all’iscrizione di ipoteca non volontaria, ivi compresa quella di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, sicché l’esattore può iscrivere ipoteca su beni appartenenti al coniuge o al terzo, conferiti nel fondo, se il debito sia stato da loro contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari, ovvero – nell’ipotesi contraria – purché il titolare del credito, per il quale l’esattore procede alla riscossione, non fosse a conoscenza di tale estraneità, dovendosi ritenere, diversamente, illegittima l’eventuale iscrizione comunque effettuata (Cass. nn. 23876 del 23/11/2015, 1652 del 29/01/2016, 22761 del 09/11/2016, Cass. sez. 6 – 5, Ordinanza n. 20998 del 23/08/2018).
Pertanto è vero che l’ipoteca non è un atto di espropriazione forzata o atto esecutivo vero e proprio, rappresentando un atto preordinato e strumentale all’espropriazione immobiliare, tuttavia appare corretto ritenere in via interpretativa che l’ambito di applicazione del citato art. 170 c.c., possa essere esteso anche all’iscrizione ipotecaria secondo la giurisprudenza di questa Corte che così ha ritenuto in casi analoghi in cui ha escluso la possibilità di iscrivere ipoteca su beni costituiti in fondo patrimoniale solo se derivante da debiti estranei alle esigenze familiari.
Pertanto ritenuto che l’iscrizione ipotecaria possa essere ricondotta al novero degli atti ricompresi nell’ambito di applicazione dell’art. 170 c.c., latamente inteso, poiché, con accertamento di merito, la Corte territoriale ha ritenuto che non vi era prova che il debito fosse sorto per soddisfare bisogni estranei della famiglia (fol. 5 della sent. imp.), appare corretta l’applicazione della norma compiuta dai giudici di merito.
Quanto al vizio motivazionale, la ricorrente sostiene una sua personale ed apodittica valutazione delle emergenze istruttorie riconnessa sostanzialmente all’elevato importo del debito tributario, a suo dire inconciliabile con le esigenze familiari, tuttavia tale censura non coglie nel segno in quanto non attinge la statuizione impugnata fondata sul fatto che la prova, gravante sulla ricorrente, doveva riguardare la circostanza che il debito fosse stato contratto per scopi estranei alle necessità familiari, avuto riguardo al fatto generatore dell’obbligazione e a prescindere dalla natura della stessa, e non indica sulla scorta di quali elementi di fatto ciò avrebbe dovuto o potuto desumersi.
- In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
– Rigetta il ricorso;
– Condanna R. alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro __, oltre ad Euro __ per esborsi, alle spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed agli accessori di legge;
– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2018
Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2019
Cass_Civ_Sez_I_Ord_15_03_2019_n_7497
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