La cambiale è un mero strumento di credito e la sua emissione e trasmissione non costituiscono pagamento
Cassazione Civile, Sezione I, Ordinanza n. 29464 del 15/11/2018
Con ordinanza del 3 dicembre 2018 la Corte di Cassazione Civile, Sezione I, in tema di recupero crediti ha stabilito che la cambiale è un mero strumento di credito e la sua emissione e trasmissione non costituiscono pagamento, in quanto l’adempimento della obbligazione portata dal titolo si verifica solo nel momento in cui, alla scadenza, il debitore provvede ad onorarla. Ne consegue che, ai fini dell’esercizio dell’azione revocatoria fallimentare, il momento rilevante per l’accertamento della conoscenza dello stato di insolvenza è quello del pagamento, e non quello della emissione o della girata della cambiale.
Cassazione Civile, Sezione I, Ordinanza n. 29464 del 15/11/2018
La cambiale è un mero strumento di credito e la sua emissione e trasmissione non costituiscono pagamento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. __ – Presidente –
Dott. __ – rel. Consigliere –
Dott. __ – Consigliere –
Dott. __ – Consigliere –
Dott. __ – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso __ proposto da:
C. Soc. Coop. a r.l. in Liquidazione Coatta Amministrativa, in persona dei Commissari liquidatori pro tempore, elettivamente domiciliata in __, presso lo studio dell’avv. __, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
B. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in __, presso lo studio dell’avv. __, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
contro
B. Società Cooperativa, che ha incorporato la B. P. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in __, presso lo studio dell’avv. __, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
B. N. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in __, presso lo studio dell’avv. __, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
U. S.p.a., nuova denominazione della U. B. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in __, presso lo studio dell’avv. __, che la rappresenta e difende, giusta procura margine del controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. __ della CORTE D’APPELLO di __, depositata il __;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del __ dal cons. __.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
RITENUTO CHE:
- La C. società cooperativa di produzione e lavoro in liquidazione coatta amministrativa (di seguito, C) aveva proposto tre separati giudizi revocatori, uno nei confronti della B. N. SPA (di seguito, BN), uno nei confronti della B. SPA (di seguito, B) e l’ultimo nei confronti della BP SPA (di seguito, BP), ciascuno avente ad oggetto la richiesta di inefficacia R.D. 16 marzo 1942, n. 267, ex art. 67, comma 2, (di seguito, L. Fall.) dei contratti di sconto bancario conclusi tra la società in bonis ed i diversi istituti di credito.
- Il Tribunale di Roma, con distinte pronunce, aveva accolto le domande nei confronti della B. SPA, della B. N., della B. P. SPA e condannato ciascun istituto alla restituzione delle somme meglio precisate nelle sentenze, “quali somme che erano state pagate, tramite cambiali, ad estinzione di crediti vantati da C. S.p.A. in bonis dalla sua debitrice “Deposito L. soc. coop. a r.l., direttamente in favore dei predetti istituti bancari, in virtù dei contratti di sconto bancario. In tal modo, secondo il Tribunale la C. aveva eseguito rimesse solutorie in favore delle predette banche.” (così nella sent. imp. fol.4): la statuizione era stata fondata sulla considerazione che il decreto che poneva la C.E in liquidazione coatta amministrativa era stato pubblicato sulla G.U. del __ e che i Commissari liquidatori avevano provato la conoscenza dello stato di insolvenza in capo a dette banche creditrici, venendo confermata la natura solutoria delle rimesse dall’assenza di qualsivoglia contratto di apertura di credito.
Il Tribunale aveva invece respinto le domanda proposte nei confronti di BN- convenuta in giudizio quale mandataria di B. R. SPA – e della B. P. N. SPA (rappresentata da mandataria).
Per la prima aveva escluso che la B. R.si fosse resa cessionaria del rapporto giuridico per cui era causa che, invece, nel più vasto gruppo dei rapporti chiusi per la voltura a sofferenza deliberata dall’Istituto già dal __ sarebbe rimasto in capo alla cedente CA. SPA, allorché questa aveva conferito la propria azienda alla B. R., operazione di cui era stata data pubblicità ai sensi dell’art. 58 del TUB. Quindi aveva ritenuto infondata la domanda nei confronti della B. P. N. SPA, avendo accertato che i rapporti negoziali litigiosi, oggetto del giudizio, erano stati trasferiti in favore del B. P. V. N. soc. coop. a r.l., in occasione della fusione tra la B. P. N. e la B. P. V., S. G. P..
