Il procedimento di impugnazione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento
Corte di Cassazione Civile, Sezione I, Sentenza n. 30202 del 20/11/2019
Con sentenza del 20 novembre 2019, la Corte di Cassazione Civile, Sezione I, in tema di recupero crediti, ha stabilito che la decisione assunta dalla Corte d’appello ai sensi dell’art. 22, comma 4, L.F. (R.D. n. 267 del 1942) non ha carattere decisorio, né definitivo e non è, quindi, impugnabile con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., dato che l’incidenza sui diritti delle parti non deriva direttamente dal decreto di accoglimento del reclamo, qualsiasi natura abbiano assunto le questioni sollevate in quella sede, ma dalla successiva sentenza dichiarativa di fallimento, autonomamente impugnabile ex art. 18 L.F., di cui il provvedimento della Corte distrettuale costituisce un momento del relativo complesso procedimento. Eventuali vizi in procedendo attinenti al procedimento di reclamo ex art. 22, comma 4, L.F., pertanto, potranno essere fatti valere nel procedimento di impugnazione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento.
Corte di Cassazione Civile, Sezione I, Sentenza n. 30202 del 20/11/2019
Il procedimento di impugnazione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. __ – Presidente –
Dott. __ – Consigliere –
Dott. __ – rel. Consigliere –
Dott. __ – Consigliere –
Dott. __ – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n. __ proposto da:
I. S.r.l. – ricorrente –
contro
Curatela Del Fallimento (OMISSIS) S.r.l. – intimato –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA depositata il __;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del __ dal Cons. Dott. __;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. __, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito l’Avvocato __ per la ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento.
Svolgimento del processo
- Il Tribunale di Chieti respingeva l’istanza proposta dalla curatela del fallimento (OMISSIS) s.r.l. volta a sentir dichiarare il fallimento di I. S.r.l.
- La Corte d’appello dell’Aquila, con decreto in data __, riteneva che il reclamo della curatela istante fosse stato regolarmente e tempestivamente proposto, anche se soltanto in forma cartacea, e rigettava così l’eccezione di inammissibilità del gravame presentata in via preliminare da I. S.r.l.
Nel merito la corte territoriale riteneva convincenti i dati indicati dal creditore reclamante ai fini dell’individuazione di uno stato di insolvenza in capo alla società debitrice, accoglieva di conseguenza il reclamo proposto dalla curatela del fallimento (OMISSIS) S.r.l. e rimetteva gli atti al primo giudice per gli incombenti previsti dalla L.F., art. 22, comma 4.
- Per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso ex art. 111 Cost., comma 7, I. S.r.l., affidandosi a un unico motivo di ricorso.
L’intimato fallimento (OMISSIS) s.r.l. non ha svolto alcuna difesa.
La sesta sezione di questa Corte, originariamente investita della decisione della controversia, con ordinanza interlocutoria del __ ha ritenuto insussistenti i presupposti per la trattazione del ricorso in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., apparendo necessario approfondire la questione relativa all’immediata ricorribilità per cassazione della decisione assunta dalla Corte d’appello L.F., ex art. 22, comma 4, rispetto a problematiche di contenuto meramente preliminare al merito e attinenti a presunti vizi di inammissibilità/improcedibilità del reclamo, onde stabilire se in questi casi il debitore possa denunciare il vizio procedurale che non consentiva la pronuncia pregiudicante prima della sua dichiarazione di fallimento.
A tal fine la causa è stata rimessa alla pubblica udienza di questa sezione.
Motivi della decisione
- Occorre preliminarmente rilevare l’inammissibilità del ricorso presentato.
4.1 Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte formatasi prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 5 del 2006, il decreto di rinvio previsto dalla L.F., art. 22, comma 3, nel testo all’epoca in vigore, costituiva un provvedimento interlocutorio e non definitivo, in quanto l’incidenza sui diritti delle parti non derivava direttamente ed unicamente da esso, ma soltanto dalla sentenza dichiarativa di fallimento del Tribunale (Cass. 8924/1994).
Il decreto in questione assolveva quindi una funzione meramente processuale propedeutica alla sentenza che dichiara il fallimento, dato che la decisione assunta dal collegio del reclamo confluiva e veniva assorbita nella sentenza del Tribunale (Cass. 6261/1994).
Dalla constatazione di una simile natura si faceva discendere che i decreti pronunciati dalla Corte d’appello a norma della L.F., art. 22, comma 3, non erano assoggettabili a ricorso per Cassazione, neppure ai sensi dell’art. 111 Cost., trattandosi di provvedimenti ad effetti meramente processuali, destinati per legge a lasciare del tutto impregiudicati i diritti delle parti sul piano del diritto sostanziale ed insuscettibili di passaggio in giudicato (Cass. 1502/1968, Cass. 426/1965 e Cass. 1912/1963).
