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L’inefficacia delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni precedenti la pubblicazione della domanda di concordato preventivo

L’inefficacia delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni precedenti la pubblicazione della domanda di concordato preventivo

Cassazione Civile, Sezione I, Ordinanza n. 6381 del 05/03/2019

Con sentenza del 15 marzo 2019, la Corte di Cassazione, Sezione I Civile, in tema di recupero crediti, ha stabilito che l’inefficacia delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni precedenti la pubblicazione della domanda di concordato preventivo, ai sensi dell’art. 168, comma 3, L. Fall. – come novellato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. in L. n. 134 del 2012-, in applicazione del principio della cd. “consecuzione delle procedure”, trova applicazione anche nel caso in cui all’apertura della procedura di concordato preventivo faccia seguito la dichiarazione di fallimento.

 

Cassazione Civile, Sezione I, Ordinanza n. 6381 del 05/03/2019

L’inefficacia delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni precedenti la pubblicazione della domanda di concordato preventivo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. __ – Presidente –

Dott. __ – rel. Consigliere –

Dott. __ – Consigliere –

Dott. __ – Consigliere –

Dott. __ – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso __ proposto da:

R. S.p.A. – ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) S.r.l. in Liquidazione – controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MANTOVA, depositato il __;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del __ dal cons. __;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale __ che ha chiesto che la Corte accolga il ricorso, con le conseguenze di legge.

La Corte:

Svolgimento del processo

Che:

Con decreto del __, comunicato il __, il Tribunale di Mantova ha respinto l’opposizione allo stato passivo del Fallimento (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione, proposta dalla R. S.p.A., per ottenere l’ammissione del proprio credito in privilegio ipotecario anziché al chirografo, come disposta dal GD, per ritenersi “l’ipoteca giudiziale trascritta in data __ inefficace verso i creditori L. Fall., ex art. 168, visto il deposito del ricorso L. Fall., ex art. 161, del __, esclusi interessi…Escluse altresì le spese per nota di iscrizione ipotecaria in quanto inopponibili alla massa, stante l’inefficacia dell’ipoteca”.

Nei fatti, R. S.p.A. aveva chiesto ed ottenuto il __ decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo nei confronti della (OMISSIS) spa, non opposto e quindi divenuto esecutivo; in forza di detto titolo, R. aveva iscritto il __ ipoteca giudiziale a carico della P. su diversi immobili di proprietà della debitrice; la P. presentava il __ domanda di ammissione al concordato preventivo con riserva e tale domanda veniva pubblicata nel Registro delle Imprese il __;la società veniva ammessa al concordato con decreto del __; l’ammissione veniva successivamente revocata ai sensi della L. Fall., art. 173, e con sentenza del __, veniva dichiarato il fallimento della (OMISSIS).

Il Tribunale ha ritenuto l’inefficacia dell’ipoteca L. Fall., ex art. 168, u.c. (come introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 33, convertito con modificazioni con la L. 7 agosto 2012, n. 134), in quanto iscritta nei novanta giorni antecedenti alla pubblicazione del ricorso nel Registro delle imprese; ha escluso l’incidenza a riguardo della successiva revoca dell’ammissione e quindi della mancata omologazione (la L. Fall., art. 168 al comma 1, prevede la definitività del decreto di omologazione, ma solo quale termine finale del divieto per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari, senza alcun riferimento alla inefficacia delle ipoteche giudiziali); ha ritenuto applicabile il principio della cd. consecuzione delle procedure, visto il breve lasso temporale (nove mesi) tra la domanda di ammissione al concordato preventivo e la dichiarazione di fallimento, resa a seguito della revoca dell’ammissione al concordato preventivo, e la sussistenza dello stato di insolvenza già contenuta nel decreto di apertura della procedura minore; ha ritenuto assorbite le ulteriori valutazioni sulla revocabilità fatte valere dal Fallimento.

Ricorre R. con ricorso affidato ad un unico motivo.

