Onere della prova relativa all’estinzione di un debito
Corte Suprema di Cassazione, Sezione II Civile, Ordinanza n. 10322 del 29/05/2020
Con ordinanza del 29 maggio 2020, la Corte Suprema di Cassazione, Sezione II Civile, in merito di recupero crediti ha stabilito che in tema di onere della prova relativa all’estinzione di un debito, qualora il debitore abbia dimostrato di avere corrisposto somme idonee ad estinguere il debito per il quale sia stato convenuto in giudizio, essendo stato eseguito con riferimento ad un determinato credito, spetta al creditore-attore, che pretende di imputare il pagamento ad estinzione di altro credito, dimostrare sia l’esistenza di più debiti del convenuto scaduti, sia la sussistenza dei presupposti per l’applicazione di uno dei criteri sussidiari di imputazione stabiliti dall’art. 1193 c.c.
Corte Suprema di Cassazione, Sezione II Civile, Ordinanza n. 10322 del 29/05/2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. __ – Presidente –
Dott. __ – Consigliere –
Dott. __ – Consigliere –
Dott. __ – Consigliere –
Dott. __ – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso __ proposto da:
M. – ricorrente –
contro
D. e V. – intimati –
avverso la sentenza n. __ della Corte d’Appello di Reggio Calabria, depositata il __;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del __ dal Consigliere Dott. __.
Svolgimento del processo
- Con atto di citazione, notificato il __, D. e V. proponevano opposizione, innanzi al Tribunale di Locri, avverso il Decreto Ingiuntivo con il quale veniva loro ingiunto il pagamento, in favore di M., della somma di Euro __, a titolo di compenso per l’attività professionale svolta nel __ dal suo dante causa, M., nell’interesse dell’impresa Edile V., di loro proprietà. Gli opponenti deducevano che le prestazioni professionali svolte dal ragioniere sarebbero state regolarmente retribuite attraverso l’erogazione di alcuni assegni bancari.
1.1 Si costituiva in giudizio M., in qualità di erede di F., chiedendo il rigetto dell’opposizione.
- All’esito dei giudizi di merito, la Corte d’Appello di Reggio Calabria, con sentenza del __, confermava la sentenza del Tribunale di Locri, che aveva accolto l’opposizione ed aveva revocato il decreto ingiuntivo opposto.
2.1 La Corte territoriale riteneva che non fosse sufficiente, ai fini della prova del credito vantato dal professionista, la produzione della parcella vistata dal competente ordine professionale, in quanto rilevante soltanto in relazione al giudizio di congruità della prestazione.
2.2 Il giudice d’appello accertava che D. e V. avevano dato prova dell’avvenuto pagamento delle prestazioni professionali svolte dal dante dell’appellante causa attraverso la produzione di nove assegni bancari, aventi efficacia estintiva del credito vantato da M. e che sarebbe spettato al creditore dimostrare l’esistenza di più debiti scaduti in capo ai convenuti, ai fini dell’imputazione del pagamento; M., invece, si era limitato ad allegare, in modo generico, la riferibilità degli assegni incassati a compensi relativi a prestazioni svolte antecedentemente all’anno __.
Infine, per quel che ancora rileva nel presente giudizio, la Corte territoriale riteneva che i testi escussi nell’interesse di M. non avessero provato che i pagamenti effettuati dall’impresa Edile V. in favore del professionista si riferissero a prestazioni professionali espletate negli anni precedenti al __.
- Per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso M. sulla base di quattro motivi, illustrati con memoria depositata in prossimità dell’udienza.
3.1 D. e V. sono rimasti intimati.
Motivi della decisione
- Con il primo motivo di ricorso, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il vizio e difetto di motivazione in ordine al valore probatorio della parcella professionale. Secondo il ricorrente, avrebbe errato la corte territoriale nel ritenere che la parcella professionale, corredata dal parere del Consiglio dell’Ordine di appartenenza del professionista, fosse inidonea a fornire la prova del credito ma contenesse un mero giudizio di congruità in ordine alla tariffa applicata per l’attività svolta.
1.1 Il motivo è inammissibile.
1.2 La censura presuppone come ancora esistente il controllo di legittimità sulla motivazione della sentenza nei termini in cui esso era possibile prima della modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, convertito – nella L. n. 134 del 2012, che ha limitato il vizio motivazionale soltanto in caso di omesso esame di uno specifico fatto decisivo che sia stato oggetto di discussione tra le parti, rimanendo – alla stregua della detta novella legislativa – esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. civ., SS.UU., Sent. n. 8053/2014).
1.3 Nella specie, i ricorrenti non lamentano l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ma contestano la decisione della corte di merito sul valore probatorio della parcella professionale, che è peraltro conforme all’orientamento di questa Corte, secondo cui la parcella professionale, corredata dal parere espresso dal competente consiglio dell’ordine di appartenenza del professionista ha – per il combinato disposto degli artt. 633 e 636 c.p.c. – valore di prova privilegiata e carattere vincolante per il giudice esclusivamente ai fini della pronuncia dell’ingiunzione. Essa non ha, invece, valore probatorio nel giudizio di opposizione, in cui il creditore, in favore del quale è stata emessa l’ingiunzione assume la veste sostanziale di attore e su di lui incombono i relativi oneri probatori (Cassazione civile sez. VI, 15/01/2018, n. 712; Cass. civ. Sez. II, 30/07/2004, n. 14556).