- Le tre decisioni venivano appellate (in via principale ed incidentale) e la Corte di appello di __ procedeva alla loro riunione; rimaneva contumace S. P. SPA. All’esito del giudizio, per quanto interessa:
– in relazione al giudizio afferente la BN, con riferimento all’appello proposto da quest’ultima, la Corte di appello:
ha respinto l’eccezione di nullità della citazione in primo grado di BN;
ha confermato il rigetto dell’eccezione di prescrizione quinquennale dell’azione revocatoria, proposta dalle appellanti BN e B, poiché la dichiarazione giudiziale dell’insolvenza di C. risaliva al __ ed il quinquennio non era ancora maturato al momento della notificazione della citazione in primo grado avvenuta in data __;
ha respinto le domande revocatorie accolte dal Tribunale, così riformando le prime decisioni, sulla considerazione: che oggetto dell’azione revocatoria erano stati i contratti di sconto bancario, nei quali la C aveva individuato l’atto di diminuzione patrimoniale della società in danno della par condicio creditorum, in contemporanea presenza della scientia decoctionis, e non già i pagamenti dei titoli, oggetto dei contratti di sconto; che, con il contratto di sconto, il credito girato alla banca era passato immediatamente nella proprietà di quest’ultima, mentre la società aveva ricevuto il corrispettivo detratto il pagamento di un prezzo costituito dall’interesse (richiamata Cass. n.1295/1991); che la conoscenza dello stato di insolvenza andava rapportata al tempo della conclusione del contratto di sconto, e cioè al tempo della girata della cambiale alla banca per lo sconto e non al momento del pagamento della cambiale da parte dell’obbligato cambiario.
– In relazione al giudizio afferente B, con riferimento all’appello proposto da quest’ultima, la Corte di appello:
ha confermato le conclusioni prima esposte in merito alla decorrenza del termine prescrizionale dell’azione revocatoria, all’oggetto della revocazione ed all’individuazione del momento in cui andava verificata la conoscenza dello stato di insolvenza; infine, ha ritenuto irrilevante la questione concernente l’apertura di credito che B sosteneva di avere concesso alla C. – In relazione al giudizio afferente C. S. JV SRL e B. N. SPA, con riferimento all’appello proposto dalla C, la Corte di appello:
ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dalla C avverso la B. N. SPA, non ravvisando censure riferite alla statuizione del Tribunale relativa al suddetto istituto di credito;
ha esaminato la questione proposta dalla C in merito all’interpretazione ed applicazione dell’art. 58 TUB e, in riforma della prima decisione, ha affermato che legittimamente la C poteva ritenere che il rapporto di sconto bancario fosse stato ceduto, unitamente al conferimento dell’intera azienda bancaria e che ne fosse divenuta titolare esclusiva la cessionaria, ai sensi dell’art. 58, comma 3, del TUB, una volta decorsi i tre mesi dalla pubblicità notizia della cessione e che, quindi, legittimamente la C aveva individuato in C. JV SRL la titolare del rapporto controverso, quale mandataria della banca cessionaria; ha tuttavia ritenuto che la domanda dovesse essere comunque respinta nel merito perché non era stata provata la scientia decoctionis al momento della conclusione del contratto di sconto.
- C ricorre per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata con due mezzi, assistiti da memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c..
- SPA, quale mandataria della U. SPA incorporante la U. B. R. SPA, replica con controricorso e ricorso incidentale condizionato con un mezzo.
B N SPA replica con controricorso e ricorso incidentale con tre mezzi, corredati da memoria.
Il B P società cooperativa, incorporante la B. P. N. SPA, replica con controricorso e memoria.
B replica con controricorso.
Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi delll’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1, c.p.c..
CONSIDERATO CHE:
1.1. Con il primo motivo C denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 67, comma 2, L. Fall., artt. 1858 e 1859 c.c..
A parere della ricorrente, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di appello, il momento rilevante per l’accertamento della conoscenza dello stato di insolvenza è quello del pagamento delle cambiali, oggetto dello sconto, e non già quello della loro emissione o quello della loro trasmissione per girata e contesta l’affermazione del giudice di appello secondo il quale la Banca aveva consentito l’immediata disponibilità delle somme portate dai titoli di credito, sebbene ancora da riscuotere.
1.2. Il motivo è infondato.
1.3. Osserva la Corte che, come accertato dalla Corte di appello con statuizione non impugnata sul punto, oggetto dell’azione revocatoria sono i contratti di sconto bancario conclusi dalla società in bonis con i singoli istituti di credito e non già il pagamento delle cambiali.