Di talché in caso di accoglimento del reclamo con remissione degli atti al primo giudice per la dichiarazione di fallimento i vizi in procedendo attinenti al procedimento di detto reclamo potevano essere fatti valere nel giudizio di opposizione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento (Cass. 8008/1990, Cass. 1985/1984, Cass. 2443/1980).
4.2 Un simile orientamento è stato condiviso anche dalla giurisprudenza successiva all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 5 del 2006, la quale ha ribadito che il provvedimento con cui la Corte d’appello, ai sensi della L.F., art. 22, comma 4, accoglie il reclamo avverso il decreto di rigetto dell’istanza di fallimento, disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale per la dichiarazione di fallimento, non è impugnabile con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, difettando i requisiti, pur sempre necessari, della definitività e della decisorietà, in quanto l’incidenza sui diritti soggettivi delle parti coinvolte deriva dalla successiva dichiarazione di fallimento, di cui il provvedimento della Corte d’appello costituisce un momento del relativo complesso procedimento (Cass. 19096/2007, Cass. 21193/2006).
4.3 Questi principi sono certamente da ribadire rispetto a qualsiasi statuizione, procedurale o di merito, posta dalla Corte d’appello a fondamento della propria decisione di accoglimento del reclamo L.F., ex art. 22, comma 4, statuizione che in ogni caso manca dei profili di decisività e definitività necessari per la proponibilità del ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7.
Siffatto rimedio è infatti esperibile avverso i provvedimenti che presentino i requisiti della decisorietà e della definitività, intendendosi per decisorietà l’attitudine del provvedimento a incidere su diritti soggettivi con la particolare efficacia del giudicato quale effetto tipico della giurisdizione contenziosa (Cfr. Cass., Sez. U., 27073/2016) e per definitività l’insuscettibilità di quella decisione di essere revocata, modificata o riformata dal medesimo giudice che l’ha emessa o da altro giudice chiamato a provvedere in grado successivo (Cass. 13287/2006).
La decisione assunta dalla corte territoriale ai sensi della L.F., art. 22, comma 4, tuttavia non ha carattere decisorio (perché non incide direttamente su diritti soggettivi ma permette che gli stessi possano essere in seguito incisi, salvo che si accerti l’intervenuto venir meno dei presupposti necessari) e neppure definitivo (non potendo essere intesa come provvedimento che riconosce la sussistenza di un diritto al fallimento del proprio debitore, di per sé non configurabile astrattamente; Cass. 19446/2011).
E questa mancanza di decisività e definitività investe ogni questione agitata in sede di reclamo, sia essa di carattere processuale o sostanziale, dato che il tipo di vizio denunciato non influisce mai sull’impugnabilità di un provvedimento.
Ne discende che l’incidenza sui diritti delle parti non deriva direttamente dal decreto di accoglimento del reclamo, qualsiasi natura abbiano assunto le questioni sollevate avanti alla Corte d’appello, ma dalla successiva sentenza dichiarativa di fallimento, autonomamente impugnabile L.F., ex art. 18, di cui il provvedimento della Corte d’appello costituisce un momento del relativo, complesso, procedimento.
Eventuali vizi in procedendo attinenti al procedimento di reclamo L.F., ex art. 22, comma 4, refluiranno quindi nel procedimento di impugnazione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento.
Sul punto andrà dunque ribadito il seguente principio:
la decisione assunta dalla Corte d’appello ai sensi della L.F., art. 22, comma 4, non ha carattere decisorio né definitivo e non è quindi impugnabile con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., dato che l’incidenza sui diritti delle parti non deriva direttamente dal decreto di accoglimento del reclamo, qualsiasi natura abbiano assunto le questioni sollevate in quella sede, ma dalla successiva sentenza dichiarativa di fallimento, autonomamente impugnabile L.F., ex art. 18, di cui il provvedimento della corte distrettuale costituisce un momento del relativo complesso procedimento; eventuali vizi in procedendo attinenti al procedimento di reclamo L.F., ex art. 22, comma 4, potranno quindi essere fatti valere nel procedimento di impugnazione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento.
- I superiori argomenti hanno carattere assorbente e rendono superfluo l’esame del motivo presentato dal ricorrente.
- In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
La mancata costituzione in questa sede del creditore istante esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019
Cass_civ_Sez__20_11_2019_n_30202
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