- Con il secondo motivo di ricorso, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 2697 e 1193 c.c. e, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la motivazione insufficiente e contraddittoria in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., ed agli artt. 2729 e 1988 c.c.. Il ricorrente deduce che D. e V. non avrebbero assolto l’onere della prova relativa all’estinzione del debito derivante delle prestazioni professionali svolte dal suo dante causa, M.. Infatti, non solo gli assegni bancari non sarebbero adeguato mezzo probatorio per dimostrare l’estinzione del debito fatto valere in giudizio, ma neppure sarebbe stato dimostrato il collegamento tra tale debito e quello cartolare risultante dagli assegni. Infine, il ricorrente si duole del fatto che il giudice d’appello non avrebbe dovuto riconoscere valore probatorio agli assegni bancari in quanto alcuni di questi sarebbero postdatati.
2.1 Il motivo è infondato.
2.2 Secondo questa Corte, ai sensi dell’art. 2697 c.c., qualora il debitore abbia dimostrato di avere corrisposto somme idonee ad estinguere il debito per il quale sia stato convenuto in giudizio, essendo stato eseguito con riferimento ad un determinato credito, spetta al creditore-attore, che pretende di imputare il pagamento ad estinzione di altro credito, dimostrare sia l’esistenza di più debiti del convenuto scaduti, sia la sussistenza dei presupposti per l’applicazione di uno dei criteri sussidiari di imputazione stabiliti dall’art. 1193 c.c. (Cass. civ. Sez. II, 27/07/2006, n. 17102; Cass. civ. Sez. III Sent., 23/06/2009, n. 14620).
2.3 Nella specie, la corte territoriale, sulla base delle acquisizioni probatorie, la cui valutazione è sottratta al sindacato di legittimità, ha accertato che, mentre D. e V. hanno provato la consegna di nove assegni bancari emessi in favore di M., quest’ultimo non ha dimostrato che detti assegni si riferissero a compensi relativi a prestazioni svolte in precedenza dal professionista.
La corte territoriale ha fatto corretta applicazione sia del principio dell’onere della prova, in quanto, una volta dedotta l’estinzione del debito con la produzione degli assegni era onere del creditore dimostrare che gli assegni si riferissero ad altre prestazioni, sia dei criteri di imputazione dei pagamenti.
A nulla rileva la circostanza che gli assegni fossero post datati in quanto l’assegno postdatato, inteso nella sua obiettiva idoneità strumentale a costituire mezzo di pagamento equivalente al denaro, non perde le sue caratteristiche di titolo di credito, per cui gli atti estintivi di debiti, effettuati con assegni postdatati, non costituiscono mezzi anormali di pagamento (Cassazione civile sez. I, 15/06/2018, n. 15794).
- Con il terzo motivo di ricorso, si deduce il vizio di motivazione per omessa ed inesatta rilevazione e valutazione delle prove testimoniali che avrebbero confermato non solo la circostanza relativa all’esecuzione delle prestazioni professionali ed il mancato pagamento, ma anche la circostanza per cui i pagamenti effettuati dall’impresa, attraverso l’emissione di alcuni assegni bancari, si sarebbero riferiti a prestazioni svolte in anni precedenti al __.
3.1 Il motivo è inammissibile oltre che per quanto rilevato sub 1.2 anche perché si risolve in una diversa valutazione delle prove, che è di esclusiva competenza del Giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità (ex multis Cass., Sez. U., sentenza n. 24148 del 25 ottobre 2013).
- Con il quarto motivo di ricorso, si deduce il vizio di omessa motivazione in ordine alle ragioni per le quali non è stata accolta né la richiesta di esibizione dei documenti, al fine di provare le ulteriori prestazioni svolte dal ragioniere, cui imputare i pagamenti delle somme indicate negli assegni, né quella del carnet di assegni al quale sarebbero appartenuti anche quelli oggetto di discussione, al fine di provare che la data di richiesta del carnet di assegni non corrispondeva a quella in essi indicata.
4.1 II motivo è inammissibile, in quanto non è possibile dedurre attraverso la censura del vizio motivazionale, che attiene all’esame di un fatto decisivo per il giudizio, l’omessa pronuncia su questioni processuali (Cass. Civ., Sez. II, 25.1.2018, n. 1876).
Inoltre, il provvedimento di cui all’art. 210 c.p.c., che non può avere natura esplorativa, è espressione di una facoltà discrezionale rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, il cui mancato esercizio non può, quindi, formare oggetto di ricorso per cassazione, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione (Cassazione civile sez. lav., 27/01/2017, n. 2148; Cassazione civile sez. II, 29/10/2010, n. 22196).
- Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
- Essendo la parte rimasta intimata, nulla deve essere disposto in ordine alle spese.
- Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 11 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2020.
Cass. civ. Sez. II Ord. 29_05_2020 n. 10322
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