1.4. L’art. 1858 c.c. stabilisce “Lo sconto è il contratto col quale la banca, previa deduzione dell’interesse, anticipa al cliente l’importo di un credito verso terzi non ancora scaduto, mediante la cessione, salvo buon fine, del credito stesso.”, crediti che, nel caso di specie erano incorporati in cambiali. Quanto, in particolare, allo sconto di cambiali, l’art. 1859 c.c., prevede, per il caso di mancato pagamento, il diritto della banca alla restituzione della somma anticipata. Dunque, il cliente può disporre da subito della somma, di cui pertanto consegue l’immediata disponibilità, che ne costituisce l’effettiva causa negoziale. Né tale efficacia del contratto è smentita dall’inciso “salvo buon fine”, il quale importa che, ove il terzo resti inadempiente, sorgerà in capo al cliente l’obbligo di restituzione dell’importo anticipato.
In proposito giova ricordare che “lo sconto non è un mandato all’incasso, bensì l’operazione con cui la banca anticipa al cliente, previa deduzione dell’interesse, l’importo di un credito verso terzi non ancora scaduto, mediante la cessione del credito stesso. Il mancato buon fine del titolo opera come condizione risolutiva del contratto (o, se si vuole, come effetto sospensivo del diritto della banca alla restituzione), e non come condizione sospensiva dell’accredito al cliente (come accade nell’ipotesi, affatto diversa, del versamento di titoli senza sconto: cfr. Cass. 19 agosto 1996, n. 7615). L’accredito del corrispettivo in conto corrente, dunque, dà la disponibilità immediata della somma, anche se sotto condizione risolutiva del mancato pagamento dell’obbligato cambiario alla scadenza (per la condizione risolutiva si pronunciano Cass. 17 maggio 2013, n. 12079; 23 settembre 2002, n. 13823; 10 agosto 1990, n. 8128; e v. già Cass. 14 luglio 1975, n. 2780; 16 luglio 1969, n. 2620; 8 gennaio 1969, n. 33; 24 luglio 1964, n. 2018; 11 maggio 1957, n. 1659). In tale contesto, resta isolato il precedente… (Cass. 21 gennaio 2000, n. 656), che nega l’immediata disponibilità in caso di sconto di cambiali.” (Cass. n. 15605 del 09/07/2014).
Passando alle conseguenze di questa esegesi normativa in sede di revocatoria fallimentare, va confermato quanto questa Corte ha già avuto modo di affermare proprio con riferimento allo sconto bancario e cioè che “Nel contratto di sconto bancario, la girata piena del titolo di credito dal cliente alla banca – a differenza dalla girata con clausola “per incasso”, “per procura”, per “valuta a garanzia”, od altra equivalente – comporta una cessione del credito, investendo il giratario di una legittimazione piena a titolo di proprietà, attributiva di tutti i diritti derivanti dal titolo, con la conseguenza che l’incasso del denaro pagato dal debito cartolare soddisfa un credito proprio del cessionario e non del cedente. Pertanto, in caso di fallimento del cliente, l’eventuale azione revocatoria fallimentare da parte del curatore può avere per oggetto il negozio di sconto bancario, con riguardo all’epoca della sua conclusione, ma non pure il pagamento (successivamente) effettuato alla banca dal debitore cartolare.” (Cass. 07/02/1991 n. 1295; 16/03/1991 n.2821) – decisioni esattamente richiamate dalla Corte di appello -.
Questa Corte ha anche puntualizzato che “In materia di revocatoria fallimentare, la cessione “pro solvendo” di un credito verso terzi, effettuata nell’ambito di un contratto di sconto ed al fine di ottenere dalla banca cessionaria l’anticipazione, previa deduzione degli interessi, dell’importo del credito stesso, non costituisce un mezzo anormale di pagamento posto che la cessione viene stipulata a scopo di garanzia, non già per estinguere un debito preesistente e scaduto, ed è funzionalmente contestuale al sorgere del credito garantito.” (Cass. 22014 del 19/10/2007, conf. a Cass. 06/12/2006 n. 26154 e 12/07/1991 n.7794; cfr. anche Cass. n.5142 del 03/03/2011, non massimata), atteso che il concetto di contestualità deve essere inteso non in senso formale o semplicemente cronologico, bensì in senso preminentemente sostanziale e causale, con l’effetto che, in difetto di prova circa il collegamento funzionale tra la cessione del credito e la riduzione di una pregressa esposizione debitoria, di cui nella sentenza impugnata non vi è traccia, l’operazione configura un’ipotesi di normale pagamento di un debito e la eventuale scientia decoctionis, va accertata al momento di conclusione del contratto e non del pagamento delle cambiali oggetto del contratto.