Il Fallimento si difende con controricorso, illustrato con memoria.

Il PM ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione

Che:

Con l’unico motivo, la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione della L. Fall., art. 168, anche con riguardo alla L. Fall., artt. 67, 69 bis e 169, artt. 12 e 14 preleggi; si duole la ricorrente dell’inserimento nell’ambito fallimentare di un’ipotesi di inefficacia ex lege prevista nel concordato preventivo e di ristrutturazione dei debiti, in contrasto col dato letterale e la ratio legis ed a conferma della propria tesi, nell’ottica di un’interpretazione sistematica, richiama il disposto di cui alla L. Fall., art. 69 bis, introdotto proprio col D.L. n. 83 del 2012, che specificamente regola la sorte delle ipoteche giudiziali in caso di successivo fallimento, e sostiene che, ove si accedesse all’interpretazione adottata dal decreto impugnato, si darebbe luogo ad una evidente disparità di trattamento, rilevante sotto il profilo costituzionale, tra i creditori di un fallimento consecutivo, gravati da una inefficacia ex lege senza possibilità di provare la inscientia decoctionis, e quelli del fallimento non consecutivo, che avrebbero la possibilità di resistere alla revocatoria.

La questione che si pone nel presente giudizio verte sull’interpretazione della L. Fall., art. 69, comma 3, e precisamente se la prevista inefficacia rispetto ai creditori anteriori al concordato delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data di pubblicazione della domanda di concordato preventivo si determini anche nel caso in cui la procedura concordataria si chiuda senza pervenire all’omologa e si dichiari il fallimento.

La norma in oggetto è stata interpretata, sia nella giurisprudenza di merito che in dottrina, o come prevedente l’inefficacia ex lege anche nel caso in cui alla procedura minore segua la dichiarazione di fallimento, in accordo col principio della consecuzione delle procedure, o come invece intesa a determinare l’inefficacia necessariamente collegata alla procedura di concordato preventivo, e quindi destinata a spiegare detto effetto ex lege solo all’interno della procedura minore, da cui l’inapplicabilità nel caso di consecuzione.

Ora, la ratio della disposizione è chiaramente nel senso di evitare che i creditori, avvedutisi dello stato di crisi, si muniscano di titoli di prelazione, destinati ad incidere sul buon esito della procedura concordataria e del piano di concordato, nonché a danno della massa dei creditori, e non v’è dubbio sul carattere speciale della norma, che, come rileva attenta dottrina, segna il termine a ritroso per ritenere inefficace nei confronti dei creditori anteriori alla pubblicazione del ricorso L. Fall., ex art. 161 l’iscrizione di ipoteca, le cui modalità di costituzione si sono perfezionate nel periodo indicato.

La difesa della R., avuto riguardo alla collocazione della norma, alla ratio sopra riportata ed alla natura speciale del disposto normativo in oggetto, nonché all’introduzione da parte dello stesso D.L. n. 83 del 2012 della L. Fall., art. 69 bis (che specificamente regola la sorte delle ipoteche giudiziali nel caso in cui alla domanda di concordato preventivo segua il fallimento) conclude per l’inapplicabilità della L. Fall., art. 168, comma 3, nel caso in cui segua la dichiarazione di fallimento, stante il nesso necessario tra detta disposizione e la procedura concordataria.

Su tale linea interpretativa si pone anche il PM, che evidenzia (peraltro sulla scia di dottrina) come l’inefficacia di cui si tratta costituisce “un effetto che non può sopravvivere non già per limiti all’applicabilità del principio della consecuzione, ma perché è destinato ad esaurire la sua funzione nel contesto della singola procedura”.

Detta conclusione non può essere condivisa.

Né la natura speciale della norma né la ratio della stessa possono essere invocate per ritenere inapplicabile nel caso il principio della consecuzione tra le procedure, che vale ad impedire che l’ipoteca, una volta divenuta inefficace, possa acquisire nuovamente efficacia a seguito della dichiarazione di fallimento.