1.5. La sentenza impugnata si è attenuta a questi principi e risulta immune da vizi.
1.6. Né tale conclusione può essere revocata in dubbio alla luce della doglianza proposta dalla ricorrente, articolata come se l’azione revocatoria avesse riguardato il pagamento delle cambiali girate alle banche e non già il contratto di sconto bancario di cui le cambiali erano state l’oggetto.
Ne consegue che il motivo va respinto anche perché non coglie appieno il thema decidendum, come dimostra il precedente giurisprudenziale richiamato, secondo il quale “La cambiale è un mero strumento di credito, e la sua emissione e trasmissione non costituiscono pagamento, in quanto l’adempimento della obbligazione portata dal titolo si verifica solo nel momento in cui, alla scadenza, il debitore provvede ad onorarla. Ne consegue che, ai fini dell’esercizio dell’azione revocatoria fallimentare, il momento rilevante per l’accertamento della conoscenza dello stato di insolvenza è quello del pagamento, e non quello della emissione o della girata della cambiale.” (Cass. 21/01/1999, n.510), che, alle luce delle ampie considerazioni prima svolte, risulta privo di pertinenza e decisività.
2.1. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 58 (TUB).
2.2. Il motivo nella prima parte riguarda la pronuncia di inammissibilità del motivo di appello riferito a B. P. N. SPA e la contesta sostenendo che il modus operandi di detta società era stato lo stesso – in relazione alla cessione del ramo di azienda – seguito dalla B. R.
Sotto questo aspetto il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi, riferita non già al modus operandi delle banche, ma alla formulazione carente dell’atto di appello con riferimento a detta convenuta in revocatoria, su cui la doglianza non si sofferma.
2.3. Il motivo nella seconda parte è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi, o meglio la trascrive a fol. 15 del ricorso, ma nello svolgere la censura sostanzialmente la ignora. Invero la Corte di appello – a differenza dal Tribunale – ha ritenuto la legittimazione passiva della banca cessionaria dell’azienda, e per essa di C. s., salvo a rigettare comunque la domanda per la diversa ragione già esposte in relazione agli altri istituti di credito (v. sub 1.5/1.5.).
3.1. Con il ricorso incidentale condizionato la U. SPA contesta l’omesso esame dell’eccezione di carenza di legittimazione passiva (fol.12) in quanto sostiene che i rapporti intestati a C, posti alla base della revocatoria, non potevano essere stati oggetto del conferimento di azienda in quanto erano stati chiusi per la voltura a sofferenza a far data dal __ e, trattandosi di “sofferenze” erano rimasti in capo alla holding C. S. SPA.
3.2. Con il ricorso incidentale condizionato la BNL propone tre doglianze e lamenta: la violazione dell’art. 156 c.p.c., comma 3, e dell’art. 2903 c.c. ribadendo la denuncia di nullità della notifica dell’atto di citazione in primo grado (primo motivo); la violazione e falsa applicazione dell’art. 203, comma 1, L. Fall., sostenendo che la sentenza impugnata individua erroneamente il dies a quo del termine prescrizionale decorrente dal giorno in cui il diritto poteva essere fatto valere ex art. 2935 c.c. (secondo motivo); infine, la mancanza di motivazione e pretermissione di risultanze processuali, segnatamente denuncia l’omesso esame del Decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale n. __ del __ che aveva sancito l’inizio della procedura di liquidazione coatta amministrativa (terzo motivo).
3.3. I ricorsi incidentali sono assorbiti dal rigetto del ricorso principale.
4.1. In conclusione il ricorso principale va rigettato, assorbiti i ricorsi incidentali.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo a favore di ciascuna parte costituita.
Si dà atto – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente C dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
– Rigetta il ricorso principale, assorbiti i ricorsi incidentali;
– Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro __ a favore di U. SPA, in Euro __ a favore di B. N. SPA, in Euro __ a favore di B. P. società cooperativa, in Euro __ a favore della B. SPA, oltre – per ciascuna – ad Euro __ per esborsi, alle spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed agli accessori;
– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 17 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2018
Cass_civ_Sez_I_Ord_15_11_2018_n_29464
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