Al principio di consecuzione deve infatti riconoscersi valenza di carattere generale, dato che, come affermato nelle pronunce 4959/2013 e 18437/2010, “nel caso in cui all’ammissione da parte del tribunale della domanda di concordato preventivo, proposta ai sensi della L. Fall., art. 160, ratione temporis vigente, secondo il testo successivo alla L. n. 80 del 2005 e al D.Lgs. n. 5 del 2006 ed anteriore al D.Lgs. n. 169 del 2007, segua dichiarazione di fallimento L. Fall., ex art. 162, comma 2, per effetto della mancata approvazione dei creditori L. Fall., ex artt. 177 e 178, trova applicazione il principio della consecutività delle due procedure concorsuali, costituendo la sentenza di fallimento l’atto terminale del procedimento, non assumendo rilievo l’abbandono – in sede normativa dell’automatismo di tale dichiarazione, per la quale ora sono necessari l’iniziativa di un creditore o del PM, il positivo accertamento dell’insolvenza e il comune elemento oggettivo. Pertanto quando si verifichi a posteriori (nella specie, con sentenza passata in giudicato) che lo stato di crisi in base al quale era stata chiesta l’ammissione al concordato in realtà coincideva con lo stato di insolvenza, l’efficacia della sentenza dichiarativa di fallimento va retrodatata alla data della presentazione della predetta domanda”.

E per la considerazione unitaria della procedura di fallimento seguita al procedimento di concordato preventivo, si vedano, tra le tante, le pronunce 8439/2012 e 7324/2016.

Né può essere seguita la tesi della ricorrente, secondo cui l’inefficacia resterebbe confinata alla procedura di concordato. Infatti, in questa procedura i creditori portatori dei crediti ipotecari colpiti da inefficacia e come tali legittimati al voto perché degradati a chirografari, avrebbero tutto l’interesse a votare contro l’approvazione della proposta di concordato in quanto con la dichiarazione di fallimento essi riacquisterebbero la natura di creditori ipotecari. Dunque la finalità della norma ne uscirebbe stravolta.

Quanto al rilievo della difesa della R., volto ad evidenziare la disparità di trattamento in tesi conseguente all’applicazione della L. Fall. art. 168 all’ipotesi del fallimento, va di contro osservato che le norme di cui alla L. Fall., artt. 67 e 69 bis postulano presupposti diversi, né pertanto si potrebbe concludere per un’irragionevole disparità di trattamento, dato che sono diverse le fattispecie di partenza.

Né, infine, può invocarsi quale precedente favorevole alla tesi della R. l’ordinanza 14671/2018, dato che questa si è pronunciata nel caso in cui la ricorrente voleva avvalersi dell’inefficacia L. Fall., ex art. 168, comma 3, in relazione ad ipoteca giudiziale, considerandosi la seconda domanda di concordato(depositata nella vigenza della L. Fall., art. 168, comma 3), ma avendo riguardo alla decorrenza del termine di novanta giorni a far data dalla prima domanda di concordato: e correttamente detta pronuncia ha ritenuto che nel caso era del tutto incongruo il riferimento al principio della consecuzione delle procedure, dato che si dibatteva della relazione tra due distinte domande di concordato, prescindendosi dalla dichiarazione di fallimento.

Conclusivamente, va respinto il ricorso, enunciandosi il seguente principio di diritto:

“Il disposto di cui alla L. Fall., art. 168, comma 3, secondo cui sono inefficaci nei confronti dei creditori anteriori al concordato le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese, si applica, in forza del principio della consecuzione delle procedure, anche nel caso in cui al concordato preventivo faccia seguito la declaratoria di fallimento, ed a valere anche nei confronti dei creditori successivi, anteriori alla sentenza di fallimento”.

Attesa la novità della questione, si reputa di compensare tra le parti le spese.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso; compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2019

Cass_civ_Sez_I_Ord_05_03_2019_n_6381